Home > “Dal 17 al 19 marzo al cinema Trevi: “Il cinema insolito di Antonio Leonviola”. Il 19 marzo alle 20.45 incontro con Edgardo Leonviola, Federico Del Zoppo, Paolo Mereghetti, Sofia Scandurra. Modera Enrico Magrelli”
“Dal 17 al 19 marzo al cinema Trevi: “Il cinema insolito di Antonio Leonviola”. Il 19 marzo alle 20.45 incontro con Edgardo Leonviola, Federico Del Zoppo, Paolo Mereghetti, Sofia Scandurra. Modera Enrico Magrelli”
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Insolito. Originale. Curioso. Sono solo alcuni aggettivi per descrivere i film di Antonio Leonviola. Nato a Montagnana (Venezia) il 13 maggio 1913, interruppe gli studi all'Università di Padova, si dedicò al cinema in qualità di operatore durante la campagna italo-abissina, realizzando alcuni documentari, fra i quali La battaglia di Amba Alagi e La marcia degli eroi. Esordisce come regista, precedentemente all'esperienza africana, con il mediometraggio sperimentale Fiera di tipi che vince una medaglia d'oro al Festival di Venezia del 1934. Quando rientra in Italia, lavora in qualità di sceneggiatore per il film Uragano ai Tropici (1939). Dirige il suo primo lungometraggio Rita da Cascia. Biografia di una grande santa italiana (1943), splendido biopic che darà risalto all'attrice Elena Zareschi. Dopo nove anni di silenzio come regista, ma non come sceneggiatore (tra i soggetti e le sceneggiature più celebri ricordiamo, nel corso degli anni, Il brigante Musolino di Camerini, Senza sapere niente di lei di Comencini, tratto dal romanzo di Leonviola stesso dal titolo La morale pubblica, Cattivi pensieri di Tognazzi). Il secondo lungometraggio è il melodramma giudiziario Le due verità (1951), magnifico esempio sul doppio femminile, con una struttura volutamente ingannevole e moderna nel contesto del cinema italiano degli anni Cinquanta. Più vero del vero. Più falso del falso. Con Noi cannibali (1953) Leonviola colora il neorealismo, grazie anche allo straordinario lavoro di Aldo Giordani sul colore, «filtrato nel Ferrania squillante che illustra la passionalità di una Pampanini da bidonville» (Fofi), per raccontare un altro melodramma disperante ambientato stavolta nella Civitavecchia portuale, dove il paesaggio, attraverso alcune indovinate inquadrature, connota psicologicamente tutti i personaggi, specialmente i protagonisti, ultimi tra gli ultimi. E se Siluri umani (1955) utilizza uno stile semidocumentaristico per raccontare una missione suicida (i siluri umani erano soprannominati durante la seconda guerra mondiale le barchine esplosive pilotate da audaci marinai che spesso riuscivano a forzare con successo il blocco dei porti alleati portandovi lo scompiglio), Sul ponte dei sospiri (1953) è soprattutto un caso di censura produttiva e di lotta da parte dell'autore a non farsi manomettere il proprio lavoro. «Ha diritto forse un editore», chiedeva all'epoca Leonviola, «di modificare o trasformare addirittura un manoscritto che ha accettato di pubblicare? Evidentemente no. Un caso analogo si è verificato nei miei confronti. I produttori, che nel mio caso corrisponderebbero agli editori, dopo aver realizzato il film e, perfino dopo averlo presentato in censura per ottenere il nulla osta, su consiglio di non ben determinate persone, decidevano di modificarlo in maniera sostanziale falsandone completamente lo spirito, contro il mio consenso e dichiarandomi, candidamente, a loro giustificazione, che il pubblico non è abbastanza intelligente per comprendere un film che non sia totalmente banale». L'opera come l'aveva realizzata il regista era un intelligente divertissement, dove l'inverosimiglianza, l'esagerazione, l'ironia fossero palesi, fino a risultarne un effetto di comicità. I produttori tagliarono il film fino a ridurlo a un banale cappa e spada con esiti disastrosi al botteghino. Ma Leonviola è riuscito a vincere la causa in tribunale, facendosi togliere il nome dal film. Seguiranno altre opere eccentriche e anomale: Il suo più grande amore (1956), remake di Rita da Cascia, la favola Ballerina e buon Dio (1958), senza contare alcuni pepla riletti in chiave ironica, fino al suo ultimo film I giovani tigri (1968), tratto anch'esso da un suo romanzo. Nel 1983, insieme alla moglie Sofia Scandurra, ha fondato la Libera Università del Cinema, alla quale ha dedicato tutte le sue energie e il suo entusiasmo.
 
mercoledì 17
ore 17.15
Rita da Cascia. Biografia di una grande santa italiana (1943)
Regia: Leon Viola [Antonio Leonviola]; soggetto: Celestino Spada; sceneggiatura: C. Spada, A. Leonviola; fotografia: Giovanni Pucci; scenografia: Piero Filippone, Alfredo Manzi; musica: Pietro Sassoli; montaggio: Gisa Radicchi Levi [non accreditata]; interpreti: Elena Zareschi, Ugo Sasso, Beatrice Mancini, Marcello Giorda, Laura Nucci, Augusto Marcacci; origine: Italia; produzione: Alcine-Artisti Associati; durata: 96'
«La giovane Rita (Zareschi) decide che sposandosi con il violento Paolo (Sasso) e cercando di convertirlo può testimoniare la sua fede cristiana più che entrando in convento: così diventa moglie e madre, ma quando i due figli (Marcuzzo e Ward) vogliono vendicare il padre assassinato, Rita chiede a Dio di fermarli anche con la morte pur di impedire loro di macchiarsi di un delitto [...]. Leonviola esordisce nella regia con una biografia piuttosto sanguigna di Rita da Cascia,la "santa degli impossibili", di cui racconta con maggiore partecipazione la vita laica di quella in convento. Anche grazie a una fotografia dai toni contrastati [...] e a una sceneggiatura più interessata a descrivere il Male - la violenza dei ricchi, la fellonia dei deboli, la voglia di vendetta e l'invidia del popolo - piuttosto che il Bene» (Mereghetti). «La narrazione fila spedita, colorita [...] spesso su uno sfondo di ottimi esterni ripresi in situ [...]. Leon Viola con il presente esordio nella regìa, ha dato prova di saper affrontare e superare temi difficili. Con una tavolozza sobria, mezzi non esuberanti a sua disposizione e interpreti per la prima volta impiegati in parti di vero impegno, è riuscito a ricavare impasti ricchi di prospettive e di sfumature. Egli merita la più seria attenzione. Non poteva scegliere miglior patrono della "Santa degli impossibili"» (Meneghini).
 
ore 19.00
Le due verità (1951)
Regia: Leonviola [Antonio Leonviola]; soggetto: A. Leonviola; sceneggiatura: A. Leonviola, Daniele D'Anza, Maurizio Corgnati, Silvio Giovaninetti; fotografia: Enzo Serafin; scenografia: Luigi Scaccianoce; montaggio: Rolando Benedetti; interpreti: Anna Maria Ferrero, Michel Auclair, Michel Simon, Valentine Tessier, Ruggero Ruggeri, Mario Pisu; origine: Italia; produzione: Franco Villani, Stefano Caretta; durata: 111'
«Secondo la pubblica accusa (Pisu) la morte di Maria Luce (Ferrero) è l'opera evidente del suo cinico amante (Auclair), che peraltro durante il processo non vuole rispondere a nessuna domanda. Ma il casuale intervento di un ex avvocato (Simon), sospeso dall'ordine per le sue tesi irrispettose, dimostra che gli stessi avvenimenti possono essere letti in modo diametralmente opposto [...]. Melodramma giudiziario, [...], suddiviso in due parti opposte e speculari che piuttosto che rappresentare, pirandellianamente, un'impossibile verità costruiscono il ritratto di una Donna doppia e inafferrabile. Concedendosi anche qualche frecciata antifemminista [...], Leonviola centra tutto il film sul fascino ambiguo della Ferrero, ingenua orfanella che finisce schiacciata dagli avvenimenti nella prima parte o perversa arrivista che predilige il mostrarsi in sottoveste, con l'invitante spallina cadente» (Mereghetti).
 
ore 21.00
Sul ponte dei sospiri (1953)
Regia: Antonio Leonviola; soggetto: Luigi Bonelli; sceneggiatura: Guido Malatesta, Carlo Bernari, Weis Ruffilli, Giancarlo Vigorelli, L. Bonelli, Ezio D'Errico; fotografia: Aldo Giordani; scenografia: ideata da Giorgio De Chirico e realizzata da Virgilio Marchi; costumi: Marina Arcangeli; musica: Carlo Innocenzi; montaggio: Roberto Cinquini; interpreti: Frank Latimore, Maria Frau, Françoise Rosay, Massimo Girotti, Eduard [Edward] Ciannelli, Luciana Vedovelli; origine: Italia; produzione: Produzioni Cinematografiche Bomba e C.; durata: 89'
«Una collana fa scoprire alla giovane Bianca (Frau) che il padre Marco Spada (Girotti) non è morto ma imprigionato ingiustamente per un delitto compiuto dall'inquisitore di Venezia (Ciannelli): con l'aiuto di dama Sant'Agata (Rosay) e dell'impetuoso conte Folengo, detto capitan Vessillo (Latimore), saprà ristabilire la giustizia. [...] Introducendo il personaggio del Destino, il film smonta i meccanismi tradizionali dell'avventura epica e con stop di fotogrammi e commenti off introduce una lettura ironica che spaventò il produttore Enrico Bomba [...]. Prima dell'uscita, Bomba rimontò il film tagliando le scene meno tradizionali (e riducendolo a 87') ma anche per l'opposizione legale del regista non ebbe quasi circolazione. Peccato, perché nella versione integrale Leonviola sa alternare abilmente l'ironia con una lettura cupa e quasi "sadica" dei momenti forti della storia, come il corrusco - ed erotico - duello tra Bianca Spada e Nerissa Fornier (Vedovelli). Tutto l'antefatto, grazie al quale conosciamo l'ingiustizia sopportata da Marco Spada, è girato come un film muto, con tanto di cartelli per le didascalie, accompagnamento al pianoforte e viraggi in giallo e poi azzurro» (Mereghetti).
La copia della Cineteca Nazionale è la versione integrale del regista.
 
giovedì 18
ore 17.15
Taur, re della forza bruta (1963)
Regia: Antonio Leonviola; soggetto: A. Leonviola; sceneggiatura: Maria Sofia Scandurra, A. Leonviola, Silvana Zdumic; fotografia: Guglielmo Mancori; scenografia: Oscar D'Amico; costumi: Serenella Staccioli; musica: Mario Ammonnini; montaggio: Otello Colangeli; interpreti: Joe Robinson, Bella Cortez, Harry Baird, A. Leonviola, Carla Foscari, Erminio Spalla; origine: Italia; produzione: Italia Produzione Film, Coronet Produzioni; durata: 94'
«Giunti in soccorso del popolo di Shrupuk, minacciato dai crudeli Ricsos, Taur (Robinson) e il fedele Abaratutu (Baird) vengono catturati e fatti schiavi: nonostante le macchinazioni del viscido Kab (Leonviola), sconfiggeranno i malvagi con l'aiuto di Siro (Cevenini), legittimo erede al trono dei Ricsos. Leonviola [...] affronta il peplum con malcelata autoironia: conciato con pelle di leopardo e copricapo pennuto, dà volto a un cattivo da fumetto e mette in scena curiosi macchinari leonardeschi. [...] Girato insieme a Le gladiatrici» (Mereghetti).
 
CAMBIO DI PROGRAMMA
La proiezione prevista per le ore 19.00 di Le gladiatrici (1963) è rimandata al 1° aprile
 Regia: Antonio Leonviola; soggetto e sceneggiatura: A. Leonviola, Sofia Scandurra; fotografia: Guglielmo Mancori; scenografia: Oscar D'Amico; musica: Roberto Nicolosi; montaggio: Renato Cinquini; interpreti: Joe Robinson, Susy Andersen, Maria Fiore, Harry Baird, Carla Foscari, Alberto Cevenini; origine: Italia; produzione: Italia Produzione Film, Coronet Produzioni; durata: 91'
«La principessa Tamar (Andersen) viene fatta prigioniera e costretta a battersi come gladiatrice nel regno di Niala, retto dalla crudele Regina Nera (Hendy): Taur (Anderson) corre a salvarla insieme allo schiavo Abaratutu (Baird). Girato contemporaneamente a Taur, re della forza bruta, un peplum che rivisita il mito delle Amazzoni, e in cui il forzuto di turno ha un ruolo marginale. Leonviola [...] ricicla materiale da altre produzioni Galatea e sfoggia una certa vena sadica nelle sequenze di lotta tra le gladiatrici» (Mereghetti).
 
CAMBIO DI PROGRAMMA
La proiezione prevista per le ore 20.45 di Ballerina e buon Dio (1958) è rimandata al 1° aprile (il film è in programma anche venerdì 19 alle ore 19.00)
Regia: Antonio Leonviola; soggetto e sceneggiatura: A. Leonviola; fotografia: Enzo Serafin; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Maria Pia Arcangeli; musica: Piero Morgan [Piccioni]; montaggio: Renato Cinquini; interpreti: Vera Cecova, Marietto Angeletti, Vittorio De Sica, Gabriele Ferzetti, Roberto Risso, Mario Carotenuto; origine: Italia; produzione: Ebe Cinematografica - Società per l'Esercizio dell'Industria e del Commercio Cinematografico; durata: 98'
«Convinto da un sogno che spetti ai bambini scegliersi la mamma che preferiscono, l'orfano Marietto (Angeletti) fugge dalla famiglia che vorrebbe adottarlo per cercare la ballerina Camilla (Cécova) che ha visto su un giornale e che ha eletto a sua futura mamma: la giovane artista farà fatica ad accettare la presenza ingombrante del bambino ma alla fine tutto si accomoderà. Insolita commedia favolistica che Leonviola [...] dirige alternando momenti fantastici (il sogno "solarizzato" all'inizio o la presenza di De Sica come "buon Dio" in quattro ruoli diversi: guardia, vigile, portaceste e tassista) ad altri più decisamente melodrammatici: il mondo infantile non è enfatizzato né edulcorato ma anche quello degli adulti è raccontato con feroce ironia (la famiglia del fornaio Carotenuto) o fredda antipatia (il maestro di musica interpretato da Ferzetti, la madre superiora di Pina Renzi). Un cartello alla fine sostiene che la vicenda è tratta da un fatto di cronaca. Il proprietario della giostra è interpretato da Mister O.K., alias Spartaco Bandini, popolare perché ogni primo dell'anno si tuffava nel Tevere dal ponte Cavour» (Mereghetti). «Il Messaggero» così commentò all'epoca: «L'America a Walt Disney. L'Italia a Leonviola, sostituendo i cartoni animati con attori veri».
 
venerdì 19
ore 17.15
Noi cannibali (1953)
Regia: Antonio Leonviola; soggetto: A. Leonviola; sceneggiatura: A. Leonviola, Gian Gaspare Napolitano, Giuseppe Mangione, Daniele D'Anza; fotografia: Aldo Giordani; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Giuliano Papi; musica: Bruno Maderna, montaggio: Roberto Cinquini; interpreti: Silvana Pampanini, Vincenzo Musolino, Folco Lulli, Milly Vitale, Giuseppe Porelli, Gildo Bocci; origine: Italia; produzione: Excelsa Film, Slogan Film, Marea Film; durata: 80'
Una ballerina d'avanspettacolo torna fra lo scetticismo generale nel suo paese d'origine, la Civitavecchia portuale del dopoguerra. Solo un amico d'infanzia, Aldo, un tempo fidanzato con sua sorella Maria, l'aiuta. I due si mettono insieme, ma un capoccia locale tenta in tutti i modi di conquistarla. «Ambientato tra i baraccati del porto di Civitavecchia (dove il lavoro dello scenografo Luigi Scaccianoce si fonde perfettamente con le riprese dal vero), il film sa evitare l'ottimismo ideologico di certo neorealismo e il moralismo consolatorio di tanti melodrammi […]. Recuperando una lezione di stile che viene direttamente dal cinema degli anni Trenta (Clair, Pabst), Leonviola racconta la disperazione senza uscita di chi si sente destinato alla sconfitta con uno stile molto controllato (certe inquadrature, specie dei panorami industriali, ripropongono la lezione della pittura metafisica). […] Leonviola è la maschera che all'inizio del film fa entrare lo spettatore nel teatrino di varietà» (Mereghetti).
 
ore 19.00
Ballerina e buon Dio (replica)
 
ore 20.45
Incontro moderato da Enrico Magrelli con Edgardo Leonviola, Federico Del Zoppo, Paolo Mereghetti, Sofia Scandurra
 
a seguire
Fiera di tipi (1933)
Regia: Antonio Leonviola; interpreti: Carlo Maria Dormal, Aldo Capitanio, Adelina Poggi, Fernando De Marzi; origine: Italia; durata: 48'
Una giornata tipo alla fiera di Padova. Un contadino è indeciso se comprare o meno l'aratro. Un borsaiolo cerca di compiere l'ennesimo furto. Un dandy aristocratico seduce una bella donna sposata, ma deve stare attento al marito troppo geloso. Due uomini cercano di rimediare alla morsa della fame con incredibili stratagemmi. Tutto il film è pirotecnico, all'insegna della velocità... non è un caso che tra gli interpreti figura l'artista futurista Carlo Maria Dormal. Premiato con la medaglia d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia (1934), il film contiene uno dei primi sponsor pubblicitari della storia del cinema: l'acqua Recoaro.
Ingresso gratuito
 
a seguire
Tapeo Story
Regia: Antonio Leonviola; origine: Italia; durata: 8'
Depero. Un tappeto "magico". La lana. Sono tre elementi. Quale legame si nasconde? Una parola chiave: Elena Lenviola. La soluzione dell'enigma: la visione di questo cortometraggio familiare che svela uno spicchio di storia in più sulla saga generazionale dei Leonviola... e non solo.
Ingresso gratuito

 

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