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(In)visibile italiano: Sergio Capogna, Enzo Battaglia, Franco Indovina tre autori ingiustamente dimenticati.
24 Febbraio 2009 - 25 Febbraio 2009

Di Sergio Capogna (Roma, 1927-1972) si era presentato, nell’ambito della rassegna Schermi in fiamme. Il cinema della contestazione, il bellissimo Plagio (1968), che preannunciava per toni e atmosfere La prima notte di quiete (1972) di Valerio Zurlini. Si è voluto pertanto ripresentare il film, venerdì 6 febbraio, nella rassegna di questo mese Le stagioni del nostro cinema, accoppiandolo alla pellicola di Zurlini. Sergio Capogna consegue il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1954 con il saggio di esame Roma ’38, basato sul racconto Vanda di Vasco Pratolini. Molti anni dopo, il regista, ne ha tratto un lungometraggio, il suo ultimo film: Diario di un italiano (1971). Ma la passione letteraria verso lo scrittore toscano segna anche il suo lungometraggio d’esordio: Un eroe del nostro tempo (1960), basato sul romanzo omonimo di Vasco Pratolini. Se i modelli di riferimento sono da una parte Michelangelo Antonioni e dall’altra il citato Valerio Zurlini, Capogna riesce a rielaborarli in uno stile personale costituito da immagini ricercate ed eleganti, mai fini a se stesse, ma espressioni delicatissime dei tormenti esistenziali dei suoi personaggi.

Enzo Battaglia (Ragusa, 1935 – Catania, 1987) consegue il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia con il saggio di esame Che farai quest’estate? (1961) sulle crisi di coppia simili al cinema coevo di Antonioni. Successivamente è assistente di Pietro Germi prima, poi autore di alcuni film molto personali, di grande interesse e ben realizzati. Firma la regia dell’episodio L’estate – rielaborazione del suo saggio diploma – del film ingiustamente misconosciuto ma di grande interesse La vita provvisoria (1963). Gli arcangeli (1963) è uno dei lungometraggi d’esordio più interessanti della prima metà degli anni Sessanta, documento accurato e scottante sui mutamenti di certa gioventù italiana, senza mai cadere nelle facili trappole di gratuite immagini pruriginose ed erotiche. Il film è stato collocato nella giornata di mercoledì 18, all’interno di Indipendente Italiano, in coppia con il suo attuale “remake/remodel”: Gli arcangeli (2007) di Simone Scafidi. Ma, come scrive amaramente Roberto Poppi, sulla (non) carriera di Battaglia: «Il modesto successo commerciale delle opere lo induce ad accettare proposte poco qualificanti che lo relegano, purtroppo, nel dimenticatoio». Un motivo in più per riscoprirlo.
 
Franco Indovina (Palermo, 1932-1972) s’interessa sin da giovane al teatro, collaborando con maestri come Giorgio Strehler e Luchino Visconti. Al cinema si avvicina nel 1960 in qualità di aiuto di Michelangelo Antonioni (L’avventura, La notte, L’eclisse), di Francesco Rosi (Salvatore Giuliano), di Vittorio De Sica (Matrimonio all’italiana). Come regista firma l’episodio Latin Lover de I tre volti (1964), dirigendo la principessa Soraya, che diventerà poi sua compagna. Il suo primo lungometraggio è la commedia di costume, Ménage all’italiana (1965) con Ugo Tognazzi e uno stuolo di attrici (Buccella, Moffo, Dalida, Power). Il suo ultimo (in una filmografia tragicamente ridotta a soli 4 film e due episodi) è Giochi particolari (1970), film che indaga sulla crisi coniugale di una coppia. Muore appena quarantenne nel tragico incidente aereo di Punta Raisi, alle porte della sua Palermo. Sui film che ci ha lasciato, così li ricorda il suo amico Roberto Andò: «Franco Indovina è stato peraltro un regista eccentricamente non etichettabile, frequentatore di generi disparati, dalla commedia nera, al grottesco, al plot esistenziale, sino al medioevo inedito di Tre nel mille […]. Non è facile immaginare che tipo di film avrebbe fatto dopo [il] sorprendente Tre nel mille, dove il medioevo diviene l’occasione per uno squarcio da dopostoria, pervaso di pietas e humour. La sua filmografia disegna il ritratto di un intellettuale, affascinato da una varietà di toni di voce, da registri diversi, anche inediti nella nostra più comune congerie stilistica, dalle zone più impervie del raccontare e attratto dai grandi attori, da Sordi a Tognazzi a Gassmann a Mastroianni. Molte volte si è usata l’immagine della crisalide per indicare il lavoro del cineasta e mai essa ha rischiato di apparire così adatta come in questa circostanza. Come sempre, anche in modo terribile, nel cinema, si intrecciano in modo struggente e lucido, ciò che è dentro al fotogramma e ciò che è rimasto fuori. Anche in questo la parabola di Franco Indovina riverbera una luce speciale, che durerà nel tempo».
 
martedì 24
ore 16.30
Roma ’38 (1954)
Regia: Sergio Capogna; soggetto: basato sul racconto Vanda di Vasco Pratolini; aiuto regia: Yasuko Masumura e Marco Leto; montaggio: Maria Rosada; interpreti: Rosy Mazzacurati, Aldo Saporetti, Anna Maestri, Giulio Paradisi; origine: Italia; produzione: CSC; durata: 20′
«Da un racconto di Vasco Pratolini. Un amore sotto le persecuzioni razziali a Roma. Una ragazza ebrea ha un breve idillio con un giovane non correligionario. Si annegherà nel Tevere, quando, come suo padre, non potrà più lavorare. Lo short documenta un tentativo di neorealismo intimista, una presa di coscienza antifascista con piglio disturbato da precari toni lirici (e da una imperfetta registrazione del suono). Molti anni dopo l’autore – oggi prematuramente scomparso – ha tratto da questa storia un lungometraggio» (De Benedictis).
 
a seguire
Diario di un italiano (1971)
Regia: Sergio Capogna; soggetto: tratto dal racconto Vanda di Vasco Pratolini; sceneggiatura: S. Capogna; fotografia: Antonio Piazza; musica: Giuliano Illiani; montaggio: S. Capogna; interpreti: Donatello [Giuliano Iliani], Alida Valli, Mara Venier, Silvano Tranquilli, Pier Paolo Capponi; origine: Italia; produzione: Faser Film; durata: 95′
«Firenze 1938. Valerio, ragazzo di 19 anni, fa il tipografo e studia per migliorare la sua posizione. È orfano di padre e vive con la madre, Olga, una donna ancor giovane, legata al ricordo del marito, Lorenzo, un socialista morto in carcere nel ’23. Valerio, docile e affettuoso, conosce finalmente l’amore autentico di una ragazza del suo quartiere, Vanda, che vive col padre, perseguitato, perché ebreo, dalle ingiuste leggi razziali. Valerio, incurante degli avvenimenti politici che stanno maturando, insegue il suo sogno d’amore, trascorrendo tutto il tempo libero con Vanda. Il volto della ragazza appare sempre più velato di mestizia, ma ella non osa rivelare il suo segreto a Valerio, per timore di coinvolgerlo nel suo dramma familiare. Così un giorno, dopo essersi abbandonata a lui, scompare. Scoppia la guerra e Valerio è chiamato alle armi. Egli cerca disperatamente Vanda» (
 
www.cinematografo.it). «Il film non raggiunge toni di dramma, ma preferisce mantenersi in una sfera di crepuscolo ora malinconico ed ora intenerito, in cui gli sfumati richiami pittorici dell’ambiente fiorentino hanno un’efficacia determinante» (Manciotti).

 
ore 18.30
Un eroe del nostro tempo (1960)
Regia: Sergio Capogna; soggetto: dal romanzo omonimo di Vasco Pratolini; sceneggiatura: S. Capogna, Marco Leto, Giulio Paradisi; fotografia: Domenico Scala; musica: Giovanni Fusco; montaggio: S. Capogna; interpreti: Marina Berti, Massimo Tonna, G. Paradisi, Margherita Autuori, Livia Contardi; origine: Italia; produzione: Giuliana Scappino; durata: 128′
«Un ex fascista, incapace di accettare la realtà del nuovo clima politico e sociale del dopoguerra, vive un’esistenza angosciosa che si trasforma in disperazione allorquando la sua amante, una vedova con problemi e sensi di colpa, si suicida» (Poppi/Pecorari). Il film fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1959, ma fu distribuito nelle sale solo nella stagione 1960-1961. «Il film illustra con dignità figurativa, a volte con calore ed efficacia drammatica, il testo letterario, e anche se non sempre si solleva sul piano dell’arte né sempre riesce a dare vita autonoma e significativa alle immagini, ai personaggi o alle situazioni, si pone su un piano di produzione culturale di classe, non inutile e non trascurabile» (Rondolino).
 
ore 20.45
Mani tese (1960)
Regia: Enzo Battaglia; fotografia: Vittorio Storaro; interprete: Enzo Donà, Maria Virginia Onorato, Raffaella Pelloni [Carrà], Marco Bellocchio, Antonio Bullo, Serafino Fuscagni; origine: Italia; produzione: CSC; durata: 10′
 
a seguire
Battaglia di carta (1963)
Regia: Enzo Battaglia; origine: Italia; produzione: CSC; durata: 15′
Documentario su un esempio di campagna politica con pubblicità in tutte le forme, comizi e qualche intervista.
 
a seguire
Che farai quest’estate? (1961)
Regia: Enzo Battaglia; soggetto, sceneggiatura: E. Battaglia; fotografia: Guido Cosulich De Pecine; montaggio: E. Battaglia; operatore alla macchina: Mario Masini; interpreti: Krystyna Stipulkowska, Romano Giomini, Daniela Igliozzi, Pino Passalacqua; origine: Italia; produzione: CSC; durata: 35′
«Riflessioni in margine alla crisi di un rapporto sentimentale tra una maestrina e un medico. Dialoghi di scontato tenore esistenziale si alternano a più felici tagli ambientali. L’influenza di Antonioni – i coevi L’avventura, La notte – è palese anche in certo atteggiarsi del personaggio femminile (la Stipulkowska, poi attrice con Wajda). Curiosamente, Battaglia ricalcò se stesso un paio di anni dopo, rigirando lo stesso soggetto per un film a episodi» (De Benedictis).
 
a seguire
La vita provvisoria (1963)
Regia: Vincenzo Gamna e Enzo Battaglia; soggetto: Fabio Jegher, Giorgio Prosperi; sceneggiatura: G. Prosperi, C. Broadbent, V. Gamma, Gianfranco Mingozzi, Berto Pelosso, E. Battaglia (per l’episodio da lui diretto, L’estate); fotografia: Guido Cosulich De Pecine, Alessandro D’Eva; musica: Carlo Savina; montaggio: Roberto Cinquini; interpreti: Paola Pitagora, Paolo Graziosi, Yves Barsacq, Vicky Ludovisi, Peter Dane, Charles Lavialle; origine: Italia/Francia; produzione: Avers Film; durata: 108′
«Il film è costituito da una serie di episodi: un operaio milanese è vittima di un truffatore che gli vende un lotto sulla luna. Il poveretto è portato al manicomio. Esaltate dalla pubblicità cinematografica, due zitelle sfiorite affrontano un regista, sperando di essere assunte in un film. Un giovane contadino, desideroso di evadere dalla miseria del paese, fa strage della famiglia che vuole impedirglielo. Affannosa ricerca di una bustarella smarrita in un ufficio statale. Un’aspirante suora, il giorno in cui compie diciotto anni, non resiste alla tentazione di fare un bagno in mare. Accanto all’innocente amore di due ragazzi che si incontrano su una spiaggia, vediamo la crudele beffa di un gruppo di giovani ricchi e viziosi, che maltrattano uno di loro vestito da donna. Un vecchio impiegato si diverte a giocare con supposti segnali che disturbano tutti i teleschermi vicini. L’ultimo episodio narra la caccia data da un addetto all’aeroporto ad un passeggero, fuggito per sottrarsi alla quarantena cui è destinato, in seguito ad un caso di vaiolo verificatosi sull’aereo». (www.cinematografo.it).
 
mercoledì 25
ore 17.30
Latin Lover (ep. de I tre volti, 1965)
Regia: Franco Indovina; soggetto e sceneggiatura: Alberto Sordi, Rodolfo Sonego, F. Indovina; fotografia: Otello Martelli; musica: Piero Piccioni; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Soraya, Alberto Sordi, Goffredo Alessandrini, Renato Tagliani, Alberto Giubilo; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 35′
Una ricca americana di passaggio a Roma disdegna la compagnia di un “latin lover” che un’agenzia turistica ha messo a sua disposizione. Al momento della partenza, pentita per il suo comportamento che potrebbe seriamente danneggiare il giovanotto, ella fa in modo d’essere fotografata insieme a lui restituendo quindi al “cavalier servente” la sua reputazione. Latin Lover è l’ultimo dei tre episodi che compongono il film I tre volti che mirava a trasformare in attrice l’ex moglie dello scià di Persia, riparata a Roma dopo il ripudio che aveva destato molto interesse nella stampa rosa dell’epoca, ma non ebbe successo. «Verifica laboriosa, ma che è troppo presto per dire sprecata, giacché intanto si è visto, nel passaggio dal secondo al terzo episodio dei Tre volti, che ove i soggettisti le offrano acconce occasioni (ottima idea fu quella di affiancare qui all’esordiente un attore di razza come Alberto Sordi, che scioglierebbe anche gli iceberg) il modello stantio della principessa desolata, sbarrata nella sventura, può essere corretto da qualche inflessione ironica, che getta un guizzo di vivacità in quel paesaggio di perplessità malinconica, e perciò solleva Soraya dalla cappa della noia. […] L’unico passo avanti, un avvio alla demistificazione di Soraya, è compiuto, s’è detto, nel terzo episodio, Latin lover, che domani potrà essere ricordato anche come il felice debutto del regista Franco Indovina. L’amante latino, fornito di regolare patente per intrattenere le turiste straniere, è Sordi, il quale coscienziosamente si sforza di adempiere ai propri doveri con una bella donna d’affari americana venuta a Roma per due giorni. Non ci riuscirà, anche perché la bocca di Soraya resta per ora intangibile (l’imperiale epidermide è appena sfiorata da Richard Harris nell’episodio di Bolognini), ma con la sua patetica goffaggine saprà strapparle un fotografico attestato di confidenza sulla scaletta dell’aereo. Quanto gli basta per tener alto il proprio prestigio professionale, e quanto occorreva per inserire nella prognosi sull’attrice Soraya un fondato elemento di speranza» (Grazzini).
 
a seguire
Lo scatenato (1967)
Regia: Franco Indovina; soggetto e sceneggiatura: Tonino Guerra, Luigi Malerba, F. Indovina; fotografia: Aldo Tonti; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Marcello Malvestito; interpreti: Vittorio Gassman, Martha Hyer, Gila Golan, Massimo Serato, Claudio Gora, Carmelo Bene; origine: Italia; produzione: Fair Film; durata: 90′
«Dopo qualche segno iniziale abbastanza insignificante (un cagnolino che gli fa i bisogni sui pantaloni, un toro che lo carica…) per l’attore Bob Chiaramonte l’attenzione cui è sottoposto da parte di animali diventa vera e propria persecuzione. Il culmine è rappresentato da una mosca che non lo fa vivere e lo porta all’esasperazione» (Poppi-Pecorari). «Commedia intellettuale che sembra quasi uno studio freudiano sulla patologia persecutoria. Gassman si autodenigra in modo convincente, ma a volte eccede nel cercare il risvolto comico della situazione […]. Il direttore della fotografia Aldo Tonti compare nel ruolo del regista, mentre il produttore Mario Cecchi Gori in quello di un pubblicitario. Bene è un prete» (Mereghetti).
Date di programmazione