Lultima voce. Guido Notari. Un capitolo di storia del consenso in Italia
01 Ottobre 2015 - 01 Ottobre 2015
«La vicenda del consenso, lungo gli anni della storia italiana del ‘900, passa anche per la voce di Guido Notari, lo speaker cine radiofonico, prima dell’Italia fascista, e poi dell’Italia democristiana. La “voce del regime”, si disse: di qualsiasi regime si tratti. Dal 1931, anno del suo debutto nel Giornale Radio dell’EIAR, al 1957, anno della sua morte, Guido Notari è entrato nelle case, nelle piazze, nei cinema, nelle orecchie degli italiani. Lo ha fatto con ore e ore di trasmissioni radio, con decine di documentari e cinegiornali Luce, con centinaia di Settimana Incom, come attore e doppiatore di tanti film.Il film documentario, e documentato, di Enrico Menduni, scava in questa direzione: la colonna sonora vocale di un’Italia, che passa dalla dittatura fascista alla repubblica democratica, e ha bisogno di essere rassicurata da una presenza sonora che garantisca la continuità affettiva sulla frattura istituzionale. La garanzia che l’istituzione, qualunque essa sia, dopo distruzioni e morte, comunque parli: e con i toni e i timbri radicali, che provengano dalle radici del sentire comune, percepibili nella voce di Guido Notari, riesca a scaldare la coscienza degli italiani. Ultima voce, quella di Notari, infatti, perché voce originaria dell’Italia che ha finalmente effettuato il lancio sul terreno della modernità (la radio, il cinema…) e così, in quanto origine, non più ripetibile. E tuttavia sempre presente, perché, come ha scritto Roberto Esposito, per la cultura italiana la figura dell’origine non è mai qualcosa di spettrale che ritorna e sconvolge il ritmo quotidiano delle cose: l’origine è invece un “luogo” che gli italiani sentono vicino, e potenzialmente in perpetuo, e garantito, funzionamento. Al di là dei rimandi alla tipica dottrina italica del “trasformismo”, per cui Notari altro non sarebbe che uno speaker buono per tutte le stagioni, allora, l’ultima voce sta come la voce dell’origine, che rimane a permanente garanzia di un abisso, in questo caso l’abisso del Potere, e stende un pontile sospeso di suono su qualsivoglia frattura, o taglio, o spacco, che irrompono nella fossa del visibile» (De Bernardinis).
ore 16.30 L’assedio dell’Alcazar di Augusto Genina (1940, 105′)
Durante la guerra civile spagnola, il presidio militare di Toledo, che ha aderito a Franco, resiste per oltre due mesi all’assedio da parte delle preponderanti forze repubblicane, sopportando bombardamenti di artiglierie e aerei, la fame e la sete. «Uno dei 5 film di finzione, e il più importante, prodotti nel periodo fascista, che fanno riferimento diretto o indiretto alla guerra civile spagnola. La sceneggiatura di A. De Stefani e Genina subì diversi ritocchi, intesi ad attenuarne la dimensione propagandistica, operazione accentuata nell’edizione postbellica. Il giovane Antonioni lo definì “scabro, robusto e niente affatto raffinato”. Coppa Mussolini a Venezia» (Morandini).
ore 18.30 Giarabub di Goffredo Alessandrini (1942, 94′)
Durante la seconda guerra mondiale, il piccolo presidio di Giarabub viene totalmente isolato dal nemico. L’ultima autocolonna che porta i rifornimenti viene distrutta e il pugno d’uomini rimane alla mercé dell’avversario. L’assedio dell’Alcazar e Giarabub sono i due film in cui Guido Notari compare come attore. «Dove la voce va a rivestire un corpo, di cui tuttavia rimane il visibile supporto. Portando lo spettatore, sull’immagine di Notari, quasi, a chiudere gli occhi, e comprimere per una volta la pasta visiva del cinema nel formicolio acustico della radio» (De Bernardinis).
ore 20.00 Incontro moderato da Flavio De Bernardinis con Steve Della Casa, Enrico Menduni, Emiliano Morreale, Vito Zagarrio
ore 21.00 L’ultima voce. Guido Notari di Enrico Menduni (2015, 63′)
«Il film di Menduni indaga precisamente sul tessuto sonoro che garantisce, là dove il tessuto visivo si è lacerato. E Guido Notari quale figura di quello che, pur con un briciolo di ironia, è possibile chiamare l’ammortizzatore sociale del trauma politico. Il trauma del passaggio dal fascismo alla democrazia, all’interno della logica della modernità insaccata nei mezzi di comunicazione di massa, deve essere ammortizzato dalla continuità della voce, che raffigura pertanto la continuità dell’origine. Anche di qui, evidentemente, passano i nodi di una “storia del consenso”, in Italia, che il lavoro di Enrico Menduni mette in rilievo, a fuoco, e comincia con piglio e passione a indagare» (De Bernardinis).