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Tempo di Quaresima
14 Aprile 2017 - 18 Aprile 2017
«Abbiamo deciso di invitarvi a questa rassegna Tempo di Quaresima per mettere a confronto alcune tra le più significative pellicole italiane dedicate alla vita, passione e morte di Gesù Cristo. Si sa che il tema è stato affrontato contemporaneamente alla nascita del cinema ed innumerevoli sono i film che sono stati ispirati all’argomento. Nell’elenco dei film in programmazione troverete di tutto, dai film più impegnati a quelli puramente estetizzanti, dai comico-blasfemi ai seriosi ridicoli. È nostro augurio che dal confronto fra questi lavori potrà scaturire un dibattito molto interessante» (Toni Bertorelli).
Rassegna a cura di Toni Bertorelli
 
venerdì 14
ore 16.30 La passione di Giosuè l’ebreo di Scimeca, Pasquale (2005, 100′)
«1492. Giosuè è un giovane ebreo costretto a fuggire dalla Spagna a causa del crescente sentimento antisemita. Dopo varie vicende approda in Sicilia e si rifugia in un paesino di carbonai ebrei convertiti al cristianesimo. Un giorno Giosuè partecipa ad una gara su temi religiosi il cui premio in palio è l’interpretazione di Gesù Cristo durante la rappresentazione della Passione del Venerdì Santo» (www.cinematografo.it). «Occasione a metà per Pasquale Scimeca e il suo ambizioso La Passione di Giosuè l’ebreo. […] È di grande fascino l’ambientazione storica, la fuga di Giosuè con sua madre e un altro gruppo di profughi attraverso i Pirenei innevati, poi via mare. Ed è innegabile la forza di tutta la seconda parte del film, quella che vede risvegliarsi nel giovane Giosuè la prepotente vocazione religiosa che lo porta a unificare nelle sue prediche tradizione ebraica e cristiana, ottenendo un immenso seguito popolare ma suscitando anche sgomento e rancore nel clero. Peccato però che prima del lungo epilogo, giocato abilmente sulla confusione fra illusione e realtà, e malgrado le musiche travolgenti di Miriam Meghnagi, l’eccellente lavoro figurativo (foto di Pasquale Mari), la forza di un cast che mescola non-attori a professionisti come Anna Bonaiuto e Toni Bertorelli, peccato che malgrado tutto questo e l’attualità del messaggio, Scimeca non costruisca una cornice narrativa adeguata né fornisca quel minimo di quadro storico che consentirebbe anche ai meno informati di appassionarsi al suo film» (Ferzetti).
 
ore 18.30 La passione di Carlo Mazzacurati (2010, 106′)
Le tragicomiche vicende del regista Gianni Dubois (Silvio Orlando), ex promessa del cinema che finalmente, dopo anni di faticosi contatti con agenti e produttori senza scrupoli, riesce a ottenere la sua grande occasione: dovrà infatti scrivere e girare un film la cui protagonista assoluta sarà una giovane e popolarissima attrice televisiva. «Sì, si ride senza sforzo e, per una volta, senza chiedersi se sia peccato: Mazzacurati mantiene ciò che promette e la giusta distanza dal sacro ha tutte le virtù del profano. In concorso a Venezia non c’entrava quasi nulla, ora in sala entrateci voi: ne vale la pena» (Pontiggia).
 
ore 20.30 Presentazione di Toni Bertorelli
 
a seguire Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (1964, 138′)
«Rispetto ad Accattone, il Vangelo secondo Matteo segna un progresso indubbio, prima di tutto per l’eccezionale impeto espressivo che in questo film rivela direttamente e immediatamente quali sono le cose che stanno a cuore a Pasolini. E in secondo luogo perché, nelle singole parti, Pasolini mostra questa volta di saper alleare la poesia ad una raffinatezza e levità che in Accattone, più elementare, non si potevano ancora che intravvedere. Pasolini ha un senso acuto della realtà del volto umano, come luogo d’incontro di energie ineffabili che esplodono nell’espressione, cioè in qualche cosa di asimmetrico, di individuale, di impuro, di composito, insomma il contrario del tipico. I primi piani di Pasolini sarebbero sufficienti da soli a mettere il Vangelo secondo Matteo sopra un livello eccezionale. […] Pasolini ha mirato a darci un Gesù duro, violento, iconoclasta, inflessibile, come appunto doveva apparire ai suoi contemporanei e non come appare oggi a noi che, com’è stato già detto, non possiamo non dichiararci tutti cristiani» (Moravia). «Avrei potuto demistificare la reale situazione storica, i rapporti fra Pilato e Erode, avrei potuto demistificare la figura di Cristo mitizzata dal Romanticismo, dal cattolicesimo e dalla Controriforma, demistificare tutto, ma poi, come avrei potuto demistificare il problema della morte? Il problema che non posso demistificare è quel tanto di profondamente irrazionale, e quindi in qualche modo religioso, che è nel mistero del mondo. Quello non è demistificabile» (Pasolini). 
 
sabato 15
ore 17.00 Io sono con te di Guido Chiesa (2010, 103′)
«Galilea, duemila anni fa. In una terra sottoposta al giogo coloniale dei romani e alle angherie di re Erode, in cui le ribellioni sono all’ordine del giorno, e il richiamo alla violenza e alla vendetta, è come un’epidemia, una giovane ragazza, Maria, viene promessa in sposa a Giuseppe, un vedovo con due figli, abitante nel villaggio di Nazareth. La ragazza è cresciuta secondo l’amore e il rispetto verso i più piccoli, è sensibile alle ingiustizie del mondo patriarcale che la circonda e insofferente alle rigide regole imposte dal capo della famiglia del marito. Ma soprattutto, quando darà alla luce suo figlio Gesù, Maria si troverà di fronte a una serie di scelte che la trasformeranno, a volte e suo malgrado, in pietra dello scandalo. In quel momento avrà inizio un nuovo corso nella storia dell’uomo» (www.cinematografo.it). «Spiacerà a chi aveva di Guido Chiesa l’idea di un regista solo pulito e calligrafico e qui lo scopre acuto, attento, anticonformista nel suo ritratto della Sacra Famiglia» (Carbone).
 
ore 19.00 I magi randagi di Sergio Citti (1996, 101′)
«Tre saltimbanchi presentano nei paesi un singolare spettacolo, un circo in cui invece delle belve si agitano esseri umani vestiti da nazisti e mafiosi, come esempi di belve peggiori delle bestie. Lo spettacolo non è compreso, i tre fuggono e si ritrovano in un paesello dove si sta allestendo il presepe. Il parroco li ingaggia per impersonare i Re Magi, e i tre riescono così bene nel loro compito da convincere gli abitanti a mettere di nuovo al mondo quei figli che nessuno voleva più. Nella notte una stella cometa appare nel cielo, i tre fingono di non vederla, ma poi ciascuno si incammina per conto proprio, e quando si ritrovano si accorgono di avere un compito comune: cercare il nuovo Bambin Gesù» (www.cinematografo.it). «Siamo dalle parti del bellissimo Minestrone, dove il surrealismo più spiazzante si mescola a umori concreti e umanissimi (la fame di cibo e di sesso, ma anche la voglia di dignità e rispetto). Non c’è alcuna tentazione spiritualista nel cammino che Citti fa percorrere ai suoi tre vagabondi, ma piuttosto il coraggio e l’originalità di chi non si è ancora fatto corrompere dai falsi miti del benessere e dell’egoismo (davvero magistrale la scena della telenovela vista nel bar), per spingerci a conquistare una “purezza di spirito” che sappia farci ritrovare la nostra perduta dignità. Poetico» (Mereghetti).
 
ore 21.00 L’inchiesta di Damiano Damiani (1986, 107′)
«L’inchiesta è quella che viene a svolgere in Palestina, qualche anno dopo la crocifissione di Gesù, un inviato di Tiberio, Tito Valerio Vauro [Tauro, n.d.r.], per rassicurare l’imperatore che Gesù non è risorto […]. La ricerca di Gesù ad opera di un “laico”. Nell’idea iniziale di Ennio Flaiano e Suso Cecchi d’Amico da cui questo film discende si arriva alla conversione (e così in una sceneggiatura mai realizzata di Valerio Zurlini in cui l’inquisitore-persecutore veniva addirittura assimilato a San Paolo), qui però, anche se non si disegna una vera conversione, si tratteggia, con intelligenza e finezza, non solo il ritratto di un uomo che si interroga con lucida ed ansiosa onestà su quello che vede, ascolta e spesso non capisce, ma anche e soprattutto – attorno a lui e alla sua inchiesta – un ritratto invisibile ma preciso di Gesù […]. Un ritratto che, né agiografico né tradizionale, è il segno più vivo del film perché il testo, scritto con molta attenta misura, giunge ad evocarlo via via anche tra le pagine in apparenza più esteriori del racconto […] facendoci a poco a poco trovare e sentire Gesù in tutti, e non solo evangelicamente: nei credenti e nei non credenti» (Rondi).
 
martedì 18
ore 17.00 Il Messia di Roberto Rossellini (1975, 145′)
«In tanto decadimento delle istituzioni politico-religiose e dei costumi si colloca la figura di Gesù, preconizzato dal Battista, attorniato dal popolo mutevole, dagli apostoli, dalla Madonna, fra l’indifferenza sospettosa dei poteri politici e l’ostilità di quello religioso. Il Messia cammina, lavora, predica, stimola gli apostoli a diffonderne il messaggio, poi si concede alla violenza omicida che lo porta alla croce. Il film si chiude con l’accenno alla resurrezione» (www.cinematografo.it). «Esplicitamente popolare nel rispetto della tradizione iconografica, quasi da presepio, è un film tutto rosselliniano nell’illuminata indolenza, nel ritmo incalzante, nella disadorna semplicità della scrittura, nella trasparenza dello stile che può sembrare sciattezza. Per la prima volta nel cinema cristologico c’è la scena della Pietà: il Cristo morto in grembo alla madre» (Morandini).
 
19.30 Il ladrone di Pasquale Festa Campanile (1979, 111′)
Nella Giudea dell’anno 33 d.C., un vagabondo (Enrico Montesano) trascorre la vita tra furti con destrezza, piccole truffe ed umiliazioni. In questo cammino, gli capita di incontrare e di sentire spesso notizie riguardanti un certo Gesù: entrambi finiscono sulla croce, insieme. «Rifiutando la magniloquenza delle immagini tipiche delle produzioni hollywoodiane dedicate a Gesù (La più grande storia mai raccontata, di Stevens), Festa Campanile, sorretto da una fotografia dai colori pastello che rileva plasticamente i corpi con effetti di controluce, lavora per sottrazione, stilizzando le immagini secondo una disposizione triangolare degli oggetti dell’inquadratura, e sottolinea l’isolamento dei crocifissi e il dolore straziato dei credenti. Iconograficamente è una sequenza ispirata ai presepi napoletani secenteschi. Le inquadrature della crocifissione sono spesso in campo lungo e i pochi primi piani sono dedicati, coerentemente, a Caleb» (Pergolari).
Date di programmazione