Caro amico, ti filmo. Omaggio a Lucio Dalla
28 Aprile 2012 - 28 Aprile 2012
Si era capito fin da subito che il grande cantautore bolognese, scomparso giovedì 1 marzo improvvisamente dopo un concerto a Montreaux, non poteva essere, come Morandi, protagonista di svariati musicarelli. «Se quest’ultimo chiedeva alla fidanzata di farsi mandare dalla mamma a prendere il latte, inizio perfetto di qualsiasi romance adolescenziale», spiega Mauro Gervasini, «Lucio poteva al massimo aggirarsi dietro le quinte dell’amore per raccontarlo con parole ardite, oltre che con armonie per l’epoca rivoluzionarie (fu il primo a innestare il jazz moderno nella melodia italiana, laddove Conte, Arigliano e persino Buscaglione avevano ispirazioni più classiche e meno… free)». Davanti alla macchina da presa Dalla c’è stato una dozzina di volte con film diversissimi uno dall’altro: dal curioso esperimento di musicarello in stile inchiesta tv, Altissima pressione, di Enzo Trapani, dove il giovane Lucio si esibiva accanto a Nicola Di Bari, Lando Fiorini, Edoardo Vianello e Françoise Hardy, a Per un pugno di canzoni e a Rita nel West, curioso western musicarello tagliato su misura per Rita Pavone. Ma, come scrive Fabio Ferzetti, «nel 1967 la simpatia naturale di Lucio, il suo perenne stupore, quella dolcezza “da ventenne che dimostra 40 anni”, come avrebbero detto i suoi due pigmalioni, conquista nientemeno che i fratelli Taviani che lo vogliono nei Sovversivi, uno dei due film in cui compaiono i funerali di Togliatti (l’altro è Uccellacci e uccellini di Pasolini), emblema della fine di un’epoca e sfondo di una storia di comunisti in crisi che resta uno dei documenti più calzanti di quella stagione. Dalla è il fotografo che cerca nella pellicola la risposta ai suoi tormenti filosofici, ripreso dai Taviani con affetto e umorismo». Il suo unico ruolo da protagonista è in un piccolo film eccentrico diretto da Bitto Albertini, Il santo patrono, in cui il nostro Lucio veste l’abito talare. Più degne di nota, oltre a una simpatica parte nel film culto di Fernando Di Leo Amarsi male, sono le sue partecipazioni a due film: una attoriale, nel primo vero successo dell’amico di sempre Pupi Avati La mazurka della santa, del barone e del fico fiorone, e l’altra musicale in Borotalco di Carlo Verdone, il quale, per affetto e riconoscenza, gli dedica addirittura il film. Col senno di poi rivedere Lucio Dalla nella parte di se stesso musicista, accanto a De Gregori e a Ron, in Banana Republic di Ottavio Fabbriha un che di struggente commozione.
ore 17.00
Sovversivi (1967)
Regia: Paolo e Vittorio Taviani; soggetto e sceneggiatura: P. e V. Taviani; fotografia: Gianni Narzisi, Giuseppe Ruzzolini; costumi: Lina Nerli Taviani; musica: Giovanni Fusco; montaggio: Franco Taviani; interpreti: Giorgio Arlorio, Giulio Brogi, Pier Paolo Capponi, Ferruccio De Ceresa, Maria Tocinowsky, Lucio Dalla; origine: Italia; produzione: Ager Film; durata: 97′
«Alla base di Sovversivi sta un’idea probabilmente suggerita ai Taviani dall’esperienza de I fuorilegge: quella di una molteplicità di storie e di personaggi correlati fra loro da un identico problema che costituisce per tutti un banco di prova e una svolta esistenziale. […] Sovversivi è infatti il polittico di quattro “storie parallele”, cioè di altrettante vite aperte e in cerca di se stesse e del proprio ruolo, in un particolare momento della verità: i funerali di Togliatti, nell’estate del 1964 visti […], come già nel pasoliniano Uccellacci e uccellini, quale ultimo capitolo di un’epoca e inizio di una nuova, più matura, e perciò più tormentata adesione alle cose. […] In pochi film come in questo coesistono positivamente forme di consapevolezza, estetica e politica, così (relativamente) avanzate come: 1. la coscienza del superamento definitivo del mito/illusione neorealistico e di ogni sua possibile ripresa […]; 2. la coscienza che l’unico modo per essere degli artisti politici non è quello di fare dell’arte “politica” ma di fare politicamente l’arte […]; 3. la coscienza che dalla sclerosi delle vecchie certezze ideologistiche non si esce creandone delle nuove […], ma scegliendo, materialisticamente, il sistematico confronto con la realtà in una feconda dialettica […]; 4. la coscienza che la “politica del possibile” ha finito per emarginare l'”impossibile” dal voluto, […] e che dunque occorre ridare uno spazio politico all’utopia […]. Queste forme di consapevolezza […] fanno di Sovversivi un film ricco di presentimenti sessantotteschi: nel senso che gli umori, i fervori, gli ardori, così come le spinte iconoclaste, […] da cui il film è pervaso, troveranno parziale concretizzazione, di lì a una stagione, nelle piazze, nelle fabbriche e nelle università» (Micciché). Lucio Dalla è un giovane comunista che riformula il proprio lavoro di fotografo per cercare di cogliere chissà che nella realtà ed è uno dei quattro militanti in crisi dopo la morte di Togliatti (gli altri tre sono Giulio Brogi, Ferruccio De Ceresa e Giorgio Arlorio), dalle cui rispettive esperienze si sviluppano quattro storie distinte, ma accomunate dalla partecipazione di tutti al funerale del Migliore.
ore 19.00
La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1975)
Regia: Pupi Avati; soggetto: P. Avati, Antonio Avati; sceneggiatura: P. Avati, A. Avati, Gianni Cavina; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia e costumi: Fiorenzo Senese; musica: Amedeo Tommasi; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Ugo Tognazzi, Paolo Villaggio, Delia Boccardo, Lucio Dalla, Patrizia De Clara, Gianni Cavina; origine: Italia; produzione: Euro International Films; durata: 110′
«Tornato al paese romagnolo nativo con fama di eretico burlone, il barone Anteo Pellicani, detto Gambina Maledetta, zoppo per la caduta da un fico miracoloso, s’impegna a combattere contro il mondo della sua infanzia. Pur con scompensi di costruzione è, in bilico tra il grottesco e il fantastico, un film bizzarro, insolito, originale. Una bella galleria di maschere ripugnanti» (Morandini). «Avevo scritto questo copione per Gigi Proietti che mi aveva entusiasmato nello sceneggiato televisivo Il circolo Pickwick […]. Io avevo scritto questa Mazurka pensando ad un barone istrionesco, un po’ gassmaniano, molto adatto a Proietti. […] Bertolucci [Giovanni, n.d.r.], emiliano anche lui, aveva accettato di leggere il copione e gli era piaciuto. Però mi disse: “Forse il film riesco a fartelo fare, a patto che tu però anziché Proietti pensi ad un attore di maggior richiamo”. Erano quelli i giorni dell’esplosione televisiva di Paolo Villaggio […]. Cercai Villaggio e gli proposi il film. Villaggio vide il mio Balsamus, lesse il copione ed accettò. Poi ci furono diverse disavventure che durarono circa 6 – 7 mesi, durante i quali Villaggio scomparve dalla mia vita, travolto da altri impegni e dal successo. […] Poi una sera, rientrato a casa, mia moglie mi disse che aveva chiamato Tognazzi da Parigi e che avrei dovuto richiamarlo. Formai il numero e mi rispose Tognazzi che mi chiese se avessi scritto io quel copione perché gli interessava la parte. Al suo ritorno da Parigi incontrai Tognazzi e ci accordammo sulla cosa. […] Era successo che sua moglie anziché mettere nella valigia un copione di Bevilacqua, aveva messo il mio. E così è nato il film, in maniera quasi miracolistica. Tognazzi accettò di fare il film totalmente in partecipazione, senza pretendere nessun cachet, e veniva da un campione d’incassi come Romanzo popolare di Monicelli. Villaggio venne poi a sapere la cosa, cambiò completamente atteggiamento e si inserì in un ruolo subalterno» (Avati).
ore 21.00
Banana Republic (1979)
Regia: Ottavio Fabbri; soggetto: O. Fabbri; sceneggiatura: O. Fabbri, Alfredo Bini; fotografia: Ezio Bellani; musica: Lucio Dalla, Francesco De Gregorio; montaggio: Mario Morra; interpreti: L. Dalla, F. De Gregori, Ron, Gaetano Curreri, Franco Di Stefano, Fabio Liberatori; origine: Italia; produzione: Emil Film; durata: 100′
Registrazione su pellicola della tournée di culto del 1979 con Lucio Dalla, Francesco De Gregori e Ron, che cura gli arrangiamenti di tutti i brani e partecipa come musicista e interprete. I musicisti di supporto a Lucio Dalla formarono in seguito gli Stadio; quelli di supporto a Francesco De Gregori erano i componenti del gruppo dei Cyan.