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““Mi sono molto divertito”… “
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"Mi sono molto divertito"… così Pietro Ingrao ha voluto intitolare l'antologia dei suoi articoli sul cinema curata dal Centro Sperimentale di Cinematografia in occasione del diploma onorario conferito nel 2006 a uno dei primi iscritti alla scuola.

Compagno di corso nel 1935 di Alida Valli - "di algida bellezza", come la definisce lui stesso, Pietro infatti all'epoca non conclude il corso: "Volevo fare dei film, occuparmi di poesia. Amavo Chaplin, Leopardi, Ungaretti e Montale. Ma poi è arrivata la bufera del Novecento. Il secolo mi ha preso per il collo e mi ha consegnato alla politica. E' andata così e non me ne pento affatto".
Militante politico costretto alla clandestinità negli anni del fascismo, partigiano, protagonista della vita politica del dopoguerra come dirigente del Partito Comunista, fino a diventare poi Presidente della Camera, Pietro Ingrao - con un lampo di sorridente ironia negli occhi - amava talvolta dire: "l'autentico rimpianto della mia vita è di non aver mai girato un solo metro di pellicola". Ma il cinema era davvero per lui - e per un'intera generazione di giovani intellettuali italiani, il linguaggio più adatto per raccontare sullo schermo "una umanità che soffre e spera". Insieme ai compagni del Centro Sperimentale, Giuseppe De Santis, Mario Alicata, Gianni Puccini e a maestri come Rudolf Arnheim, Pietro è protagonista, alla fine degli anni Trenta, della riflessione sul verismo verghiano che porterà alla realizzazione di Ossessione, il capolavoro di Luchino Visconti che anticipa la grande stagione del neorealismo. E pur abbandonando in seguito la Settima Arte come prospettiva professionale, continuerà a scrivere di film con competenza brillante, affettuosa e a tratti nostalgica, e a guardare al cinema come allo specchio in cui si riflettono, intermediati dall'interpretazione artistica o dalla messa in scena spettacolare, i sogni, le speranze, i conflitti delle persone e della società.
"La passione per il cinema, per noi, significava da un lato riflettere sulle potenzialità espressive di un'arte nuova, che portava nuove problematiche nel mondo letterario e culturale con cui già ci confrontavamo. Ma soprattutto il cinema era uno strumento per parlare con grandi masse, che poteva avere un'enorme influenza sulla società, e dunque per noi era il linguaggio ideale dove confluivano le riflessioni teoriche e la volontà di rinnovamento sociale. E poi ci divertivamo tanto".
 
Gli scritti sul cinema di Pietro Ingrao sono raccolti nel volume edito dal Centro Sperimentale di Cinematografia: Mi sono molto divertito - Scritti sul cinema (1936-2003) , a cura di Sergio Toffetti, Roma, CSC, 2006
 
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