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La Cineteca Nazionale replica a Roma, al cinema Trevi, la retrospettiva “Questi fantasmi”, curata per il festival di Venezia
16 Settembre 2009 - 29 Settembre 2009
Scrive il curatore della retrospettiva Sergio Toffetti: «Tutte le volte che per oltre dieci anni sono sceso nei depositi sotterranei della Cineteca Nazionale, nel preciso momento in cui l’improvviso abbassarsi della temperatura provoca un brivido di freddo lungo la schiena, mi è tornato in mente il Nosferatu di Murnau: “Oltrepassato il ponte i fantasmi gli vennero incontro…”. Una delle più emozionanti metafore mai formulate di un moderno archivio cinematografico: il luogo dove si riportano alla luce i film “sperduti nel buio”. Dagli archivi sono tornati a nuova vita anche Questi fantasmi della seconda edizione della retrospettiva. Grazie a una sistematica attività di “apertura delle scatole”, integrazione di data base, confronto di copie, lavorazioni di laboratorio, digitalizzazioni, ristampe, restauri, che ha coinvolto una rete di cinefili vecchi e nuovi, suggeritori, amici – tra cui Goffredo Fofi, Paolo Mereghetti, Gianni Amelio, Tullio Kezich, Sergio Germani, Paolo Luciani, Alberto Pezzotta, Enrico Magrelli, Marco Muller, Gianluca Farinelli, Fabio Ferzetti, Angelo Draicchio – che insieme ai collaboratori della Cineteca hanno dato consigli, regalato idee, suggerito piste, scavato nella memoria titoli e nomi, passato il tempo a rivedere vecchi film per rinfrescare il giudizio, e hanno contribuito in modo determinante a trasformare in un programma le centinaia di film variamente presi in considerazione. Un programma non nato da un semplice ribaltamento di prospettiva tra l'”alto” e il “basso” che, seguendo le oscillazioni di mode e tendenze, in una variante kitsch del gioco dei quattro cantoni, rivaluta ad anni alterni – spesso peraltro con risultati encomiabili – un genere degradato o un minore trascurato. Il progetto, molto più temerario, è quello di riscrivere qualche capitolo delle nostre storie del cinema, visto che ormai, sommando le due edizioni 2008 e 2009, risulta un corpus di opere piuttosto consistente, la maggior parte delle quali trascurata dalle cronache d’epoca e dalle storie successive, e talvolta ancora oggi assente negli stessi repertori cinematografici.
Vere e proprie riscoperte, sul piano sia storiografico che spettacolare, sono i film popolari che guardano alla guerra, alla Resistenza, alla Ricostruzione senza filtri ideologici o autoriali, e raccontano in diretta il pianto e il riso quotidiani sul registro della farsa o del melodramma come Uno tra la folla, eroicomica ricostruzione del passaggio tra la Repubblica di Salò e la Liberazione con Eduardo De Filippo e Carlo Campanini, o Accidenti alla guerra di Giorgio Simonelli che, complice la comicità anarchica di Nino Taranto, osa far ridere alludendo all’attentato di via Rasella e mettere in parodia Roma città aperta. A farci piangere ci provano invece Donne senza nome di Geza von Radvany, ambientato in un campo di internamento femminile per apolidi; e quel vero e proprio “revenant veneziano” che è La fiamma che non si spegne sul sacrificio del carabiniere Salvo D’Acquisto fucilato dai tedeschi: attaccato in modo feroce (e oggi del tutto incomprensibile) alla Biennale del 1949 come film “reazionario” tanto da stroncare la carriera di Vittorio Cottafavi. Con la storia patria si confronta anche Casa Ricordi diretto nel 1954 da Carmine Gallone che, in una sorta di contraltare popolare di Senso, ripercorre il Risorgimento e dintorni, dalle Cinque giornate di Milano alla fine del secolo, sceneggiando la grande tradizione del melodramma da Rossini a Verdi a Puccini. Tra la compostezza del cinema d’autore e l’allegra disinvoltura dei generi, emergono poi eccentricità rivendicate, film eccessivi non solo per le storie che raccontano, ma anche sul piano del visivo, che derivano il loro fascino dall’essere in se stessi la loro parodia, come ad esempio Cenerentola e il Signor Bonaventura di Sergio Tofano o […] il Tinto Brass “beat” di Nerosubianco o il Mario Schifano “pop” di Umano non umano; e soprattutto La nave delle donne maledette di Raffaello Matarazzo, film culto della cinefilia più estrema, ricostruito in digitale a colori a partire dalla “versione francese” senza tagli di censura. La Assia Noris di Margherita fra i tre, brillante commedia dei telefoni bianchi diretta da Ivo Perilli nel 1942, apre inoltre una panoramica sullo star system al femminile nel cinema italiano, creato da grandi produttori che hanno offerto a grandi registi la possibilità di portare sullo schermo grandi dive: da Silvana Pampanini in Noi cannibali di Leonviola a Rossana Podestà ne Le ore nude di Marco Vicario, da Giovanna Ralli in Carmen di Trastevere di Gallone a Claudia Cardinale ne La viaccia di Mauro Bolognini, a Marina Berti in Un eroe del nostro tempo di Sergio Capogna. Ritornano inoltre i classici restaurati: La grande guerra di Mario Monicelli con la fotografia di Peppino Rotunno, La ragazza in vetrina di Luciano Emmer, Break-up di Marco Ferreri nella versione lunga rifiutata dal produttore e mai distribuita in Italia, La mano dello straniero di Mario Soldati. Mentre, tra gli anniversari da celebrare si sono scelti i cent’anni della nascita di Indro Montanelli, riproponendo I sogni muoiono all’alba sull’insurrezione di Budapest; i 50 anni de La dolce vita, ma con un film del “Fellini dimenticato”: Storie sulla sabbia di Riccardo Fellini, il fratello di Federico, e soprattutto, per l'”anno Galileiano”, il Galileo di Liliana Cavani, che a quarant’anni dall’uscita, conferma oggi una grande modernità di linguaggio e una stringente attualità di impianto. Mentre tra gli “scoop filologici” del 2009 si presentano due autentiche rarità: il documentario Scrittori e poeti anglosassoni a Roma diretto da Pietro Germi nel 1949, appena identificato nell’archivio della Cineteca Nazionale, e Guerra alla guerra, il documentario pacifista su papa Pio XII diretto nel 1948 da Romolo Marcellini e Giorgio Simonelli.
Al di là delle scelte di programma, la retrospettiva Questi fantasmi si pone come modello di collaborazione istituzionale tra festival e archivi per “conservare e mostrare” la storia del cinema italiano. Un progetto nato dalla Biennale di Venezia e dalla Cineteca Nazionale, che non sarebbe stato possibile realizzare nella sua completezza senza il concorso di altri archivi (Cineteca di Bologna, Cineteca del Friuli, Museo Nazionale del Cinema di Torino, Filmoteca Vaticana, Cinématèque Royale du Belgique, Archivio Cinema d’Impresa di Ivrea, Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico); di operatori privati come Aurelio De Laurentiis, Ripley’s Film, Compass Film, Broadmedia, Cinema Communications, Ettore Rosboch, e dei laboratori (Cinecittà Studios, Eurolab, Fotocinema, L’immagine ritrovata di Bologna, Studio Cine, Technicolor): dove la tecnologia internazionale si coniuga con la sensibilità di una lunga tradizione artigianale per ridare visibilità a Questi fantasmi» (Sergio Toffetti, curatore della retrospettiva).
Gli omaggi ai fratelli Pasinetti e a Glauco Pellegrini sono curati dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con Cineteca Italiana e Carlo Montanaro.
La proiezione del film La rimpatriata (domenica 20 ore 21.00) vuole essere un omaggio a Tullio Kezich, recentemente scomparso. Tra le sue innumerevoli iniziative, Kezich contribuì alla fondazione della casa di produzione cinematografica 22 dicembre, che diresse artisticamente fino alla cessazione di attività nel 1965, producendo film quali Una storia milanese di Eriprando Visconti, I basilischi di Lina Wertmüller, I fidanzati di Ermanno Olmi, Il terrorista di Gianfranco De Bosio, il televisivo L’età del ferro di Roberto Rossellini e La rimpatriata di Damiano Damiani».
 
mercoledì 16
ore 17.00
Guerra alla guerra (1948)
Regia: Romolo Marcellini, Giorgio Simonelli; soggetto e sceneggiatura:Diego Fabbri, Cesare Zavattini, Carlo Musso, G. Simonelli; fotografia: Marcello Baldi; scenografia: Franco Lolli; musica: Enzo Masetti; montaggio: M. Baldi; origine: Italia; produzione: Orbis Film, Aci; durata: 67′
«È un’accurata per quanto rapida rassegna del triste periodo che il mondo in generale e l’Italia in particolare hanno attraversato dal 1940 […]. Costituiscono il documentario riprese dal vero abilmente collegate e integrate da scene appositamente girate. Come pellicola di propaganda antibellica merita ogni considerazione» (Albertazzi). «L’egoismo degli uomini conduce alla guerra; il mondo è apparentemente in pace ma si preparano terribili strumenti di distruzione. Inutilmente il papa interviene cercando di prevenire il disastro, e il conflitto esplode in tutta la sua drammaticità. È sempre la Chiesa a recare conforto all’umanità» (Farinotti).
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Filmoteca Vaticana
 
a seguire
I figli delle macerie (1948)
Regia: Amedeo Castellazzi; operatore: Sergio Pesce; origine: Italia, produzione: Associazione Nazionale Combattenti e Reduci; durata: 11′
La voce di una madre morta durante la guerra introduce e chiude il documentario, implorando di prendersi cura del proprio bambino rimasto solo. Tra abitazioni distrutte dai bombardamenti bambini-fantasma si muovono tra le macerie. Una volontaria dell’Associazione Combattenti e Reduci fa il gesto esemplare: conduce una bambina al Madrinato provinciale, dove i piccoli abbandonati sono nutriti, vestiti, curati. Così in altri istituti: la Colonia Profilattica Antitubercolare del Lido di Roma, il Madrinato di Castellammare, gli Istituti Riuniti di Roma alla Bufalotta, il Madrinato Nazionale Convitto Farnese, il preventorio antitubercolare di Bolsena, il Collegio Daunia a Foggia, il Collegio di Mortelle a Messina. «Documentario di comunicazione sociale, I figli dellemacerie riporta nei titoli di testa soltanto l’indicazione del committente, l’Associazione Combattenti e Reduci. I nomi del regista e dell’operatore sono stati recuperati dalla documentazione relativa al visto di censura (luglio 1948) conservata nell’Archivio della Revisione Cinematografica della Direzione Generale per il Cinema del MiBAC» (Maria Assunta Pimpinelli).
Versione restaurata a cura della Cineteca Nazionale
 
ore 19.00
Accidenti alla guerra! (1948)
Regia: Giorgio Simonelli; soggetto e sceneggiatura: Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Mario Monicelli; fotografia: Rodolfo Lombardi; scenografia: Lamberto Giovagnoli, Angelo Zagame; costumi: Elio Costanzi; musica: Pasquale Frustaci; montaggio: Giuseppe Vari; interpreti: Nino Taranto, Luisa Rossi, Nyta Dover, Mirko Korcinsky, Galeazzo Benti, Enzo Turco; origine: Italia; produzione: Vulcania Compagnia Cinematografica; durata: 86′
Un italiano, Michele Coniglio, per sfuggire ad una retata, indossa una divisa tedesca e viene inviato in un “istituto” germanico per procreare bambini di pura razza ariana. Qui deve barcamenarsi come meglio può, ma ben presto è riconosciuto. Nino Taranto, un comico “anarchico e qualunquista” a confronto con l’impegno obbligato del neorealismo, stravolge in burla alcuni dei momenti più drammatici della nostra storia – come l’attentato di via Rasella, ironizzando in un inizio travolgente su Roma città aperta. «Il film passa sui nostri schermi senza lasciare traccia, come un acquazzone d’agosto: ma almeno rinfresca l’aria. È, in sostanza, una cosetta che si vede volentieri e che non fa crescere negli spettatori funeste manie omicide» (Capicciola).
Versione preservata in digitale a cura della Cineteca Nazionale
 
a seguire
Scrittori e poeti anglosassoni a Roma (1947)
Regia: Pietro Germi; commento: Anton Germano Rossi; operatore: Carlo Nebiolo; origine: Italia; produzione: Cinereportage Produzione Cortimetraggi Roma; durata: 9′
Il documentario si apre con immagini di repertorio della loro entrata in Roma (nel giugno 1944), dalle vie Appia e Casilina, attraverso Porta San Giovanni e Porta Maggiore. Seguendo percorsi speculari, i poeti e gli scrittori inglesi e americani arrivavano a Roma, “come vecchi amici…” (così recita il commento), dalle vie Salaria e Cassia, passando da Porta Flaminia. Dopo il prologo, in cui la realtà storica delle immagini di repertorio si dissolve nel passato, in una scena in cui una carrozza attraversa la campagna romana e giunge a Porta Flaminia, il documentario si svolge per nuclei e citazioni di personaggi, luoghi, testi poetici d’intellettuali inglesi e americani che vissero a Roma. Uno spazio privilegiato è riservato, in apertura, alle vicende dei tre grandi romantici inglesi che cantarono ed ebbero ispirazione da Roma: Keats, Shelley e Byron. Sono percorsi e descritti i luoghi cui i tre poeti furono legati: piazza di Spagna, dove abitarono (e dove oggi sorge la Keats and Shelley House), le terme di Caracalla, il Colosseo e il Foro Romano.
Copia ristampata a cura della Cineteca Nazionale
 
ore 21.00
Uno tra la folla (1946)
Regia: Ennio Cerlesi, Piero Tellini; soggetto: P. Tellini, Massimo Rendina; sceneggiatura: P. Tellini, E. Cerlesi; fotografia: Luigi Fiorio; musica: Giovanni Fusco; interpreti: Eduardo De Filippo, Titina De Filippo, Adriana Benetti, Enzo Fiermonte, Piero Lulli, Enrico Viarisio; origine: Italia; produzione: O.C.I. (Organizzazione Cinematografica Internazionale), Titanus; durata: 86′
Grottesche disavventure di un brav’uomo che verso la fine della guerra rischia grossi guai perché creduto un partigiano e, a liberazione avvenuta, ne rischia altrettanti perché ritenuto un simpatizzante del fascismo. In entrambi i casi lo salva l’intervento di un amico, tanto più prezioso, per la sua capacità di destreggiarsi, prima trafficando al mercato nero con i tedeschi e poi con gli americani. «I requisiti spettacolari della vicenda, in cui l’elemento comico si alterna al drammatico e l’umano al sentimentale, sono abilmente sfruttati e si giovano inoltre di una magistrale interpretazione del protagonista» (Segnalazioni Cinematografiche).
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Museo Nazionale del Cinema
 
giovedì 17
ore 17.00
Un eroe del nostro tempo (1960)
Regia: Sergio Capogna; soggetto: dal romanzo omonimo di Vasco Pratolini; sceneggiatura: S. Capogna, Marco Leto, Giulio Paradisi; fotografia: Domenico Scala; scenografia: Paolo Falchi; musica: Giovanni Fusco; montaggio: S. Capogna; interpreti: Marina Berti, Massimo Tonna, G. Paradisi, Margherita Autuori, Livia Contardi; origine: Italia; produzione: Giuliana Scappino; durata: 128′
«Un ex fascista, incapace di accettare la realtà del nuovo clima politico e sociale del dopoguerra, vive un’esistenza angosciosa che si trasforma in disperazione allorquando la sua amante, una vedova con problemi e sensi di colpa, si suicida» (Poppi/Pecorari). Il film fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1959, ma fu distribuito nelle sale solo nella stagione 1960-1961. «A un titolo polemico corrisponde un amaro e cupo film polemico di Sergio Capogna, un giovane autore cui va se non altro il merito di avere esordito cimentandosi con un difficile testo di Vasco Pratolini. […] Va riconosciuto il merito di aver dato una sua impronta al racconto: mentre nel testo i personaggi erano determinati dal frangente storico-politico, qui sono umanizzati, così che la vicenda perde la necessità di essere ambientata in quel determinato periodo storico – il dopoguerra in cui l’ha posta Pratolini – e pertanto diviene dramma “comune”» (Ciaccio).
 
ore 19.15
I girovaghi (1956)
Regia: Hugo Fregonese; soggetto: dal racconto Cardello di Luigi Capuana; sceneggiatura: Giuseppe Berto, Salvatore Danò, Daniele D’Anza, Luciano Vincenzoni, Piero Vivarelli; fotografia: Alvaro Marcori; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Dina Di Bari; musica: Angelo F. Lavagnino; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Peter Ustinov, Carla Del Poggio, Abbe Lane, Gaetano Autiero, Giuseppe Porelli, Luciano Vincenzoni; origine: Italia; produzione: Villani, Rossini, Davanzati; durata: 88′
In Sicilia, una coppia di burattinai adotta un orfanello, Cardello, affascinato dal loro lavoro e bisognoso d’affetto. Girano di paese in paese riscuotendo un discreto successo finché le loro strade si incrociano con quelle di un illusionista che grazie alla bellezza di una ballerina fa registrare il tutto esaurito. Il burattinaio, don Alfonso Puglisi, convince la ballerina a unirsi alla sua compagnia, ma ben presto l’ambiziosa ragazza abbandona anche lui, gettandolo nello sconforto. Senza di lei lo spettacolo dei burattini non ha alcun fascino per il pubblico, anche perché nel frattempo l’illusionista sta sperimentando con successo una nuova invenzione: il cinematografo. In preda all’alcol e alla rabbia, il burattinaio dà fuoco al carrozzone dell’illusionista e finisce in prigione. La moglie, che gli è rimasta sempre fedele, riuscirà a salvarlo. «Insolito e malinconico melodramma su un mondo destinato a scomparire che non sa riconoscere la modernità, ma anche riflessione amara sui gusti della gente, che all’arte e alla cultura preferisce il richiamo erotico di una danzatrice» (Mereghetti). Si sente l’influenza de La strada di Fellini.
Versione restaurata a cura della Cineteca Nazionale
 
ore 21.15
La nave delle donne maledette (1953)
Regia: Raffaello Matarazzo; soggetto: dal romanzo Histoire de 130 femmes di Léon Gozlan; sceneggiatura: R. Matarazzo, Aldo De Benedetti, Ennio De Concini; fotografia: Aldo Tonti; scenografia: Piero Filippone; costumi: Dario Cecchi; musica: Nino Rota; montaggio: Leo Catozzo; interpreti: Kerima, Ettore Manni, May Britt, Tania Weber, Elvy Lissiak, Luigi Tosi; origine: Italia; produzione: Excelsa Film; durata: 95′
Una nobildonna commette un infanticidio, ma del crimine viene accusata un’altra ragazza che viene deportata, con altre condannate, nelle colonie del Nuovo Mondo. Sulla nave un avvocato s’innamora della ragazza e, dopo un ammutinamento delle donne, riesce a dimostrarne l’innocenza. «”Classico maudit” della cinefilia internazionale, il film è rimasto a lungo invisibile nella sua versione a colori. Complice un set fiammeggiante – una nave di deportate in rivolta – Matarazzo spinge all’eccesso il suo cinema di sentimenti in tempesta, cui questa volta corrisponde un vero uragano che si abbatte sulla “nave del peccato” come il giudizio di Dio. Sensualità e ingiustizia sociale, passioni disordinate (qui tra l’altro si mostra la cosiddetta “versione francese”, priva di tagli di censura perché destinata al mercato straniero) e complesso di colpa che preannuncia la nemesi: tutto deborda sullo schermo trasformandosi in kitsch sublime» (Toffetti).
Versione ricostruita in digitale a cura della Cineteca Nazionale in collaborazione con Cinémathèque Royale du Belgique
 
venerdì 18
ore 17.00
Un amore a Roma (1960)
Regia: Dino Risi; soggetto: dal romanzo omonimo di Ercole Patti; sceneggiatura: Ennio Flaiano,Ercole Patti; fotografia: Mario Montuori; scenografia: Piero Filippone; costumi: Piero Tosi; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Otello Colangeli; interpreti: Mylène Demongeot, Peter Baldwin, Elsa Martinelli, Claudio Gora, Maria Perschy, Jacques Sernas; origine: Italia/Francia/Germania Occidentale; produzione: Fair Film, Cei Incom, Laetitia Film, Les Films Cocinor, Alpha Film; durata: 105′
«Storia di un amore impossibile tra due caratteri opposti: per quanto passionale e intensa sia la relazione tra il ricco Marcello (Baldwin) e l’attricetta Anna (Demongeot), la gelosia di lui non si può conciliare con lo spirito libero e imprevedibile di lei, sempre pronta a tradirlo. Dal romanzo omonimo di Ercole Patti, che firma la sceneggiatura con Ennio Flaiano, una delle opere meno consuete di Risi, lontana dai temi della commedia di costume e della satira sociale e più attenta ai risvolti psicologici personali. Cameo per Vittorio De Sica che interpreta la parte del regista» (Mereghetti).
Film vietato ai minori di anni 14
 
ore 19.00
Carmen di Trastevere (1963)
Regia: Carmine Gallone; soggetto e sceneggiatura:  C. Gallone, Giuseppe Mangione, Lucia Drudi Demby, ispirato alla Carmen di Prosper Mérimée; fotografia: Carlo Carlini; scenografia: Franco Lolli; costumi: Anna Maria Tucci; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Nicolò Lazzari; interpreti: Giovanna Ralli, Jacques Charrier, Dante Di Paolo, Lino Ventura, Fiorenzo Fiorentini, Ciccio Barbi; origine: Italia/Francia; produzione: Globe Gallone, Les Films Marceau Cocinor; durata: 90′
«Carmen qui canta nelle trattorie romane, s’innamora di un agente di pubblica sicurezza e poi, rimasta felicemente vedova d’un avanzo di galera, s’invaghisce di un bulletto aspirante campione motociclista. Le piace vivere libera, ballare, cantare e fare all’amore. […] Evviva allora Giovanna Ralli che sul letto disfatto, ancora caldo, afferra la chitarra e canta (eh sì, canta) gli auguri a Gallone. Mentre Jacques Charrier sta a guardare. Applaudono, commosse, le folle, e il maestro Lavagnino scioglie i violini» (Grazzini).
Film vietato ai minori di anni 14
 
ore 21.00
Nudi per vivere (1964)
Regia: Elio Montesti [Elio Petri, Giuliano Montaldo, Giulio Questi]; commento: Giancarlo Fusco; fotografia: Giuseppe De Mitri, Ennio Guarnieri; scenografia: Giuseppe Ranieri; musica: Ivan Vandor; montaggio: Elio Montesti; interpreti: Chet Baker, Nancy Holloway, Marianette Regens, Lana Purua, Françoise Soleville, Patrick Maurandi; origine: Italia; produzione: P3 G2 Cinematografica; durata: 90′
Lungometraggio composto da una serie di numeri di varietà ripresi in vari locali notturni, sulla falsariga dei tanti “sexy movies” girati nei primi anni Sessanta. Sorta di spettacolo-documento di rari numeri d’arte varia. Questo tipo di inchiesta sociologica, che riconosce come precursore Europa dinotte (1959) di Alessandro Blasetti, viene realizzata questa volta da un trio giovani cineasti (Petri, Montaldo, Questi) che si nascondono dietro uno pseudonimo, inventando un regista immaginario, composto dalla somma dei loro nomi, per accentuare le componenti ludiche di una divertita “operazione alimentare”.«Il film è parente stretto dei tanti pseudo sexy girati nei primi anni Sessanta, con brani documentaristici, balletti, qualche spogliarello e il solito falso moralismo del commento» (Poppi/Pecorari).
Film vietato ai minori di anni 18
 
sabato 19
ore 17.00
Break-up
Regia: Marco Ferreri; soggetto e sceneggiatura: M. Ferreri, Rafael Azcona; fotografia: Aldo Tonti; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Luciana Marinucci; musica: Teo Usuelli; montaggio: RenzoLucidi; interpreti: Marcello Mastroianni, Catherine Spaak, Ugo Tognazzi, William Berger, Antonio Altoviti, Gian Luigi Polidoro; origine: Italia/Francia; produzione: Compagnia Cinematografica Champion, Films Concordia; durata: 85′
A Milano, il proprietario di una fabbrica di caramelle viene convinto da un pubblicitario a basare una campagna promozionale su dei palloncini gonfiabili. Quando, alla vigilia di Natale, il giovane industriale torna a casa, dove l’attende la fidanzata, è ossessionato da una domanda: fino a che punto si può soffiare in un palloncino di gomma senza romperlo? In Francia il film è uscito nel 1969 e solo nel 1979 è stato distribuito in Italia in alcuni cineclub. Proiettato alla Mostra del Cinema di Venezia del 1973. Dopo essere stato rifiutato dal produttore Carlo Ponti che lo riteneva poco commerciale, fu ridotto a 25 minuti ed inserito come episodio nel film antologico Oggi, domani, dopodomani. «Sarcastico apologo sulla solitudine e l’alienazione nella società moderna, è un film di impianto antinarrativo e sincopato che anticipa diversi temi del Ferreri successivo tra cui quello dell’afasia nata dall’orrore del sociale» (Morandini).
Versione integrale realizzata dalla Cineteca Nazionale
 
a seguire
L’uomo dei 5 palloni,episodio di Oggi, domani, dopodomani (1965)
durata: 25′
 
ore 19.00
Nerosubianco (1969)
Regia: Tinto Brass; soggetto e sceneggiatura: T. Brass; collaborazione alla sceneggiatura: Francesco Longo; collaborazione dialoghi: Giancarlo Fusco; fotografia: Silvano Ippoliti; scenografia: Peter Murray; costumi: Giuliana Serrano; musica: The Freedom; montaggio: T. Brass interpreti: Anita Sanders, Terry Carter, Nino Segurini, Umberto Di Grazia; origine: Italia; produzione: Lion Film; durata: 76′
Barbara, che si trova a Londra insieme al marito, è una giovane donna italiana dalla sessualità repressa. Girovagando per la città, è assalita da una serie di fantasie erotiche. Si rende conto del suo stato d’animo mentre un uomo di colore la segue costantemente. Eccitata dalla novità della situazione, Barbara supera i propri tabù e si accompagna con l’occasionale amante, per poi tornare felice e soddisfatta dal marito. Originale esempio di cinema “beat” all’italiana, il film è «un caleidoscopio visivo e sonoro, ritmato sul tema della libertà sessuale, propone soluzioni di ogni sorta, sullo sfondo di una Londra improbabile e vista attraverso una lente deformante. Il film non osserva i moduli e i canoni normali dello svolgimento, in un misto di irreale, di surreale e di reale». (Solmi).
Film vietato ai minori di anni 14
 
a seguire
Tempo libero (1964)
Regia: Tinto Brass; montaggio: T. Brass; durata: 8′
 
a seguire
Tempo lavorativo (1964)
Regia: Tinto Brass; montaggio: T. Brass; durata: 8′
Video di montaggio dal ritmo frenetico e vertiginoso, dove la lezione di Dziga Vertov e del suo L’uomo con la macchina da presa si mescola con le suggestioni e i radicalismi delle avanguardie degli anni Sessanta. I due video furono appositamente commissionati a Tinto Brass da Umberto Eco sul tema Tempo libero/Tempo del lavoro. «Era il 1964, la Milano del boom economico. […] Il sesso non era ancora diventato né il primo piano né la profondità di campo della cinematografia di Tinto Brass, che in quell’anno stava finendo il montaggio del suo Ça ira – Il fiume della rivolta. […] L’esperienza alla Cinémathèque di Parigi si era ormai conclusa» (Tommy Cappellini).
 
ore 21.00
Umano, non umano (1969)
Regia: Mario Schifano; soggetto e sceneggiatura: M. Schifano; fotografia: Mario Vulpiani; montaggio: Rosanna Coppola; interpreti: Carmelo Bene, Franco Brocani, Mick Jagger, Rada Rassimov, Anita Pallenberg, Sandro Penna; origine: Italia; produzione: Mount Street Film; durata: 95′
«Di fronte al “non umano” della chiacchiera culturale occidentale (Calvesi che parla d’arte, Aprà che parla di cinema, Moravia che parla di civiltà dei consumi, dei miti e dei riti della mondanità borghese […] dello spettacolo come vanità […] o della cultura come solitudine), sta l'”umano” della resistenza vietnamita, della rivoluzione cinese, del popolo sorridente» (Miccichè). Film presentato al XXX Festival di Venezia nel 1969. «Umano non umano, uno dei pochi film d’artista ad essere stato prodotto, è da molti critici considerato come il più bel esempio sperimentale del cinema italiano anni Sessanta. Nel film fanno da cerniera tra una sequenza e l’altra le immagini di guerra riprese dalla televisione, mentre il trait d’union sonoro è il battito cardiaco che cessa solo in alcuni momenti» (Rebecca Teciuba).
Copia ristampata a cura della Cineteca Nazionale
 
domenica 20
ore 17.00
Le ore nude (1964)
Regia: Marco Vicario; soggetto: dal racconto Appuntamento al mare di Alberto Moravia; sceneggiatura: A. Moravia, Tonino Guerra, M. Vicario; fotografia: Carlo Di Palma; scenografia: Dick [Riccardo] Domenici, Francesco Bronzi; musica: Riz Ortolani; montaggio: Roberto Cinquini; interpreti: Rossana Podestà, Keir Dullea, Philippe Leroy, Odoardo Spadaro, Bruno Scipioni, Maurizio Conti; origine: Italia; produzione: Atlantica Cinematografica; durata: 90′
«Da cinque anni sposata con l’architetto Massimo, Carla dichiara di non aver mai tradito suo marito per tre ragioni: perché si sente demoralizzata dalla libertà di cui il marito la lascia godere, perché gli vuol bene, perché non ha ancora trovato un uomo con cui ne valesse la pena. Tre ragioni che non sono le uniche componenti psicologiche del complesso ritratto di donna su cui si fonda il racconto di Moravia, Appuntamento al mare, dal quale Marco Vicario ha tratto il film Le ore nude. Esplorarne le radici e le dimensioni, e metterle in conflitto fra loro quando Carla incontra Aldo, un espansivo studente universitario col quale compirà il gran passo, e ciò in modo che trasferendosi sullo schermo la storia conservasse la forza drammatica del racconto e le sue varie implicazioni critiche (persino in direzione dei costumi della ricca borghesia), era compito molto pesante per un regista al debutto. Vicario l’ha affrontato con coraggio, anche per rilanciare sua moglie, l’attrice Rossana Podestà, nel cinema intellettuale. E si deve riconoscere che, seppure ne è uscito con qualche ammaccatura, nel complesso se l’è cavata meglio di altri registi esordienti (anche grazie, diciamo, alla collaborazione che lo stesso Moravia ha dato, con Antonio Guerra, alla sceneggiatura)» (Grazzini).
 
ore 19.00
Storie sulla sabbia (1963)
Regia: Riccardo Fellini; soggetto: R. Fellini; sceneggiatura: R. Fellini, Gian Franco Ferrari; fotografia: Giuseppe Aquari, Alessandro D’Eva, Mario Vulpiani; musica: Giovanni Fusco; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Francesca De Seta, Anna Orso; origine: Italia; produzione: Romor Film; durata: 95′
Film composto da tre episodi: Francesca, Anna e Lucia. I bambini sono il tema centrale: dalla piccola Francesca, una ragazzina di quattro anni, che vive una giornata completamente immersa nella natura sulla spiaggia di Tor San Lorenzo, a un gruppo di ragazzini che festeggia un matrimonio, per finire con la storia di Lucia, una donna ricca e viziata che rifiuta la maternità ma finisce per cambiare idea dopo aver trascorso una giornata in un villaggio di pescatori. Presentato al Festival di Venezia. «Raramente il magico mondo dell’anima infantile è stato visto con più stupefatta tenerezza e lievi fluttuanti colori di quanto lo sia qui, nel primo dei tre bozzettini, quello dedicato all’adorabile Francesca. E credo che dimenticherò molte sequenze illustri, ma non dimenticherò il personaggio dolcissimo di Anna, la sposa malmaritata, quella figura bianca, leggera e altocinta che trascorre sul quadro paesano e festaiolo della giornata nuziale con la grazia irreale delle fate e delle farfalle» (Sacchi).
 
ore 21.00
Omaggio a Tullio Kezich
La rimpatriata (1963)
Regia: Damiano Damiani; soggetto: D. Damiani; sceneggiatura: D. Damiani, con la collaborazione di Ugo  Liberatore, Enrico Ribulsi, Vittoriano  Petrilli; fotografia: Aless andro  D’Eva; scenografia: Mauro Bertinotti; costumi: Ebe Colciaghi; musica: Roberto Nicolosi; montaggio: Giuseppe Vari; interpreti: Walter Chiari, Francisco Rabal, Paul Guers, Riccardo Garrone, Mino Guerrini, Dominique Bosquero; origine: Italia/Francia; produzione: 22 Dicembre, Galatea, Societé Cinématographique Lyre; durata: 100′
A Milano, un gruppo di amici alla soglia dei quarant’anni si riunisce per passare insieme una serata dopo non essersi visti per molto tempo. Sono tutti sistemati, con famiglia e professione avviata, tranne Cesarino, simbolo di una vita senza regole, legami e responsabilità, l’unico che abbia conservato lo spirito dei bei tempi andati. La serata passa nella ricerca della spensieratezza e della felicità che avevano caratterizzato la loro giovinezza. «Damiani trova il tono giusto per raccontare la borghesia degli anni Sessanta: impietoso, senza sconti, coraggioso nel descrivere voglie basse (e la censura dell’epoca ebbe qualcosa da ridire). Con il pathos che si concentra nella figura del bigamo Cesarino, cialtrone generoso, unico disinteressato, in cui Chiari mette molto di sé; ma senza la facile scappatoia della tragedia catartica. […] Poco visto all’epoca, merita una rivalutazione» (Mereghetti).
Copia ristampata a cura della Cineteca Nazionale – Film vietato ai minori di anni 18
 
lunedì 21
chiuso
 
martedì 22
ore 17.00
Omaggio a Francesco e Pier Maria Pasinetti
Entusiasmo (1932)
Regia: Francesco Pasinetti; fotografia: Mario Damicelli; interpreti: Marino Rocchetto, Franco Bressan, Nina Simonetti; origine: Italia; produzione: Cine G.U.F. di Venezia; durata: 26′
Primo film a soggetto prodotto dai Cine G.U.F. e realizzato da Pasinetti appena ventenne, Entusiasmo è interpretato da attori non professionisti e girato dal vero. Il cortometraggio, incompleto perché privo della parte finale, narra di una gita in montagna di un gruppo di universitari veneziani. Dopo piacevoli discese sulla neve e corteggiamenti giovanili alcuni studenti si perdono nel bosco. Gli altri, fiaccole in mano, vanno alla loro ricerca. «Una delle maggiori abilità del direttore sta nell’aver condotti gli attori con la maggiore aderenza alla vita; ne è riuscita una interpretazione viva in cui piace ricordare la maschera bonaria e cordiale dello studente Marino Rocchetto, e quella sempre misurata del Bressan» (Mario Liani).
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Regione Veneto
 
a seguire
Venezia in festa (1947)
Regia: Francesco Pasinetti; fotografia: Antonio Schiavinotto, Bruno Barcarol, Giuseppe Caracciolo, Antonio Marzari, Alberto Pasinetti, F. Pasinetti; origine: Italia; produzione: Filmeuropa, Frabeart; durata: 10′
Breve documentario sulla festa del Redentore di Venezia, celebrata con la nota regata storica sul Canal Grande. La folla festante, le gondole che si inseguono lungo il canale si alternano a scorci solitari e silenziosi di calli e palazzi. Il film fa parte di una serie di documentari dedicati a Venezia e realizzati da Pasinetti dopo la seconda guerra mondiale. «L’analisi di Francesco Pasinetti sui diversi aspetti della realtà veneziana trova una componente molto importante nell’architettura della luce, un’organizzazione per creare nuovi stimoli al racconto visivo in una “partitura” fatta di ombra e luce che conferisce risalto alle zone di pietra e di acqua ed ai protagonisti che le percorrono» (Miriam Botter).
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Regione Veneto
 
a seguire
Arte Contemporanea (1948)
Regia: Francesco Pasinetti; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Pallucchini; fotografia: PaoloGregorig; musica: Gino Gorini; montaggio: F. Pasinetti; origine: Italia; produzione: Filmus; durata: 10′
Film a lungo considerato perduto è un documentario sugli stili e gli orientamenti della pittura contemporanea e dei suoi principali esponenti. Il ritrovamento presso la Cineteca Nazionale di una copia lavoro ha permesso la ricostruzione filologica dell’opera.
 
a seguire
Nuvola (1935)
Regia: Pier Maria Pasinetti, Roberto Zerboni; soggetto e sceneggiatura: R. Zerbini, P. M. Pasinetti; fotografia: Francesco Cerchio; interpreti: Giorgio Balboni, Liliana della Valle; origine: Italia; durata: 18′
Film sperimentale e unica esperienza registica per i due autori, ha come protagonisti un bambino e una bambina, che, come due novelli Adamo ed Eva, giocano su una spiaggia. Le piccole avventure che i due bimbi affrontano costruiscono una dimensione favolistica e simbolica, accentuata dall’attenzione verso gli elementi naturali che li circondano: l’acqua, la luce, le piante.
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Regione Veneto
 
a seguire
Omaggio a Glauco Pellegrini
Lo scultore Giacomo Manzù (1950)
Regia: Glauco Pellegrini; fotografia: Romolo Garroni; musica: Roman Vlad; origine: Italia; produzione: Lux Film; durata: 11′
 
a seguire
Ritratto di Alberto Sughi (1971)
Regia: Glauco Pellegrini; fotografia: Aldo Barcella; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Massimo Gozzano; origine: Italia; produzione: Jet Film; durata: 10′
 
a seguire
Omiccioli a Scilla (1971)
Regia: Glauco Pellegrini; fotografia: Aldo Barcella, Claudio Morabito; musica: Carlo Rustichelli; montaggio:Massimo Gozzano; origine: Italia; produzione: Jet Film; durata: 12′
Tre esempi di documentario d’arte, realizzati da Pellegrini nell’arco di vent’anni, e in cui risuona l’influenza pasinettiana sia per la cura nella composizione dell’immagine che per l’interesse verso il rapporto tra ambiente e personaggio. Gli artisti, Giacomo Manzù, Alberto Sughi e Giovanni Omiccioli, sono visti a lavoro e nei luoghi a loro più cari, luoghi che tante volte sono stati fonte d’ispirazione per le loro opere: Scilla per Omiccioli e la campagna tra Cesena e Cesenatico per Sughi. Giacomo Manzù è rappresentato nello studio, circondato dalle sue sculture.
 
ore 19.00
Cenerentola e il Signor Bonaventura (1941)
Regia: Sergio Tofano; soggetto: S. Tofano; sceneggiatura: Edoardo Anton, Vittorio Metz, S. Tofano; fotografia: Manfredo Bertini; scenografia: Italo Cremona; costumi: Rosetta Tofano; interpreti: Paolo Stoppa, Silvana Jachino, Roberto Villa, S. Tofano, Rosetta Tofano, Guglielmo Barnabò; origine: Italia; produzione: Arno Film; durata: 72′
Le cattive sorellastre, invidiose come sempre, mettono in cattiva luce Cenerentola agli occhi del bellissimo Principe Azzurro, che la scaccia. Il Signor Bonaventura e il bel Cecè partono alla sua ricerca e riusciranno a riabilitarla. Inutile dire quale sarà la ricompensa per il popolarissimo eroe…Sergio Tofano realizza un vero e proprio “fumetto animato” portando al cinema i suoi personaggi di carta stampata guidati da un indimenticabile Bonaventura impersonato da Paolo Stoppa con un brio tale che sembra egli stesso ritornato bambino. Ne risulta un’opera che rompe le convenzioni classiche della messa in scena e appare oggi – anche grazie alle scenografie di Italo Cremona – un consapevole omaggio alle avanguardie e in particolar modo al secondo Futurismo.
Versione restaurata a cura della Cineteca Nazionale
 
a seguire
Radio Giornale n. 5 (1933)
Regia: Giorgio Simonelli; origine: Italia; produzione: Cines; durata: 11′
I tre numeri dei Radio Giornali di Giorgio Simonelli sono materiali totalmente inediti, dei quali non si trova traccia né in alcuna storia del cinema né sulle riviste dell’epoca. Prodotti dalla Cines sul modello dei più conosciuti e diffusi numeri della Rivista Cines, si tratta di cortometraggi di montaggio di materiali di repertorio, di film di finzione e documentari. I Radio Giornali dovrebbero comporre una serie di circa una quindicina di episodi ma ne rimangono solo tre: il n. 2, n. 4, n. 5.
Gli unici tre esemplari esistenti della serie dei Radio Giornali, conservati presso la Cineteca Nazionale, sono stati restaurati dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con la Ripley’s Film.
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Ripley’s Film
 
ore 21.00
Margherita fra i tre (1942)
Regia: Ivo Perilli; soggetto: tratto dalla commedia di Fritz Schwiefert; sceneggiatura: NicolaManzari, Renato May; fotografia: Ugo Lombardi; scenografia: Natale Steffenino, Angelo Zagame; musica: Mario Nascimbene; montaggio: Renato May; interpreti: Assia Noris, Carlo Campanini, Giuseppe Porelli, Enzo Biliotti, Aldo Fiorelli, Ernesto Almirante; origine: Italia; produzione: Realcine; durata: 70′
Per vincere le resistenze dei tre tutori del fidanzato, scapoli irriducibili, una ragazza assume tre identità differenti e conquista il cuore di tutti e tre. Classico misconosciuto del “cinema dei telefoni bianchi”, questa scatenata commedia degli equivoci non ha nulla da invidiare alla commedia brillante hollywoodiana. «Assia, e chi ne dubitava?, non s’inciampa e non s’imbroglia, alterna le pettinature e i sorrisi, i bronzi e gli abiti con perfetto tempismo, apparendo sempre uguale e sempre diversa. Sorrisi di sdegno della critica intelligente, sorrisi di felicità del pubblico commosso […]: che dosature, che ricette, che fermezza nella frivolità» (Irene Brin).
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Museo Nazionale del Cinema
 
mercoledì 23
ore 17.00
Noi cannibali (1953)
Regia: Antonio Leonviola; soggetto: A. Leonviola; sceneggiatura: A. Leonviola, Gian Gaspare Napolitano, Giuseppe Mangione, Daniele D’Anza; fotografia: Aldo Giordani; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Giuliano Papi; musica: Bruno Maderna, montaggio: Roberto Cinquini; interpreti: Silvana Pampanini, Vincenzo Musolino, Folco Lulli, Milly Vitale, Giuseppe Porelli, Gildo Bocci; origine: Italia; produzione: Excelsa Film, Slogan Film, Marea Film; durata: 80′
Una ballerina d’avanspettacolo torna fra lo scetticismo generale nel suo paese d’origine, la Civitavecchia portuale del dopoguerra. Solo un amico d’infanzia, Aldo, un tempo fidanzato con sua sorella Maria, l’aiuta. I due si mettono insieme, ma un capoccia locale tenta in tutti i modi di conquistarla. «Ambientato tra i baraccati del porto di Civitavecchia (dove il lavoro dello scenografo Luigi Scaccianoce si fonde perfettamente con le riprese dal vero), il film sa evitare l’ottimismo ideologico di certo neorealismo e il moralismo consolatorio di tanti melodrammi […]. Recuperando una lezione di stile che viene direttamente dal cinema degli anni Trenta (Clair, Pabst), Leonviola racconta la disperazione senza uscita di chi si sente destinato alla sconfitta con uno stile molto controllato (certe inquadrature, specie dei panorami industriali, ripropongono la lezione della pittura metafisica). […] Leonviola è la maschera che all’inizio del film fa entrare lo spettatore nel teatrino di varietà» (Mereghetti).
 
ore 19.00
Donne senza nome (1950)
Regia: Geza von Radvany; soggetto: G. von Radvany; sceneggiatura: Liana Ferri, G. Radvany, Corrado Alvaro, René Barjavel, Geza Herézog, Fausto Tozzi; fotografia: Gabor Pogany; scenografia: Mario Garbuglia, [Dario Cecchi non accreditato]; musica: Roman Vlad; montaggio: René Le Henaff; interpreti: Simon Simon, Françoise Rosay, Valentina Cortese, Irasema Dilian, Gina Frackenberg, Gino Cervi; origine: Italia; produzione: Navona Film; durata: 90′
Priva di documenti e vedova da poco tempo, Anna viene internata in un campo di concentramento durante gli ultimi mesi della seconda guerra mondiale. La donna, che aspetta un bambino, con l’aiuto delle compagne tenta di evadere, ma al momento del parto muore. Un ufficiale italiano rinuncia alla carriera per allevare il bambino. «Notevole Donne senza nome, in cui il regista ungherese, evitando il pericolo di cadere nel frammentario o di restare in superficie, ha dato prova di grande bravura. Il sapiente gioco dei quadri ravvicinati, l’illuminazione funzionale, il ritmo calmo e drammatico nel contempo, tutto contribuisce a dar forma ad una narrazione veramente efficace» (Giorgio Santarelli). Geza von Radvany era il fratello dello scrittore Sandor Marai.
 
ore 21.00
Casa Ricordi (1954)
Regia: Carmine Gallone; soggetto e sceneggiatura: Age e Scarpelli, Vittorio Novarese, Leo Benvenuti, Luigi Filippo, C. Gallone; fotografia: Marco Scarpelli; scenografia: Mario Chiari; costumi: Maria De Matteis; musica: Renzo Rossellini; montaggio: Nicolò Lazzari; interpreti: Paolo Stoppa, Gabriele Ferzetti, Andrea Checchi, Nadia Gray, Memmo Carotenuto, Carlo Hintermann; origine: Italia/Francia; produzione: Documento Film, Industrie Cinematografiche Sociali (ICS), Franco London Film, Cormoran Films; durata: 110′
Giovanni Ricordi da oscuro stampatore diventa celebre editore. La storia dei Ricordi si unisce a quella della lirica italiana del periodo aureo. La storia dei Ricordi si unisce nel film a quella della lirica italiana del periodo aureo: fra i musicisti vengono presi in particolare considerazione Rossini, Donizetti, Verdi e Puccini. Di questi si narrano le relazioni con Casa Ricordi, mentre vengono rievocati alcuni episodi della loro vita e vengono presentate scene e melodie delle opere più celebri. «Uscito come Senso nel 1954, il film ne costituisce il perfetto contraltare popolaresco, e fa corrispondere alla concezione viscontiana di un melò che alterna consapevole abbandono e critica distanza, un’adesione totale agli stilemi e alla temperie del melodramma italiano. Muovendosi, come Visconti, tra cultura e storia, Gallone rilegge l’opera lirica come grande romanzo popolare del Risorgimento, raggiungendo l’apoteosi nel finale, con il popolo di Parma e la guardia regia che, un attimo prima dello scontro, si riconoscono “popolo unito” cantando il coro del Nabucco e componendosi come nel Quarto stato di Pelizza da Volpedo» (Toffetti).
Versione restaurata a cura della Cineteca Nazionale
 
giovedì 24
ore 17.00
La viaccia (1961)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: dal romanzo L’eredità di Mario Pratesi; sceneggiatura: Vasco Pratolini, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa; fotografia: Leonida Barboni; scenografia: Flavio Mogherini; costumi: Piero Tosi; musica: Piero Piccioni; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Jean Paul Belmondo, Claudia Cardinale, Pietro Germi, Paul Frankeur, Gabriella Pallotta, Romolo Valli; origine: Italia/ Francia; produzione: Arco Film, Galatea, Societé Generale de Cinématographie; durata: 106′
Figlio di poveri contadini, Amerigo è mandato a lavorare in città, presso uno zio vinaio. Si innamora di Bianca, una prostituta. Per vederla trascura il lavoro e deruba lo zio, che lo scaccia. Amerigo si fa assumere come attendente nella casa chiusa. «Bolognini, che rifugge da ogni enfasi, […] ha capito che la via per fare della Viacciaun’opera impegnata era quella indicata dall’aura degli anni in cui si svolge l’azione. […] Ma La Viacciaè qualcosa di più di un film di gusto, di una sapiente evocazione animata dei dipinti di Telemaco Signorini. Il regista ha fermato il tempo, conferendo alla passione di Amerigo una dimensione tragica che fa dimenticare, a favore dei personaggi, la suggestiva cornice del quadro» (Bianchi).
Film vietato ai minori di anni 16
 
ore 19.00
Morte di un amico (1960)
Regia: Franco Rossi; soggetto: Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Berto, Oreste Biancoli, Franco Riganti; sceneggiatura: F. Riganti, F. Rossi, Ugo Guerra; fotografia: Toni Secchi; scenografia: Giorgio Venzi; musica: Mario Nascimbene; montaggio: Otello Colangeli; interpreti: Gianni Garko, Spiros Focas, Didi Perego, Angela Luce, Anna Mazzucchelli, Olimpia Cavalli; origine: Italia; produzione: Universalcine; durata: 94′
Bruno e Aldo sono amici da lunga data. Il primo si fa mantenere da una ragazza che fa la vita, ben presto imitato dal secondo. Bruno si mette su una cattiva strada e Aldo, pur volendo cambiare vita, lo segue sempre, anche quando si tratta di compiere un furto. «Derivato in parte dal crudo realismo di certi film sulle borgate romane e sulla prostituzione, ma riscattato da una intima moralità e da un desiderio accentuato e cosciente di far il punto sui problemi scottanti della società contemporanea, non disdegna di indicare soluzioni decisamente positive, senza timore d’essere accusato di retorica; con uno stile che, superata la grazia forse un poco esteriore di Amici per la pelle, si induriva e si inaspriva a contatto di una materia esaminata con occhio obiettivo, anche se il più delle volte pietoso» (Rondi).
Film vietato ai minori di anni 16
 
ore 21.00
Luciano, una vita da bruciare (1962)
Regia: Gian Vittorio Baldi; soggetto e sceneggiatura: G.V. Baldi, Ottavio Jemma; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Paolo Portoghesi; costumi: Lorenzo Vespignani; musica: Luciano Chailly; montaggio: Leda Gorgolini; interpreti: Luciano Morelli, Paolo Carlini, Anna Bragaglia, Luciano Confalonieri, Francis Francischielli, Ileana Ghione; origine: Italia; produzione: Corona Cinematografica; durata: 89′
Nonostante i suoi trascorsi, Luciano non può sopportare il pensiero che sua madre abbia abbandonato la casa per andare a vivere con un uomo che non è suo marito. Appena uscito dal carcere romano in cui ha scontato una giusta condanna, il giovane passa gran parte della sua prima notte di libertà passeggiando alla tormentosa ricerca di una ragione di vita. Il film ebbe varie traversie produttive e censorie (girato nel 1962, non uscì che quattro anni dopo) e fu distribuito come Madre ignota. «Come anatomia di un giovane teppista Luciano, una vita bruciata è attendibile e violento soprattutto nelle scene fra il protagonista e la madre finita ad abitare con uno sfruttatore: un rapporto doloroso individuato con grande sensibilità. Realizzato in 24 giorni, ottimamente fotografato da Ennio Guarnieri, il film non ha nessuna delle approssimazioni abituali nelle produzioni a basso costo. Attesta anzi nel suo autore un senso rigoroso della forma, una conoscenza matura del linguaggio» (Kezich).
Film vietato ai minori di anni 18
 
venerdì 25
ore 17.00
Variazione di programma: al posto del previsto Anni facili di Luigi Zampa (1953), che farà parte della retrospettiva su Zampa in programma in ottobre, si replica:
Casa Ricordi (1954)
Regia: Carmine Gallone; soggetto e sceneggiatura: Age e Scarpelli, Vittorio Novarese, Leo Benvenuti, Luigi Filippo, C. Gallone; fotografia: Marco Scarpelli; scenografia: Mario Chiari; costumi: Maria De Matteis; musica: Renzo Rossellini; montaggio: Nicolò Lazzari; interpreti: Paolo Stoppa, Gabriele Ferzetti, Andrea Checchi, Nadia Gray, Memmo Carotenuto, Carlo Hintermann; origine: Italia/Francia; produzione: Documento Film, Industrie Cinematografiche Sociali (ICS), Franco London Film, Cormoran Films; durata: 110′
Giovanni Ricordi da oscuro stampatore diventa celebre editore. La storia dei Ricordi si unisce a quella della lirica italiana del periodo aureo. La storia dei Ricordi si unisce nel film a quella della lirica italiana del periodo aureo: fra i musicisti vengono presi in particolare considerazione Rossini, Donizetti, Verdi e Puccini. Di questi si narrano le relazioni con Casa Ricordi, mentre vengono rievocati alcuni episodi della loro vita e vengono presentate scene e melodie delle opere più celebri. «Uscito come Senso nel 1954, il film ne costituisce il perfetto contraltare popolaresco, e fa corrispondere alla concezione viscontiana di un melò che alterna consapevole abbandono e critica distanza, un’adesione totale agli stilemi e alla temperie del melodramma italiano. Muovendosi, come Visconti, tra cultura e storia, Gallone rilegge l’opera lirica come grande romanzo popolare del Risorgimento, raggiungendo l’apoteosi nel finale, con il popolo di Parma e la guardia regia che, un attimo prima dello scontro, si riconoscono “popolo unito” cantando il coro del Nabucco e componendosi come nel Quarto stato di Pelizza da Volpedo» (Toffetti).
Versione restaurata a cura della Cineteca Nazionale

 
ore 19.00
I sogni muoiono all’alba (1961)
Regia: Indro Montanelli, Enrico Gras, Mario Craveri; soggetto e sceneggiatura: I. Montanelli dalla sua omonima pièce teatrale; fotografia: Giovanni Raffaldi, Ubaldo Marelli; scenografia: Piero Zuffi; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Lea Massari, Aroldo Tieri, Mario Feliciani, Ivo Garrani, Gianni Santuccio, Renzo Montagnani; origine: Italia; produzione: Rire Cinematografica; durata: 92′
Budapest, la notte tra il 3 e il 4 novembre 1956, cinque giornalisti italiani aspettano in una camera d’albergo l’arrivo dei carri armati sovietici che soffocheranno la rivolta popolare. Crisi di coscienza, tentato suicidio, disillusioni. «Il mio film è la rivolta di Budapest, vissuta, sofferta e giudicata da un occidentale; e sia chiaro, visto che molti cadono nell’equivoco, il “giornalista Montanelli” non è nessuno dei quattro inviati speciali del film. Forse è la somma di tutti e quattro» (Montanelli).
Film vietato ai minori di anni 16
 
ore 21.00
Galileo (1968)
Regia: Liliana Cavani; soggetto e sceneggiatura: Tullio Pinelli, L. Cavani; collaborazione alla sceneggiatura: Fabrizio Onofri; fotografia: Alfio Contini; scenografia e costumi: Ezio Frigerio; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Cyril Cusack, Giulio Brogi, Gheorghi Koldjancev, Paolo Graziosi, Lou Castel, Miroslav Mindov; origine: Italia/Bulgaria; produzione: Fenice Cinematografica, Rizzoli Film, Kinozenter; durata: 108′
Galileo Galilei si trova a Padova dove insegna fisica all’Università. Qui cominciano a serpeggiare le idee di Giordano Bruno e i principi di Copernico sul sistema solare. Attraverso lunghi studi, Galileo si convince che il Sole e non la Terra è al centro del sistema dell’universo. Chiamato a Roma per mostrare e spiegare le sue ricerche, viene invitato dal Cardinal Bellarmino e dal Papa stesso a soprassedere a tali studi poiché le sue affermazioni sono ai limiti dell’eresia. Presentato al Festival di Venezia nel 1968. «Il film brucia quasi completamente gli schemi convenzionali del cinema biografico e trasforma la ricostruzione del passato in azione presente. È, insieme, la tragedia di un uomo in anticipo sui tempi e la storia di una ingenuità» (Morandini).
Versione restaurata a cura della Cineteca Nazionale
 

domenica 27
ore 17.00
La mano dello straniero (1954)
Regia: Mario Soldati; soggetto: dal romanzo The Stranger’s Hand di Graham Greene; sceneggiatura: Giorgio Bassani, Guy Elmes, [non accreditato M. Soldati]; fotografia: Enzo Serafin; scenografia: Luigi Scaccianoce; costume: Rosi Gori; musica: Nino Rota, Alessandro Cicognini; montaggio: Tom Simpson, Leo Catozzo, Leslie Hogdson; interpreti: Alida Valli, Trevor Howard, Richard Basehart, Richard O’Sullivan, Eduardo Ciannelli, Giorgio Costantini; origine: Italia/Gran Bretagna; produzione: Rizzoli Film, Milo Film, Peter Moore, John Stafford; durata: 98′
Il piccolo Roger, giunge a Venezia per incontrare il padre, maggiore britannico in servizio a Trieste. Dopo l’incontro mancato, una serie di indagini rivela una torbida vicenda di sequestri di persona. «Dal romanzo di Graham Greene, sceneggiato da Guy Elmes e Giorgio Bassani, il film che Soldati ha detto di preferire, per quanto stroncato dalla critica e ignorato dal pubblico. Per la sua mistura di suspense e formalismo meriterebbe una rivalutazione» (Mereghetti).
Copia ristampata a cura della Cineteca Nazionale
 
ore 19.00
La fiamma che non si spegne (1949)
Regia: Vittorio Cottafavi; soggetto e sceneggiatura: Oreste Biancoli, Giuliano Conte dal romanzo Itala gens di Franco Navarra Viggiani; fotografia: Gabor Pogany; scenografia: Natale Steffenino, Angelo Zagame; costumi: Maria De Matteis; musica: Alessandro Cicognini; montaggio: Renzo Lucidi; interpreti: Gino Cervi, Maria Denis, Leonardo Cortese, Luigi Tosi, Carlo Campanini, Danielle Benson; origine: Italia; produzione: Orsa Film; durata: 104′
Luigi, il figlio di un carabiniere morto eroicamente durante la prima guerra mondiale, segue le orme paterne arruolandosi nell’arma. Si batte valorosamente in Africa, viene rimpatriato per malattia e, promosso brigadiere, viene mandato a comandare una stazione, nelle vicinanze del suo paese. Dopo l’8 settembre, Luigi resta al suo posto, cercando di tutelare gli interessi dei connazionali. Nella zona vengono uccisi due soldati tedeschi: dieci paesani sono presi come ostaggi. Luigi si presenta al comando tedesco: dichiaratosi responsabile dell’uccisione, affronta la fucilazione per salvare gli ostaggi. «Questo severo elogio delle virtù morali e del senso di sacrificio […] andava talmente controcorrente rispetto all’epoca […] che suscitò una polemica alla Mostra di Venezia nel 1949. […] L’esecuzione finale è la più bella sequenza dell’opera di Cottafavi. […] La liturgia cancella il tempo, cancella la Storia: ricolloca ogni azione tragica in una continuità di ordine religioso che è una sorta di eternità […]. È perché guarda prima di tutto all’eternità che il cinema di Cottafavi ignora – superbamente – il Neorealismo» (Jacques Lourcelles).
Versione restaurata a cura della Cineteca Nazionale in collaborazione con Cineteca del Friuli e Ripley’s Film
 
ore 21.00
La grande guerra (1959)
Regia: Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Age [Agenore Incrocci] & [Furio] Scarpelli, Luciano Vincenzoni, M. Monicelli; fotografia: Giuseppe Rotunno; scenografia: Mario Garbuglia; costumi: Danilo Donati; musica: Nino Rota; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Folco Lulli, Bernard Blier, Romolo Valli; origine: Italia/Francia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica,Gray Films; durata: 135′
«La vicenda di questo film, premiato di recente alla Mostra di Venezia con il Leone d’oro ex aequo con Il generale Della Rovere, è quasi tutta imperniata sulle gesta di due soldati paurosi che, durante la guerra 1915-18, cercano di riportare a casa la pelle in tutti i modi, ma poi, pur di non tradire, finiscono per farsi fucilare dagli austriaci. Mario Monicelli, svolgendola, si è forse lasciato andare un po’ troppo a situazioni e a battute antieroiche, ma si è riscattato con quel clima umano e dimesso, equilibrato e sereno cui è riuscito ad affidare le pagine più vive del suo racconto. È questo clima, anzi, che dà un tono ed un valore al film soprattutto quando interviene a precisare i caratteri dei protagonisti e la loro graduale evoluzione psicologica. L’azione, infatti, procede di pari passo cori i due personaggi, ne sottolinea i mutamenti, ne cadenza le imprese e la sua atmosfera, anche quella corale, finisce quasi sempre per scaturire proprio da questi piccoli fatti che restano umani e concreti anche se hanno al centro quelle due figure così poco stimabili. La regia, però, si è rivelata altrettanto sensibile anche nella rievocazione della cornice e del coro che sono, spesso, tutt’uno con la vicenda» (Rondi).
Versione restaurata a cura di Cineteca Nazionale e Aurelio De Laurentiis
Giornata a ingresso gratuito
 
lunedì 28
chiuso
 
martedì 29
ore 17.00
Uccidete il vitello grasso e arrostitelo (1970)
Regia: Salvatore Samperi; soggetto e sceneggiatura: Salvatore Samperi, Dacia Maraini; fotografia: Franco Di Giacomo; scenografia e costumi: Gisella Longo; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Arcalli; interpreti: Maurizio Degli Esposti, Jean Sorel, Marilù Tolo, Gigi Ballista, Pier Paolo Capponi, Noris Fiorina; origine: Italia; produzione: Mars Film Produzione, Prodigo Film; durata: 92′
Un giovane torna in famiglia dopo una lunga permanenza in un collegio svizzero. Scopre nel fratello maggiore Cesare e nella sua amante-cugina i responsabili della morte del padre. Un giallo sessantottino morboso e malato, pretesto ideale per Samperi per scavare nella dissoluzione della famiglia borghese.«Il terzo film riporta il giovane cineasta a Padova e nell’ambiente delle grandi famiglie da cui proviene e contro cui si rivolta. […] Si tratta in sostanza di un giallo un po’ alla Claude Chabrol, ma continuamente contraddetto negli spunti di articolazione a suspense dalla disperazione esistenziale che ne è l’oggetto. È la cronaca di un’educazione impossibile e di un fallimento atroce» (Kezich).
Film vietato ai minori di anni 18
 
ore 19.00
Tre nel mille (1971)
Regia: Franco Indovina; soggetto e sceneggiatura: Luigi Malerba, Tonino Guerra; fotografia: Giulio Albonico; scenografia: Carlo Gentili, Mario Scisci; costumi: Giulietta Deriu; musica: Egisto Macchi, Ennio Morricone, Giorgio Nataletti; montaggio: Roberto Perpignani, Lina Anzalone; interpreti: Franco Parenti, Carmelo Bene, Giancarlo Dettori, Folco Lulli, Gabriella Giorgielli, Gordon Mitchell; origine: Italia; produzione: Nexus Film, Rai; durata: 99′
A pochi giorni dall’arrivo dell’anno Mille – portatore secondo i profeti di terribili sventure – il cavaliere Fortunato e i due soldati Pannocchia e Carestia attraversano l’Italia tra incredibili avventure: arriverà l’anno fatidico, ma l’unica disgrazia di cui ci sarà traccia sarà la scoperta da parte del cavaliere del tradimento della moglie. «Tre nel mille (1971) porta a compimento questo processo di evoluzione presentando un gruppo di personaggi umiliati dalla fortuna, calati nella cruda realtà di un medioevo nel quale sono compendiati, simbolicamente, tutti i mali, le brutture e i disinganni che la gente umile ha subito e subirà nella storia. Fu un film non troppo fortunato sotto il profilo commerciale, ma certamente indicativo di una personalità ormai considerevole, che avrebbe potuto darci opere orientate nella direzione di uno stimolante cinema psicologico. Chi sa quanti progetti aveva, povero Franco. Chi sa quanti propositi, quanto desiderio di fare sempre di più, sempre meglio, per l’affermazione di un’arte alla quale aveva dedicato tutto se stesso. I suoi sogni, purtroppo, si sono infranti su una roccia» (Napoli).
 
ore 21.00
Il tramontana (1964)
Regia: Adriano Barbano; soggetto: dal racconto omonimo di Rina Durante; sceneggiatura: A. Barbano, R. Durante; fotografia: Francesco Attenni; musica: Piero Umiliani; montaggio: Giancarlo Venarucci Cadueri; interpreti: Flavio D’Autilia, Giuseppe Mantovano, Brizio Montinaro, Tucci Cavallo, Marta Jacone, Fanny Irone; origine: Italia; produzione: Maria Teresa Giaccari; durata: 84′
In un piccolo paese delle Puglie, un ragazzo difficile fa i suoi “quattrocento colpi”, fin quando viene affidato a un istituto religioso dai genitori costretti a partire per cercare lavoro in Svizzera, paese che non consentiva agli emigrati di portare con sé i familiari. La vita del convento risulta per “il tramontana” particolarmente difficile, tanto da fargli tentare la fuga. Ripreso, si lascerà a poco a poco inglobare dall’istituzione accettandone riti, ipocrisie, abitudini quotidiane. «Il tramontana unisce un’accentuata sensibilità documentaristica memore della lezione di De Martino a suggestioni della Nouvelle Vague – con riferimenti talvolta piuttosto espliciti a Les 400 coups di François Truffaut, seppure tradotti in chiave meridionalistica» (Toffetti). Da accostare a Gli ultimi (1963) di Vito Pandolfi, sui ricordi d’infanzia di Turoldo, per il contrasto fra fanciullezza e povertà, fra sogni e realtà, in un’ideale simbiosi fra i mondi contadini di Nord e Sud. Adirano Barbano, apprezzato documentarista, morì nel 1985 mentre si accingeva a realizzare il suo secondo lungometraggio, Viaggio a Galatina, anch’esso frutto della collaborazione con la scrittrice Rina Durante.

 

 

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