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Sperimentale italiano
13 Aprile 2012 - 13 Aprile 2012
In quegli anni, infatti, artisti di varia provenienza e giovani autori fanno del cinema il loro mezzo di elezione, oltre e contro le forme e i linguaggi del cinema narrativo tradizionale. Si “riscrive” la storia del cinema, indagandone le possibilità comunicative latenti, la struttura tecnologica di base e le dinamiche percettive. Il cinema torna ad essere una terra incognita da esplorare con l’euforia e l’entusiasmo dei pionieri. Se a livello culturale e organizzativo il cinema underground americano è un punto di riferimento fondamentale, esso non racchiude né definisce l’esperienza italiana, che mantiene una forte identità e peculiarità. La ricchezza e varietà di temi, stili e tecniche del cinema sperimentale italiano sono il fulcro di questo appuntamento, che vorrebbe squarciare il buio del sottosuolo in cui queste opere sono state a lungo dimenticate e offrire la possibilità al pubblico di conoscere una parte poco nota del patrimonio cinematografico italiano. Da alcuni anni la Cineteca Nazionale lavora al recupero e alla preservazione di questi film e Sperimentale italiano è la presentazione dei primi risultati di questo progetto.
Abbiamo diviso i film in dieci programmi, che alterneremo sia all’interno della medesima giornata sia lungo i mesi che seguiranno, in modo da dar conto in maniera completa, ma al contempo aperta, del caleidoscopico universo di questa produzione.
 
ore 17.00
Cinema soggettivo. Miti e nuove cosmogonie
Last Summer (Fiore d’eringio I) (1969)
Regia, fotografia e montaggio: Massimo Bacigalupo; origine: Italia; durata: 30′
Primo capitolo del ciclo Fiore d’eringio. «Si tratta di un istante d’immobilità sul percorso di una grande migrazione. Come nella famiglia, gli anziani stanno uscendo di scena mentre i giovani affrontano la vita con passione. La vita contemporanea svela un retroterra arcaico. I cicli naturali permangono sullo sfondo per dare adito e conforto alla visione» (Bacigalupo).
 
a seguire
Né bosco (Fiore d’eringio II) (1970)
Regia, fotografia e montaggio: Massimo Bacigalupo; origine: Italia; durata: 15′
Parte seconda del ciclo Fiore d’eringio, ne costituisce (a dire dell’autore) i dialoghi. Un racconto a due voci (silenziose).
 
a seguire
Coda (fiore d’eringio IV) (1970)
Regia, fotografia e montaggio: Massimo Bacigalupo; origine: Italia; durata: 15′
Frammento conclusivo e sommario tematico del ciclo Fiore d’eringio, rispetto al quale mantiene comunque una propria indipendenza. Affronta i diversi modi di porsi rispetto alla realtà riferendosi agli artisti che hanno coraggiosamente e tragicamente ritratto il vuoto dell’anima. Su tutti, […] il giovane Albrecht Dürer che nell’autoritratto del Louvre stringe un fiore d’eringio tra le mani.
 
a seguire
Zukie (1970)
Regia, fotografia e montaggio: Piero Bargellini; origine: Italia; durata: 21′
«Io nel “mio condizionamento” freno la percezione, lascio affiorare dell’Intero-Continuo-Simultaneo una piccola frazione… oh è indice approssimazione della Realtà Reale, si rivela come struttura multipla, somma elementi, sovraimpressione. Io che filmo, non vedo né vado oltre la mia merda, registro… ricreo frazioni di percezione, istanti nel continuo cosmico» (Bargellini).
 
ore 19.00
Dal collage al found footage
Le court buillon n. 1 (1952)
Regia, fotografia e montaggio: Silvio e Vittorio Loffredo; origine: Italia/Francia; durata: 16′
Nel 1952, insieme al fratello Victor, inizia a lavorare alla serie Le court bouillon, una sorta di collage cinematografico realizzato con spezzoni di vecchi film acquistati nei mercati delle pulci.
 
a seguire
Immagini disturbate da un intenso parassita (1970)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 38′
«Di gran lunga il più complesso e faticoso lavoro da me attuato sulle immagini-video. Diviso da titoli-poema e da allocuzioni visual-strutturali ha per protagonisti detti geometrici forniti dal quadrato in prima persona e da altri corpi plastici provenienti dal quadrato medesimo. Il cascame d’immagine viene a formarsi all’interno e ai bordi dei corpi suddetti, formato e trasformato da successivi interventi diretti anche sullo schermo vetroso del video usato come tavola luminosa, dove vengono a formarsi più strati di immagini» (Gioli).
 
a seguire
Anonimatografo (1972)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 27′
«Questo film è stato girato a passo-uno e realizzato con durissimi avvicinamenti ottici. Anonimatografo: immagine rianimata di uno sconosciuto amateur d’inizio secolo imborghesito al focolare degli amici, con cinecamera in mano, interni ed esterni circondati dalla guerra e dalle sorelle. Ho tentato di ricostruire uno strampalato film-diario, a cui ho strappato faticosamente paginette di fotogrammi. Se ne stavano impressionati e abbandonati in negativo su una certa quantità di rullini fotografici, giuntati alla rinfusa in due rulli da sessanta metri in 35mm e acquistati da me a £ 500 da uno straccivendolo» (Gioli).

 

 

Date di programmazione