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(In)visibile italiano: la regia è finita
01 Giugno 2012 - 01 Giugno 2012
Verso la fine degli anni Settanta il cinema italiano da un punto di vista industriale non esiste già più. Anche la cosiddetta stagione del cinema d’autore sembra avviarsi a un tramonto sempre più autoreferenziale e sterile. Registi che si credono già autori con una rivoluzione recente alle spalle (il ’68), in un clima di anni di piombo, (di)sperano ancora. Tre film che raccontano il cinema e la sua decadenza. Dal di dentro. La regia è finita (1977) è la pellicola che aliena definitivamente il mondo dei produttori e dei distributori. Amasi Damiani è, non a caso, uno dei cineasti dalla filmografia pressoché invisibile, ovvero film realizzati ma quasi mai distribuiti. La regia è finita è un violento e durissimo sfogo attraverso le vicende di un regista impossibilitato a realizzare il suo film d’autore: la storia di una suora che intende punirsi perché crede di essersi innamorata di un’icona. Da notare che Damiani opera una sorta di remake del suo primo film I nuvoloni (1959), in cui negli anni della dolce vita un giovane regista livornese arrivava a Roma per tentare di coronare il suo sogno, raccontando appunto la vicenda inattuale di questa religiosa. Ma se nell’opera d’esordio il baratto e il compromesso erano ancora abbastanza nobili (farne di quel soggetto un film di cappa e spada), alla fine degli anni Settanta l’unica speranza di fare cinema è quello delle luci rosse. Una sorte ancora più cupa tocca il documentarista Valerio che dopo lunghi viaggi di lavoro ad Hong Kong si accorge che la sua vita ha ormai poco senso: una moglie che gli rimprovera di non essere arrivato al successo, mentre il figlio adolescente è ormai poco più che un estraneo: Un uomo da nulla (1976), opera prima di Renata Amato, figlia del grande produttore Peppino Amato. Film presentato al Festival di Taormina, ma di limitatissima distribuzione, Un uomo da nulla ha il grande merito di fotografare una Hong Kong antituristica, tra alberghi sontuosi e quartieri poverissimi, costituiti da baracche e capanne abitate da cinesi clandestini. Ciak, si muore! (1974) di Mario Moroni rientra invece nel cinema di genere: mentre si sta girando uno sgangherato film del terrore vengono uccisi, ad uno ad uno, attrici e tecnici della pellicola in questione. Quale metafora migliore per raccontare con suspense la fine di un mondo?
 
ore 17.00
La regia è finita (1977)
Regia: Amasi Damiani; soggetto e sceneggiatura: A. Damiani; musica: Nedo Benvenuti; montaggio: Giuliano Mattioli; interpreti: Susanna Martinkova, Aldo Masasso, Greta Vayan, Marina Lotar, Laura Ambesi, Valeria Ciangottini; origine: Italia; produzione: Lenadria Film; durata: 98′
«Uno dei tanti misteri della filmografia di Amasi Damiani, mai uscito in sala e scomparso da allora. […]Tanta la materia autobiografica […]di cui si ciba il film, a cominciare dal protagonista Mario Ferrari, regista non famoso, con alle spalle un paio di film di scarso successo, che porta al produttore un progetto su una suora in crisi mistica, in cambio di un lapidario rifiuto: “Nella sua sceneggiatura non si vede nemmeno un culo, e i culi sono importanti. Lei ha scritto una storia di una suora, e le suore non scopano”. Il film nasce infatti come j’accuse ideologico di Damiani nei confronti del contesto cinematografico smaccatamente commerciale in cui era costretto a operare, le cui storie ideali – citiamo dal film – erano diventate “l’incontro di due natiche e un maniaco sessuale, il tutto condito da molto sangue”. L’opposizione al cinema di consumo “laido, volgare, osceno”, passa direttamente per le maniere forti del sequestro di persona, con il regista-aspirante autore che per vendicarsi del diniego ricevuto rapisce la figlia del viscido produttore (Susanna Martinkova, con accento olandese), con l’intenzione di farle girare un film porno da far vedere a suo padre» (De Sanctis). Last but not least: Marina Lotar Frajese che “recita” in un film hard, confessandosi in voice over allo spettatore le sue afflizioni di ennesimo corpo sfruttato dal mondo dello spettacolo.
 
ore 19.00
Un uomo da nulla (1976)
Regia: Renata Amato; soggetto e sceneggiatura: R. Amato; fotografia: Aldo Di Mercantonio; scenografia e costumi: Vincenzo Medusa; musica: Ubaldo Continiello; montaggio: Carlo Valerio; interpreti: Sandro Moretti, Monica Stroebel, Cristina Huy, Domenico [Mico] Cundari, Carla Castelli, Antonio Caputo; origine: Italia; produzione: Upia Film; durata: 90′
Reduce da Hong Kong – dove Valerio si è dovuto recare per la realizzazione di un documentario – l’uomo di cinema si trova a dover affrontare una realtà fallimentare sotto tutti i punti di vista: la moglie è troppo fredda e severa ed esigerebbe il successo anche economico, il figlio, ormai sedicenne non può essere il toccasana per i problemi del padre; Christina, l’amica orientale conosciuta durante il soggiorno nella metropoli esotica, è stata una sorta di sogno ormai svanito. Il documentarista, dopo avere tentato invano di risolvere tali problemi, pensa ad un nuovo viaggio e ad un nuovo inutile tentativo di dare a se stesso una sostanza con mezzi che rimangono casuali ed esteriori.
 
ore 21.00
Ciak, si muore! (1974)
Regia: Mario Moroni; soggetto: Roberto Mauri, Liliana Pagani, Gian Pagani; sceneggiatura: R. Mauri, M. Moroni; fotografia: Giovanni Raffaldi; musica: Aldo Buonocore; montaggio: Liliana Giboni; interpreti: Giorgio Ardisson, Annabella Incontrera, Ivano Staccioli, Antonio Pierfederici, Belinda Bron, Carlo Enrici; origine: Italia; produzione: Comet Film; durata: 90′
«Una troupe cinematografica è impegnata nelle riprese di un film. Bennert, il regista, improvvisa le scene rendendo inutile l’opera dello sceneggiatore e accusandolo di essere privo di fantasia. Tre attrici, Linda, Mary e Fanny, sono successivamente trovate uccise. Dell’assassino rimane solo una misteriosa ombra fissata su alcuni fotogrammi. La polizia dà la caccia a un certo Richard Hanson uno scioperato donnaiolo, membro un tempo della troupe e licenziato a causa di Linda, la prima attrice uccisa. La soluzione arriva a sorpresa durante la ripresa dell’ultima sequenza del film, quando appaiono alcuni attori camuffati che interpretano il ruolo di rapinatori. Uno di loro è l’assassino…» (Giusy Cutrì).

 

 

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