Metamorfosi dei corpi mutanti
11 Maggio 2017 - 11 Maggio 2017
«La prima metamorfosi operata dal cinema è quella di trasformare i corpi in spettri senza volume, capaci di riapparire anche dopo la propria morte e condannati a ripetere sempre gli stessi gesti. Torniamo dunque a chiederci: cos’è il cinema? O più modestamente: cosa rappresenta, oggi, per noi? A mano a mano che aumentano gli anni dell’invenzione cinematografica (ormai sono ben oltre i cento), mi pare diventi sempre più evidente la sua principale funzione. Il cinema è un dispositivo di conservazione di tracce corporali di corpi scomparsi, cioè di fantasmi, che è possibile risvegliare a comando (ad ogni proiezione), con un solo limite: quello dell’eterna ripetizione del medesimo. Ogni corpo filmato lascia una traccia sullo schermo, che possiamo chiamare ombra o immagine, icona, spettro o fantasma, legata all’originale dagli opportuni tratti di riconoscimento semiotico» (dalla quarta di copertina del libro di Alessandro Cappabianca, Metamorfosi dei corpi mutanti, Timía, 2016).
ore 17.30 Maciste all’inferno di Riccardo Freda (1962, 92′)
Nella Scozia del XVII secolo Martha Gunt prende possesso del castello della sua famiglia, ma una maledizione di una sua antenata, condannata al rogo per stregoneria, grava sul paese e anche su di lei, perché nessuna la vede di buon occhio. Rischia di fare la stessa fine, ma interviene Maciste, che si reca negli inferi per salvarla. «Nel suo libero ricorso a un leggendario che si muove nel tempo e nello spazio con una eclettica agilità, è esemplare che il Maciste di Maciste all’inferno diventi in qualche modo anch’egli, imprevedibilmente, una sorta di eroe nordico, la cui impresa parte da una Scozia di streghe e paure e scende nelle profondità della terra e dei miti» (Fofi).
ore 18.15 Don Giovanni di Carmelo Bene (1970, 75′)
«Col tramite di una madre, già sua amante, Don Giovanni cerca – per placare l’angoscia e la smania dell’impossibile successo – di sedurre una brutta bambina di tendenze mistiche per aumentare il numero delle sue 1003 conquiste. Nell’aggiustare liberamente il mito di Don Giovanni, secondo il cattolico Barbey D’Aurevilly (Il più bell’amore di Don Giovanni), C. Bene fa un film allucinato e furiosamente barocco in cui – tra marionette, bambole, specchi, immaginette sacre – mette in caricatura sé stesso, la propria caotica cultura, il delirante esibizionismo istrionico con aggressiva ironia. Sulla scia del misantropo Borges (“…gli specchi, e la copula, sono abominevoli, poiché moltiplicano il numero degli uomini”) approda a una morale sdegnosamente precisa e angosciata. Fotografia di Mario Masini, montaggio di Mauro Contini, musiche di Mozart, Verdi, Donizetti, Prokofiev, Mussorgskij, Bizet, Bartok» (Morandini).
ore 20.45 incontro moderato da Roberto Silvestri con Alessandro Cappabianca, Mariuccia Ciotta, Daniela Turco
Nel corso dell’incontro sarà presentato il libro di Alessandro Cappabianca Metamorfosi dei corpi mutanti.
a seguire Pinocchio di Roberto Benigni (2002, 112′)
«Le avventure esilaranti e istruttive del burattino Pinocchio, uscito dalla penna di Collodi ma creato dallo scalpello del falegname Geppetto. Scapestrato e innocente, nel suo desiderio di scoprire le bellezze del mondo, finisce col morire impiccato da due malfattori come il Gatto e la Volpe ma viene resuscitato dalla Fata Turchina. Mentre Geppetto, la Fatina, il Grillo Parlante e chiunque altro abbia a cuore la sua vita, lo esorta ad accettare le regole del vivere in comunità, Pinocchio, invece, continua a subire il fascino della trasgressione» (cinematografo.it). «Mangiafuoco, cioè Franco Javarone, mette paura. I Fichi d’India sono un Gatto e una Volpe insinuanti e un po’ bauscia, due manager pezzenti come ce n’è tanti in giro. Kim Rossi Stuart è un Lucignolo sensazionale, un “apache” deciso a non arrendersi a costo di morire. Ma il film non rinuncia a nulla, quindi ognuno ha due, tre scene e via. E il vero problema, paradossalmente, è Pinocchio. Benigni ne è come intimidito. Lo indossa come una maschera, anziché farsene possedere come da un demone» (Ferzetti).