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Luc Merenda: l’uomo, la maschera e l’attore
02 Maggio 2018 - 03 Maggio 2018
Quel volto dallo sguardo che perforava le pareti domestiche del salotto con la televisione o che attraversava il buio enorme di una sala cinematografica è indimenticabile. Così poco italiana e così molto francese la faccia alla lunga risultava simpatica. Luc Merenda dal fisico asciutto, elastico ed atletico, ha rappresentato un commissario diverso, con più sfumature, meno granitico dei tanti corpi “poliziotteschi” che riempivano gli schermi italiani degli anni Settanta. E quando gli è stata offerta l’occasione di cambiare e mutare non ha perso tempo e con entusiasmo e generosità ha accettato ruoli più complessi e sicuramente meno commerciali. Ma Luc Merenda poteva e doveva farlo. Lo spiega bene Davide Pulici nella prefazione all’intrigante autobiografia dell’attore La mia vita a briglie sciolte: «Lui funzionava con ogni paradigma: sia come eroe che come antagonista. Non è poco: prendete tutti i commissari di ferro di allora e provate a contare quanti di loro in quanti film sono stati al di là della barricata in maniera credibile. Solo Luc Merenda era pregnante sia come buono sia come cattivo».
 
mercoledì 2
ore 17.00 La città sconvolta: caccia spietata ai rapitori di Fernando Di Leo (1975, 94′)
«Parte come una (verbosa) variazione di Anatomia di un rapimento, e sfocia in un banale film di vendetta, che ricicla situazioni di altri lavori del regista. Ma resta curiosa l’impostazione “di sinistra”: il commissario Magrini (Caprioli), all’assistente che invoca leggi più dure contro i rapitori, obietta che questi crimini non si commetterebbero se non ci fosse chi fa i miliardi a palate» (Il Mereghetti).
 
ore 19.00 Gli amici di Nick Hezard di Fernando Di Leo (1976, 100′)
«Non è un mistero che la sceneggiatura di Gli amici di Nick Hezard discenda da La stangata. […] Funziona alla fine, Nick Hezard? Diciamo che la serratezza del ritmo e gli stratagemmi adottati distraggono l’attenzione dal giogo del modello, ed è già moltissimo. Il lavoro di rifinitura colpisce, comunque: soprattutto da parte dello scenografo Francesco Cuppini, che si sbizzarrisce nell’arredo della camera della Lassander e nel postribolo della mamma canaglia di Nick, Valentina Cortese, risollevando l’anonima ambientazione svizzera della storia» (Pulici). «Interpretare quel personaggio mi piaceva, mi faceva sentire bene più degli altri, in effetti mi calzava a pennello, hai ragione, ed era esattamente il tipo di film che avevo voglia di fare. Per di più era stato scritto da Alberto Silvestri, un talentuosissimo sceneggiatore» (Merenda).
 
ore 21.00 Il poliziotto è marcio di Fernando Di Leo (1974, 90′)
«Domenico Malacarne è uno strano poliziotto: duro e spietato con i violenti e gli assassini, ritiene di poter accordarsi, per ricavarne un utile, con i contrabbandieri di sigarette. Ma la logica della malavita è rigorosa» (www.anica.it). «Credo di essere stato l’unico regista in Italia a parlare della corruzione delle forze dell’ordine in Il poliziotto è marcio» (Di Leo). «Del film Il poliziotto è marcio non dimenticherò mai la gioia di girare con Salvo Randone. […] Di tutto il film mi è rimasta soprattutto l’emozione intensa di aver recitato con attori eccezionali e in perfetta armonia con gli altri e con se stessi sia sul piano umano che professionale. Oltre a Randone, c’erano Delia Boccardo, Richard Conte, Raymond Pellegrin e il grandissimo Vittorio Caprioli» (Merenda).
 
giovedì 3
ore 17.00 Milano trema: la polizia vuole giustizia diSergio Martino (1973, 103′)
«Nella Milano dei tempi di Calabresi, Luc Merenda è un ispettore radiato dalla polizia per i suoi metodi sbrigativi e per il suo anticomunismo. Ma seguita a lottare contro i malviventi e scopre un giro capeggiato da un alto funzionario della Questura e da un editore fascista. I due cercano di corromperlo perché vada dalla loro parte, ma Merenda spara. Verina Glassner al tempo sul “Monthly Film Bulletin” lo bollò di fascismo alla Callaghan facendo notare certe battute di Merenda sugli anarchici e sui comunisti. Per far parlare una ragazza le mostra la foto di una donna incinta morta commentata da un terribile “Ti piace l’inizio della rivoluzione? Non è certo una gran bella bandiera per il Cremlino”. […] La risposta del tempo di Martino: “Sono stato tra i primi a fare un film sulla polizia, un film che conteneva anche dei riferimenti all’attualità, al caso Calabresi. Ma il valore politico di questi film è sempre abbastanza relativo, hanno sempre una matrice qualunquista, di destra, cioè si vede il poliziotto, il commissario che in uno stato democratico è molto limitato, non gli vengono dati mezzi adeguati. E allora cerca di farsi giustizia da sé e ci riesce”» (Giusti). Con Luc Merenda, Richard Conte, Silvano Tranquilli, Carlo Alighiero, Martine Brochard.
 
ore 19.00 Incontro moderato da Marco Giusti con Luc Merenda
Nel corso dell’incontro sarà presentato il libro di Luc Merenda La mia vita a briglie sciolte, a cura di Marina Crescenti (Bloodbluster, 2017).
 
ore 20.00 Pensione paura di Francesco Barilli (1978, 95′)
«È una storia di mostri, gli adulti; contro una ragazzina che passa da un’adolescenza tutta incanti agli incubi di una maturità forzata. Ed è anche una storia di violenza, che partorisce violenza, ambientata nel ’45, con un apologo che riguarda, ahimé, anche il presente. La guerra sta per finire: in un piccolo albergo sulla riva di un lago, ai confini con la Svizzera, i prototipi dell’Italia sbandata consumano la loro violenza oziosa e crudele contro la figlia dell’albergatore, che aspetta un mitico padre partito per la guerra. Ci sono uomini inquietanti e pericolosi nascosti in soffitta, antiche bellezze, mantenuti; e corridoi bui, grida soffocate, canzoncine spensierate che accompagnano l’angoscia delle notti» (Barilli). «Francesco [Barilli, n.d.r.] sì che seguiva gli attori, con lui c’era uno scambio continuo di idee e sensazioni. Sapeva esattamente sia quello che voleva dall’attore – e la cosa mi giungeva piuttosto nuova – sia se gli ingredienti concordati venissero fuori o no dal personaggio» (Merenda).
 
ore 21.45 Napoli si ribella di Michele Massimo Tarantini (1977, 95′)
Il commissario Mauri, appena trasferito a Napoli, indaga su un furto nelle cassette di sicurezza di una banca, coadiuvato da un simpatico maresciallo (ovviamente interpretato da Cannavale). Le sue indagini si concentrano sull’attività di un boss, il quale è sempre riuscito a farla franca grazie al sostegno legale del suo avvocato. Non mancano colpi di scena e omicidi, ma il poliziesco sta già “degenerando” verso la commedia e Cannavale, in mancanza di Bombolo e Milian, è costretto a duettare con Merenda, l’uno “estroverso”, l’altro “accigliato”, come scrisse Giovanni Grassi sul «Corriere della Sera», bollando il film. 
 
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