Si è spento il 26 dicembre 2018 a Parigi il regista Fabio Carpi, nato il 19 gennaio 1925 a Milano. Sceneggiatore e scrittore, oltre che regista di cinema e televisione, Carpi ha iniziato la sua carriera negli anni Quaranta come critico cinematografico per i quotidiani «Libera Stampa» e «L’Unità». Nel 1951 si trasferì in Brasile, dove iniziò l’attività di sceneggiatore, continuando una volta ritornato in Italia nel 1954 a scrivere per autori quali Antonio Pietrangeli, Dino Risi e Vittorio De Seta. Nel 1971 vinse un Nastro d’Argento per la sceneggiatura del film di Nelo Risi Diario di una schizofrenica. Dopo un esordio dietro la macchina da presa nel 1968 per un breve documentario televisivo, il suo debutto ufficiale alla regia avvenne nel 1972 con il film drammatico Corpo d’amore. Carpi fu anche attivo come romanziere e saggista. Il suo romanzo Patchwork vinse il Premio Bagutta nel 1998. Come ha scritto giustamente Stefano Coccia, Fabio Carpi è stato «probabilmente conosciuto ed apprezzato fuori dai nostri confini più che in patria. Relativamente “scomodo” per il non essersi mai conformato alle mode correnti, a tutto ciò che la critica cinematografica nostrana, sempre più superficiale, spocchiosa, autoreferenziale e uterina, considera purtroppo importante. Poco incline alla vuota celebrazione dello “specifico cinematografico”, il suo cinema (al pari delle sporadiche incursioni sul piccolo schermo) ha rappresentato semmai una felice ibridazione dei molteplici stimoli culturali, provenienti dalla Letteratura, dal Teatro, dalla Storia, dalla Filosofia, tutto materiale trattato con un garbo ed un’ironia che appaiono ormai fuori dal tempo. […] Tornando alla settima arte, meno di dieci sono le pellicole girate tra gli anni ’70 e l’inizio del Duemila. Spesso con una imbarazzante disparità di accoglienza, da parte di pubblico e critica, se ci si focalizza sull’estero: basti pensare che uno dei suoi titoli più noti, Quartetto Basileus (1983), è rimasto in programmazione per un anno intero a New York, mentre in Italia beneficiò di una visibilità minima. Ancora una volta, per colpa di un pubblico pigro e di un’intellighenzia post-sessantottina in letargo come le marmotte, ci tocca indossare il cilicio. Senza ripercorrere ciascuna tappa di questa breve ma intensa filmografia, è opportuno rimarcare alcune costanti. La frequente origine letteraria dei copioni. Il mai pedante ricorso a citazioni e parafrasi di romanzi, poesie e testi teatrali. L’interesse al limite del morboso per la vecchiaia, per le sue ripercussioni sull’animo umano. Il malinconico trascorrere del tempo. Le passioni amorose vissute con disincanto e trasognata sensualità. Raffinati e assai pregnanti i richiami presenti nelle singole pellicole: Marcel Proust, Thomas Mann, Gertrude Stein, Raymond Radiguet, Novalis».
ore 15.30 Corpo d’amore di Fabio Carpi (1973, 103′)
«Padre e figlio in vacanza sul Tirreno. Trovano il corpo esanime di una bella ragazza misteriosa che si esprime in una lingua indecifrabile. Nella cura protettiva di questo “corpo d’amore” trovano finalmente un’intesa tanto da procurare la morte a un intruso che con lei sa comunicare… 1° film del milanese F. Carpi […]: concreto eppure rarefatto, trasparente eppure ermetico, immerso in una luce preziosa e algida (fotografia di V. Storaro), carico di significati metaforici. Almeno un momento magico» (Morandini). Con Mimsy Farmer, François Simon, Giovanni Rosselli, Lino Capolicchio.
ore 17.30 Quartetto Basileus di Fabio Carpi (1981, 127′)
«Quando muore uno dei componenti di un vecchio e affermato quartetto, gli altri vanno in crisi. Un giovane violinista si propone come primo violino, conquistandoli. Dopo averli riscaldati, la luce della sua giovinezza li abbaglia e li vampirizza. Elegia di tormentata sincerità sulla difficoltà d’invecchiare. Schubert (il sublime Trio in mibemolle maggiore op. 100, ma anche Beethoven, Wagner, Debussy, Ravel) attraverso Proust, l’arte come mestiere, la letteratura come conforto, la giovinezza come stagione irripetibile. Triste, un po’ turgido, ma quietamente illuminante. Menzione al Festival di Locarno 1982 quando la giuria non assegnò premi. Prodotto per la TV e distribuito nel 1986» (Morandini). Con Hector Altiero, Omero Antonutti, François Simon, Pierre Malet, Gabriele Ferzetti, Rada Rassimov, Mimsy Farmer, Lisa Kreuzer.