Home > I gesuiti e il cinema
I gesuiti e il cinema
20 Maggio 2014 - 24 Maggio 2014
«A un anno dall’elezione del primo papa gesuita è il caso anche per il cinema di festeggiare la ricorrenza, vista la speciale attenzione con cui nel corso del Novecento i gesuiti hanno guardato alla settima arte. A partire dall’America dei primi anni Trenta, i tempi di DeMille e del codice Hays di autocensura, alla cui redazione fu chiamato a collaborare Daniel Lord (Un gesuita a Hollywood è il titolo di un suo libro di memorie), per arrivare a Fellini e al suo consigliere spirituale Angelo Arpa (fu grazie a lui e al cardinal Siri se Le notti di Cabiria poté partecipare al festival di Cannes). Anche tra gli studiosi e divulgatori più noti figurano autorevoli membri della Compagnia di Gesù, come Nazareno Taddei, uno dei pionieri della semiologia del cinema, Valentino Davanzati, che interpreta il ruolo di un inquisitore in Gostanza da Libbiano di Paolo Benvenuti, e Virgilio Fantuzzi, docente alla Pontificia Università Gregoriana e critico de «La Civiltà Cattolica». E dalle scuole dei gesuiti sono usciti almeno due maestri del cinema, Hitchcock e Buñuel: ne La via lattea, surreale catalogo delle eresie attraverso i secoli, è memorabile il duello a sfondo teologico tra il gesuita e il giansenista. Nella rassegna romana naturalmente non potranno mancare i due film prediletti dal Santo Padre, Il pranzo di Babette, festosa parabola sulla condivisione, e La strada di Fellini “intriso di spirito francescano” nelle parole dello stesso papa Francesco» (De Fornari).
Rassegna a cura di Oreste De Fornari
 
martedì 20
ore 17.00 Le notti di Cabiria di Federico Fellini (1957, 110′)
«S’è parlato di momenti ricorrenti nell’opera di Fellini, messi ulteriormente in evidenza da quest’ultimo suo film. Non pensiamo che qualcuno abbia voluto vedere in ciò il segno del limite e della stanchezza […]; per conto nostro comunque siamo convinti si tratti di caratteristiche poetiche della sua personalità. Il sapore delle spiagge brulle, dei notturni, il bisogno d’un qualcosa dentro delle persone in solitudine, lo stupore dei piccoli di fronte alle cose meno comuni, la tenerezza dei semplici nel contatto con la natura, la coralità delle persone raccolte in massa sono elementi con i quali Fellini sa fare dell’autentica poesia» (Taddei).
 
ore 19.00 La voce del silenzio di Georg Wilhem Pabst (1953, 105′)
Alcuni uomini, diversi per condizione e natura, partecipano in un convento, a un corso d’esercizi spirituali. V’è un fabbricante di candele, un uomo politico, un reduce dalla prigionia, un romanziere, un ladruncolo, che s’è mescolato agli altri per sfuggire alla polizia. Consulenza religiosa: Padre Pellegrino S.I.
 
ore 21.00 Incontro moderato da Oreste De Fornari con Paolo Benvenuti, Simone Casavecchia, Masolino D’Amico, Valentino Davanzati, Virgilio Fantuzzi, Enzo Natta
Nel corso dell’incontro sarà proiettato il doc. Pontificia Università Gregoriana. Inaugurazione della nuova sede (1930)
 
a seguire Gostanza da Libbiano di Paolo Benvenuti (2000, 92′)
Nel 1594, a San Miniato, nel Ducato di Toscana, la contadina Monna Gostanza da Libbiano, sessantenne, esercita da sempre il mestiere di guaritrice. Le sue gesta arrivano alle orecchie delle autorità ecclesiastiche locali che, dopo una breve istruttoria, si convincono che la donna pratichi la stregoneria. «Cinepresa “a quarta parete”, regia ascetica e artigianale di Paolo Benvenuti, stilisticamente ispirata a certi classici del cinema e della pittura, costruzione contemplativa antica e a volte necessariamente retro. Più del solito lo stile “a togliere” di Benvenuti esalta la performance dell’attore, qui difficile prova di teatro della crudeltà» (Danese).
Ingresso gratuito
 
mercoledì 21
ore 17.00 Mission di Roland Joffé (1986, 124′)
«Nel 1750 il capitano Mendoza, mercenario e mercante di schiavi, dopo aver ucciso il fratello in duello si fa gesuita, va in una missione del Sudamerica, riprende la spada per difenderla da una spedizione militare. Cinema spettacolare ad alto livello che ha tutte le carte per piacere a pubblico e critica: nobili temi e forti conflitti drammatici, una star (De Niro), un ottimo attore (Irons), bravi caratteristi, musiche di Ennio Morricone. Scritto da Robert Bolt, prodotto dall’italiano Fernando Ghia, costato 22 milioni di dollari» (Morandini).
Ingresso gratuito
 
ore 19.15 State buoni se potete di Luigi Magni (1983, 115′)
«Vita e opere caritatevoli, soprattutto dedicate all’infanzia abbandonata, di Filippo Neri (1515-95), fiorentino vissuto dal 1534 a Roma, dove si fece sacerdote a 36 anni, creatore dei Filippini, confidente e autorevole consigliere di cinque papi, in una città miserabile, ridotta a 30000 abitanti. Con la colta complicità di Bernardino Zapponi, Magni privilegia in Neri – canonizzato nel 1622 – lo zelo cristiano fatto di invidiabile buonumore e disprezzo delle mondanità. Più che film storico, pencola verso la commedia musicale con le canzoni scritte da Angelo Branduardi. Godibili l’Ignazio di Loyola di Leroy, Sisto V di Adorf, il diavolo calderaro di Montagnani, il garbo di Dorelli che fa un Neri alla Crosby (La mia via). La sequenza in cui si siedono – tutti stinchi di santo spagnoli – Teresa d’Avila, Giovanni della Croce e Ignazio di Loyola ricorda Buñuel di La via lattea» (Morandini).
 
ore 21.15 In memoria di me di Saverio Costanzo (2006, 118′)
«Con In memoria di me Saverio Costanzo, figlio trentunenne del popolare Maurizio, già alla ribalta con l’opera prima Private, sfida la routine e s’addentra negli ardui territori del cinema spiritualistico alla Dreyer, Tarkovskji, Bresson, Cavalier o, magari, alla Groning, il giovane autore del recente Il grande silenzio. […] Sceneggiato dallo stesso regista a partire dal libro Lacrime impure – Il gesuitaperfetto di Furio Monicelli, il film esplora i travagli interiori di Andrea (Christo Jivkov), un giovane bello, intelligente e disinvolto che sente di pretendere dalla vita qualcosa di più di ciò che i coetanei identificano come successo» (Caprara).
 
giovedì 22
ore 17.00 Il tramontana di Andrea Barbano (1965, 84′)
In un piccolo paese pugliese, un ragazzo difficile, soprannominato “il tramontana” per il suo carattere impetuoso, viene affidato a un istituto religioso dai genitori che partono per cercare lavoro in Svizzera. Ma la vita del convento risulta troppo dura per lui, da fargli tentare la fuga. Ripreso, si lascerà a poco a poco inglobare dall’istituzione accettandone riti, ipocrisie e abitudini quotidiane. Dal racconto Tramontana di Rina Durante.
 
ore 18.30 Pagine chiuse di Gianni Da Campo (1969, 87′)
Il piccolo Luciano Mainardi viene affidato dal padre, che ha deciso di separarsi dalla moglie e non vuole che il bimbo resti con lei, a un collegio retto da religiosi. Film ingiustamente dimenticato, che incarna la vena intima e pacata della contestazione giovanile degli anni Sessanta, fu definito da certa critica un duro attacco al perbenismo e alla violenza dell’educazione impartita nei collegi religiosi. Felice esordio cinematografico del regista e scrittore veneziano Gianni Da Campo, all’insegna di tematiche giovanili di ribellione e di insofferenza per le istituzioni borghesi e cattoliche.
 
ore 20.30 Nel nome del padre di Marco Bellocchio (1972, 108′)
Anno scolastico 1958/1959. Arriva in un decadente collegio cattolico un nuovo studente, Angelo Transeunti; il ragazzo disprezza le regole e col suo atteggiamento provocatorio smuove l’atmosfera torbida che regna nell’istituto. «Nel nome del padre si riconnette a I pugni in tasca e a La Cina è vicina, ma dei tre film è di gran lunga il più compiuto. C’è, anzitutto, la potenza espressiva delle immagini ad avvincerci e, a convincerci, il taglio grottesco ed espressionistico di una vicenda collegiale che ci riporta agli anni della guerra fredda, delle scomuniche e della Chiesa del silenzio e che funge da pretesto per inscenare un microcosmo nel quale si rappresenta una congiuntura storica» (Argentieri).
 
venerdì 23
ore 17.00 Era notte a Roma di Roberto Rossellini (1960, 134′)
«A volte i film storici dicono di più sull’epoca in cui sono stati realizzati che su quella che cercano di rievocare. È il caso, fra i tanti, di Era notte a Roma, diretto da Roberto Rossellini nel 1960 per la Golden Star, la casa di produzione genovese diretta da padre Arpa, il gesuita scomodo amico di Fellini. […] Sullo sfondo di quel 1960 papa Roncalli preparava il Concilio, la DC dopo la stagione del centrismo progettava l’ apertura a sinistra, e J.F.Kennedy, appena eletto presidente, stava per inaugurare un periodo di distensione con l’Unione Sovietica. Questo il clima che filtra nel film di Rossellini, storia di tre prigionieri alleati (un inglese, un americano e un russo) fuggiti da un campo di concentramento, che trovano rifugio presso una donna del popolo, quindi in un convento e in casa di un diplomatico. Dunque il 1944 visto dal 1960, quando la Resistenza stava ridiventando un soggetto praticabile dal cinema italiano (lo sdoganamento era avvenuto l’anno prima, con la vittoria a Venezia del Generale della Rovere)» (De Fornari).
 
19.30 La strada di Federico Fellini (1954, 108′)
«Ne La strada il genere di poesia è diverso e multiforme. Qui, nel personaggio di Gelsomina, la poesia sembra scaturire da un cantico del Vangelo, per quella mortificazione di creatura abbandonata quasi dagli uomini e dal destino che diviene il poema della solitudine fiorito dagli stracci, dal grottesco, dalla bestialità. Un altro personaggio, il “matto”, è dotato di una poesia funzionale che qualche critico, svisandola, ha definito letteraria. Qualcosa di vero c’è, nella sostanza della definizione, ma gli elementi che formano il personaggio – il sassolino dell’apologia, il mestiere di funambolo, la sua vena stramba, e soprattutto la sua morte nell’innocenza di quel prato disteso sotto il cielo – sono materia di poesia, sensazione di poesia che va diritta al cuore» (Ciaccio).
 
ore 21.30 Il pranzo di Babette di Gabriel Axel (1987, 104′)
«Al servizio di due vecchie signorine norvegesi, Babette Hersant, cuoca francese emigrata, spende una forte somma vinta alla lotteria per allestire un pranzo per dodici persone che è un’opera d’arte gastronomica. Tratto da un racconto (nel volume Capricci del destino, 1958) di Isak Dinesen, pseudonimo di Karen Blixen, è un piccolo gioiello di delicata grazia e di struggente eppur serena malinconia. Ottimo esempio – quasi come The Dead di Huston – di adattamento cinematografico. Oscar per il miglior film straniero» (Morandini).
 
sabato 24
ore 17.00 La dolce vita di Federico Fellini (1960, 175′)
«I gesuiti che si occupavano di cinema, come Nazareno Taddei e Angelo Arpa, si erano schierati, senza esitazioni, dalla parte di Fellini. Inoltre Fellini poteva contare su influenti estimatori. A Roma il domenicano Félix Morlion, una potenza capace di aprire qualsiasi porta. A Genova addirittura l’arcivescovo della città, Giuseppe Siri, che si era scontrato nel Conclave del 1958 con l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, per succedere a Pio XII. Fra i due contendenti, come spesso accade, ne era uscito vincente un terzo, Papa Roncalli. Padre Arpa era grande amico di Fellini e stretto collaboratore di Siri. Al cardinale, proveniente da una famiglia operaia, La dolce vita appariva un’opera di straordinaria sensibilità cristiana. Siri aveva visionato il film nel corso di un’anteprima privata, e il “Nuovo Cittadino” di Genova, giornale della curia, aveva lodato sin troppo generosamente l’opera di Fellini» (Siniscalchi).
 
ore 20.10 La via Lattea di Luis Buñuel (1968, 102′)
«Nello pseudo peregrinare dei due protagonisti l’autore sembra voglia presentare il cammino dell’umanità cristiana nel mondo e nei secoli. Ma è un cammino segnato da delusioni: il Cristianesimo non è stato e non è messaggio di amore per l’umanità, ma fonte di discordie, eresie, guerre di religione e quindi superstizione, fiaba, fanatismo, suggestione, comodo strumento di oppressione fisica e morale. Tutto questo è presentato in un voluto e paradossale miscuglio di dramma e di grottesco, di citazioni profetiche e di disquisizioni teologiche, di episodi evangelici, di fatti allegorici o fantastiche ricostruzioni di avvenimenti storici» (Segnalazioni Cinematografiche).
Copia proveniente dalla Cineteca di Bologna
 
ore 22.00 Viridiana di Luis Buñuel (1961, 90′)
Bella orfana, decisa a farsi suora, è ospitata in casa di un ricco zio che, dopo aver cercato di usarle violenza, s’impicca. Erede del suo castello, si dedica a opere di carità cristiana, ma è derisa dai suoi beneficiati. «Strano a dirsi, ma uno dei più cari amici di Buñuel era il gesuita spagnolo Valentin Arteta, il quale, dopo aver visto Viridiana, fece notare al regista che la sua interpretazione dell’opera di misericordia non teneva conto del brano evangelico in cui Marco ricorda le parole di Gesù: “Vendi quello che hai e dallo ai poveri” che si concludono con “Quanto è difficile entrare nel regno di Dio”» (Natta).
Date di programmazione