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“Il 10 maggio, al cinema Trevi, “Luigi Di Gianni, un autore kafkiano”. Alle 21.00 incontro con il regista”
Centro Sperimentale di Cinematografia
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Con la miracolosa uscita in dvd del capolavoro Il tempo dell'inizio (General Video) si ritorna finalmente a parlare di Luigi Di Gianni e soprattutto del suo cinema. Come ha scritto giustamente il critico Valerio Monacò, curatore dell'edizione in dvd, Il tempo dell'inizio di Luigi Di Gianni«riesce a dar forma ai suoi incubi e a quelli di Franz Kafka raccontando l'irraccontabile, un regista "primitivo", che si permette il lusso di anticipare David Lynch e i deliri senza soluzione di continuità e Terry Gilliam e le visioni distopiche. […] La sua opera è una lugubre cattedrale innalzata per contrastare la banalità del cinema. Di tutto il cinema. Atto unico e definitivo che passa come un'ombra e come ombra rimane. Lo stupore ottuso dei critici dell'epoca, un Nastro d'Argento e poco più. Poi la notte. Cala il sipario». Fortunatamente Luigi Di Gianni non si è mai arreso e ha sempre continuato a filmare le sue ossessioni, tenendo sempre in mente la lezione kafkiana. Prova ne è le sue ultime fatiche, degli appunti, delle prove su delle ipotetiche e (im)possibili messe in scena di testi kafkiani (Un medico di campagnaAppunti per un film su Kafka - Nella colonia penale). Anche in questi ultimi tentativi Di Gianni scava nelle tenebre non per trovare una nuova e illusoria luce, ma altri enigmi, altre grottesche ossessioni.
Per chi volesse saperne di più su Il tempo dell'inizio si consiglia di consultare il blog http://www.atmosphereblog.com/il-tempo-dellinizio/
 
ore 17.00 La tana di Luigi Di Gianni (1967, 33')
«Un uomo vive rintanato in una vecchia casa, cercandovi rifugio dal mondo esterno. Con lui una domestica. Tra veglia e sogno egli assiste impotente alla propria disgregazione, cercando vanamente di resistere alla minaccia divorante dei propri fantasmi» (Meneghelli).
 
a seguire Un medico di campagna di Luigi Di Gianni (2012, 38')
Il mediometraggio, ispirato all'omonimo racconto di Franz Kakfa Ein Landarzt, racconta la storia di un medico che nel cuore della notte riceve una misteriosa chiamata per curare uno strano giovane, il quale, stranamente, non desidera essere guarito. Un medico di campagna è stato interamente girato nel paesaggio "surreale" delle Murge pugliesi, tra Gravina e Altamura, in un'ambientazione insolita, ma perfettamente aderente all'atmosfera visionaria della narrazione. Renato Scarpa, noto per le sue collaborazioni con Marco Bellocchio, Dario Argento, Nanni Moretti, interpreta il ruolo di protagonista del racconto.
 
ore 18.20 Appunti per un film su Kafka - Nella colonia penale di Luigi Di Gianni (2013, 83')
Un soldato viene condannato a morte per non aver "onorato il suo superiore". Da un racconto quasi horror di Kafka, Di Gianni si tuffa in un'esperienza (parte di una trilogia allo scrittore dedicata) visionaria e inquietante, tra documentario e fiction, letteraria e filmica, di grande espressività.
 
ore 20.00 La malattia dell'arcobaleno di Simone Del Grosso (2006, 48')
La malattia dell'arcobaleno è un road movie tra le location di alcune opere fondamentali di Di Gianni. La Lucania, terra d'origine del regista da parte paterna, rappresenta lo scenario privilegiato, quel "paesaggio dell'anima" che si offre come sfondo delle sue opere più sentite. Il tempo, in un film nella memoria, può riavvolgersi o proiettarsi in avanti, e la narrazione sospendersi per cedere il quadro al "reperto d'arte", ai frammenti delle opere del maestro. La giostra gira e conduce oltre i confini della nazione stessa, fino ad una "deriva" bella e inattesa, che tuttavia non manca di far riflettere su di un certo modo di essere del nostro Paese.
 
ore 21.00 Incontro con Luigi Di GianniVittorio Giacci,  Valerio Monacò
 
a seguire Il tempo dell'inizio di Luigi Di Gianni (1974, 130')
«David Lamda è stato internato in un manicomio per irrecuperabile asocialità; evade allora con la sua fantasia e vive nella decrepita roccaforte del Potere, ove, perseguitato e disprezzato in ogni modo, assiste al classico giuoco del meccanismo sociale. «Il film sembrava troppo lungo, e quando è arrivato il momento di scorciarlo è stata un'impresa: proponevo dei tagli, ma subito dopo tornavo sui miei passi, non riuscivo a sacrificare certe cose. Ma credo che questo sia dovuto anche a un aspetto essenziale del mio cinema. Io ho bisogno della dilatazione, dei ritmi cosiddetti estatici» (Di Gianni).
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