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In ricordo di Umberto Lenzi
20 Dicembre 2017 - 20 Dicembre 2017
È morto il 19 ottobre Umberto Lenzi, maestro del cinema d’azione, memoria storica di una stagione fervida del Centro Sperimentale di Cinematografia, nelle cui aule si ritrovarono, negli anni Cinquanta, futuri protagonisti del cinema di genere: Tonino Valerii, Giuliano Carnimeo, l’amico Franco Rossetti. Tutti coltissimi e cultori di un cinema alto, come testimoniano i rispettivi saggi di diploma (viene in questa occasione presentato Ragazzi di Trastevere, per il quale Lenzi, colpito da Ragazzi di vita, sottopose la sceneggiatura a un giovane Pasolini, ancora lontano dal cinema). Il destino volse a ognuno di loro la via del cinema d’autore, ma Lenzi si saprà imporre egualmente, rivelandosi anche un abilissimo scrittore di romanzi gialli. Oltre che uno straordinario dispensatore di ricordi e aneddoti.
Con l’occasione si rende omaggio anche a Ray Lovelock, scomparso un mese dopo Lenzi (i due hanno lavorato insieme in Un posto ideale per uccidere, Milano odia: la polizia non può sparare, Il grande attacco, Contro 4 bandiere, Scusi, lei è normale?). L’omaggio proseguirà sabato 23.
                                                                      
ore 17.00 Ragazzi di Trastevere di Umberto Lenzi (1956, 19′)
I ragazzi di Trastevere sognano la legione straniera, l’avventura e le bellezze esotiche, frequentano il biliardo, mangiano a sbafo, vivono di espedienti e alla fine si ritrovano per strada a vendere la frutta con un carrettino. Poveri, ma non ancora belli. Dialoghi pasoliniani, un fiorire di Nando e Otello, caratteri ben delineati, perfetta ricostruzione di un ambiente sociale. Lenzi prima del salgariano, del giallo, del western, del poliziesco, del cannibalico, prima dei generi, ancorato a una realtà sospesa fra la vita e la letteratura. In bianco e nero. Epocale.
 
a seguito Il grande attacco di Umberto Lenzi (1978, 108′)
«Nel 1936, in occasione delle Olimpiadi di Berlino, si trovano in casa del ten. Manfred Roland alcuni esponenti delle delegazioni inglese, americana, irlandese, tedesca. Dopo avere brindato allamicizia e alla pace, i convitati si scambiano ricordi e si lasciano. Roland nella stessa occasione conosce l’attrice Annelise Ackermann; la sposa ed, essendo lei ebrea da parte di padre, la lascerà nelle mani della Gestapo quando lui andrà a combattere e a morire nella guerra di Africa» (www.cinematografo.it ). Con Helmut Berger, Giuliano Gemma, Henry Fonda, John Huston, Stacy Keach, Ray Lovelock.
 
ore 19.15 Incontro moderato da Alfredo Baldi con Orio Caldiron, Franco Grattarola
 
ore 20.00 Il coltello di ghiaccio di Umberto Lenzi (1972, 92′)
Martha è una donna rimasta muta in seguito a un trauma. Nella villa, in cui abita con lo zio, Martha si trova al centro di agghiaccianti delitti che sembrano opera di un maniaco satanista. «”La paura è un coltello di ghiaccio che lacera i sensi fino al fondo della coscienza”: con questa frase, attribuita a Edgar Allan Poe, ma probabilmente apocrifa, subito dopo i titoli di testa […] si apre un thriller alquanto anomale e interessante. Anomalo perché, a differenza degli altri del periodo, rinuncia a far leva sull’iperrealismo sanguinario dei delitti […], per concentrarsi, invece, sulla costruzione di una suspense di stampo quasi classico e di un’atmosfera sinistra fatta di nebbie e notti di tempesta. Del resto, […] lo spunto di partenza è effettivamente classico e Lenzi si limita ad ammodernare con qualche variazione la storia celebre de La scala a chiocciola, ma con l’intuizione felice di giocare sulle aspettative dello spettatore […] per poi brutalizzarlo violentemente con il colpo di scena finale» (Bruschini-Tentori). Con Carrol Baker, icona del thriller lenziano.
 
ore 21.45 Milano odia: la polizia non può sparare di Umberto Lenzi (1974, 97′)
«Sulla carta, Giulio Sacchi – capello lungo, occhiali scuri e tic assortiti – è un incrocio tra l’Andrew Robinson di Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! e il Tony Musante di New York ore 3: l’ora dei vigliacchi, ma nelle mani dell’attore cubano diventa qualcosa di più: l’impersonificazione di un furore ancestrale e assoluto, un outsider destabilizzante che calpesta le regole del vivere civile. È per questo che Giulio Sacchi fa paura e ribrezzo: non (solo) perché uccide senza distinzione vecchi e giovani, donne e bambini, ma per l’impudenza con cui si fa beffe delle vittime, anche dopo la morte, come se fosse l’insulto, e non il piombo, a dar loro il colpo di grazia. Come tanti altri, è deciso a prendersi con la forza una parte di quel benessere da cui si sente escluso. […] A dispetto degli strali della critica, che tira al bersaglio sul film e sullo stesso Milian, Milano odia: la polizia non può sparare è un film solido, capace di filtrare gli umori del periodo in un racconto cinematografico gagliardo e di creare personaggi che si imprimono nella memoria» (Curti). Con Tomas Milian, Henry Silva e Ray Lovelock.
 
Date di programmazione