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“Al cinema Trevi, nel week end, Liliana Cavani e Massimo Guglielmi introdurranno i loro i film in programma e parleranno di Massimo Girotti”
Centro Sperimentale di Cinematografia
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Nell'ambito della  retrospettiva dedicata a Massimo Girotti, il CSC-Cineteca Nazionale presenta il volume "Massimo Girotti: cronaca di un attore" di Roberto Liberatori, edito da Teke Editori con Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia. La  vicenda artistica di Massimo Girotti si snoda nell'arco di oltre sessanta anni della nostra storia, a partire dal 1939 quando, da studente universitario proveniente da una famiglia borghese di origini marchigiane, Girotti si ritrova a godere da un giorno all'altro di una inaspettata popolarità. E' la sua bellezza che lo fa notare e lo impone all'attenzione del pubblico e di giovani cineasti. Ma questa magnifica presenza, vissuta spesso come ostacolo, sarà solo il punto di partenza per un lungo lavoro di crescita professionale e intellettuale, complice l'incontro e il sodalizio umano e artistico con registi come Alessandro Blasetti, Giuseppe De Santis e Luchino Visconti, solo per citare quelli più vicini a lui per sensibilità e cultura. Da loro imparerà tutto, facendo proprio un modello di professionismo basato sul rigore.

Uomo schivo e riservato, non alla ricerca di facili successi, Girotti ha dato prova di carattere anticonvenzionale nel lavoro, e nella vita privata ha mantenuto equilibrio e semplicità,  incarnando una sorta di regolarità nell'arte.
 
©2015 Teke Editori con Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia
Tutti i diritti riservati
ISBN 9788897217237
I edizione gennaio 2015
Stampato in Italia
Andersen Spa - Borgomanero (NO)


venerdì 20

ore 17.00 Scusi, facciamo l'amore di Vittorio Caprioli (1968, 92')
«La stessa cosa accade di lì a poco a Girotti nel film Scusi, facciamo l'amore, diretto da Vittorio Caprioli, con il suo ruolo del "signorino" Alberto Tassi, un attempato gigolò che ha costruito la propria fortuna come amante di ricche e annoiate signore della borghesia milanese. Nella sequenza in cui dà consigli sulle migliori piazze in cui trovare una sistemazione al più giovane Pierre Clementi, Caprioli fa quello che Visconti aveva fatto con la Mangano [ne La strega bruciata viva, episodio de Le streghe, n.d.r.]: prende Girotti, immagine di bellezza e mascolinità per oltre due decenni, e lo mostra sfatto, preoccupato di chili che si prendono e di capelli che si perdono, alle prese con massaggi e attività fisica per combattere i segni del tempo ed essere competitivi sul mercato» (Liberatori).
 
ore 19.00 Il mio corpo con rabbia di Roberto Natale (1972, 80')
«In Il mio corpo con rabbiadi Roberto Natale il suo ruolo è quello di Gabriele, il padre di una disadattata con turbe affettive. La ragazza è ossessionata dalla figura del padre: lo accusa di essere anaffettivo e di considerarla un oggetto da collocare in società, e si adopera per distruggere la sua felicità, il suo mondo di certezze. Senza, però, riuscirci, né ispirare alcuna simpatia nello spettatore. Al contrario, è proprio il personaggio interpretato da Girotti a uscire vincente dallo scontro generazionale messo in scena dalla pellicola. Portatore di valori, solido e saggio, ha la meglio su tutti i protagonisti. Ancora una volta Girotti era riuscito a mettere le mani su un personaggio che non lo condannava in secondo piano, ma aveva una funzione ben precisa nell'insieme. Il regista Roberto Natale, nel rendere il pensiero fisso della ragazza sul padre, mantiene presente l'immagine dell'attore dall'inizio alla fine del film, con inquadrature che scrutano i suoi movimenti e ogni espressione del volto» (Liberatori).
 
ore 21.00 Ossessione di sangue di Daniel Tinayre (1959, 107')
«Pressoché sconosciuta è anche la sua esperienza di lavoro in Argentina nel 1957, dove Girotti è il protagonista di una nuova versione cinematografica di La bestia umanadi Émile Zola, nel ruolo che prima di lui era stato di Jean Gabin nel 1938, diretto da Jean Renoir, e poi di Glenn Ford pochi anni prima, nel '54, per la regia di Fritz Lang. A stringere i contatti con Girotti è l'attrice protagonista del film, Ana Maria Lynch, considerata una delle donne più belle del cinema argentino, durante un viaggio in Italia alla ricerca dell'interprete giusto. […] La storia è quella di Pedro Sandoval, un macchinista ferroviario che vive una vita segreta e febbrile. Dietro l'apparenza dei modi gentili, da grande lavoratore, Pedro nasconde con tormento la sua incapacità di relazionarsi con le donne, se non in maniera brutale. L'uomo viene trascinato in un torbido piano criminale da un superiore violento e cinico e dalla bella moglie di lui, Ana Maria Lynch, per la quale perde la testa» (Liberatori).
 
sabato 21
ore 16.30 La strada lunga un anno di Giuseppe De Santis (1958, 143')
«Un affresco sul mondo contadino che il regista è costretto a girare nell'ex Jugoslavia, perché boicottato dai produttori a causa della sua militanza politica e del suo rifiuto di portare i contenuti verso quelli più evasivi della commedia di costume. La strada lunga un annoracconta, infatti, la storia della rocambolesca costruzione di una strada da parte di vigorosi contadini che si ribellano a un destino di povertà. […] Per il ruolo di Chiacchiera, un simpatico anarchico che affronta la vita con allegria, De Santis vuole con fermezza l'amico Girotti, che riesce a valorizzare in un registro recitativo insolito, utilizzando l'espediente di renderlo goffo e adorabile allo stesso tempo. […] Girotti si presenta sullo schermo, fin dalla prima inquadratura, completamente diverso e insolito. Mai era apparso così smagrito e imbruttito in nessun film, tanto da confondersi, con le sue ossa aguzze e la barba scura e incolta, con le fisionomie meno raffinate o sgraziate delle comparse slave, con impressi nel volto i segni della povertà» (Liberatori).
 
ore 19.00 L'Agnese va a morire di Giuliano Montaldo (1976, 134')
«Tra i primi registi a raccogliere la sua aspirazione a più dignitose produzioni è Giuliano Montaldo che lo sceglie per il ruolo del partigiano Palita in L'Agnese va a
morire. In realtà Montaldo arriva a lui con un certo imbarazzo. La parte è piccola, ha paura di non far cosa gradita all'attore di Visconti e Pasolini con un ruolo marginale. Ma Girotti accetta, con sua sorpresa, e generosamente, sapendo che il film conta su un budget modesto. Altri avevano tentato, senza riuscirci, di portare sullo schermo il libro di Renata Viganò, il racconto del risentimento popolare verso l'offesa dell'invasione nazista. […] Il personaggio di Palita riporta Girotti tra il fango alto e vischioso della pianura padana, in quegli stessi luoghi dove il Gino Costa di Ossessioneaveva vissuto la sua cruenta storia d'amore. Montaldo lo cita figurativamente quando l'attore, più vecchio e più saggio, appare sullo schermo con un vecchio Borsalino in testa» (Liberatori).
 
ore 21.30 Interno berlinese di Liliana Cavani (1985, 121')
«Nel cinema, invece, Girotti fornisce una replica perfetta dell'immagine di uomo elegante e sofisticato per il film Interno berlinesedi Liliana Cavani. La regista di Portiere di nottee La pelleaveva ricostruito l'ambiente sociale delle ambasciate e dell'aristocrazia del capitale alla vigilia della seconda guerra mondiale, per raccontare la storia di uno scandalo che travolge la vita di una giovane coppia quando, nel suo ménage, compare una bella giapponese che finisce per sedurli. […] Il rapporto instaurato con la Cavani è ottimo: l'attore si sente apprezzato e benvoluto anche se il suo ruolo nel film, quello di un ufficiale della Wehrmacht, vittima del pesante rigore moralistico della Germania nazista, è minimo. Accarezzato dalla macchina da presa, Girotti fa la sua piccola apparizione nella sequenza della festa in cui viene consegnato, assieme al giovane amante, nelle mani del capo della polizia come un perfetto capro espiatorio. Lo smoking impeccabile e il piglio aristocratico trasmettono una tale maestà da fissare alla sua nuova immagine di attore quella di un'umanità che trascorre l'esistenza all'insegna della distinzione» (Liberatori).
 
domenica 22
ore 17.00 Rebus di Massimo Guglielmi (1989, 124')
«Lo convince invece Rebus, il film debutto di Massimo Guglielmi da un racconto di
Antonio Tabucchi, con una produzione ricca e attori di calibro; qui, sempre elegantissimo, con il volto segnato da una malcelata inquietudine, appare nelle vesti di un aristocratico francese, al centro di un ricatto, costretto a sopportare per amore i tradimenti della giovane moglie Charlotte Rampling. L'attrice di Il portiere di notte, che in quegli anni godeva di una rinnovata notorietà, è solo l'ultima di una serie di partner eccezionali con le quali Girotti aveva avuto l'occasione di recitare nella sua decennale carriera» (Liberatori).
 
ore 19.15 Dall'altra parte del mondo di Arnaldo Catinari (1992, 89')
«L'occasione è l'esordio alla regia del direttore della fotografia Arnaldo Catinari, che firmerà le luci di alcuni tra i più bei film del cinema italiano. Dall'altra parte del mondonon è tra i più importanti della sua carriera, ma permette a Girotti di tornare ad essere protagonista di un film. Il suo ruolo è quello di Aureliano, un vecchio silenzioso che, dopo una vita spesa in Africa, si guadagna da vivere dipingendo ritratti di donne di colore. Nel film gli accade di tutto: di uccidere due uomini e poi spacciare droga per salvare una donna africana dai suoi sfruttatori. L'aspetto più interessante è che, con questo film, Girotti prende confidenza con il personaggio di un uomo anziano che fa da mentore a una donna giovane, personaggio che sarà ripreso anni dopo per il film che coronerà la sua carriera d'attore. Per il resto, la pellicola emoziona nelle scene in cui Girotti ritrova sul set dopo quarant'anni l'attrice Marina Berti, la sua partner di Ai margini della metropoli, che nel film interpreta il ruolo di un'amante giovanile. […] Il loro nuovo e breve incontro è segnato da un'ombra di malinconia e dalla grazia e l'intelligenza che i due attori sanno dare ai loro personaggi» (Liberatori).
 
ore 21.00 La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek (2003, 107')
«L'offerta di Ozpetek e Romoli arriva a Girotti sulla soglia degli ottantaquattro anni e dopo un periodo di inattività: due anni lunghissimi e penosi per un attore che non riusciva a stare lontano dal set e nel corso dei quali aveva in cuor suo abbandonato l'idea di una parte da protagonista […]. Avrebbe dato animo al personaggio centrale di Davide, un uomo alle prese con i meandri della memoria, una memoria dolorosa e piena di rimpianti, che fa da mentore a una giovane donna, incitandola a ritrovare se stessa e a pretendere una vita migliore. Accanto a lui attori giovani e popolari come Raoul Bova, Giovanna Mezzogiorno e Filippo Nigro, secondo uno schema efficace, che sarà una delle cifre stilistiche di Ozpetek, che unisce nuovi modelli divistici, vicini al pubblico delle sale, con vecchi leoni ruggenti» (Liberatori).
 
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