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Mencarelli
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20 Maggio 2025

Nell’Aula magna Pietro Germi del CSC si è svolto un incontro con lo scrittore e poeta Daniele Mencarelli (Premio John Fante Opera prima nel 2019 per La casa degli sguardi, Premio Strega Giovani nel 2020 per il romanzo Tutto chiede salvezza, Premio Flaiano 2022 per Sempre tornare) e con la sceneggiatrice Monica Zapelli (Due David di Donatello e un Nastro d’argento per la sceneggiatura de I cento passi e L’Arminuta). L’incontro è stato moderato dalla Preside Gloria Malatesta. Gli allievi di recitazione hanno recitato alcuni brani tratti dalle opere dei due autori.

Esordisce così Daniele Mencarelli: Io non credo esista una scrittura che si basi su un non vissuto. È fondamentale l’incarnazione della parola che altrimenti non vivrebbe. Quello che noi pensiamo essere nato dalla totale astrazione nasce invece dal mondo sensoriale, dal cervello, da sensazioni che magari non riusciamo subito a ricollegare. Chi parte dalla poesia come me fa del proprio vissuto il punto di partenza della sua ricerca: esplorando il rapporto tra uomo e società, tra uomo e tempo, tra immanente e trascendente. Il vissuto da qualche parte fa sempre capolino. Noi siamo attori in qualche modo, io parto sempre dall'elemento scenico del vivere.

Monica Zapelli: Per scrivere bisogna avere una biografia che ci permetta di agganciarci emotivamente, dobbiamo avere un bagaglio di esperienze (che spesso la provincia ci offre di più rispetto alla città). Il proprio nucleo familiare, anche nella sua disfunzionalità, è sempre un grande spunto di partenza. Dobbiamo personalizzare il racconto che siamo chiamati a scrivere. Il privilegio di chi scrive è poter esprimere i sentimenti del proprio vissuto. Daniele Mencarelli, con cui ho collaborato per vari lavori, ha un suo linguaggio, esprime un suo mondo che un autore non potrebbe ricreare solo attraverso lo studio. C’è una capacità di scrittura e una “sonorità” anche in tutto ciò che non fa parte del dialogo. Riesce a trasmettere la completezza emotiva di quel mondo al di là delle parole. 

Mencarelli: Il mio rapporto col parlato è molto particolare: il nostro paese ha un'immensa ricchezza linguistica. Inizialmente non pensavo avrei mai scritto in romano ma poi sono arrivato al primo dialogo in cui i personaggi, degli operai di un ospedale, è come se mi avessero esplicitamente detto "noi non possiamo parlare in italiano". Sono andato a ritrovare il dialetto per come me lo ha trasmesso mia madre, che conserva un aspetto femminile e accogliente anche quando è duro. Gli ultimi trent’anni invece hanno trasformato una lingua che era quella familiare e materna nell’ esatto contrario. La lingua viva è sempre specchio del tempo. Ultimamente c'è stata un’esaltazione dell'aggressività. Nei dialoghi di molte serie non si percepisce l'amore per le persone che parlano, per una realtà che non si conosce davvero e in cui non si è vissuto dentro. Poi c'è l'aspetto sonoro, melodico. L’andamento del respiro ha sempre una sua pausa naturale e si concilia con l'andamento del dialogo.  La scrittura è come un trampolino in cui ognuno salta a modo suo.  Mi interessa l'utilizzo dinamico che si fa della lingua, soprattutto nel contrasto psicologico. La sua oscillazione continua rispetto ai nostri stati d'animo, parliamo sempre in modi diversi a seconda del contesto in cui ci troviamo e dello stato emotivo. 

Zapelli conclude esortando gli studenti: State a scuola e studiate la didattica della drammaturgia ma state anche nella vita, nella realtà che vivete. Ora più che mai la vita va cercata, esplorata. 

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