Home > CSC-Cineteca Nazionale. Il 14 giugno al cinema Trevi, “Fabiola. Dal buio delle catacombe alla luce degli schermi”. Alle 20.00 incontro con Andreas Gottsmann, Maria Assunta Pimpinelli, Norbert Zimmermann
CSC-Cineteca Nazionale. Il 14 giugno al cinema Trevi, “Fabiola. Dal buio delle catacombe alla luce degli schermi”. Alle 20.00 incontro con Andreas Gottsmann, Maria Assunta Pimpinelli, Norbert Zimmermann
13 Giugno 2017 - 13 Giugno 2017

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La programmazione al cinema Trevi: giugno 2017

In questo mese: Enrico Medioli, l’ultimo dandy del cinema; I film di Stan Brakhage: immagine, ritmo, visione; Penny Video; Cinema e politica: una storia svizzera?; Visioni Sociali: Sud [ogni creatura è un’isola davanti al mare]; Roberto Mauri, un artigiano per tutte le stagioni; Fabiola. Dal buio delle catacombe alla luce degli schermi; S-Cambiamo il mondo: Cinema e Culture (seconda edizione); Fred Bongusto e il cinema.

La programmazione al cinema Trevi: giugno 2017

 

1-9 giugno Enrico Medioli, l’ultimo dandy del cinema

4 giugno I film di Stan Brakhage: immagine, ritmo, visione

7 giugno Penny Video

8 giugno Cinema e politica: una storia svizzera?

10-11 giugno Visioni Sociali: Sud [ogni creatura è un’isola davanti al mare]

13 giugno Roberto Mauri, un artigiano per tutte le stagioni

14 giugno Fabiola. Dal buio delle catacombe alla luce degli schermi

15-18 giugno S-Cambiamo il mondo: Cinema e Culture  (seconda edizione)

20-23 giugno Fred Bongusto e il cinema

 

1-9 giugno

Enrico Medioli, l’ultimo dandy del cinema

 

«Il cinema spesso è scritto sull’acqua

come è scritto sulla tomba di Keats,

insomma passa

e invece, secondo me,

certi film non invecchiano»

Enrico Medioli

 

Si è spento a Orvieto, dove viveva da circa trent’anni, lo sceneggiatore Enrico Medioli, collaboratore di registi come Visconti, Zurlini, Leone, Bolognini, Lattuada, Caprioli, Cavani, Montaldo. Dandy raffinatissimo, dalla immancabile r moscia, ha attraversato il cinema con lo stesso allure aristocratico dell’adorato Thomas Mann o del suo grande amico Luchino Visconti. Riservato, in un’intervista così Medioli definiva il suo impegno nel cinema: «Io sono un costruttore, il mio mestiere è quello di narrare scene e immagini per agganciare l’attenzione dello spettatore». È con Luchino Visconti che ha il sodalizio artistico più longevo, ma come scrive giustamente Roberto Mancini, nel bel volume da lui curato con Francesca Medioli, Il costruttore di immagini. Enrico Medioli sceneggiatore(Aska edizioni, 2015), «sarebbe un errore valutare il lavoro di Enrico Medioli come tutto riflesso nello specchio del grande regista milanese, tanto che quando, nel corso di una intervista, gli fu chiesto quale fosse il film al quale si sentiva più legato, la risposta fu, senza esitazione, C’era una volta in Americadi Sergio Leone. A una analisi accurata il Medioli ci appare infatti come una figura complessa difficilmente inquadrabile in schemi univoci e un intellettuale dai molteplici interessi: oltre al cinema, soprattutto negli anni giovanili, lo si trova impegnato nel teatro, e poi, a partire dagli anni Ottanta, lo vediamo rivolgere la sua attenzione al mezzo televisivo. Il Medioli ha, infatti, come pochi, interpretato il cambiamento culturale italiano dal dopoguerra fino ai giorni nostri, rimanendo, al tempo stesso, distaccato e partecipe, lontano dalle mode culturali più effimere, e attento ai nuovi gusti del pubblico».

 

giovedì 1

ore 17.00  Rocco e i suoi fratelli  di Luchino Visconti (1960, 175′)

Rocco è un meridionale che insieme ai fratelli e alla madre decide di emigrare a Milano per cambiare vita. In città la famiglia ritrova Vincenzo, in procinto di sposarsi, che introduce Simone nel mondo della pugilato. Rocco lavora in una lavanderia, mentre Ciro entra in fabbrica e Luca, che è ancora un bambino, rimane a casa con la madre… «È stata un’idea di Visconti che voleva raccontare la storia di cinque fratelli come le cinque dita di una mano, c’è stata una prima stesura del soggetto di Visconti, la Suso, Pratolini, non Testori, non come dicono i credits, e poi su questo siamo passati alla sceneggiatura. Ognuno di noi si era preso un fratello: alla Suso era toccato Rocco, a me Simone, Festa Campanile Vincenzo, a Franciosa Ciro, l’ultimo fratello. Dopodiché ci scambiavamo i fratelli. Però una cosa che io dico e ci tengo a ridire, è che chi poi ha rivisto il tutto è stato Suso Cecchi D’Amico» (Medioli). Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura.

 

ore 20.30 La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini (1961, 121′)

Amore impossibile tra Aida, una ballerina dal passato burrascoso, e Lorenzo, uno studente timido, serio, di buona famiglia. «La ragazza con la valigiaè nato da un incontro. Un giorno, a Milano […] ho incontrato una strana persona, oggi divenuta piuttosto celebre, con cui dovevo girare un filmetto pubblicitario per una marca di automobili. Per due giorni siamo stati insieme per girare il film, e la ragazza, che all’epoca faceva l’indossatrice, mi ha raccontato molte cose della sua vita: si trattava davvero del personaggio di Aida. Quando ho scritto la sceneggiatura, non ho fatto altro che ricordarmi di quello che mi aveva raccontato, di tutte quelle cose tanto tenere, commoventi, buffe talvolta, e così mi sono ritrovato già con un personaggio che viveva di vita autonoma. È bastato accompagnarla con un ragazzo ricordandomi un po’ dei miei sedici anni, poi facendo astrazione da me e guardando il personaggio maschile dal di fuori, per avere quella strana coppia che comincia subito a funzionare perfettamente e continua a funzionare fino alla fine del film. Erano due personaggi stranamente assortiti, appartenenti a mondi differenti, due solitari che esprimono nel loro incontro la volontà di aiutarsi reciprocamente» (Zurlini). «Quanto c’è nella sua opera di quel suo carattere ottimistico, gioioso, bon-vivant? Molto poco. Eccettuato Le ragazze di San Frediano, il primo e il meno suo, i film di Zurlini sono il risultato di una natura e di un interesse soltanto drammatico» (Medioli).

 

venerdì 2

ore 17.00 Il Gattopardo di Luchino Visconti (1963, 187′)

Splendida rappresentazione del passaggio della Sicilia dai borboni ai sabaudi che restituisce integralmente il senso e il fascino del capolavoro di Tomasi di Lampedusa, nobilitato dal decadentismo viscontiano, abile nel cogliere «le sfumature quasi proustiane della […] personalità mondana e familiare» (Moravia) del principe di Salina. La celeberrima scena del ballo, che richiese più di un mese di riprese, suggella la fine di un’epoca e di una classe sociale, con risvolti anche autobiografici. «Non posso altro che dire che Lombardo credeva fermamente nel film e nella storia d’amore, dicevano che era il nuovo Via col vento. Questo è vero fino a un certo punto perché Il Gattopardoè anche una non-storia, ci sono i temi dell’addio a un certo mondo, se vuoi tutto questo impersonato dal principe, ma che fosse un nuovo Via col vento, io non l’avevo mai pensato, non c’erano gli elementi. La fiducia di Lombardo nel suo film era totale e non era malriposta perché Il Gattopardo, questa è una mia opinione, è ancora oggi un bellissimo film» (Medioli). Palma d’oro al Festival di Cannes.

 

ore 20.30 Ritratto di sceneggiatore in un interno di Rocco Talucci (2013, 33′)

Ritratto di sceneggiatore in un internoanalizza il lavoro di Medioli attraverso le sue dichiarazioni e quelle delle persone che con lui hanno lavorato (Piero Tosi, Claudia Cardinale, Charlotte Rampling, Franca Valeri, Adriana Asti e altri personaggi del cinema). Un viaggio tra le pagine più belle del cinema degli ultimi cinquant’anni, tra ricordi e dichiarazioni dell’uomo più affascinante del cinema italiano.

 

a seguire  Vaghe stelle dell’Orsa di Luchino Visconti (1965, 100′)

«Piccoli vizi prudenti, sporchi; storie della vita di provincia, con le sue passioni esasperate», come recita uno dei protagonisti. Dramma intimista e decadente, ambientato a Volterra, che affronta «l’ultimo tabù» (Visconti), l’incesto, scavando nella memoria di una famiglia di origine ebree, con echi dannunziani e i fantasmi dell’Elettradi Sofocle. «Visconti è stato determinante per la mia crescita professionale, ma credo lo sia stato per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di collaborare con lui. Nella scrittura, chiedeva di insistere sulla psicologia dei personaggi, perché essi dovevano influenzare il racconto, mai subirlo. Mi diceva: “Quando scegli un effetto narrativo, devi spingere fino in fondo”» (Medioli). Leone d’oro a Venezia, che ricompensa il regista di precedenti delusioni.

 

sabato 3

ore 17.00 Scusi, facciamo l’amore? di Vittorio Caprioli (1967, 92′)

«La stessa cosa accade di lì a poco a Girotti nel film Scusi, facciamo l’amore?, diretto da Vittorio Caprioli, con il suo ruolo del “signorino” Alberto Tassi, un attempato gigolò che ha costruito la propria fortuna come amante di ricche e annoiate signore della borghesia milanese. Nella sequenza in cui dà consigli sulle migliori piazze in cui trovare una sistemazione al più giovane Pierre Clementi, Caprioli fa quello che Visconti aveva fatto con la Mangano [ne La strega bruciataviva, episodio de Le streghe, n.d.r.]: prende Girotti, immagine di bellezza e mascolinità per oltre due decenni, e lo mostra sfatto, preoccupato di chili che si prendono e di capelli che si perdono, alle prese con massaggi e attività fisica per combattere i segni del tempo ed essere competitivi sul mercato» (Liberatori).

 

ore 18.45 La caduta degli dei di Luchino Visconti (1969, 156′)

La saga dei von Essenbeck, una famiglia di industriali, negli anni dell’ascesa del nazismo. Crolla l’ordine familiare e la ferocia dei forti si scatena sui deboli. La lotta spietata per il dominio si carica di violenza fisica e morale (su tutti la sequenza della notte dei lunghi coltelli), ma anche di forti suggestioni autobiografiche e culturali (Wagner, Thomas Mann, Macbeth). «Visconti quando voleva fare un film, lo faceva. Perché per lui naturalmente il denaro era una cosa che non importava. Nel momento che lui ha deciso di fare La caduta degli dei, gli hanno detto “Guarda, non basteranno, i fondi” […]. E allora su questo, i produttori italiani, Haggiag, hanno messo in moto tutta la grande consorteria ebraica della grande Hollywood, sono venuti giù i fratelli Warner, Luchino gli ha fatto vedere la notte dei lunghi coltelli, e loro hanno detto “Paghiamo noi”. E infatti è un film americano, della Warner» (Medioli). Nomination all’Oscar per miglior soggetto e sceneggiatura originali.

 

ore 21.30 Splendori e miserie di Madame Royale di Vittorio Caprioli (1970, 103′)

Alessio (Ugo Tognazzi), ex ballerino di Wanda Osiris e attualmente corniciaio, ha allevato come una figlia Mimmina (Jenny Tamburi), abbandonata tra le sue braccia dal padre in tenera età. Nonostante mille premure la ragazza ha comportamenti spregiudicati che la fanno rinchiudere in un riformatorio e in seguito allearsi con un gruppo di spacciatori. Alessio, che coltiva la sua omosessualità frequentando un giro di travestiti e organizzando grotteschi festini, tenterà di salvarla. «La cosa che mi ha sempre colpito di Ugo Tognazzi era la sua assoluta spericolatezza nell’accettare ruoli particolari, che non tutti avrebbero accettato. Mi riferisco naturalmente ai titoli di Ferreri, La grande abbuffata, La donna scimmia. Ma anche ai due film che ho scritto per lui, Splendori e miserie di Madame Royale e Il petomane. Il primo, per la regia di Vittorio Caprioli, era la storia di un omosessuale, con ampie parti en travesti, quando il travestimento non era di moda» (Medioli).

 

domenica 4

ore 16.30 La prima notte di quiete di Valerio Zurlini (1972, 132′)

Daniele, un insegnante quasi quarantenne senza radici, trova un incarico di supplente in un liceo di Rimini. Entrato nel giro notturno di alcuni mediocri “vitelloni” locali, è attratto dalla sua allieva Vanina, già a sua volta legata da un arido rapporto senza amore con uno di loro, il cinico Gerardo. «Tuttavia, direi che La prima notte di quieteè nato davvero per la voglia che avevo di mettere in scena un personaggio del genere. Un personaggio frutto ovviamente di numerosi incontri, forse di certe somiglianze con me stesso, quella base di nichilismo, quel cristianesimo rifiutato ma presente… È un personaggio nato in modo molto strano, in un momento di estrema diffidenza: non trovavo niente di personale da raccontare. Un giorno, mi metto alla scrivania e in venti giorni scrivo in un racconto di cento pagine la storia di quest’uomo alla fine della vita – il racconto esiste ancora e credo che non sia male. Ma questo racconto oggettivo, ha origine anche da quelle stagioni invernali, così brutali, così violente, così incanaglite, così antifemminili, così oppressive, così eccessive, stagioni che pure avevo conosciuto. Quella costiera adriatica che avevo visto l’inverno, quando non c’è l’esplosione del turismo estivo, stretta dal rancore, dalla ferocia, dalla violenza. L’avevo vista, quella violenza dell’uomo sulla donna. La prima notte di quieteè un film molto legato ad un certo ambiente geografico. Contiene anche un aspetto di “storia popolare”: la storia di un uomo che ha un rapporto ormai di morte con gli altri, e che incontra la giovinezza. Una giovinezza che nasconde in realtà la morte: è un romanzo popolare vecchio come il mondo. […] [Il titolo del film] è un verso di Goethe che si può tradurre più o meno così: “La morte, la prima notte di quiete”» (Zurlini). Sceneggiatura di Enrico Medioli e di Valerio Zurlini.

 

I film di Stan Brakhage: immagine, ritmo, visione

«Stan Brakhage (1933-2003) è considerato unanimamente come uno dei più innovativi filmmakers nella storia del cinema sperimentale. Ha realizzato circa 400 film nella sua carriera lunga cinquantadue anni che include psicodrammi, film autobiografici, film astratti, opere cinematografiche dipinte a mano, pellicole su trance freudiane o sulla nascita. Le durate dei suoi film vanno da 9 secondi a oltre 4 ore. Questo programma cerca di offrire una panoramica di alcune principali poetiche nella sua opera con un particolare riguardo alla sua ossessione di tutta la sua vita che egli definiva un'”avventura nella percezione” – ovvero l’atto dello stesso sguardo che Brakhage ha provato a catturare sulla pellicola in molteplici modi con o senza la macchina da presa» (Ganguly). Suranjan Ganguly è docente di Film Studies all’Università di Colorado Boulder ed è direttore del Brakhage Center. Brakhage è stato suo amico, collega e mentore per molti anni. Ganguly ha pubblicato delle interviste a Brakhage per la University Press del Mississippi.

Programma a cura di Suranjan Ganguly

 

ore 19.00  Presentazione di  Adriano Aprà e  Suranjan Ganguly

 

a seguire The Wonder Ring  di Stan Brakhage (1955, 5′)

a seguire Cat’s Cradle  di Stan Brakhage (1959, 6′)

a seguire Wedlock House: An Intercoursedi Stan Brakhage (1959, 11′)

a seguire Window Water Baby Moving  di Stan Brakhage (1959, 12′)

a seguire Scenes from Under Childhood, Section One  di Stan Brakhage (1967, 24′)

a seguire Dog Star Man, Part 2  di Stan Brakhage (1961-1964, 6′)

a seguire I…Dreaming  di Stan Brakhage (1988, 6′)

 

ore 20.20  Presentazione di Adriano Aprà e  Suranjan Ganguly

 

a seguire Mothlight  di Stan Brakhage (1963, 3′)

a seguire The Garden of Earthly Delights  di Stan Brakhage (1981, 2′)

a seguire The Dante Quartet  di Stan Brakhage (1987, 6′)

a seguire Yggdrasil Whose Roots are Stars in the Human Mind  di Stan Brakhage (1997, 17′)

a seguire The Persian Series, 1-3  di Stan Brakhage (1999, 6′)

a seguire The Chinese Series  di Stan Brakhage (2003, 2′)

 

martedì 6

ore 17.00 Ludwig di Luchino Visconti (1972, 237′)

L’ascesa e la caduta del re di Baviera dal 1864 al 1886 in un’estasi di passioni, follie e colpi di genio. Un materiale smisurato (il film fu distribuito in una versione di tre ore, poi gli amici e collaboratori di Visconti presentarono nel 1980 una versione più lunga, fedele alle intenzioni del regista), proposto sotto forma di inchiesta, per dargli una parvenza di verità storica, ma in realtà lugubre testimonianza di un mito avvolto nel suo stesso mistero: «Voglio rimanere un enigma. E non soltanto per gli altri, ma anche per me». «Nel modo di muoversi di Helmut, negli atteggiamenti, Luchino mi disse che si era molto ispirato a Umberto di Savoia. Lui era ufficiale nel suo reggimento; insieme andavano, la mattina presto della domenica, a sentire la messa al Cottolengo, dietro una tenda, e poi a un certo momento questa tenda si muoveva e capivano che erano arrivati gli altri» (Medioli).

 

mercoledì 7

Penny Video

Penny Video è una realtà nata nel 2015 e attiva in particolare sul fronte dell’attività cinetecaria e della distribuzione home video. Oltre a sostenere produzioni indipendenti come Sassi nello stagno e Black Circle, l’etichetta ha inaugurato nel 2016 la collana in DVD “Opium Visions”, dedicata a titoli di culto degli anni Sessanta e Settanta assenti dai circuiti italiani. Il progetto editoriale punta soprattutto a esplorare quelle ampie zone d’ombra in cui una poetica d’autore si incontra con pratiche exploitation, in un connubio di grindhouse e arthouse.

 

ore 17.00 A bruciapelo di James Landis (The Sadist, 1963, 89′)

Una giovane coppia di psicopatici sequestra un gruppo di insegnanti in viaggio verso Los Angeles, lanciandosi in un sadico gioco al massacro. Cult movie da drive-in ispirato alle gesta criminali del serial killer Charlie Starkweather, che saranno poi il punto di partenza anche per La rabbia giovanedi Malick e Natural Born Killersdi Stone. Splendida la fotografia in bianco e nero di Vilmos Zsigmond, qui alla sua opera prima. «Una perla da riscoprire» (Joe Dante).

Versione originale con sottotitoli in italiano

 

ore 19.00 Donald Neilson, la iena di Londra di Ian Merrick (The Black Panther, 1977, 94′)

Un ex militare, incapace di reinserirsi nella società civile, intraprende una serie di sanguinose rapine, culminate nel tragico sequestro di una giovane ereditiera. Cronaca fedele e antiretorica che ricostruisce con stile essenziale la carriera del feroce criminale che terrorizzò l’Inghilterra degli anni Settanta. Bloccato dalla censura al momento dell’uscita in sala, il film è tornato visibile solo recentemente grazie al restauro del British Film Institute. «Un film shock che colpisce allo stomaco, un vero capolavoro noir» (Franck Brissard).

 

ore 20.35 Incontro con Adriano Aprà, Patrizia Pistagnesi, Luca Gorreri, Simone Starace

 

ore 21.15 Sassi nello stagno  di Luca Gorreri (2016, 88′)

Opera prima di Luca Gorreri, dedicata alla rievocazione del Salso Film & TV Festival, uno dei principali fari della cinefilia italiana degli anni Ottanta. «Le interviste e i materiali di repertorio diventano elementi attivi della messa in scena, pedine fondamentali per un discorso che sia al tempo stesso narrativo ed estetico. E il documentario abbandona la sua tradizionale forma memorialistica per diventare riflessione e saggio insieme» (Paolo Mereghetti).

 

giovedì 8

Cinema e politica: una storia svizzera?

L’Istituto Svizzero di Roma presenta due documentari che delineano ritratti originali e sottili di altrettante figure contrastanti della società svizzera, agli antipodi della scena politica. Una serata imperdibile per parlare di cinema e politica. Jean-Stéphane Bron, documentarista pluripremiato (Cleveland contro Wall Street), con L’expèrience Blocherfirma un film straordinario su un uomo di potere, cercando di comprendere una persona di cui non condivide né le idee né le convinzioni. Un film raro, intelligente, rivendicato come “film politico”, che rivela, oltre al personaggio controverso, anche il funzionamento e le zone d’ombra della società svizzera di oggi. Nicolas Wadimoff, regista impegnato, realizza un ritratto inedito del sociologo svizzero Jean Ziegler, marxista indignato e infaticabile anti-capitalista. Presentato fuori concorso al Festival di Locarno nel 2016, il film mette in luce con tutto il linguaggio del cinema la combattività di un personaggio atipico, un uomo intransigente che non ha abbandonato né la lotta né la speranza di un mondo migliore, e a 83 anni mantiene intatte le convinzioni della sua giovinezza.

Programma a cura dell’Istituto Svizzero di Roma

 

ore 18.30 L’expèrience Blocher di Jean-Stéphane Bron(2013, 100′)

Il film racconta la storia del più controverso leader politico svizzero attraverso un anno di interviste esclusive e di accesso alla sua vita privata. Autunno 2011, Christoph Blocher è in piena campagna elettorale, al lavoro per ottenere la vittoria del suo partito UDC, che alla fine riceverà quasi un terzo dei voti. Per il regista Jean-Stéphane Bron, che lo accompagna, la sua automobile è un punto di osservazione privilegiato per svelare i diversi aspetti della vita di Blocher, i suoi trionfi, i suoi metodi e i suoi segreti. Come ha potuto il figlio di un pastore diventare un imprenditore di successo con una fortuna colossale, oltre che uno degli uomini più potenti della Svizzera? Una parabola politica e una riflessione su un paese, L’expèrience Blocher traccia il ritratto di un uomo che ha radicalmente trasformato la politica elvetica. Il film cattura inoltre lo stato d’animo di un’ Europa colpita dalla crisi, in cui crescono nazionalismi e populismi.

 

ore 20.30 Jean Ziegler, l’optimisme de la volonté di Nicolas Wadimoff  (2016, 93′)

Nel 1964, Ernesto Che Guevara chiese al giovane Jean Ziegler di restare in Svizzera per combattere dall’interno del “cervello del Mostro capitalista”. Successivamente, in qualità di scrittore, professore, deputato e collaboratore di Kofi Annan, Ziegler, con i suoi libri e i suoi discorsi, non ha mai smesso di fustigare le ingiustizie, il potere delle oligarchie capitaliste e i responsabili della fame nel mondo. All’età di 83 anni, mentre i suoi libri si vendono in tutto il mondo, si batte ancora dentro l’Onu per onorare la promessa fatta al Che…

 

venerdì 9

ore 17.00 Gruppo di famiglia in un interno di Luchino Visconti (1974, 121′)

Un anziano professore vive nel palazzo di famiglia circondato dai suoi libri e dai suoi ricordi, un equilibrio spezzato dall’arrivo, nell’appartamento sopra il suo, di una donna e della sua “strana” famiglia, l’amante, il figlio e la fidanzata del figlio, della quale alla fine, volente e nolente, entra a far parte. «La malinconia dell’età e della vecchiaia, con l’attesa della morte è […] presente in […] Gruppo di famiglia in un interno, ispirato ad un racconto di Thomas Mann, L’inganno. Una matura signora, non più fertile, s’innamora d’un giovane: il sentimento, fortissimo, le provoca poco tempo dopo il ritorno del ciclo mestruale. Così lei crede, felice. È invece un’emorragia. Un cancro, che la porterà presto alla morte. Si tratta di una drammatica allegoria sul rapporto amore-morte, giovani-vecchi: l’amore per i giovani come preludio della morte» (Medioli).

 

ore 19.15 Once Upon a Time in America di Sergio Leone  (C’era una volta in America, 1984, 226′)

«Dal romanzo Mano armata(The Hoods, 1983) di Harry Grey (David Aaronson). All’origine dell’ultimo film di Leone (1929-89) c’è il tempo con la sua vertigine. Come struttura narrativa, è un labirinto alla Borges, un giardino dai sentieri incrociati, una nuova confutazione del tempo. La sua vicenda abbraccia un arco di quasi mezzo secolo, diviso in 3 momenti: 1922-23, quando i protagonisti sono ragazzini, angeli dalla faccia sporca alla dura scuola della strada nel Lower East Side di New York; 1932-33, quando sono diventati una banda di giovani gangster; 1968, quando Noodles (R. De Niro), come emergendo dalla nebbia del passato, ritorna a New York alla ricerca del tempo perduto. Se il 1922 e il 1932 sono flashback rispetto al 1968, il 1968 è un flashforward rispetto al 1933: il Noodles anziano è una proiezione di quel che Noodles, allucinato dall’oppio, ha sognato nella fumeria. Il presente non esiste: è una sfilata di fantasmi nello spazio incantato della memoria. Alle sconnessioni temporali corrispondono le dilatazioni dello spazio: con sapienti incastri tra esterni autentici ed esterni ricostruiti in teatro, Leone accompagna lo spettatore in un viaggio attraverso l’America metropolitana (e la storia del cinema su quell’America) che è reale e favoloso, archeologico e rituale. Sono spazi dilatati e trasfigurati dalla cinepresa; spazi anche sonori e musicali, riempiti dalla musica di E. Morricone e da motivi famosi: Amapola, Summertime, Night and Day, Yesterday. È un film di morte, iniquità, violenza, piombo, sangue, paura, amicizia virile, tradimenti. E di sesso. In questa fiaba di maschi violenti le donne sono maltrattate; la pulsione sessuale è legata all’analità, alla golosità, alla morte, soprattutto alla violenza. È l’America vista come un mondo di bambini. Piccolo gangster senza gloria, Noodles diventa vero protagonista nell’epilogo quando si rifiuta di uccidere l’ex amico Max. Soltanto allora, ormai vecchio, è diventato uomo. Il produttore Arnon Milchan rimontò e ridusse il film a 2 ore per la versione da distribuire negli USA e fece fiasco. Nel 2003 edito dalla Warner BrosVideo in DVD con una nuova colonna sonora in cui la voce di Ferruccio Amendola (per R. De Niro) è stata sostituita da quella di un altro doppiatore» (Morandini). Sceneggiatura di Franco Arcalli, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Franco Ferrini, Enrico Medioli, Sergio Leone.

 

10-11 giugno

Visioni Sociali: Sud [ogni creatura è un’isola davanti al mare]

Siamo arrivati all’ultimo appuntamento di Visioni Sociali, un grande laboratorio cinematografico per riflettere a 360 gradi sulle dinamiche sociali, politiche, culturali, narrate dal cinema italiano, e non solo. Da ottobre a giugno, sono stati otto gli appuntamenti, ognuno con un tema o una “parola chiave”: un contenitore di cinema che ha cercato di attraversare i generi, i formati, le provenienze, per offrire una riflessione ad ampio raggio sul mondo che ci circonda, superando ogni tipo di definizione e di etichetta.

Rassegna cura di Maria Coletti

 

sabato 10

ore 17.00 Viola di mare di Donatella Maiorca (2009, 106′)

Nella Sicilia dell’Ottocento, mentre Garibaldi sbarca con i Mille, la rivoluzione che vive Angela (Valeria Solarino) è molto più privata: scopre infatti la propria omosessualità e l’amore per Sara (Isabella Ragonese). Soffocata all’interno di convenzioni e bigottismi, la ragazza decide di adottare una soluzione drastica, ovvero travestirsi da uomo: da quel momento diverrà Angelo. «Un’isola intorno alla Sicilia, seconda metà dell’800. Angela e Sara crescono insieme ma le loro infanzie sono difficili: la prima subisce i soprusi di un genitore violento; la seconda perde il padre in guerra, mentre la guerra la strapperà all’amica e alla sua terra. Al suo ritorno, Angela si innamora di Sara e inizia il suo ostinato corteggiamento, da cui nascerà una relazione che, con il suo sviluppo inusuale, intaccherà riti millenari. Viola di mare è il secondo film di Donatella Maiorca. Per il ritorno al cinema dopo tanta tv sceglie una storia difficile per il periodo storico che sta vivendo il nostro Paese: tratto dal romanzo Minchia di Redi Giacomo Pilati, racconta di due donne che si amano e, in qualche modo, spezzano le ritualità di una terra sempre uguale a se stessa» (Stefano Cocci).

 

ore 19.00 L’isola di Costanza Quatriglio (2003, 103′)

A Favignana Turi, quattordici anni, impara il mestiere di suo padre sotto lo sguardo affascinato di sua sorella Teresa, di dieci anni. La mattanza, la pesca dei tonni che si effettua durante il mese di maggio sarà per il ragazzo come una prova iniziatica. Con l’arrivo dell’estate, i rapporti con gli altri giovani dell’isola e con i nuovi arrivati scatenano emozioni e conflitti che faranno maturare più rapidamente i due fratelli. Nell’isola c’è anche una prigione, i detenuti vivono liberi all’interno della recinzione naturale costituita dal mare. Favola contemporanea e ispirazione documentaria si fondono in questa storia che parla anche di un territorio dominato dal mare e dalle cave di tufo, dove i bambini devono crescere in fretta per imparare un mestiere. «Pedinamento di un gruppo di ragazzini siciliani alle prese con la quotidianità e i primi barlumi di vita adolescente o adulta. II loro rapporto con gli altri, con il gioco, con i sogni, con il lavoro soprattutto (la pesca del tonno come iniziazione); una caratterizzazione non banale dei “grandi” (in particolare la nonna e il “nonno putativo” di Teresa, la piccola protagonista) e una sottolineatura poetica del rapporto con la memoria. Di come, cioè, in un contesto essenziale come questo sia il legame tra i bambini e i vecchi ad aprirsi al futuro, con gli appartenenti alle generazioni di mezzo un po’ disorientati dal senso pratico della vita quotidiana e incapaci di sorridere» (Mauro Gervasini).

 

ore 21.00  Respiro di Emanuele Crialese (2002, 96′)

A Lampedusa, Grazia, la giovane madre di un’adolescente e di due ragazzini, cerca una vita più libera e felice, ma per questo viene considerata pazza dai suoi familiari, che cercheranno di farla internare in manicomio. In tutta la sua famiglia di poveri pescatori sarà compresa solo da Pasquale, il figlio tredicenne, soprannominato “Boccanera”. «Storia realistica, geograficamente da Terra trema, ma anche fortemente metaforica, in cui il regista riesce a raccontare una specie di perdita di forza di gravità che alza il racconto di una nevrotica con manie depressive in qualcosa di più, di antico. Merito delle luci naturali, dei pescatori comparse, dei volti di Vincenzo Amato e Francesco Casisa; ma soprattutto di Valeria Golino, in cui si specchiano paure antiche e ansie contemporanee. Il discorso sulla pazzia e i suoi limiti viene riletto con narrazione compatta, che sfiora la maniera ma esprime un paesaggio d’anima» (Maurizio Porro).

 

domenica 11

ore 17.00 Le ragioni dell’aragosta di Sabina Guzzanti (2006, 90′)

Gli attori della trasmissione televisiva Avanzisi ritrovano dopo 15 anni a Su Pallosu, un piccolo villaggio della Sardegna, e insieme decidono di allestire in un grande anfiteatro di Cagliari uno spettacolo estemporaneo a sostegno della causa dei pescatori in gravi difficoltà per lo spopolamento del mare. Per gli attori, fonte d’ispirazione e di entusiasmo è soprattutto Gianni Usai, un ex operaio alla Fiat ed ex sindacalista che ha vissuto sempre in povertà, dedito a proteggere il lavoro dei suoi compagni. «A due anni dal successo di Viva Zapatero, la Guzzanti torna al cinema con Le ragioni dell’aragosta, un film meno politico, polemico e compiaciuto, percorso da una vena felicemente introspettiva e personale. La riunione del cast di una trasmissione di culto degli anni Novanta è spunto per una sorta di Grande freddoall’amatriciana mai patetico o autocelebrativo, bensì fresco, sincero e accorato. Accanto alla gioia di rivedere gli altri e di rievocare una parentesi di lavoro e di vita irripetibile, ciascuno porta in dote i fallimenti personali» (Paola De Rosa).

 

ore 18.30 Ritorni di Giovanna Taviani (doc., 2007, 52′)

Ogni anno, sulle banchine del molo di Trapani, sotto il caldo afoso dell’estate siciliana, si ripete lo stesso rito. Centinaia di maghrebini, giunti da ogni parte d’Italia e d’Europa, si imbarcano per raggiungere la loro terra natale. Sono quelli che ce l’hanno fatta e sono riusciti a realizzare il loro sogno di trovare un lavoro e possono aiutare chi è rimasto in patria. Tra i tanti, c’è anche Karim Hannachi, di origine tunisina, insegnante di lingua araba all’Università di Catania e responsabile della comunità maghrebina stanziata nella zona di Mazara del Vallo. Arrivato in Italia ancora giovanissimo, si è sposato con una donna siciliana dalla quale ha avuto due figli. Ogni anno parte con la famiglia alla volta di Nefta, dove ha lasciato la madre, le sorelle, gli amici insegnanti come lui che hanno scelto di rimanere, gli allievi di un tempo, il deserto della sua infanzia. Insieme alla sua si levano imponenti altre voci di personaggi del Maghreb che riflettono sulle proprie origini attraverso la distanza che li separa dalla loro patria. Sono storie diverse, come quella della regista Assia Djebar, esule volontaria e dissidente che non torna in Algeria dagli anni Novanta, e dello scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, che ogni estate torna a Tangeri per tenere vivi i legami con le sue radici.

 

a seguire  Il colore del vento di Bruno Bigoni (doc., 2011, 75′)

Diario di persone e di viaggio su una nave mercantile che solca il Mediterraneo: Barcellona, Tangeri, Sousse, l’isola di Lampedusa e Bari, la “perla dell’Adriatico” Dubrovnik, il Libano di Sidone e l’attracco finale a Genova. Di solito rotte di ricche crociere ma “per il colore del vento” sono anche sentieri marini di tragedie e speranze, cadute e risalite. Ogni porto è una storia fatta di persone che fa parlare il mare, i suoi figli e le sue musiche. «”Non sapeva né leggere né scrivere mio padre, ma è stato un buon maestro”. Parola di anziana anarchica catalana, che apre il documentario mediterraneo di Bruno Bigoni e ne fa anche da recensione: a vincere sulla forma è sicuramente il contenuto militante e appassionato, che sulle note di Crêuza de mädi De André – è Mauro Pagani a firmare la colonna sonora – rintraccia migranti e speranze tra Lampedusa e Tangeri, la Vlora carica di albanesi a Bari e Violeta che ne scese con un figlio in grembo e oggi è mediatrice culturale e badante» (Federico Pontiggia).

 

ore 21.00 Il sud è niente di Fabio Mollo (2013, 89′)

Grazia ha 17 anni e vive a Reggio Calabria con il padre Cristiano, un vedovo che vende pescestocco in una piccola bottega di periferia. La ragazza aveva un fratello maggiore, Pietro, che lei è convinta sia morto e di cui suo padre evita di parlare. Una notte, Grazia vede una figura in cui riconosce Pietro; decide così di rompere la regola del silenzio e di andare alla sua ricerca. «La costa dell’altrove è così vicina da Reggio Calabria, così facilmente raggiungibile che basterebbe un balzo per compiere un salto anche mentale. E in questo film d’esordio è la prospettiva giusta per raccontare non solo il conflitto tra crescita e cambiamento, quando tutto porterebbe alla paralisi e una situazione di stallo ormai epocale. Il frammento di vita che si sviluppa nel film è ambientato alla periferia di Reggio, al quartiere Gebbione e il regista Fabio Mollo, dice di voler raccontare anche un’altra periferia, non solo sociale ma umana, quella di Grazia intrappolata nella sua adolescenza androgina e chiusa in se stessa. Suo fratello è scomparso, si sono tenuti anche i funerali, ma lei è convinta di vederlo, ora nell’acqua, ora nell’oscurità. “Il sud è nulla” significa che così vogliono che sia, proprio quello che ha appena raccontato Cecilia Mangini nel suo viaggio: “il sud volevano solo cancellarlo”. Il regista per far risaltare quella cancellazione comincia con il limitare al massimo la comunicazione verbale che è un modo per evidenziarla ancora di più, ma non è facile come si pensa, sono tanti i sottintesi da trasmettere. Al sud e non solo in Calabria, il sottinteso è la lingua comune, perché “se le cose non le dici non ti possono far male”» (Silvana Silvestri).

 

 

martedì 13

Roberto Mauri, un artigiano per tutte le stagioni

Vero nome: Giuseppe Tagliavia (Castelvetrano, 1924). Prima di diventare regista è stato attore di film come La voce del silenzio (1952) di Georg Wilhelm Pabst, Eran trecento…(La spigolatrice di Sapri) (1952) di Gian Paolo Callegari, La pattuglia dell’Amba Alagi (1953) di Flavio Calzavara. Come regista spazia praticamente in tutti i generi: il melodramma (Vite perdute, 1958, in coregia con Adelchi Bianchi, I mafiosi, 1960, Una sporca faccenda, 1965), il cappa e spada (Il segno del vendicatore, 1962, Il pirata del diavolo, 1964, La spada normanna, 1971), l’horror (La strage dei vampiri, 1962), il peplum (I tre centurioni, 1964, Gli invincibili fratelli Maciste, 1965), l’esotico (Eva la venere selvaggia, 1968), il western (Colorado Charlie, 1965, La vendetta è il mio perdono, 1966, Sartana nella valle degli avvoltoi, 1970, Wanted Sabata, 1970, …E lo chiamarono Spirito Santo, 1971, Un animale chiamato uomo, 1972, Spirito santo e le cinque magnifiche canaglie, Seminò la morte… Lo chiamavano il castigo di Dio, 1972, Spirito Santo e le cinque magnifiche canaglie, 1972), il thriller (Le notti della violenza, 1966, Madeleine… anatomia di un incubo, 1974), la commedia sexy (Un toro da monta, 1976). Autentico artigiano del bel tempo che fu, Roberto Mauri è conosciuto anche con altri pseudonimi, come Robert Johnson e Robert Morris. È stato anche sceneggiatore come per lo stranissimo e cultissimo Ciak si muore (1974) di Mario Moroni.

 

ore 17.00 …E lo chiamarono Spirito Santo  di Roberto Mauri (1971, 97′)

«Primo film della serie Spirito Santo diretto da Roberto Mauri all’inizio degli anni ’70 con il greco Vassili Karis. Simpatici, anche se abbastanza poveri. Spirito Santo, cioè Vassili Karis, deve dimostrare che non ha ucciso né la sua donna né la sorella dello sceriffo indiano Mimmi Palmara. “Il film era riuscito. Hunt Powers era bravissimo. Margaret Rose Kiel era la ragazza che faceva la pubblicità del Punt e Mes. Lo girammo quasi tutto a Manziana”. Anche Mimmo Palmara sostiene che il film “non era male”» (Giusti).

 

ore 19.00 Un animale chiamato uomo di Roberto Mauri (1972, 88′)

«Considerato quasi ovunque, […] uno dei peggiori esempi del genere. […] Mauri, rispetto ai suoi Spirito Santo, lo difende. “È un film simpatico” dichiara oggi. “Il protagonista, invece di andare a cavallo andava con la biciclettina e trascinava una specie di carretta dove c’era Vassil Karis, un po’ come in Trinità. Craig Hill era bravo e Gillian Bray era un bluebell fidanzata nella realtà di Vassili Karis”. Il tono è quello da sotto-sotto commedia western con la coppia di amici-nemici un po’ stupidi che arrivano in una città dove c’è un cattivo che fa il gradasso e, ovviamente, tutta una banda di pessimi figuri. Per la prima volta Omero Capanna, celebre stunt coatto romano, fa, se non il protagonista, almeno un ruolo recitante, diventando il partner di Vassili Karis nella coppia alla Bud Spencer-Terence Hill» (Giusti).

 

ore 20.45  Incontro moderato da Andrea Schiavi  con Roberto Maurie Vassilli Karis

 

mercoledì 14

Fabiola. Dal buio delle catacombe alla luce degli schermi

Nel corso del 1917 Enrico Guazzoni intraprende le riprese del suo ventitreesimo film. Il soggetto è tratto dal romanzo del cardinale inglese Nicholas Wiseman (1854), che divulga le storie dei martiri cristiani sotto Diocleziano, agli inizi del IV sec. d.C. L’impostazione visuale del regista, di base artista e pittore, si cimenta qui con l’erudizione antiquaria sull’antichità romana, dando vita a una ricostruzione ricca e rigorosa, in cui le scene ambientate nelle catacombe alimentano un nuovo immaginario. In quegli anni le indagini archeologiche si concentrano sulla Roma paleocristiana e ne sollecitano la diffusione. Non a caso la ricerca recente ha individuato, tra i materiali divulgativi di quegli anni, una serie fotografica che ricostruisce i contesti di vita dei primi cristiani: l’affinità con il set cinematografico vi è evidente, al punto che si è ipotizzato che tali immagini siano state realizzate proprio nei luoghi di Fabiola. D’altra parte, lo stesso Guazzoni ha sicuramente visitato nel 1917 la catacomba di Domitilla, lasciandovi il proprio nome graffito. Il collegamento tra i due mondi è rappresentato dalla figura di Rodolfo Kanzler, allievo dell’archeologo G. B. De Rossi e storico dell’arte: secondo fonti d’epoca, infatti, la costruzione delle scenografie di Fabiolasarebbe avvenuta sotto la sua autorevole supervisione, così come l’esordio della protagonista, Elena Sangro, sarebbe da ricondurre ad una segnalazione di Kanzler, suo professore di storia dell’arte all’Accademia di Santa Cecilia. Queste coincidenze costituiscono l’occasione per un confronto tra storici del cinema e archeologi, nell’intento di indagare il convergere dell’espressione storico-artistica del film con i progressi dell’archeologia cristiana.

La proiezione segue e completa i lavori del workshopinternazionale Fabiola. Dal buio delle catacombe alla luce degli schermiche si tiene presso l’Istituto Storico Austriaco nel corso della stessa giornata. L’evento è curato dall’Istituto Storico Austriaco e dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma in collaborazione con il CSC-Cineteca Nazionale e con l’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania.

 

ore 17.00 Albori (Roma sotterranea)  di Antonio Musu (1948, 13′)

Documentario didattico-divulgativo sulle catacombe di Roma (S. Callisto, S. Panfilo, S. Sebastiano, Priscilla, Domitilla e Pretestato), che vengono illustrate sia attraverso grafici animati che percorrendo le gallerie in corso di esplorazione. Nel finale viene celebrata una messa alla maniera dei primi cristiani e un gruppo di bambini viene accompagnato in visita ai luoghi sacri.

 

ore 17.15 Fabiola di Alessandro Blasetti (1949, 165′)

Rhual (Henri Vidal), giovane gallo di forme atletiche, viene invitato a esibirsi come gladiatore nella villa del Senatore Fabio Severo (Michel Simon). Nei pressi della villa, Rhual incontra una ragazza: i due giovani si sentono irresistibilmente attratti e tra essi divampa la passione. Più tardi Rhual apprenderà che la fanciulla è Fabiola (Michèle Morgan), figlia di Fabio Severo. Questi viene misteriosamente ucciso quella notte: dell’assassinio vengono falsamente accusati i cristiani. Fabiola avvicina i cristiani nelle catacombe e si convince della loro innocenza. Ma… «Ingiusta ci pare l’accusa di falsi e cartapeste che sarebbero molto evidenti in Fabiola: dove cuoi e metalli, vesti e armamenti, sono spesso autentici, tanto che proprio in tali voci è da ricercare una delle ragioni dell’alto costo del film. La tenacia e lo sforzo che hanno portato a termine questa complessa fatica non sono comuni e fuor di luogo ci appare qualunque immotivata svalutazione di un film che, se mai, non doveva essere fatto, per dare modo ad altri dieci di prenderle il posto» (Mario Verdone).

 

ore 20.00  Incontro con Andreas Gottsmann, Maria Assunta Pimpinelli, Norbert Zimmermann

 

a seguire  Fabiola  di Enrico Guazzoni, (1918, 100′)

Prima riduzione cinematografica del  popolare romanzo del cardinale Wiseman (seguirà nel 1949 l’omonimo film di Alessandro Blasetti),Fabiola viene realizzato nel corso del 1917 dai migliori talenti della scena cinematografica romana. Il regista Guazzoni ha già firmato notevoli film storici dal forte impatto visivo, tra cuiQuo vadis? (1913) eCaius Julius Caesar (1914), mentre il poeta Fausto Salvatori, autore della riduzione scenica, si è già cimentato in “poemi cinematografici” comeChristus di Giulio Antamoro (1916).  I ruoli chiave vengono affidati ad alcuni degli attori più in vista, come Amleto Novelli e Livio Pavanelli, mentre per la parte della protagonista viene scelta l’esordiente diciottenne Elena Sangro. Il film raccoglie in sé, in un’elaborazione scenografica grandiosa, i temi e i personaggi del romanzo, con le drammatiche vicende dei martiri della persecuzione di Diocleziano (Agnese, Cecilia, Pancrazio, Sebastiano) tenute insieme dal filo narrativo della conversione al cristianesimo della protagonista.

Il restauro di Fabiolaè stato realizzato nel 2002, in analogico, a cura della Cineteca Nazionale. Tra gli elementi filmici superstiti sono stati individuati, come materiali di partenza, un negativo nitrato bianco e nero con didascalie italiane, costituito per tre quarti da negativo originale e per il resto da controtipo (un probabile “proto-restauro” realizzato nei primi anni Cinquanta) e il suo duplicato positivo safety, stampato dalla Cineteca Nazionale nel 1968. Una copia positiva d’epoca con imbibizioni, viraggi e didascalie olandesi, messa a disposizione dal Nederlands Filmsmuseum (oggi EYE Film Institute), è stata utilizzata come riferimento per la riproduzione ipotetica delle colorazioni.

Accompagnamento musicale del Duo WeberWendt (fisarmonica e violoncello)

 

15-18 giugno

S-Cambiamo il mondo: Cinema e Culture  (seconda edizione)

Vogliamo un cinema non solo che emozioni, ma che possa offrire spunti di analisi riguardo al sociale, al valore della coesistenza tra le culture e i popoli, che sensibilizzi alla bellezza dell’incontro con altri mondi, al piacere di conoscerli e non solo al dovere di rispettare chi viene da altre terre, da altri riti, da altri miti e religioni.La rassegna organizzata da DUN-Onlus e dalla rivista «EIDOS cinema psyche e arti visive», a cura di Barbara Massimilla, prevede un’alternanza tra proiezioni di film e dialoghi interetnici e interculturali condotti da esponenti, stranieri e italiani, interessati al fenomeno della migrazione e al cinema attraverso uno sguardo psicoanalitico, antropologico, filosofico, socio-politico con la partecipazione di un pubblico multietnico.Quattro sezioni monotematichecoinvolgeranno giovani e adulti di diverse nazionalità, nella condivisione del cinema d’autore centrato sulle narrazioni culturali e sul diritto a migrare. Lo scambio riflessivo servirà a valorizzare e acquisire una maggior consapevolezza della propria identità culturale e di quella dell’altro, oltre i confini delle proprie geografie interiori. Il video/sigla, logo di questa seconda edizione, ispirato liberamente a un frammento d’infanzia di una migrante è della regista Cristina Mantis. 

Rassegna in collaborazione, come la prima edizione, con il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, con il Patrocinio di Amnesty International Italia, Associazione Italiana Psicologia Analitica, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Realizzata con il sostegno di Fondazione Migrantes e A.I.P.A.

Programma a cura di Barbara Massimilla Programma a cura di Barbara Massimilla con la collaborazione di Luigi Vagnetti. Schede di Cecilia Chianese.

 

giovedì 15

Nuove Identità

ore 17.00  Presentazione della rassegna a cura di Barbara Massimilla

 

a seguire Video/Sigla S-Cambiamo il Mondo  di Cristina Mantis

 

ore 17.20  Porto il velo adoro i Queen  di Luisa Porrino (2016, 81′)

A fronte dei sempre maggiori timori nei confronti dell’Islam, Luisa Porrino, dopo aver letto il libro della blogger italo palestinese Sumaya, prima donna musulmana eletta Consigliere al Comune di Milano, ha deciso di intraprendere un viaggio di conoscenza e scoperta dell’Islam al femminile. Tre giovani donne, tra le quali Sumaya, l’italo tunisina Takoua e il medico psichiatra residente a Trento Batul, raccontano la realtà sfaccettata e completamente ignorata dai media italiani dell’essere donne lavoratrici, intraprendenti e moderne e di portare fieramente il velo vivendo in Italia da nuove italiane. Tramite i racconti delle tre protagoniste, che con intelligenza, ironia e coraggio raccontano delle difficoltà a farsi accettare da società civile e istituzioni come italiane a tutti gli effetti, il documentario approfondisce anche temi delicati che infiammano il dibattito tra il mondo occidentale e musulmano. Una testimonianza preziosa che ci ricorda che la conoscenza e l’incontro sono le uniche armi contro la violenza e l’islamofobia crescenti.

 

ore 18.50  Napoletani en Barcelona  di Marco Rossano (2014, 66′)

Protagonisti del documentario del regista e sociologo Marco Rossano sono i napoletani risiedenti nella Catalogna. Migranti di oggi come di ieri, i napoletani in Spagna formano parte dei movimenti migratori transnazionali che caratterizzano il nostro contemporaneo, ma a differenza del passato possono avvalersi delle nuove tecnologie e dei mezzi di trasporto più veloci ed economici per mantenere un legame con la terra d’origine, che viene costantemente alimentato e rielaboratoall’interno del nuovo contesto, dando vita in tal modo ad un inedito mix di culture.

 

ore 20.00  Dialogo interculturale con Suranga Deshapriya, Katugampala, Celestino Victor Mussomar, Marco Rossano, Chiara Tozzi

 

ore 20.45  Per un figlio  di Suranga Deshapriya Katugampala (2016, 75′)

L’opera prima di Suranga D. Katugampala ci mostra uno spaccato di vita estremamente contemporaneo quanto ignorato: la vita di Sunita, badante srilankese che, pur vivendo in Italia ormai da molti anni, stenta a sentircisi a casa, e di suo figlio, che al contrario non riconosce le proprie origini e prende le distanze da sua madre e dalle sue radici. Un racconto di solitudine e incomunicabilità che ci apre una finestra per confrontarci con realtà che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, troppe volte tendiamo a non osservare.

 

ore 22.00 El futuro Perfecto  di Nele Wohlatz (2016, 65′)

Vincitore del premio alla miglior opera prima al Festival di Locarno, El Futuro Perfectoè un delicato racconto di solitudine e straniamento, che ci mostra l’arrivo in Argentina della diciassettenne cinese Xiaobin. Senza saper proferire una parola in spagnolo, la ragazza si trova inserita in un contesto nuovo, dove dovrà ricominciare da zero e creare nuovi affetti. Dopo pochi giorni Xiaobin è diventata Beatriz, da lì in poi si avvierà un turbinio di nuovi eventi: l’iscrizione alla scuola di lingua, il lavoro al supermercato cinese, l’incontro con il ragazzo indiano Vijiay…

Anteprima nazionale Versione originale con sottotitoli italiani

 

venerdì 16

Culture ed echi del Femminile

ore 17.00  Video/Sigla S-Cambiamo il Mondo  di Cristina Mantis

 

a seguire La sposa bambina  di Khadija Al Salami (2014, 99′)

Vincitore del premio per il miglior film al Festival di Dubai nel 2014, La Sposa Bambinaè tratto dal romanzo parzialmente autobiografico scritto a quattro mani dalla giovane yemenita Nojoud Ali e dalla giornalista Delphine Minoui, che hanno poi passato il testimone a Khadija Al Salami, che in tal modo è diventata la prima regista donna a girare (clandestinamente) un film nello Yemen. Come suggerisce il titolo originale del libro e del film, I am Nojoud, age 10 and divorced, quello della piccolissima Nojoud è uno dei tanti drammatici racconti di vita e di cronaca che mostrano le bambine yemenite date in spose in cambio di minime doti a uomini adulti; e tutto ciò nel rispetto delle usanze e tradizioni tribali della nazione. In questo caso il racconto a lieto fine della piccola Nojod ci porta a soffermarci sulle migliaia di bambine che non hanno avuto la sua fortuna: morte per parti prematuri o per emorragie interne, o segnate da traumi per tutta la vita.

 

ore 18.50  Vulcano  di Jayro Bustamante(2015, 100′)

Il primo lungometraggio del giovanissimo regista guatemalteco Jayro Bustamante è un racconto semi-documentaristico sulla vita della comunità maya, che vive alle pendici di un vulcano, lavorando la terra e mantenendosi fedele alle proprie radici culturali, tanto da parlare unicamente la loro lingua di origine. Dopo aver girato un corto in Francia, Bustamantetorna ai propri luoghi di origine approcciando una realtà che conosce bene, avendo vissuto in tale regione del Guatemala fino ai quattordici anni. L’idea del film nasce dopo un lungo lavoro antropologicodi incontri, dialoghi, documentazione con la popolazione locale, che ha narrato e denunciato al regista ciò che in seguito è stato “messo in scena”, tramite l’utilizzo di attori non professionisti.Il film racconta dell’adolescente Maria, figlia di braccianti, “promessa sposa” di un proprietario terriero. Purtroppo per lei, la ragazza non sembra volersi accontentare della vita che le è stata imposta, e si invaghisce di Pepe, un bracciante con cui lavora nei campi di caffè, e che la affascina per i suoi racconti sugli Usa, dove è stato e vorrebbe tornare. Seducendo Pepe, Maria commette un erroredicui pagherà fino in fondo le conseguenze. Dopo essersi focalizzato unicamente sulla comunità maya, Bustamante mostra come la modernità e la “civiltà” irromperanno nella vita di Maria, imponendo il loro volere e costringendola a una tragica rinuncia. I secoli passano, ma l’approccio prevaricatorio dei “conquistatori” rimane, sembra suggerire il film, che si sviluppa seguendo un percorso inizialmente prevedibile, ma che nel finale stupisce per la violenza inaspettata subita dalla giovane protagonista.

 

ore 20.40  Dialogo interculturalecon Stefano Carta, Ugoma Francisco, Sonya Orfalian, Habte Weldemariam

 

a seguire Appena apro gli occhi – Canto per la libertà  di Leyla Bouzid (2015, 102′)

Tunisi 2010. Quella che i media occidentali hanno definito come la primavera araba è alle porte e l’adolescente Farah ne incarna suo malgrado le istanze, per la semplice ragione di cantare in una band che esprime i disagi della sua nazione, nonché nel non voler nascondere le proprie passioni e rifiutare altri percorsi al di fuori da quelli da lei decisi. L’abilità della giovane regista LeylaBouzid risiede tra le altre cosenella rappresentazione degli effetti dirompenti della repressione politica sulle vite delle persone, mostrati senza tradire le richieste di fondo nel voler rappresentare in maniera intima e realistica la giovane protagonista, che, come ogni altra ragazza della sua età, sogna, ama e vive.

 

sabato 17

Lutto e Culture

ore 17.00  Video/Sigla S-Cambiamo il Mondo  di Cristina Mantis

 

a seguire  Polvere di Kabul  di Morteza Khaleghi (2013, 12′)

Classe 1995, Morteza Khaleghi è giunto giovanissimo in Italia dall’Afghanistan con lo status di rifugiato politico e al suo arrivo si è iscritto alla scuola di cinema Roberto Rossellini. Il suo documentario Polvere di Kabulha vinto il Premio Mutti come Miglior opera prima. Girato con un telefonino, narra l’esodo di alcuni giovanissimi dalla loro terra d’origine verso il Mediterraneo.

 

ore 17.20  Dialogo interculturale con Don Pierpaolo Felicolo, Clementina Pavoni, Filippo Strumia

 

ore 18.00  Departures  di Yojiro Takita (2008, 130′)

Divenuto per caso nokanshi (maestro addetto alla preparazione delle salme prima della cremazione), il violoncellista Daigo vede spalancarsi davanti ai suoi occhi una realtà che gli era precedentemente ignota. Nonostante venga biasimato per l’assurdità della sua occupazione, scoprirà nel rituale della preparazione dei defunti un’inaspettata dolcezza, compiendo questo gesto d’amore estremo con una dignità tale da scoprire, per poi poter condividere con i suoi cari, l’unicità di un simile momento. Departures è stato premiato con l’Oscar al Miglior film in lingua straniera nel 2009.

 

ore 20.30  Hotel Salvation  di Shubhashish Bhutiani (2016, 102′)

Un sogno nefasto convince il settantasettenne Dayanand Kumar che la sua fine è vicina. Comunica la notizia al figlio Rajiv, dicendogli che desidera morire nella città santa di Varanasi e terminare così il ciclo delle rinascite, ottenendo la salvezza. Da figlio devoto qual è, Rajiv non ha altra scelta che lasciare tutto e mettersi in viaggio con il padre testardo. Daya e Rajiv prendono una camera presso il Mukti Bhawan (Hotel Salvezza) di Varanasi, una pensione per chi vuole morire nelle città santa. Ma col passare dei giorni Rajiv trova sempre più difficile destreggiarsi con i suoi impegni a casa, mentre Daya comincia a rifiorire. Rajiv concede a suo padre l’opportunità di salvarsi, ma, mentre i loro legami familiari vengono messi alla prova, il figlio si trova combattuto, e non sa che fare per tenere insieme i pezzi della sua vita. «La cosa ironica – afferma il giovane regista – è che non è un film sulla morte, ma sulla vita, e sui rapporti che ci rendono ciò che siamo, in una città che a volte vede la morte come una parte del suo tessuto e a volte come una celebrazione».

Anteprima nazionale Versione originale con sottotitoli italiani

 

domenica 18

Confini e difficili coesistenze

ore 17.00  Video/Sigla S-Cambiamo il Mondo  di Cristina Mantis

 

a seguire Incontro con Cristina Mantis

 

ore 17.30  Dheepan – Una nuova vita  di Jacques Audiard (2015, 109′)

Il film di Jacques Audiard narra di sradicamento ed esilio, attraverso immagini evocative e una narrazione densa, che ci pone di fronte alla complessità dell’esperienza dei profughi costretti a fuggire dallo Sri Lanka a causa del conflitto tra le forze governative e le Tigri del Tamil. Il protagonista, ex guerrigliero Tamil, riesce a emigrare dal suo paese acquisendo l’identità e il passaporto di una persona deceduta e “fingendo” di avere una famiglia, che viene inventata, accompagnandosi a una donna che si chiama Yalini e a una bambina, in modo da poter con più verosimiglianza rientrare nella condizione di rifugiati. Dheepan trova casa e lavoro in una banlieue parigina. È il custode di un condominio di una periferia che si rivela essere un territorio dominato da bande delinquenziali in guerra tra loro. Le bande, che hanno una conformazione multietnica, si muovono in una zona “franca”, che è emarginata e, allo stesso tempo, un luogo dove regnano regole “autoctone” e autoreferenziali. Yalini si trova a lavorare come “badante” del padre di un piccolo boss locale, che esprime, insieme alla sua violenza intrinseca, una fragilità che lo espone a un destino in qualche modo già segnato e che gli consente qualche, se pur flebile, barlume di umanità nel rapporto con lei. In ogni caso una nuova vita attende i nostri tre familiari…

Versione originale con sottotitoli italiani

 

ore 19.30  Dialogo interculturale con Gianluigi Di Cesare,Chiara Fortuna, Filomeno Lopes, Mukuna Samulomba Malaku, Paolo Masini, Riccardo Noury

 

ore 20.45  Geumul  di Kim Ki-Duk (2016, 114′)

Presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2016, Geumulci mostra la vita del pescatore Nam Chul-woo, che conduce una vita tranquilla con la moglie e la figlia in Corea del Nord. Nonostante il contesto in cui si trova, sembra addirittura felice grazie al calore degli affetti familiari. Una mattina a causa di un guasto al motore della sua barca, va alla deriva e sconfina in Corea del Sud. Preso in custodia, viene sottoposto a una serie di brutali indagini. È una spia? Forse. Appurato il contrario, il pescatore potrà tornare a casa? Difficile, visto che lo scopo della democratica Seoul è quello di “liberare” i cittadini dalla dittatura di Kim Jong-un. Ma il pescatore non ha nessuna intenzione di abbandonare la sua famiglia e le tentazioni e comodità del mondo capitalistico non lo stuzzicano affatto. Purtroppo però è oramai entrato nella “rete” e non sarà facile uscirne.

Anteprima nazionale Versione originale con sottotitoli italiani

 

20-23 giugno

Fred Bongusto e il cinema

«Alfredo Carlo Bongusto, in arte Fred, è il cantante confidenziale per antonomasia assieme a Peppino di Capri e Bruno Martino. Voce ombrosa, stile intimistico e sornione, sussurro alla Nat King Cole, la fortuna di Fred Bongusto è legata alle sale da ballo degli anni Sessanta, night club d’inverno e “rotonde sul mare” d’estate. Il boom economico fa scoprire agli italiani il piacere delle vacanze e con esse anche il piacere di farsele raccontare in musica da Fred, che con taglio minimalista, spesso delicato e romantico, talora impertinente o ironico, narra – e continuerà a narrare nel corso dei tre decenni successivi – storie d’amore nate sulle spiagge assolate, o al suono dei juke-boxe, o nelle balere, fra orchestrine e cieli stellati. Storie estive il più delle volte effimere, destinate a terminare alla fine della stagione, tra nostalgia per ciò che si è vissuto e attesa di altre estati e di nuovi flirt. L’evergreen Una rotonda sul mare, i classici Doce doce, Frida, Malaga, Questo nostro grande amore, Tre settimane da raccontare, La mia estate con te, Balliamoe le irriverenti Spaghetti a Detroite Quando mi dici così, tra le altre, sono state e continuano ad essere la colonna sonora delle migliori estati della nostra vita, di chi le ha vissute realmente e di chi le ha solo immaginate. Bongusto si è però prodotto in colonne sonore non esclusivamente metaforiche: ha musicato una trentina di film, collaborando con Dino Risi (Il tigre, Sesso e volentieri), Romolo Guerrieri (Un detective, Il divorzio), Alberto Lattuada (Venga a prendere il caffè da noi, Bianco, rosso e…, Le farò da padre, Oh, Serafina!, La cicala), Salvatore Samperi (Malizia, Peccato veniale, Fotografando Patrizia, Malizia 2000), Pasquale Festa Campanile (Conviene far bene l’amore), Neri Parenti (Fantozzi contro tutti, Fracchia la belva umana, Superfantozzi) e Gabriele Salvatores (Kamikazen – Ultima notte a Milano). Un aspetto della poliedrica attività artistica del cantante e compositore molisano messo in ombra dalla sua produzione canzonettistica e mai valorizzato. A torto: …e se fossimo difronte a un Burt Bacharach italiano?» (Andrea Schiavi).

Rassegna a cura di Andrea Schiavi

 

martedì 20

ore 17.30  Contestazione generale  di Luigi Zampa (1969, 126′)

Film a episodi che riconduce la contestazione nei canoni rassicuranti della commedia all’italiana con Gassman incontenibile regista d’avanguardia, Manfredi alle prese con un capitalista creato da Benvenuti e De Bernardi a immagine e somiglianza di Angelo Rizzoli, Sordi ingenuo prete di campagna, alle prese con il modernismo di Don Roberto, interpretato da Salerno. Dall’università al mondo del lavoro, dalla televisione al mondo ecclesiastico una fragile contestazione generale.

 

ore 20.00 Conviene far bene l’amore  di Pasquale Festa Campanile (1975, 106′)

«Il film, scritto e diretto dallo stesso regista, è la trasposizione cinematografica del suo romanzo. Molto originale l’idea di base che propone, come rimedio alla crisi energetica: una clamorosa scoperta da parte di un eccentrico scienziatoottenuta conl’atto sessuale di due volontari che riescono a far scaturire energia. Nel film appaiono, accanto all’istrionico protagonista Gigi Proietti e a una affascinante Adriana Asti, due giovanissime attrici poco più che ventenni: Eleonora Giorgi e Agostina Belli. Il film può essere catalogato come una commedia erotica con elementi fantascientifici debitrice delle teorie di Wilhelm Reich, autore di La funzione dell’orgasmo» (Pintaldi-Ravaioli).

 

mercoledì 21

ore 17.00 Al piacere di rivederla  di Marco Leto (1976, 102′)

«La morte per presunto suicidio di Cesare Bonfigli, capo di una famiglia emiliana i cui membri sono tutti coinvolti in affari illeciti di enti immobiliari e assistenziali, induce il Ministero a inviare sul posto il funzionario Mario Aldara, ex commissario e, vent’anni prima, fidanzato di Viviana, la vedova del suicida. Aldara non tarda a scoprire la vita corrotta dei Bonfigli e i relativi interessi nell’omicidio del congiunto» (cinematografo.it). «La colonna sonora è di Bongusto e, al tempo stesso, il cantante molisano è una presenza interna alla sceneggiatura: il commissario protagonista del film, interpretato da Ugo Tognazzi, si mette ad ascoltare La mia estate con te(uno dei maggiori successi del 1976, anno di uscita del film) al jukebox, apprezzandola» (Schiavi). Con Françoise Fabian, Miou-Miou, Alberto Lionello, Paolo Bonacelli.

 

ore 19.00 Il divorzio diRomolo Guerrieri (1970, 100′)

«L’ingegnere Leonardo (Gassman), separatosi dalla moglie (Moffo), crede di ritrovare la libertà tra una hippie (Lange) e una collega assatanata (Ekberg), desiderosa (già nel lontano ’69) di esperienze scambiste: si ritroverà solo, e imparerà a fare i conti con la propria pochezza. La commedia all’italiana si guarda allo specchio e non riesce più neanche a pronunciare l’assoluzione, mentre la società sta cambiando e i giornali annunciano la battaglia parlamentare per il divorzio (la legge Fortuna-Baslini venne approvata nel novembre 1969). Abbastanza impietoso nel mettere alla berlina l’italiano falsamente liberato e finto-progressista, il film di Guerrieri […] tocca una malinconia e una disillusione sincere. Primo film della Cassini e di Momo (che interpreta il figlio di Gassman)» (Mereghetti).

 

ore 20.45 Incontro moderato da Andrea Schiavi con Fernando Fratarcangeli, Romolo Guerrieri, Nicola Vicidomini

 

a seguire  Malizia di Salvatore Samperi (1972, 99′)

Capostipite di tutta la futura commedia sexy anni ’70, Maliziarappresenta l’abbandono da parte di Samperi dei temi della contestazione, per seguire in modo realistico e accurato gli amori di un adolescente con la propria futura matrigna all’interno della provincia, set ideale di tante commedie all’italiana del bel tempo che fu.

 

giovedì 22

ore 17.00 Peccato veniale  di Salvatore Samperi (1974, 100′)

«La famiglia di Sandro, sedicenne pruriginoso, si trova in Versilia per le vacanze balneari. Il padre è un colonnello in pensione e adocchia le servotte, la moglie lo indispettisce e bada soltanto al cagnolino, anziché al figlio. Il fratello di Sandro, Renzo, ha condotto la moglie Laura presso i propri genitori e va e viene dalla città, secondo gli impegni di lavoro. Sandro sfoglia riviste erotiche, legge libri pornografici va a spiare gli amanti nelle cabine, sbircia le signore che si abbronzano sulla spiaggia e fuma di nascosto. Giunta Laura, il giovanotto rimane dapprima infastidito, poi turbato, quindi sconvolto e sempre più deciso a farsi valere presso la provocante cognatina» (cinematografo.it).Con Alessandro Momo, Laura Antonelli, Lino Banfi, Dominique Boschero, Monica Guerritore, Lino Toffolo.

 

ore 19.00 Fracchia la belva umana  di Neri Parenti (1981, 100′)

Il geometra Fracchia viene arrestato dalle forze dell’ordine che lo credono il pericoloso bandito soprannominato “la belva umana”. Scoperto di essere malauguratamente un sosia, riceve un lasciapassare che attesta la sua vera identità. Ma, tornato a casa, trova ad attenderlo proprio “la belva umana” che gli ruba il prezioso “documento”. «La differenza tra Fantozzi e Fracchia (Fracchia nasce prima, in televisione) è che il primo è un po’ marionetta, il secondo un caso patologico. La storia di Fracchia è la storia di una nevrosi effettiva nei confronti di ogni tipo (le donne, i superiori, ecc.) che si manifesta con i tic (contrazioni spasmodiche, afonia per tensione delle corde vocali fino al marasma, la sudditanza verso i potenti e l’arroganza con i sottoposti). […] Mi ha scritto un grande psichiatra, direttore di un manicomio, spiegandomi che i sintomi di Fracchia sono identici a quelli di certi suoi pazienti» (Villaggio).

 

ore 21.00  Fantozzi contro tutti  di Paolo Villaggio e Neri Parenti (1980, 95′)

«Sempre alla prese con i soliti problemi in ufficio (comprese le “uscite” che assumono caratteristiche apocalittiche), il ragioniere più sfortunato del mondo cerca consolazione in squallidi programmi televisivi notturni, non potendo averla da una moglie ben poco attraente e da una figlia mostruosa. Sul posto di lavoro deve sottostare ad ogni genere di angheria, compresa l’imposizione a partecipare ad improbabili gare ciclistiche e alle solite gite aziendali (stavolta a Ortisei)» (Poppi).

 

venerdì 23

ore 17.00 La cicala di Alberto Lattuada (1980, 101′)

Una bella donna sui quaranta, ex cantante e prostituta, ha sposato un brav’uomo, titolare di una stazione di servizio. Convinta di essere ormai sistemata, prende con sé la figlia adolescente, ma costei nell’ambiente si guasta. Rivaleggia in amore con la madre, fino a rubarle il marito. David di Donatello a Virna Lisi come miglior attrice.

 

ore 19.00 Sesso e volentieri  di Dino Risi (1982, 101′)

«Una decina di mini-episodi con un solo denominatore comune, un erotismo divertente e sdrammatizzato, compongono questo film diretto da un Dino Risi che torna al genere leggero di sesso matto. […] L’eccessiva brevità degli episodi agli occhi di qualcuno può essere un difetto: impedisce al regista di sfruttare in pieno gli spunti comici offerti. Secondo noi tale brevità, data l’inconsistenza dell’intreccio, spesso ha invece il merito di salvare il film. In questa brillante e futile opera minore la sorpresa più piacevole è l’imprevisto. Infatti gli sketches, pur rientrando nel repertorio già consolidato della commedia all’italiana, si risolvono per lo più in gradevoli e inattesi ribaltamenti di situazioni» (Broggiato).

 

ore 21.00 Kamikazen– Ultima notte a Milano  di Gabriele Salvatores (1987, 104′)

«A Milano, il piccolo manager Tony Corallo – dopo aver perso per l’ennesima volta alle corse – organizza una truffa ai danni del gruppo di attori non professionisti che rappresenta. Dopo averli convocati nel suo ufficio, annuncia la grande occasione che è riuscito a procurare loro: potranno esibirsi in uno spettacolo a cui assisterà un talent-scout alla ricerca di nuovi comici per la trasmissione Drive In. In cambio, ognuno di loro dovrà dargli un rimborso spese di 100.000 lire. Gli aspiranti comici, per sbarcare il lunario, sono costretti a fare tutti un altro lavoro: Walter Zappa porta i bagagli alla stazione; due gestiscono una modesta trattoria, un altro lavora ai mercati generali e l’ultimo, Vincenzo, ha una sala giochi. Tutti sono convinti che questa sia la loro grande occasione e, in attesa della serata, trascorrono ore agitate, vivendo strane avventure…» (cinematografo.it).Con Paolo Rossi, Silvio Orlando, Claudio Bisio, Gigio Alberti.

 

 

Date di programmazione