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“Il Centro Sperimentale collabora al Festival “Le vie del cinema” di Narni. Quest’anno anche con la pubblicazione di un volume”
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Dal 3 all'8 luglio si tiene a Narni la XVIII edizione del FestivalLe vie del Cinema, a cui il Centro Sperimentale collabora ormai da tradizione. Quest'anno il CSC, oltre a fornire le proprie pelliccole restaurate, pubblica, in collaborazione con il Festival e con il Comune di Narni, il volume, a cura di Alberto Crespi, Il cinema di papà. Quarantuno classici restaurati scelti da registi di oggi, nel quale registi italiani scelgono un film dei registi delle generazioni precedenti e illustrano le ragioni della loro predilezione.
Giuseppe Tornatore, per esempio, racconta di essere rimasto folgorato da ragazzo dalla visione di Aquila nera di Riccardo Freda; Daniele Luchetti ha scelto Bellissima di Visconti, un film che visto da bambino; Stefano Sollima narra della sua passione per C'era una volta il West di Sergio Leone, e ricorda che era un ragazzino quando Leone e suo padre, Sergio Sollima, giravano i loro western più belli. Alice Rohrwacher ha scelto Europa '51 di Rossellini; Giuseppe Piccioni Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli; Gianni Amelio ha un'antica passione per Le legioni di Cleopatra di Vittorio Cottafavi e racconta le ragioni di questo amore.

Come scrive nella prefazione Enrico Magrelli, Conservatore della Cineteca Nazionale: "Le testimonianze sono una ricognizione storico/genetica che conferma la validità di una possibile, e tutta da costruire, teoria darwiniana applicata al cinema. È legittimo pensare che la storia del cinema sia la cronaca accelerata di un'evoluzione, di una selezione, di un superamento costante di codici e stereotipi, di strategie retoriche e di tecniche di narrazione. Un'inesorabile progressione che lascia cadere stilemi più deboli e impone sintassi più forti. Un affinamento dinamico per la sopravvivenza di un'arte popolare e sofisticata, radicata nel passato remoto e attratta, calamitata da un futuro da vedere. Dal futuro del vedere. Leggendo d'un fiato le interviste, le testimonianze dei quarantadue registi chiamati alla sbarra, come in un remake arguto di un processo a Frine, si ha l'impressione di sfiorare le tessere di un mosaico avvincente, coloratissimo, impregnato delle tante intelligenze che hanno disegnato sullo schermo capitoli fondamentali del cinema italiano. Il cinema è quello di papà (in qualche caso in senso anagrafico) ma il complesso di Edipo non ha bisogno della psicoanalisi. Non so se sia vero (l'ipotesi suona molto suggestiva) che il nostro cinema abbia un padre, il neorealismo, e una madre, la commedia, molto ingombranti. Due figure genitoriali con le quali continuare a fare i conti a ogni primo ciak. È vero, nei fatti, che cromosomi selettivi, consapevoli e involontari, orientano e determinano gli sguardi di chi, per mestiere, ha il privilegio e l'obbligo estetico di guardare, di modellare visioni e di fabbricare immagini. Alberto Crespi invita gentilmente i suoi interlocutori a trasformarsi in spettatori e ad abbandonarsi al piacere dei testi. E la parola fondamentale, viva, vitale in questo abbandono è la memoria.
Memoria che è sinonimo di Storia, identità, esperienza vissuta, pensiero stratificato, immagine sedimentata, dna culturale. Memoria è la parola più importante e più feconda per un archivio. È la scommessa quotidiana di una Cineteca".

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