Ricordo di Elsa Martinelli
17 Settembre 2017 - 19 Settembre 2017
Una carriera svolta quasi interamente all’ombra del divismo internazionale (e del jet-set), ma anche contrassegnata da esperienze importanti maturate all’interno del grande cinema d’autore (da Orson Welles ad Howard Hawks, da Vittorio De Sica a Elio Petri, da Mario Monicelli a Dino Risi). Più apprezzata all’estero che in Italia, dove è sempre stata guardata con una certa sufficienza, Elsa Martinelli rappresenta per certi aspetti un caso unico nella storia del divismo e del cinema italiani. A differenza di molte attrici di casa nostra che, dopo aver raggiunto i primi successi a Cinecittà, hanno guardato ad Hollywood come sogno e coronamento della loro carriera, per la Martinelli è capitato esattamente il contrario. Infatti il suo esordio avvenne, meno che ventenne, già all’estero, ad Hollywood, accanto a Kirk Douglas, che dopo averla vista fotografata su «Life» la volle accanto a sé come protagonista femminile del western Il cacciatore di indiani. Un inizio sfolgorante perché a quel punto la notorietà della giovanissima Elsa Martinelli rimbalzò anche in Italia e molti nostri importanti registi cominciarono ad affidarle ruoli da protagonista per i loro film. È il caso di Raffaello Matarazzo, Mario Monicelli, Dino Risi, Mauro Bolognini, Alberto Lattuada e tanti altri. Nel 1956 è la protagonista femminile di Donatella, e con questo film conquista inaspettatamente l’Orso d’argento al Festival di Berlino come migliore attrice protagonista. È un riconoscimento prestigioso per il cinema italiano e anche un segnale di controtendenza. Nell’epoca d’oro delle vamp dall’aggressiva bellezza, la Martinelli si fa invece apprezzare per la sua eleganza naturale e per il suo fisico longilineo da modella (ha iniziato a lavorare giovanissima, come indossatrice, per le più importanti case di moda della capitale). Alta, magra, sofisticata ma anche semplice e genuina, credibile sia come frequentatrice di ambienti esclusivi che come ragazza della porta accanto, nonché in grado di parlare un ottimo inglese, Elsa Martinelli si propone per un certo periodo come la versione italiana di Audrey Hepburn, importante diva di quegli anni. Poi succede qualcosa, a livello personale (il matrimonio, una figlia) e professionale (qualche scelta sfortunata, qualche rinuncia di troppo), e la carriera di Elsa Martinelli, a partire dagli anni Settanta, comincia ad essere segnata da pause e discontinuità. È come se il cinema non fosse più il suo interesse principale, come se frequentare i set, anche prestigiosi, fosse diventato un impegno troppo gravoso o da assumere con un certo distacco. Resta però sempre salvaguardata l’immagine di una donna indipendente e coraggiosa, “altra” rispetto al modello femminile vincente del tempo.
domenica 17.00
ore 17.00 Un amore a Roma di Dino Risi (1960, 108′)
Marcello, un giovane con ambizioni letterarie di nobile ma decaduta famiglia romana, si invaghisce di Anna, attricetta incontrata per caso, e ne fa la sua amante. La ragazza, pur amandolo, ha un comportamento molto libero e non disdegna di incontrare altri uomini. Marcello vive un perenne stato di gelosia che gli rende insopportabile la relazione. «Nel film faccio una parte non da protagonista. In Italia in quegli anni le attrici che andavano per la maggiore erano la Loren, sposata con Ponti, la Mangano, sposata con De Laurentiis, la Cardinale, sposata con Cristaldi, e di conseguenza i ruoli migliori andavano sempre a loro. Per fortuna, all’estero le cose andavano diversamente e spesso mi offrivano dei bei ruoli. Tutto sommato non mi lamento. Però, quando autori importanti, come Risi, De Sica, Petri, mi chiamavano per fare delle parti interessanti io accettavo con piacere. Un amore a Roma è uno di questi casi. Ricordo che c’erano pochi soldi e che io mi portavo i miei abiti da casa. Devo anche dire che nel cinema un ruolo non è bello per la durata o per il numero delle pose, ma per quello che rappresenta. Mille volte meglio interpretare una piccola parte in un bel film che fare la protagonista di un film sbagliato» (Martinelli). Dal romanzo omonimo di Ercole Patti, con Mylène Demongeot, Peter Baldwin, Elsa Martinelli, Claudio Gora, Maria Perschy, Jacques Sernas.
ore 19.00 Pelle viva di Giuseppe Fina (1962, 115′)
Andrea è un operaio e ogni giorno per recarsi in fabbrica prende il treno. Conosce Rosaria, una ragazza madre meridionale del sud. Ben presto si sposano. Ma la vita non è facile. L’uomo, a causa di uno sciopero, si trova coinvolto in disordini. Interviene la polizia e Andrea viene tradotto in questura con altri dimostranti. Per questo subirà un processo. «Pelle viva, in poche parole, racconta la storia di uno di quei trecentomila operai che ogni mattina all’alba invadono Milano verso le fabbriche e che ogni sera l’abbandonano per far ritorno ai paesi della provincia su quei treni-operai che sono uno spettacolo di antiquariato e di lentezza. Una vita, la loro, spesa interamente viaggiando e lavorando. […] Un clima e una condizione umana delle più opprimenti dove non c’è il tempo per vivere nel senso più bello della parola» (Fina). Sceneggiatura di Fina e Carlo Castellaneta, con Raoul Grassilli, Elsa Martinelli, Franco Sportelli, Lia Rainer.
ore 21.00 La decima vittima di Elio Petri (1965, 90′)
In una società tecnologica futura, non essendoci più guerre, l’aggressività viene scaricata attraverso la caccia all’uomo, nella quale vince chi totalizza dieci vittime. Marcello e Caroline sono entrambi a quota nove, l’uno dà la caccia all’altra giocando l’arma della seduzione e dell’amore. «La decima vittima era un film assai rischioso: tratto da uno dei migliori racconti americani di fantascienza, La decimavittima [La settima vittima] di Robert Sheckley, non pensavamo che potesse trovare una plausibile ambientazione italiana. Da noi la fantascienza è quella che può essere in un paese povero anche di scienza, tutta merce d’importazione: in Italia il futuro non è cominciato, siamo ancora alla liquidazione dei residui feudali; e quando vaticiniamo su ciò che accadrà dopodomani la fantasia resta al palo. Ogni precedente tentativo di “science fiction” indigena, compreso lo sfortunato Omicron di Gregoretti, era finito miseramente: e l’idea del nostro Petri alle prese con un tipico racconto newyorkese, legato alla crudele atmosfera della metropoli e impensabile sotto cieli non americani, non ci tranquillizzava affatto. E invece, vedere per credere, il film è di prim’ordine» (Kezich). Con Marcello Mastroianni, Ursula Andress, Elsa Martinelli, Salvo Randone, Massimo Serato.
martedì 19
ore 17.00 L’amica di Alberto Lattuada (1969, 105′)
«Una bella donna dell’alta società milanese, tradita dal marito, decide di inventarsi un amante. Ma la prima con cui si confida è proprio l’amante vera dell’uomo da lei scelto, che non perde quest’ulteriore occasione per spettegolare. La bella allora si vendicherà seducendo non solo l’amico dell’amica, ma anche il marito di lei e il figlio adolescente» (Farinotti).Con Lisa Gastoni, Gabriele Ferzetti, Elsa Martinelli, Jean Sorel, Frank Wolff, Ray Lovelock.
ore 19.00 La notte brava di Mauro Bolognini (1959, 95′)
«È stato un film di rottura per l’Italia, perché in precedenza la generazione dei giovani era stata rappresentata al cinema solo dai “poveri ma belli”. In La notte brava, invece, ci sono i ragazzi veri, si parlava di sottoproletariato, di prostituzione, di magnaccia. Il cast era composto da attori giovani e straordinari, c’erano la Ferrero e la Lualdi, con me, ma anche Terzieff e Brialy, che in Francia avevano fatto i film della Nouvelle vague. Pasolini veniva spesso sul set ma, malgrado fosse lo sceneggiatore del film, non si permetteva di aprire bocca con Bolognini. Si limitava ad osservare. Con Pasolini ho avuto occasione di frequentarlo fuori dal set e ho vissuto momenti bellissimi. A lui piaceva parlare con me ma anche ascoltare le mie storie, sapendo che venivo da Trastevere» (Martinelli).
ore 21.00 Sono un fenomeno paranormale di Sergio Corbucci (1985, 110′)
In uno studio televisivo il professor Roberto Razzi conduce un programma in diretta sui fenomeni paranormali. Razzi non crede a nessuna delle cose di cui parla, per cui ridicolizza tutti i personaggi, santoni, paragnosti e guaritori di ogni genere. Concluso il primo ciclo di trasmissioni Razzi decide di partire per l’India per svelare ai telespettatori i misteri dei fachiri, guru, ecc. Sull’aereo incontra un inquietante vecchietto indiano che lo mette in crisi. Arrivato in India, Roberto smaschera tutti come truffatori, poi ha un secondo incontro con il vecchio indiano, che è il guru Baguwan Babashàn. Il vecchio scompare e Roberto, nel tentativo di raggiungerlo, ha un grave incidente. Lo ritroviamo a Roma in coma irreversibile, da cui poi inspiegabilmente si risveglia; è però perseguitato dai ricordi dell’India, per cui decide di tornarci alla ricerca della verità. Ma un anno dopo… Con Alberto Sordi, Elsa Martinelli, Claudio Gora, Eleonora Brigliadori, Maurizio Micheli.