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Fratelli nel cinema: De Serio e Frazzi
07 Maggio 2015 - 07 Maggio 2015
«L’invenzione del cinematografo è legata al nome di due fratelli: Auguste e Louis Lumière. Da allora, nella storia del cinema, sono stati tanti i fratelli che, in collaborazione o in competizione, si sono dedicati a questo mestiere. I mestieri del cinema sono tanti e, in certi settori, si sono formate nel tempo vere e proprie dinastie di artigiani e professionisti. Questo aspetto, che caratterizza in maniera particolare il cinema italiano, rimasto, sostanzialmente, un cinema artigianale, è al centro della presente rassegna con cui ci si propone di mettere a confronto opere legate ai nomi di fratelli o sorelle, per comprendere meglio il peso che i rapporti umani, personali e familiari, hanno avuto nello sviluppo e nella qualità del nostro cinema» (Amedeo Fago).
L’appuntamento di questo mese è dedicato ai fratelli De Serio, Gianluca e Massimiliano, e ai fratelli Frazzi, Andrea e Antonio.
Rassegna a cura di Amedeo Fago
 
ore 17.00 Sette opere di misericordia di Gianluca e Massimiliano De Serio (2011, 100′)
«Sette opere di misericordia è un’opera d’arte. Classe ’78, artisti, videoartisti, documentaristi ed esordienti al lungometraggio narrativo con Sette opere dimisericordia, già in concorso a Locarno e poi vincitore di tanti riconoscimenti […]. Sono i gemelli torinesi Gianluca e Massimiliano De Serio, che sublimano in chiave artistica e cinefila – sì, sono duri e puri – la misericordia caravaggesca, ovvero le sette opere di misericordia corporale: dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, i carcerati, seppellire i morti. Il loro è un cinema autoriale, ma non chiuso, nella misura in cui chiede e concede allo spettatore di essere altrettanto. […] La loro ultima “anti-eroina” è Luminita (Olimpia Melinte), una giovane migrante clandestina che sopravvive in una baraccopoli: ha un piano di salvezza – si fa per dire – e per portarlo a termine incrocia Antonio (Roberto Herlitzka), un anziano malato. Incontro-scontro, con ricadute inattese, almeno per gli spettatori: si parte dal nero dei titoli di testa, si arriva al bianco di quelli di coda, e il passaggio non è solo cromatico, ma morale» (Pontiggia).
 
ore 19.00 Certi bambini di Andrea e Antonio Frazzi (2004, 94′)
«Perché un tipico film da festival non trova posto nei festival? Se devo dar retta alle mie spie, Certi bambini di Andrea e Antonio Frazzi è stato rifiutato dalla Quinzaine di Cannes e anche dalla Commissione di Venezia. L’ultima notizia è che dovrebbe andare a Karlovy Vary; e c’è da augurarglielo perché si tratta di un film particolarissimo, che sancisce l’assunzione dei Frazzi nella serie A del cinema dopo un quasi trentennale (e del resto ricco di buoni esiti) purgatorio televisivo; e dopo il toccante esordio sul grande schermo con Il cielo cade (1999) sceneggiato da Suso Cecchi d’Amico. Se vi capiterà di mettere a confronto il bel romanzo di Diego De Silva, […] con il film da cui è tratto, sarà una buona occasione per puntualizzare le tanto discusse differenze fra narrativa e cinema. Pur rispecchiata con varianti, la vicenda è praticamente la stessa […]. È evidente che lo scrittore ha la possibilità di arpeggiare sui sentimenti ed esplicitare le motivazioni, mentre per chi fa un film eventi e significati devono passare soprattutto attraverso le immagini. Non è un’impresa facile, ma i Frazzi hanno saputo risolverla con una semplicità nitida e crudele. Abbiamo visto molti film sulla criminalità giovanile, ma nessuno altrettanto estremo: per cui sul volto di Gianluca Di Gennaro (Rosario) l’innocenza infantile si disgrega poco a poco attraverso un inarrestabile processo dal quale vorremmo stornare lo sguardo perché ce ne sentiamo corresponsabili» (Kezich).
 
ore 20.45 Incontro moderato da Amedeo Fago con Antonio Frazzi e Lorenza Mazzetti
 
a seguire Il cielo cade di Andrea e Antonio Frazzi (2000, 97′)
«Toscana, estate 1944. Persi i genitori in un incidente di macchina, le piccole sorelle Penny e Baby vengono condotte presso gli zii, che abitano in una grande casa in campagna. Katchen, sorella della mamma, ha sposato Wilhelm, un intellettuale tedesco amante della musica e dell’arte, hanno una figlia adolescente. Per le bambine comincia una nuova vita, nella quale trovano qualche difficoltà ad inserirsi. Soprattutto Penny si vede accusata di colpe che ritiene di non aver commesso, piange e dice che vuole morire. Si tratta solo di incomprensioni, perché a poco a poco gli zii vincono la diffidenza di lei e della sorellina, e un clima migliore comincia a crearsi nella grande casa. Le due ragazzine fanno amicizia con i figli dei contadini, scherzano sui primi palpiti amorosi, mostrano il loro forte senso religioso. Gli avvenimenti esterni però incalzano: le dimissioni di Mussolini, l’armistizio. Sulla strada della ritirata, una colonna tedesca arriva alla villa e vi si installa» (www.cinematografo.it ). «Una storia forte, crudelissima che nessuno scrittore avrebbe avuto il coraggio di inventare….. Sorprende l’interpretazione di Isabella Rossellini in una parte di madre, che forse sente più delle precedenti di donna fatale, colpisce ed emoziona la rassomiglianza e forse l’omaggio alla madre Ingrid Bergman. Non sorprende invece la bravura di Jeroen Krabbe, nella parte dell’orgoglioso e tragico zio Wilhelm. I bambini protagonisti, scelti fra mille, hanno miracolosamente facce antiche di chi non ha visto nemmeno uno spot. La storia è vissuta attraverso i loro occhi, lo sguardo di un’innocenza violata, allora come oggi, nell’Italia del ’45 come nel Kosovo o nell’Eritrea del Duemila» (Maltese).
Proiezione a ingresso gratuito

 

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