«Si apre con Alessandro Bencivenni un ciclo di incontri del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) con gli scrittori del cinema italiano. Articolato in quattro appuntamenti, Nero su bianco. Scrittori di cinema prosegue un percorso tematico attraverso le professioni della settima arte, con la proiezione di tre pellicole e il fertile confronto tra artisti e critici. Dopo la giornata dedicata a Bencivenni, sono in programma gli incontri con Massimo Gaudioso (24 gennaio, a cura di Francesco Crispino), Doriana Leondeff (19 febbraio, a cura di Anna Maria Pasetti) ed Enzo Monteleone (27 febbraio, a cura di Claver Salizzato). Sceneggiatore, scrittore, docente, saggista. La penna di Alessandro Bencivenni (Salerno, 1954) non ha fatto solo le fortune della commedia italiana da box office, da Superfantozzi (1986) a Natale da chef (2017) di Neri Parenti, passando per le collaborazioni con Giambattista Avellino e Volfango De Biasi, ma si è anche messa al servizio del cinema di Lina Wertmüller (Io speriamo che me la cavo, 1991) e Mario Monicelli (Le rose del deserto, 2006). Per il piccolo schermo, con l’amico e sodale Domenico Saverni, ha creato il fortunatissimo personaggio di Don Matteo (2000). Docente di sceneggiatura, Bencivenni è poliedrico saggista, autore di monografie su Visconti, Greenaway e Miyazaki » (Azzano).
Rassegna a cura del SNCCI – Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani
ore 17.00 Fantozzi va in pensione di Neri Parenti (1988, 95′)
Niente più sveglia all’alba, niente più cartellino da timbrare forsennatamente, niente più vessazioni: Fantozzi è finalmente in pensione. Eppure la nostalgia del lavoro si fa sentire e il tempo scorre lento e inutile, nonostante le incombenze domestiche e le gite organizzate dall’amico Filini. «In effetti c’è un grande incombere di reali disperazioni in questo ultimo (?) capitolo della serie, il profumo del Grande Nulla si fa largo esplicitamente tra le pieghe della farsa e si ride con tristezza, quando non con paura. La sceneggiatura a più mani […] ha sminuito l’importanza delle macchiette […] per concentrarsi, ossessivamente, sul rapporto tra la mesta e dignitosa Pina (una comunicativa Milena Vukotic) e il marito dagli occhi sempre più sbarrati (un Villaggio convinto come poche altre volte nella sua carriera). C’è del rispetto da parte degli autori a mescolare farsa e angoscia. Un rispetto che gli va comunque riconosciuto, aldilà degli scricchiolii di toni, ritmi ed equilibri dello spettacolo» (Lastrucci).
ore 19.00 Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller (1992, 100′)
Marco Tullio Sperelli, serio ed onesto maestro elementare ligure, viene trasferito per errore in un piccolo paesino della provincia di Napoli. Al suo arrivo lo sbigottito maestro scopre di essere destinato a una terza elementare composta da bambini problematici, privi d’istruzione e abituati a cavarsela da soli già all’età di otto anni. La disastrata situazione costringe Sperelli a occuparsi della classe anche da un punto di vista affettivo. Peccato che, proprio quando tra lui e i suoi alunni difficili si è istaurato un rapporto di fiducia ed affetto, il Provveditorato agli studi riconosca il proprio errore e decida di trasferirlo nuovamente al Nord… «Lina qui si ricorda di essere una gran direttrice d’attori. Guida splendidamente Villaggio (che per una volta non è più solo una maschera ma quasi un essere umano) e soprattutto giostra i piccoli interpreti napoletani con una maestria degna di don Vittorio De Sica buonanima» (Caprara).
ore 20.45 Incontro moderato da Enrico Azzano con Alessandro Bencivenni e Domenico Saverni
a seguire Le rose del deserto di Mario Monicelli (2006, 104′)
«Il nostro caro Mario Monicelli, ultranovantenne, con Le rose del deserto, ci regala un bellissimo film, divertente e commovente, con tecniche narrative (e di stile) sapientissime, con una recitazione dosata al massimo e pronta a ottenere da ogni interprete – sia nel dramma sia nella commedia – i risultati più convincenti e migliori, senza un attimo di incertezza. Lo spunto l’ha tratto liberamente dal romanzo-diario di Mario Tobino, Il deserto della Libia, con una citazione anche di un episodio Il soldato Sanna, raccontato da Giancarlo Fusco nel suo libro Guerra d’Albania. […] Un gruppo rappresentato nella sua coralità, ma anche studiando abilmente da vicino le fisionomie dei singoli, soprattutto quella del maggiore, con certi suoi tic linguistici e con atteggiamenti pronti a prestare il fianco alla beffa e poi quella del frate, pur in apparenza lontano dagli schemi, ligio, in realtà, ai suoi fondamentali principi di umanità e di pietà. […] Con il gusto un po’ anche della caricatura, nelle stesse cifre domestiche di quell’altro capolavoro di Monicelli che è stato La Grande Guerra, svolte però sempre con equilibrio attento fra l’emozione e l’ironia sia nel disegno dei caratteri sia nelle situazioni che li accolgono. Mentre dei ritmi agilissimi conducono avanti l’azione senza né incrinature né stasi, favoriti da una recitazione specchio sempre fedele dei climi cui si tendeva» (Rondi).