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“Questa sera al cinema Trevi, alle 20.45, Marco Giusti modera un incontro con Maurizio Liverani e Giacomo Carioti”
Centro Sperimentale di Cinematografia
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Nella ristretta cerchia dei critici passati dall'altra parte della barricata, dietro la macchina da presa, Maurizio Liverani occupa un posto a sé. Dal 1952, quando entra nella redazione di «Paese Sera», fino all'esordio cinematografico a cavallo del '68, Liverani si fa strada nel mondo del giornalismo. Responsabile delle pagine degli spettacoli e di quelle culturali del quotidiano romano, è il primo a introdurre le stellette per la valutazione dei film. Ma il suo nome circola anche negli ambienti politici: nel 1959 il settimanale «Lo Specchio» pubblica una scheda proveniente dalla Direzione Generale del partito comunista che lo definisce «tendenzialmente deviazionista». Durante l'invasione sovietica in Ungheria, nel 1956, viene richiamato da Pajetta per i titoli del giornale non allineati alla posizione del partito comunista: «Occupati di cinema… lascia stare l'Ungheria». Liverani lascerà il partito e «Paese Sera» una decina di anni dopo, non prima di avere assunto un certo Dario Argento, avviandolo alla breve carriera di critico. Nel giro di pochi anni entrambi passano alla regia: Argento con L'uccello dalle piume di cristallo dà il via alla fortunata stagione del thriller all'italiana, Liverani con Sai cosa faceva Stalin alle donne? si guadagna nei flani il titolo di «film più insolito e divertente dell'anno», definizione che vale ancor oggi, a quasi quarant'anni di distanza. «Nel film pensavo solo a divertire, il divertimento è il moralismo più totale e distruttivo, purché coinvolga anche il moralista. Se cioè l'autore è in guerra anche con se stesso». Dopo l'uscita del film Liverani non si diverte più. Pasolini gli confida: «Te la faranno pagare». Ricorda Liverani, «a Bologna era al secondo posto dei film di Natale del '69, quando i gestori del cinema furono costretti a smontarlo dalla municipalità rossa. Il caso fece così clamore che un'interpellanza dei liberali costrinse le sale a riproiettarlo. Ma a stagione ormai declinante». Sette anni dopo Liverani sferra un altro colpo ai falsi moralismi giocando con il sesso e l'erotismo, fin dal titolo: Il solco di pesca, che decreta la fine della sua carriera cinematografica. Nel frattempo su «Il Borghese» appaiono articoli satirici a firma Ivanovic Koba, nome di battaglia di Stalin durante la rivoluzione: il cerchio si chiude e l'immedesimazione del protagonista diSai cosa faceva Stalin alle donne? è ormai completa. Liverani continuerà a dirigere la rivista «Il Dramma» e a collaborare a testate di diversa estrazione: «Il Giornale d'Italia», «Il Tempo», «L'Avanti!», sempre libero nei giudizi e nelle posizioni (le informazioni   su Liverani sono tratte dal numero 3 della rivista «Cine 70 e dintorni», in cui Franco Grattarola e Federico Pergolesi hanno dedicato un lungo ritratto al regista dal titolo: Sesso e satira. Vita e cinema di Maurizio Liverani, raccogliendone la testimonianza sul film d'esordio).
 
ore 19.00 Sai cosa faceva Stalin alle donne? di Maurizio Liverani (1969, 79')
Film scandalo che mette alla berlina il comunismo e i suoi miti. Rivisto oggi, divertentissimo, con un Benedetto Benedetti, intellettuale del dissenso, che si atteggia a Stalin e un Helmut Berger in crisi d'identità, dopo la comune esperienza partigiana. Un ritratto dell'Italia dal dopoguerra al '68: un C'eravamo tanto amati al vetriolo, senza omaggi alla commedia all'italiana. Con Margaret Lee, Silvia Monti. «Ad Helmut Berger arrivai attraverso Luchino Visconti, al quale avevo dato da leggere la sceneggiatura. Al famoso regista il mio copione piacque moltissimo e convinse Helmut ad interpretare lo Stalin. […] Benedetto Benedetti, invece, l'ho conosciuto quando scriveva su L'Unità. Non era un attore professionista. Lo preferii ad altri che i produttori cercavano di impormi» (Liverani).
 
ore 20.45 Incontro moderato da Marco Giusti con Maurizio Liverani e Giacomo Carioti
 
a seguire Il solco di pesca di Maurizio Liverani (1976, 98')
«Apparentemente si colloca nel prolifico filone sexy-comico. Interpretato da una lanciatissima e procace Gloria Guida e dalla bella attrice francese Martine Brochard, […] la caustica satira di Liverani questa volta investe i tormentati rapporti tra uomo e donna, il senso del peccato e l'ossessione del sesso» (Grattarola-Pergolesi). «Ho cercato di reagire alla moda corrente dell'erotismo cinematografico con la preoccupazione di ammonire senza falsi moralismi sui paradossi del consumo del sesso. Se all'amore si toglie il concetto di peccato è sottratto alla vita ogni sapore» (Liverani).
 

 

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