In occasione della retrospettiva del Festival di Pesaro, realizzata lo scorso giugno a cura di Adriano Aprà, il Centro Sperimentale di Cinematografia ha pubblicato il volume-catalogo "L'inganno più dolce. Il cinema di Alberto Lattuada", a cura di Silvia Tarquini. Sarà presentato anche il volume di saggi "Alberto Lattuada. Il cinema e i film", a cura di Adriano Aprà (Marsilio).
Il volume realizzato dalla Divisione Editoria del CSC in occasione della retrospettiva pesarese, presenta un articolato percorso attraverso l'opera del grande maestro italiano. I testi introduttivi di Sergio Toffetti e della curatrice disegnano, rispettivamente, un profilo generale dell'autore - alla luce della sua cinefilia e della densità dei suoi molti riferimenti culturali - e un attraversamento delle sue fortune (e sfortune) critiche: dall'"accusa" di formalismo da parte di Aristarco e Pietrangeli per i film d'esordio Giacomo l'idealista (1943) e Il delitto di Giovanni Episcopo (1947), all'apprezzamento degli elementi neorealisti da parte di André Bazin ne Il bandito (1946) e Il cappotto (1952), fino, ancora, all'entusiasmo commosso di Giuseppe Marotta per Guendalina (1957), e di Giuseppe Turroni, autore quest'ultimo di un densissimo testo critico che ha avuto il merito di combattere gli stereotipi che spesso hanno banalizzato il senso delle opere lattuadiane. Silvia Tarquini inoltre delinea le principali costanti tematiche del maestro milanese, quali lo smascheramento, divertito e attratto dal grottesco, delle falsità del perbenismo borghese - La spiaggia (1954), Venga a prendere il caffè… da noi (1970), Le farò da padre…(1974); la predilezione per i personaggi femminili, personaggi di donne forti, come la Mariella Lotti de La freccia nel fianco (1943-1945), la Carla del Poggio di Senza pietà (1948) e Il mulino del Po (1949), la Catherine Spaak di Dolci inganni (1960); il delicatissimo tema della nascita dell'autonomia sessuale ed affettiva nell'adolescente - Guendalina, Dolci inganni, ma anche La freccia nel fianco.
Il volume comprende poi una sezione di interviste, con conversazioni con Carla Del Poggio, moglie del regista e interprete di quattro suoi lavori, tra cui Luci del varietà co-diretto da Federico Fellini; Carlo Lizzani, aiuto di Lattuada per Il mulino del Po; Aldo Buzzi, sceneggiatore, scenografo e aiuto regista (e compagno della sorella del regista Bianca, sua segretaria di produzione); le attrici Catherine Spaak (Dolci inganni), Virna Lisi (La Cicala, 1980), Milena Vukotic (Venga a prendere il caffè… da noi); e il direttore della fotografia Lamberto Caimi, collaboratore di Lattuada per Le farò da padre…, Oh, Serafina! (1976) e Genova, episodio di 12 registi per 12 città (1989); più una lunga conversazione con Lattuada, parzialmente inedita, a cura di Gianni Volpi. Le interviste sono rispettivamente a cura di Domenico Monetti, Luca Pallanch, Paolo Mereghetti, Stefania Carpiceci, Silvia Tarquini, Francesco Carrà. Il corpo centrale del volume è costituito dalla filmografia - curata, nei dati filmografici, da Adriano Aprà e Sara Leggi, con la collaborazione di Enrico Lancia -, che per ogni film offre una selezione di recensioni d'epoca. Seguono un capitolo dedicato a un'esercitazione tenuta da Lattuada presso il Centro Sperimentale di Cinematografia nell'anno accademico 1948-49 e un saggio di Simone Starace sulle vicende censorie che spesso hanno investito l'opera di Lattuada. Il libro presenta un ricchissimo apparato iconografico, con foto di scena e di set e fotogrammi provenienti nella maggior parte dall'archivio fotografico della Cineteca Nazionale.
Il volume curato da Adriano Aprà ed edito da Marsilio è invece un'ampia monografia dedicata a Lattuada, con saggi di carattere generale e saggi dedicati ai singoli film di una filmografia che conta, in quasi un cinquantennio di attività, 33 lungometraggi per il cinema e importanti incursioni televisive. Accanto a successi come Il bandito (1946), Anna (1951), La spiaggia (1954), Mafioso (1962) o Venga a, prendere il caffè... da noi (1970), ci sono gli insuccessi commerciali di opere personali come Luci del varietà (1950), o La steppa (1962), che il tempo ha però saputo risarcire.
A seguire
La cicala (1980)
Regia: Alberto Lattuada; soggetto: dal romanzo omonimo [inedito] di Natale Prinetto e Marina D'Aunia; sceneggiatura: A. Lattuada, Franco Ferrini; fotografia: Danilo Desideri; scenografia: Vincenzo Del Prato; costumi: Gaia Romanini; musica: Fred Buongusto; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: Anthony Franciosa, Virna Lisi, Renato Salvatori, Clio Goldsmith, Barbara De Rossi, Michael Coby [Antonio Cantafora]; origine: Italia; produzione: N.I.R. Film; durata: 101'
«La simpatia verso la figura emblematica che dà il titolo al film, come il tratteggiamento degli altri personaggi femminili, pur con tutto il carezzevole amore riversato su Wilma, rimanda a quella concezione un po' imbarazzante della donna tanto frequente in Lattuada quanto pericolosa agli occhi del femminismo. Ma non diremmo che sia il caso di imbestialirsi per un racconto che, in questo caso, non fa altro che rivisitare formule acquisite appunto dal fotoromanzo a forti tinte passionali. Ben più importante è rilevare la magistrale architettura del film, il perfetto mosaico di immagini essenziali e liberamente articolate in impetuose cadenze (esempio mirabile il brano dell'omicidio e dell'interramento di "il Cipria"), la sua densa e martellante rappresentazione. Come esercizio di stile riportato alle fonti primarie del cinema, La Cicala non ha forse precedenti altrettanto convincenti in Italia» (Autera).
Film vietato ai minori di anni 14 - Ingresso gratuito
“12 settembre ore 21.00 al cinema Trevi presentazione dei volumi realizzati su Alberto Lattuada in occasione della retrospettiva del festival di Pesaro e incontro con Carla Del Poggio”
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