Home > “Cinema Trevi: ultimi giorni della retrospettiva “Alberto Grimaldi. L’arte di produrre”. Venerdì, sabato e domenica film di Fellini, Pasolini, Monicelli, Rosi, Petri, Bertolucci, Scorsese.”
“Cinema Trevi: ultimi giorni della retrospettiva “Alberto Grimaldi. L’arte di produrre”. Venerdì, sabato e domenica film di Fellini, Pasolini, Monicelli, Rosi, Petri, Bertolucci, Scorsese.”
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venerdì 13
ore 17.00
Cadaveri eccellenti
(1976)
Regia: Francesco Rosi; soggetto: dal romanzo Il contesto di Leonardo Sciascia; sceneggiatura: F. Rosi, Tonino Guerra, Lino Jannuzzi; fotografia: Pasqualino De Santis; musica: Piero Piccioni; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Lino Ventura, Tino Carraro, Marcel Bozzuffi, Paolo Bonacelli, Max Von Sydow, Charles Vanel; origine: Italia/Francia; produzione: P.E.A., Productions Artistes Associés; durata: 120'
«Nei discorsi sui film di Francesco Rosi si commette spesso l'errore di privilegiare il contenuto, cioè di fermarsi alla considerazione del loro impatto sul terreno morale e civile. Ma l'opera del regista napoletano è importante e resiste nel tempo, [...] proprio perché affida i suoi significati a una scrittura cinematografica di alto rigore. La ricerca della verità storica, nei grandi film meridionalistici di Rosi, si sviluppa attraverso un recupero di paesaggi, monumenti, facce, mimiche e suoni che conservano il loro carattere di reperto e tuttavia diventano elementi di uno stile. Tutto ciò si vede ancora meglio in Cadaveri eccellenti, dove l'autore abborda con il bagaglio di SalvatoreGiuliano un cinema di metafora. Sulla falsariga del dirompente romanzo di Leonardo Sciascia, Il contesto (pubblicato cinque anni fa e attaccato soprattutto dai comunisti, di cui avversava la vocazione al compromesso storico), il film di Rosi racconta l'amata vicenda di un povero Maigret nostrano che scopre, sulla pista del misterioso assassino di alcuni alti magistrati, la trama di un complotto eversivo in cui sono implicati tutti gli uomini di potere. Benissimo interpretato da Lino Ventura (che si doppia da sé in italiano), Cadaveri eccellenti è una discesa all'inferno attraverso un Sud di fantasia (ma non tanto: lo dicono i sacchi di immondizia abbandonati per la strada, lo scempio urbanistico di Agrigento) […]. La conclusione è amara, ma suggellata da un invito (all'ombra del pannello di Guttuso sui funerali di Togliatti) a cercare e proclamare la verità» (Kezich).

ore 19.15
Salò o le 120 giornate di Sodoma
(1975)
Regia: Pier Paolo Pasolini; soggetto: basato liberamente sul romanzo di Donatien-Alphonse-François de Sade Les 120 journées de Sodome ou l'Ecole du libertinage; sceneggiatura: P.P. Pasolini; collaborazione allasceneggiatura: Sergio Citti; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi; interpreti: Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti, Caterina Boratto, Elsa de' Giorgi, Hélène Surgère; origine: Italia/Francia; produzione:P.E.A., Productions Artistes Associées; durata: 119'
Salò o le 120 giornate di Sodoma fu presentato in anteprima a Parigi il 22 novembre del 1975, tre settimane dopo la morte del regista. Pasolini fu ucciso subito dopo le riprese del film, prima di poter ultimare il montaggio. Il film uscì sul mercato italiano nel gennaio 1976 e venne subito sequestrato. Le sue traversie giudiziarie - dall'imputazione di oscenità a quella di corruzione di minori - durarono a fasi alterne fino al 1978. Durante la lavorazione di Salò o le 120 giornate diSodoma, Pasolini spiegò a più riprese il progetto di un'opera così geometricamente crudele, violenta, ma anche così enigmatica come un «mistero medievale» ben lontano cioè dai suoi film precedenti e specialmente dalla Trilogia della vita. Il 25 marzo del '75, in un'autointervista sul «Corriere della Sera», Pasolini scriveva: «Le mie Centoventi giornate di Sodoma si svolgono a Salò nel 1944, e a Marzabotto. Ho preso a simbolo di quel potere che trasforma gli individui in oggetti […] il potere fascista e nella fattispecie il potere repubblichino. Ma, appunto, si tratta di un simbolo. […] Nel potere - in qualsiasi potere, legislativo e esecutivo - c'è qualcosa di belluino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attualizzabile la più primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli: cioè, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. […] I potenti di De Sade non fanno altro che scrivere Regolamenti e regolarmente applicarli». L'ultimo film di Pasolini infatti rovescia la gioia della Trilogia della vita in una agghiacciante parabola di morte dove il sesso diventa semplice sopraffazione e i corpi degradati a oggetti da studiare e distruggere. Insostenibile per la maggior parte degli spettatori, come per l'amico e scrittore Leonardo Sciascia che confessava di aver visto il film soffrendo come un dannato, Salò, definito da Alberto Moravia «elegante, lucido e al tempo stesso fantastico e funebre», è un coraggioso tentativo di rappresentare tutto ciò che viene rimosso dalla società. Scriveva Serge Daney sul film che «l'atroce, non è soltanto ciò che è raggelato nelle inquadrature (torture, coprofilia), è il carattere traumatico di queste inquadrature, poiché nulla permette di prevederle». Il progetto di restauro, intrapreso e portato a termine dalla Cineteca Nazionale nel corso del 2005, si è basato sui negativi originari depositati presso la Technicolor di Roma dall'avente diritto, la società Alberto Grimaldi Productions, che ha autorizzato l'accesso a tali materiali e l'esecuzione di tutte le lavorazioni di recupero.

Vietato ai minori di anni 18
 
ore 21.30
Ultimo tango a Parigi
(1972)
Regia: Bernardo Bertolucci; soggetto: B. Bertolucci; sceneggiatura: B. Bertolucci, Franco Arcalli; fotografia: Vittorio Storaro; musica: Gato Barbieri; montaggio: Franco Arcalli; interpreti: Marlon Brando, Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud, Massimo Girotti, Maria Minchi, Giovanna Galletti; origine: Italia/Francia; produzione: P.E.A., Productions Artistes Associés; durata: 129'
«In un appartamento da affittare, Paul incontra Jeanne e le impone il primo d'una lunga serie di violenti rapporti sessuali. Nonostante il patto, da lui voluto, di non dirsi nemmeno il nome, nei successivi incontri, i due, Paul soprattutto, tracciano di loro minuziosi ritratti di esseri disgregati, alla deriva. Paul, 43 anni, americano, figlio di alcolizzati, reduce da fallite esperienze, era da cinque anni con Rosa (tenutaria d'un alberghetto equivoco), appena uccisasi. Jeanne, combattuta fra l'attrazione e il disgusto per il maturo amante e il fascino del coetaneo Tom, regista velleitario, fantasioso, ma sincero e affezionato, si dispone al matrimonio con quest'ultimo, senza però ribellarsi alle pretese più ripugnanti di Paul, che per di più le rovescia addosso una gragnuola di espressioni luridissime contro la donna, l'amore, la famiglia» (www.cinematografo.it). «La maggiore virtù del regista italiano sta però [...] nel fondere temi e motivi di disparata provenienza in uno struggente sentimento del vivere contemporaneo e della dissonanza che esso comporta. Insieme a tante altre cose, e sempre felicemente infischiandosi d'ogni giudizio moralistico, il film è un prodotto intelligente e sensibile del cinema esistenzialistico che vuole esprimere la difficoltà di uscire dall'isolamento cui ci ha condotti la civiltà e di riacquistare la verità naturale. Le sue sequenze più toccanti sono appunto quelle in cui l'ansia di afferrare le anime attraverso la carne esplode con inusitata violenza» (Grazzini). Ultimo tango a Parigi è stato presentato al New York Film Festival (1972). Due nomination agli Oscar per la regia e l'interpretazione di Marlon Brando (1973). Nastro d'argento alla regia (1973) e David di Donatello speciale a Maria Schneider. La Cassazione italiana con una sentenza del 29 gennaio 1976, considerando osceno il film, ha ordinato che ne fossero bruciati i negativi. Il 17 febbraio 1987 una nuova sentenza ha stabilito la "non oscenità" del film consentendone la riedizione. «A Ultimo tango è successo di tutto e ha fatto succedere tutto» (Tatti Sanguineti).
Vietato ai minori di anni 18
 
sabato 14
ore 17.00
Fellini-Satyricon
(1969)
Regia: Federico Fellini; soggetto e sceneggiatura: F. Fellini, Bernardino Zapponi, liberamente tratto da Satyricon di Petronio Arbitro; fotografia: Giuseppe Rotunno; musica: Nino Rota; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Martin Potter, Hiram Keller, Max Born, Fanfulla [Luigi Visconti], Salvo Randone, Il Moro [Mario Romagnoli]; origine: Italia; produzione: P.E.A.; durata: 127'
«Tutto il Satyricon è realizzato come una gigantesca caccia all'immagine che, a costo di bruciare i vecchi modi stilistici, dia il massimo d'evidenza figurativa alle fantasie di Fellini e le orchestri in un arcano gioco di luci e di ombre. Qui è la sua gloria, e qui il suo azzardo. Siamo, davvero, su un altro pianeta. Fin dall'inizio, alle Terme fumiganti, e poi, nel teatro di Vernacchio, s'avverte che Fellini ideando le scenografie (come ha tenuto a far sapere nei titoli di coda) ha sfrenato il proprio genio prospettico in una crescita di tensioni figurative. Dal lurido paesaggio dell'Isola Felice al luminoso sorriso della Pinacoteca, dalla corposa atmosfera della cena ai panorami marini popolati di navi fiabesche, dalla limpida, castissima cornice in cui si celebra il sacrificio della coppia all'ambiguità dell'antro dell'Ermafrodito, e ancora dal solare labirinto di Arianna alle malizie del Giardino fino all'ultima spiaggia che sublima nella levità del mito la gravezza della materia, e una serie pressoché ininterrotta di invenzioni, dominate dal desiderio di immergersi il più possibile in un irreale trapunto di lussuria e di tristezza» (Grazzini).
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 19.15
Temporale Rosy (1980)
Regia: Mario Monicelli; soggetto: dal romanzo omonimo di Carlo Brizzolara; sceneggiatura: Age [Agenore Incrocci] e [Furio] Scarpelli, M. Monicelli; collaborazione alla sceneggiatura: C. Brizzolara; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Gianfranco Plenizio; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gérard Depardieu, Faith Minton, Roland Bock, Gianrico Tedeschi, Helga Anders-Fritz, Claudia Polley; origine: Italia/Francia/Germania Occidentale; produzione: P.E.A., Productions Artistes Associés, Artemis Film; durata: 107'
«Il pugile Raoul "Spaccaporte" chiude la carriera per un banale incidente. Si innamora di Temporale Rosy, una campionessa di catch, ma la reciproca gelosia e le macchinazioni di Fernandez li dividono. Dopo anni si incontrano nuovamente e scoprono di amarsi ancora» (www.cinematografo.it) . «È stata notata da tutti i recensori una certa rassomiglianza tra il mondo in cui si svolge Temporale Rosy e alcune suggestioni felliniane. Tuttavia, scorrendo la filmografia di Monicelli, il riferimento più esplicito sembra essere quel piccolo mondo dell'avanspettacolo cui il regista aveva dedicato l'ottimo Vita da cani. Temporale Rosy testimonia anche una volontà di pausa che si esprime di fronte a una situazione politica e culturale poco propizia al consueto calore nell'impegno. Testimonia pure il tentativo, lucido anche nella scelta degli attori, di proporre un cinema per l'esportazione nel momento in cui i produttori italiani tendono sempre più alla ripetitività finalizzata al non rischiare, e mentre il cinema americano riprende il suo dominio incontrastato sul mondo (è un po' quanto accadrà con Speriamo che sia femmina). Il totale fallimento commerciale sembra dar ragione a chi sostiene che il pubblico italiano è sempre restio alle innovazioni. Rimane comunque l'impressione che Temporale Rosy, pur affondando le radici nell'humus della commedia all'italiana, definisce un'idea di cinema assolutamente nuova, molto più di tanti "nuovi comici"» (Della Casa).
 
ore 21.15
Gangs of New York (2002)
Regia: Martin Scorsese; soggetto: Herbert Asbury, Jay Cocks, tratto dal libro Gangs of New York di H. Asbury; sceneggiatura: Kenneth Lonergan, Steven Zaillian, Jay Cocks; fotografia: Michael Ballhaus; musica: Elmer Bernstein, Peter Gabriel, Howard Shore; montaggio: Thelma Scoonmaker; interpreti: Daniel Day Lewis, Leonardo Di Caprio, Cameron Diaz, Jim Broadbent, Brendan Gleeson, Liam Neeson; origine: Usa, Germania, Italia, Gran Bretagna, Olanda; produzione: Cappa Production, Miramax Film, P.E.A., Splendid Medien Ag, Incorporate Television Company, Initial Entertainment Group, Q&Q Medien GMBH; durata: 167'
«Dal 1846 al 1863, a Manhattan. "È la storia di un ragazzo che cerca un padre e di un padre che desidera un figlio, sullo sfondo della Frontiera che diventa città, del western che diventa un gangster movie, con in più un tocco di Guerra Civile e di abolizione della schiavitù. Tutto in un film!" (M. Scorsese). Sceneggiato da Jay Cocks, Steven Zaillian, Kenneth Lonergan, dal libro omonimo (1928) di Herbert Asbury. Fotografia di Michael Ballhaus, scene di Dante Ferretti, costumi di Sandy Powell. Sintesi estetica e ideologica di 30 anni di cinema, è il film più politico di Scorsese e, nonostante le sue affinità con l' opera lirica, il più storico nel suggerire che il cuore di tenebra della nazione statunitense è impastato di sangue, tribolazione, violenza, paura, odio razziale. È il suo film più europeo nelle fonti culturali (Shakespeare specialmente, Dickens, Hugo, ecc.), ma anche un'appassionata meditazione sul cinema del passato, da Griffith a Fuller, da Sternberg a Visconti. È il suo film meno cattolico e più laico (o precristiano?) nel suo transfert dagli emigranti italiani agli irlandesi. Nella stratificata contaminazione di mitologia fantastica e documentazione storica (i draft riots contro la coscrizione obbligatoria che nel 1863 misero a fuoco per tre giorni e quattro notti Manhattan), è il suo film sociologicamente più coraggioso e attuale. È il suo film più "asciugato" in postproduzione: il 1° director's out durava quasi 4 ore. È un dramma edipico sull'identità dei cittadini di una nazione di orfani in cui s'imprime il simbolo ufficiale degli USA - l' aquila sull'occhio finto, dunque cieco, di Bill il Macellaio. È un film antropologico imperfetto e ricco di bagliori che rappresenta probabilmente il capolavoro mancato del più grande regista americano vivente. Prodotto da Alberto Grimaldi e Harvey Weinstein e distribuito dalla Fox» (Morandini).
Per gentile concessione di 20th Century Fox Italia - Ingresso gratuito
 
domenica 15
ore 17.00
Novecento - Atto I e Atto II (1976)
Regia: Bernardo Bertolucci; soggetto e sceneggiatura: B. Bertolucci, Franco Arcalli, Giuseppe Bertolucci; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Arcalli; interpreti: Burt Lancaster, Donald Sutherland, Robert De Niro, Dominique Sanda, Alida Valli, Sterling Hayden; origine: Italia/Francia/Germania Occidentale; produzione: P.E.A., Productions Artistes Associés, Artemis Film; durata: 316'
«Novecento (1976), un kolossal [...] d'eccezione - con un cast eccezionale, un budget eccezionale, una durata eccezionale, un battage pubblicitario eccezionale, una programmazione desueta se non proprio eccezionale (le due parti del film proiettate in momenti e/o locali diversi) - che è anche un (affascinante) monumento alla contraddizione. Bertolucci, infatti, si propone qui di costruire una saga familiare e storica che dagli inizi del '900 giunga al '45, attraversando quasi mezzo secolo dietro Alfredo Berlinghieri (futuro erede delle vaste proprietà terriere di una ricca famiglia) e il suo amico d'infanzia, Olmo (figlio di una contadina dei Berlinghieri), il primo destinato a stare dalla parte dei fascisti, il secondo a guidare i contadini nei giorni della Resistenza. Ma sulle pretese epiche, sulle aspirazioni storiografiche e sulle ambizioni politiche [...] prevale nel film, ancora una volta (e anzi qui come mai, prima e dopo, nei film bertolucciani) la fede in un cinema autoreferenziale, continuamente abbagliato dalle ininterrotte trasfigurazioni dell'"immaginario". Un cinema siffatto può avere - come in Novecento accade - una colta e altissima densità spettacolare e produrre brani grandiosi per costruzione melodrammatica, destrezza linguistico-stilistica e fascinazione misterica [...]. Turgido ed estenuato melodramma, più che saga nazional popolare quale voleva essere, Novecento dimostra una sola cosa: l'enorme talento del suo regista, la sua capacità di vivere il cinema come una avventura espressiva, la sua abilità nell'orchestrare una massa di temi e motivi, muovendosi perigliosamente attorno ai (mai, veramente, nei) meandri misteriosi della psicologia e della storia» (Micciché).
Vietato ai minori di anni 14

ore 21.00
Un tranquillo posto di campagna
(1968)
Regia: Elio Petri; soggetto: Tonino Guerra, E. Petri; fotografia: Luigi Kuveiller; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Franco Nero, Vanessa Redgrave, Georges Geret, Gabriella Grimaldi, Madeleine Damien, Rita Calderoni; origine: Italia/Francia; produzione: P.E.A., Produzioni Associate Delphos, Productions Artistes Associés; durata: 107'
«Pittore di successo in crisi creativa, dilaniato dalla volontà di contestazione e dalle richieste del mercato, ha un rapporto schizofrenico di amore/odio con la donna che gli fa da amante, amministratrice e infermiera e, per sfuggirla, si rifugia in una villa veneta, da anni disabitata, e cerca la compagnia di un fantasma. Film sulla pittura (sulla pop art, usando i quadri dell'americano Jim Dine), sulla ricerca disperata della bellezza perduta, sulla morte dell'arte, sui rapporti tra arte e realtà, "... è prima di ogni altra cosa un giro di boa tecnico: di tecnica narrativa, di montaggio, di ritmi, di effetti speciali, di fotografia. Senza l'esperienza maturata sarebbero forse impensabili i successivi film..." (A. Rossi)» (Morandini).
Vietato ai minori di anni 14

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