Home > Destinazione Paolella
Destinazione Paolella
13 Settembre 2018 - 16 Settembre 2018
Prendendo a prestito il saggio di Anton Giulio Mancino, presente nel bel volume curato da Alfredo Marrese Il cinema di Domenico Paolella (Edizioni dal Sud, 2014) e dal quale sono stati estrapolato numerosi contributi critici per le schede ai singoli film, la Cineteca Nazionale rende omaggio a un grande cineasta che ha attraversato quasi tutti i generi cinematografici (dal peplum al musicarello, dal poliziesco al conventuale, dal western all’erotico), arrivando a umanizzare una figura mitica come Totò (Destinazione Piovarolo, Il coraggio). Paolella, diplomatosi in regia nel ’36 al Centro Sperimentale di Cinematografia, si è formato nei Cineguf e stato aiuto regista di Carmine Gallone per Scipione l’Africano (1937). Nel dopoguerra è stato una colonna della Settimana Incom. Paolella è nato a Foggia nel 1915 ed è scomparso a Roma nel 2002.
 
giovedì 13
ore 17.00 Castel Sant’Angelo di Domenico Paolella (1938, 14′ )
La storia del monumento romano associata a una accurata visita dello stesso. Descrizione dei vari ambienti, ricavati e costruiti in epoche diverse, dall’antichità alle prigioni, gli strumenti di tortura, la ghigliottina…
Versione in lingua inglese
 
a seguire Destinazione San Remo di Domenico Paolella (1959, 84′)
Un treno ferroviario che porta molti tifosi della canzone, diretti a San Remo per assistere al nono Festival della Canzone Italiana, viene bloccato da una valanga in una stazioncina di montagna. Rassegnati ormai a non arrivare in tempo alla prefissa meta, i viaggiatori si adattano a seguire le varie fasi del Festival nel programma televisivo. Tutto l’interesse è legato alle canzoni di personaggi come Nilla Pizzi, Johnny Dorelli, Teddy Reno. Quasi un documentario d’epoca.
 
ore 19.00 I Teddy Boys della canzone di Domenico Paolella (1960, 80′)
Teddy, musicista autore di canzoni, e Paolino, inventore, cercano invano di farsi ricevere dal direttore della televisione. Paolino, deluso nelle sue speranze e punto sul vivo, dichiara che saprà costringere la televisione a riconoscere il suo valore e induce Teddy e i suoi amici a seguirlo in una località segreta, che ospita gli impianti di Teleix, una stazione televisiva clandestina. In un cascinale incontrano Celestina, la balia di Paolino, e la sua nipote Mina. Gli impianti di Teleix incominciano a funzionare e il direttore della televisione assiste allibito alla prima trasmissione, che ottiene in tutto il Paese un vivacissimo successo di simpatia. Con Mario Carotenuto, Delia Scala, Ave Ninchi, Paolo Panelli,Teddy Reno, Mina, Tony Dallara, Enrico Viarisio, Tiberio Murgia, Giacomo Furia, Little Tony.
 
ore 20.30 Maciste contro i mongoli di Domenico Paolella (1963, 90′)
«Nel 1963 Paolella realizzò, ambientandolo ancora in oriente, Maciste contro i mongoli. Il film racconta attività senza scrupoli dei tre figli del defunto Gengis Khan, King Khan (Renato Terra), Saian (Ken Clark) e Suzdal (Renato Rossini, il futuro Howard Ross) che compiono razzie, incendi e assassinii di innocenti, ai danni dei moldavi la cui principessa, Bianca di Tudela, che tutti credono essere l’ultima discendente della stirpe, è contesa dai tre mongoli che vogliono impossessarsi del suo tesoro. Sarà Maciste (Mark Forest), con l’aiuto del fratellino della ragazza, a salvarla, ottenendo il suo amore e a fare a pezzi i tre mongoli. Dopo l’ennesimo complotto ai danni degli onesti moldavi, Maciste spezza le catene della prigione, salva la famiglia della ragazza, mentre il popolo in coro grida a gran voce: “Viva Maciste!”» (Saponari).
 
venerdì 14
ore 17.00 Maciste nell’inferno di Gengis Khan di Domenico Paolella (1964, 96′)
«In Maciste nell’inferno di Gengis Khan, realizzato nel 1964, Paolella riesuma dalla tomba il grande capo delle tribù tartare (che nel film precedente – Maciste contro i mongoli – era morto). Tutta la storia si incentra sulle crudeltà di Gengis (un Roldano Lupi ingrassato ad arte) e sulla doppia crudeltà del nipote Kubilai (Ken Clark), che farà poi uccidere lo zio, e dei loro tentativi di impossessarsi della “bianca” Cracovia dopo aver assaggiato “l’amaro sapore della sconfitta” per mano dell’Uragano Maciste (Mark Forest) reclutato nelle schiere polacche. Maciste, fidanzato di Arminia (José Greci), vuol farla finita con le guerre. Ma quando Arminia finirà in mano alle “orde mongole” sarà costretto a riscendere in campo» (Giordano).
 
ore 19.00 Il gladiatore che sfidò l’impero di Domenico Paolella (1964, 104′)
«Il gladiatore che sfidò l’impero […] è l’ultimo film muscolare di Paolella, da molti considerato il migliore. Con questo lavoro, prodotto al risparmio da Felice Felicioni, riciclando e saccheggiando scenografie e sequenze di altri film, il regista fa una incursione nella romanità ispirandosi alla figura dell’impostore Terenzio, citato da Tacito e Svetonio. Definito dallo stesso Paolella una “fantastoria”, qui è protagonista l’unica figura forzuta mancante alla sua filmografia, quella di Spartaco (ancora una volta interpretato da Rock Stevens). Grazie al forzuto schiavo ribelle verrà sventurata una campagna di razzie in Tracia architettata dal senatore senza scrupoli Lucio Quintilio (Massimo Serato). Il film, nelle intenzioni del regista, doveva sottendere la lotta dell’uomo “nudo” contro il potere» (Saponari).
 
ore 21.00 Odio per odio di Domenico Paolella (1967, 92′)
Il vecchio bandito Cooper (John Ireland) vive distante dalla propria famiglia per risparmiare a sua figlia, che non l’ha mai conosciuto, la vergogna di avere un padre fuorilegge. Deciso a ricongiungersi finalmente a sua moglie e a sua figlia, Cooper pianifica una rapina in banca come ultimo colpo della sua carriera criminale. Ma durante la rapina, il suo socio Moxon (Mirko Ellis) uccide inaspettatamente quattro persone. Cooper fugge da solo col bottino, ma viene arrestato e condannato all’ergastolo. Assieme a Cooper, viene posto agli arresti anche Miguel (Antonio Sabáto), un giovane peone sospettato di essere suo complice. «Nella testa di Paolella, che aveva ricevuto dal produttore Italo Zingarelli il copione originario del film col compito di apportarvi modifiche, c’era l’idea di utilizzare il vecchio e crudele Far West come sfondo per mettere in scena un melò famigliare» (Memola).
 
sabato 15
ore 17.00 La polizia è sconfitta di Domenico Paolella (1977, 97′)
Un delinquente senza scrupoli semina il terrore a Bologna e il commissario Grifi organizza una squadra speciale per catturarlo. Il veterano Paolella, dopo aver attraversato i generi, fa un’incursione anche nel poliziesco sfuggendo alla serialità sia per l’ambientazione (Bologna, città poco sfruttata) che per l’efferatezza del protagonista, Valli (uno spietato Vittorio Mezzogiorno), e delinea una figura di commissario di raro spessore (un bravissimo Marcel Bozzuffi). Ne risulta un film assolutamente da (ri)vedere per comprendere il clima infelice degli anni Settanta, la strategia della tensione, il problema dell’ordine pubblico e dei confini della legalità: «perfetta esemplificazione di ciò che è l’Italia secondo la copertina di “Der Spiegel”, un piatto di spaghetti con una rivoltella sopra», scrisse all’epoca Tullio Kezich.
 
ore 19.00 Le monache di Sant’Arcangelo di Paolo Dominici [Domenico Paolella] (1973, 101′)
«Al centro della trama di Le monache di Sant’Arcangelo c’è una lotta di potere: quella per diventare badessa del convento. A questa s’intrecciano denunce sulla corruzione della Chiesa che vende la carica alla famiglia maggior offerente […], intrighi sessuali, punizioni inflitte o auto inflitte, scambi di potere sui corpi di giovani novizie. […] Le monache di Sant’Arcangelo fu accolto con discreto interesse né sfuggì l’utilizzo di uno pseudonimo da parte del regista (Paolo Dominici, una specie di gioco di parole), “come per segnare il distacco tra il regista di “routine” e il suo vero io. […] Forse a significare una svolta nella carriera, fino a ieri contrassegnata da prodotti di scarso impegno” [Autera, n.d.r.]. Merito della confezione formale che vede la fotografia di Giuseppe Ruzzolini, le musiche di Piero Piccioni […], il montaggio di Nino Baragli, interpreti femminili […] che reggono bene il tono drammatico/peccaminoso» (Magnisi). Con Anne Heywood, Luc Merenda, Ornella Muti, Martine Brochard, Duilio Del Prete, Pier Paolo Capponi.
 
ore 21.00 Storia di una monaca di clausura di Domenico Paolella (1973, 98′)
Avendo rifiutato un matrimonio già stipulato dalla famiglia quando lei era ancora bambina, Carmela (Eleonora Giorgi) viene rinchiusa in un convento di clausura. Qui subisce le attenzioni erotiche della madre superiora (Suzy Kendall) e di suor Elisabetta (Catherine Spaak), nonché le invidie delle altre consorelle per la sua bellezza. «Storia di una monaca di clausura è diretto da Domenico Paolella, autore nello stesso anno di un classico del genere erotico come Le monache di Sant’Arcangelo. […] La regia ha uno stile penetrante, senza eccessi e ostentazioni formali. L’uso di un effetto flou nella fotografia ben si adatta al film. […] La pellicola può vantare sontuose scenografie e costumi che ricostruiscono il suo originale aspetto d’epoca. L’aspetto formale del film non è trasandato com’è tipico del genere. […] La protagonista Eleonora Giorgi è un modello d’interpretazione per l’intero filone erotico conventuale. L’evoluzione del suo personaggio è quasi senza difetti nel suo trasformarsi da giovane ragazza spensierata a donna sull’orlo di una crisi di nervi, pronta scivolare nella pazzia. Suzy Kendall recita il ruolo della Madre Superiora con una dolcezza che in molti modi contrasta con il solito ritratto che di questa figura si fa» (Michel Den Boer).
 
domenica 16
ore 17.00 Belli e brutti ridono tutti di Domenico Paolella (1979, 92′)
Quattro diverse vicende sentimentali: un impiegato è licenziato dal suo datore di lavoro, si finge allora cieco e seduce la di lui moglie in un vagone ferroviario; un industriale, che ha cercato di sedurre la cameriera, deve sottostare al suo ricatto e a quello del marito impegnandosi ad assumerli nella sua azienda; a causa di uno yogurt, un giovanotto vive ore di terrore per impellenti bisogni corporali; per incassare un’eredità, una nobildonna e un prete si vedono costretti a concepire un bambino. «Facendo ricorso a uno stuolo di belle donne […] e ad alcuni attori collaudati […] Domenico Paolella ha realizzato un film di mestiere un po’ da avanspettacolo, che dispensa qualche buona risata» (Fegatelli). Con Jack La Cayenne, Riccardo Billi, Luciano Salce, Gianfranco Funari, Cochi Ponzoni, Patrizia Gori, Daniela Poggi, Walter Chiari, Olga Karlatos.
 
ore 19.00 Gardenia di Domenico Paolella (1979, 100′)
Un Franco Califano, a metà tra Humphrey Bogart e il Marlowe rivisto da Altman ne Il lungo addio, interpreta Gardenia, un proprietario di ristorante (come il celebre Rick’s Café di Casablanca) rude e nazionalpopolare come il Nico Giraldi, interpretato da Tomas Milian, e al contempo raffinato dandy e impenitente playboy, che si oppone allo spaccio della droga orchestrato dal perfido boss (interpretato da un magistrale Martin Balsam).
 
ore 21.00 Tre sotto il lenzuolo di Michele Massimo Tarantini e Paolo Dominici [Domenico Paolella] (1979, 94′)
«Presto dimenticata, e comunque quasi invisibile, commediola a tre episodi firmata Tarantini-Paolella. C’è Maccione che tradisce la moglie sempre al telefono. Walter Chiari che incontra Valdemarin, primo marito della Poggi, e lei li tradisce entrambi con un terzo. Infine Carlo Giuffrè che si trova nel letto Cindy Leadbetter e pensa che sia un regalo di un alto prelato, Aldo Giuffrè, per concludere un affare» (Giusti).

 
Date di programmazione