(In)visibile italiano: Viaggio al termine della notte
02 Dicembre 2012 - 02 Dicembre 2012
«Morire è una bella morte»
Ernst Wiechert
Prendendo a prestito il titolo del celebre romanzo di Céline, due film legati dall’attrazione e repulsione della “Signora in Nero”, poco visti. Ingiustamente. Il primo, Una voglia da morire (1965), segna un’anomalia autoriale nella vasta filmografia di Duccio Tessari, solitamente dedito al cinema di genere. Come scrivevano sulle pagine di Cinema nuovo: «Il regista preferito dai sociologi della “cultura di massa” fin dai tempi di Arrivano i Titani e de Il fornaretto di Venezia, presenta contemporaneamente un western parodistico-brillante e una commedia drammatica di costume e di critica sociale. Il fenomeno Tessari non va certo sottovalutato, se non altro per la capacità insita in lui di rapidamente e intelligentemente adeguarsi – con innovazioni magari sorprendenti – ai vari generi dominanti il mercato. Se Una pistola per Ringo non è, in fondo, altro che un acuto e commerciale “divertissement” ricco di trovate “metafisiche” e di personaggi sconcertanti il proprio cliché, Una voglia da morire, assai più ambizioso, tenta addirittura la strada dell’assurdo sociale e tragico-umoristico, come in una commedia di Dario Fo iniettata di suggestioni figurative e tematiche da secondo neorealismo. La situazione – due mogli di industriali che si mettono, per noia e per amore, a “battere” e i due mariti che indagano sull’ambiente, dopo che una di esse ne resta tragicamente vittima – viene affrontata di petto, con sapide invenzioni, appropriate e vigorosi squarci ambientali». Se il film di Tessari, partendo da un soggetto di Enzo Gicca e del mai troppo compianto Enzo Battaglia, s’inseriva in una delle tante opere dell’anti-boom, all’interno di una cornice noir, rigorosamente in bianco e nero, Difficile morire (1977) è l’opera prima ufficiale dello psicoanalista e scrittore Umberto Silva, dopo l’esordio con il lungometraggio sperimentale Come ti chiami amore mio? (1969), distribuito solo in qualche festival e mai più visto. Ambientato a Roma nel 1911, all’epoca della campagna di Libia, è incentrato sul conflitto tra l’anarco-individualista Fracesco Martisolo, ricercato per l’attentato di un generale italiano, e Carlo Von Auersberg, addetto militare austriaco, presso il quale il primo trova rifugio, nella zona franca dei diplomatici viennesi a Roma. L’estetica del film è molto simile all’ultimo Visconti e agli sperimentalismi di Jancso. «Seguace di Nietzsche, superomista, nichilista», spiega Umberto Silva in un’intervista dell’epoca a David Grieco, «Difficile morire è un film in chiave […] in cui si parla della morte, dell’immortalità, del ruolo della donna, dell’imbecillità, del tradimento. Tutto passa attraverso la simbologia, ma ci tengo a premettere che ho cercato di fare un’opera calligrafica, molto confezionata, usando il più possibile un linguaggio tradizionale. Il mio sforzo maggiore, del resto, consiste nel mantenere il favolistico all’interno di una struttura realistica, cercando di far rientrare le metafore e gli apologhi nel normale corso della storia, senza forzature. Mi rendo conto che è difficile tenere insieme tutte queste cose, ma ho voluto provarci, perché oggi chi fa del cinema non può essere ancora attratto esclusivamente dal cosiddetto specifico filmico. Dieci anni fa, eravamo tutti ossessionati dalla geometria della macchina da presa, e dallo slogan godardiano “Filmare per non morire”. Io credo che oggi si possa benissimo non filmare e sopravvivere, perché ormai il problema politico è assolutamente centrale e dominante. Certo, il cinema è strettamente connesso alla realtà delle cose, poiché esso è specchio dell’immaginazione, quindi spia e indice di ogni mutamento».
ore 17.00
Una voglia da morire (1965)
Regia: Duccio Tessari; soggetto: Enzo Gicca, Enzo Battaglia; sceneggiatura: E. Gicca, D. Tessari; fotografia: Carlo Carlini; scenografia: Demofilo Fidani; costumi: Mila Vitelli; musica: Giampiero Boneschi; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Annie Girardot, Raf Vallone, Regine Ohann, Alberto Lionello, Sophie Daumier, Carlo Giordana; origine: Italia/Francia; produzione: King Film Productions, Films Number One; durata: 99′
«Due signore della ricca borghesia milanese, Clara ed Eleonora, in vacanza ad Arenzano, spinte da rivalità dapprima si contendono Aldo, un giovane studente della zona, poi escogitano una “caccia all’uomo” e si mettono per una notte a battere il marciapiede per confrontare il loro potere di seduzione. Nel corso di questa strana sfida, Clara rimane uccisa ed orrendamente sfigurata in un incidente ed Eleonora fugge terrorizzata a Milano dove il marito la ritrova in casa ubriaca e sconvolta. Il fatto, mentre pone in moto il meccanismo della polizia per l’identificazione della morta e la scoperta del movente dell’eventuale delitto, mette in azione i mariti delle due donne che, dopo l’iniziale contrasto, si accordano nel ricercare una soluzione che li salvi dallo scandalo» (www.cinematografo.it).
ore 19.00
Difficile morire (1977)
Regia: Umberto Silva; soggetto e sceneggiatura: U. Silva; fotografia: Giuseppe Lanci; scenografia: Amedeo Fago; costumi: Aldo Buti; musica: Stefano Torossi; montaggio: Jost Grapow, Angelo Loconte; interpreti: Marc Porel, Gerardo Amato, Barbara Magnolfi, Dominique Darel, Mario Adorf, Giuliana Calandra; origine: Italia; produzione: Cinelef; durata: 95′
«Carlo Von Auersberg è un uomo portato all’autodistruzione. Scopertosi bastardo, Carlo è letteralmente fuggito da Vienna. La sua perdita d’identità coincide con quella dell’impero austriaco, e si contrappone al vitalismo sfrenato di Francesco, rappresentante sanguigno, violento, scaltro e anche un po’ cialtrone di un certo tipo di “generone” romano (suo padre è il massimo dirigente del Banco di Roma, che finanziò la campagna di Libia). Fra i due, nasce subito lo scontro: Carlo umilia Francesco, e quest’ultimo subisce, pur di stare al riparo, ma in un secondo tempo strumentalizza la situazione tramite Letizia […], la moglie di Carlo, diventata appunto uno strumento di potenza conteso dai due. Carlo […] muore. E muore quattro volte: prima si uccide, poi viene ucciso da un sicario ignaro, quindi è Francesco ad ammazzarlo in due riprese, anche per interposta persona» (Silva). «Preambolo ed epilogo nell’estate 1944; in mezzo una storia – dove i colpi di pistola a segno abbondano – nel settembre 1911, alla vigilia della guerra in Libia. 2° film scritto e diretto da U. Silva, critico e saggista, è una marcia funebre sotto il segno di una falsità melodrammatica accanitamente perseguita: personaggi, rapporti, sentimenti, emozioni sono falsi. E veri nella misura in cui sono affetti dal giusto grado di falsità. Giocando le carte del grottesco e dell’ironia con impassibile eleganza, Silva lo inzuppa in temi, miti, riti del decadentismo europeo: necrofilia, edonismo, estetismo, deviazionismo sessuale, intreccio tra Eros e Thanatos, tema del Doppio» (Morandini). «Difficile morire (solo 230 milioni di budget, per giunta vincolati alla ricostruzione degli ambienti a Cinecittà; appena trenta giorni di riprese, e 18.000 metri di pellicola) viene definito da Silva “una scommessa”» (Grieco).