In ricordo di Folco Quilici
22 Aprile 2018 - 22 Aprile 2018
«Era nato a Ferrara nel 1930 e le sue radici familiari annunciavano un futuro da intellettuale. Suo padre Nello, giornalista e convinto sostenitore del fascismo, morì il 28 giugno 1940 col suo vecchio amico Italo Balbo nell’aereo abbattuto a Tobruk. La madre Mimì Buzzacchi era una pittrice autodidatta, sospesa tra atmosfere alla Donghi e suggestioni morandiane. Dunque, la scrittura e l’immagine, la testimonianza e il colore. Impasto che lo indirizzò verso la sua scelta di vita, il documentario. Cominciò da ragazzo, a 19 anni, con Pinne e arpioni girato in Sardegna ma il primo successo fu Sesto continente, del 1954, documentario sul mare africano: ebbe il prestigioso Premio Speciale alla Mostra del cinema di Venezia di quell’anno. Due anni dopo, con Ultimo Paradiso, ecco l’Orso d’Argento al festival di Berlino. Tikoyo e il suo pescecane ebbe il Premio Unesco per la Cultura nel 1961 e Oceano si guadagnò il premio speciale Festival di Taormina nel 1971 e il David di Donatello nel 1972. Prove della capacità di arrivare al cuore del pubblico grazie a una cifra stilistica immediata» (Paolo Conti). Ma già il suo ingresso nel cinema con il saggio di diploma al Csc Passeggiata di buon mattino fu folgorante: la sequenza dei pretini vestiti di rosso che sfilano dolcemente per immettersi nelle vie di Roma, e nella vita, rivela una vena poetica che, col tempo, si è allargata fino ad abbracciare nuovi, magici, orizzonti.
ore 17.00 Arte italiana dal 1910 al 1950 di Folco Quilici (1957-58, 10′)
Le correnti artistiche italiane e i più importanti artisti del periodo 1910-1950 sono documentati con le loro principali opere esposte in occasione di una mostra a Monaco di Baviera nel 1957, realizzata sotto l’egida de La Quadriennale di Roma.
a seguire Oceano di Folco Quilici (1970, 95′)
«Un giovane polinesiano, Tanài, lascia la sassosa isola nativa a bordo di una fragile canoa, per compiere un antichissimo rito: procurarsi un po’ di terra su cui far nascere l’albero del pane. Soccorso dalla sua profonda conoscenza del mare, frutto degli insegnamenti che da millenni ogni padre polinesiano trasmette ai figli, egli percorre in lungo e in largo l’oceano. Approda all’isola di Pasqua, dove contempla gli idoli di pietra scolpiti dai suoi antenati. Viene trovato, dopo un naufragio, da una tribù Papoa, che lo tiene prigioniero nell’attesa di immolarlo per placare la divinità del luogo. Fuggito con l’aiuto di una ragazza, raggiunge un isolotto sui cui vive – come un eremita – un anziano europeo. Costui riesce a chiamare altri polinesiani, i quali costruiscono per il giovane una nuova canoa. Il giovane riprende il viaggio, ma naufraga sulle coste dell’Alaska» (cinematografo.it).
ore 19.00 Il dio sotto la pelle di Folco Quilici (1974, 105′)
«Inizia un discorso ecologico che parte dai dati catastrofici forniti dalla scienza circa la progressiva estinzione di talune fondamentali risorse cui l’umanità, se non dovesse ravvedersi, andrà incontro nei prossimi decenni. Si passa quindi ad analizzare i casi sempre più diffusi della ricerca, da parte dell’uomo cosciente di tale crisi, di una ipotetica salvezza in spazi il più lontano possibili, ma sempre più angusti e fittizi dal nostro tipo di civiltà. Dennis e Silvia vivono col loro figlio sulle montagne del Nuovo Messico dopo avere voltato le spalle a una professione e a un reddito. Bill e Josephine hanno scelto l’Africa. Un tedesco è finito nelle Salomone, un altro europeo in Polinesia. Un alpinista di Orvieto si è rinchiuso da dodici anni in un convento Zen del Giappone» (cinematografo.it).
ore 21.00 Fratello mare di Folco Quilici (1975, 84′)
«Mentre imperversa lo scempio che il turismo consumistico fa della Polinesia, ex “ultimo paradiso”, il vecchio Atai esprime la sua indignata protesta alimentata dalla nostalgia per quello che è ormai solo un ricordo. E rievoca la propria nascita e infanzia (“succhiavo latte e spruzzi di mare: fu così che il mare divenne mio fratello”), e l’adolescenza fino al giorno in cui il padre perse la vita nella pesca delle madreperle. Sfilano così sullo schermo, visti e narrati da Atai, l’ambiente, i costumi, le leggende, la mitologia, il quotidiano consorzio col mare amico-nemico. Il vecchio pescatore e lo zio lo iniziano all’arte del navigare e del pescare, alla prudenza e al coraggio di fronte allo squalo e alle murene. Sottratto bruscamente ai giuochi della fanciullezza, Atai esce in mare accompagnando il padre, lo osserva e lo aiuta nel suo durissimo lavoro. E intanto arrivano i bianchi a vendere cose inutili per comprare coralli e madreperle, e a trasformare l’isola in un perpetuo luna park» (cinematografo.it).
a seguire Passeggiata di buon mattino di Folco Quilici (1952, 17′)
Alcuni seminaristi tedeschi vestiti di rosso escono a fare una passeggiata per recarsi alla posta. L’ultimo della fila si ferma per allacciarsi le scarpe e si perde. Ha così occasione di scoprire Roma, in un susseguirsi di curiosi incontri e di peripezie, originate dalle sue difficoltà linguistiche, fino all’inevitabile lieto fine. Un ritratto della Roma “popolare” anni cinquanta, colta nei suo sgargianti colori primaverili.