CSC-Cineteca Nazionale. Dal 24 al 31 gennaio, al cinema Trevi, la rassegna Strane storie. Uno sguardo sul cinema italiano degli anni 90 (prima parte)
23 Gennaio 2017 - 23 Gennaio 2017
Cineteca Nazionale – Centro Sperimentale di Cinematografia
Dal 24 al 31 gennaio, al cinema Trevi, la rassegna “Strane storie. Uno sguardo sul cinema italiano degli anni ’90” (prima parte)
Giovedì 26 gennaio, alle 20.45, incontro moderato da Raffaele Meale con Gianluca Arcopinto, Felice Farina, Giuseppe M. Gaudino, Massimo Gaudioso, Francesco Ranieri Martinotti, Enzo Monteleone, Eros Puglielli
«Cosa hanno rappresentato gli anni Novanta per il cinema italiano, e perché con tanta facilità sono stati relegati in un cantuccio, quasi la produzione di quel decennio dovesse essere rimossa, cancellata, o comunque sbiadita nella memoria? Non è semplice ridurre dieci anni di produzioni e di narrazioni in diciannove film, e il rischio è sempre quello di creare ulteriore confusione. Nell’affrontare quel periodo storico, facendolo rivivere sullo schermo del Cinema Trevi, si è dunque presa una decisione drastica: tentare di donare nuova (e forse più fortunata) visibilità a opere che rischiano oramai di essere quasi completamente dimenticate. Nella settimana di proiezioni non ci sarà dunque spazio per i grandi autori del passato comunque attivi sul finire del millennio (Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Mario Monicelli, Ettore Scola, Dino Risi, Michelangelo Antonioni, Liliana Cavani) né per i registi la cui formazione si sviluppa in pieno nel corso del decennio precedente – fa eccezione Condominio di Felice Farina, a suo modo decisivo nel cogliere alcune istanze espressive della produzione anni Novanta. Nel prediligere dunque registi che hanno avuto modo di esordire proprio nel corso del decennio, si è poi optato per riscoperte critiche, casi produttivi emblematici e bizzarrie perdute nel tempo: anche gli autori già all’attivo nel decennio, ma che troveranno piena maturità negli anni duemila, sono stati lasciati in secondo piano, come dimostrano le assenze di Matteo Garrone ed Edoardo Winspeare. Questo non ha impedito ovviamente dolorose rinunce, come i film di Davide Manuli, Ciprì & Maresco, e Claudio Caligari, assurti comunque nel corso degli anni al ruolo di registi di culto. L’obiettivo dichiarato è dunque quello di togliere la polvere dagli scaffali in cui è stato rinchiuso il cinema italiano degli anni Novanta, cercando di dimostrarne la vitalità e soprattutto l’unicità. Un cinema che non ha padri e non ha generato figli, a parte coloro che esordirono proprio in quegli anni. Un cinema a suo modo “orfano”, solitario e inclassificabile, dotato di un coraggio produttivo che nel corso degli anni si è fatto sempre più fievole e impalpabile: chi darebbe vita oggi a follie anarcoidi come il film di Rezza/Mastrella, quello di Eros Puglielli (enfant prodige dell’epoca), o a schegge incontrollate – e controllatissime – come Il caricatore o Nella mischia? Sperando ovviamente di riuscire a tornare sull’argomento, per ampliare il discorso e completarlo. Buona visione» (Raffaele Meale).
Rassegna a cura di Raffaele Meale
martedì 24
ore 18.00 Mille bolle blu di Leone Pompucci (1993, 85′)
Roma. Estate 1961. In un grande condominio popolare della Capitale alcuni personaggi vivono, nell’arco di due giornate, un momento particolare della loro vita, un “appuntamento” col destino che potrebbe cambiare il corso della loro esistenza. «Bozzetti, ritrattini verosimili, redatti con gran ritmo, furberia e attenzione agli usi e costumi italiani d’epoca: la Seicento, Granada cantata da Claudio Villa, le Kessler sgambettanti con le calze Omsa, il Cinzanino, lo Yomo blu e così via carosellando. Lo spunto del casermone non è nuovo, ci sono precedenti illustri anche letterari come il capolavoro di Perec La vita istruzioni per l’uso e Il fabbricone di Testori, oltre al film di Felice Farina Condominio. Pompucci si distingue per la voglia di raccontare storie, curiosità e spigolature non causali, è uno che ci sa fare con i Mostri italiani e rifiuta la “nostalghìa”» (Porro).
ore 20.00 Condominio di Felice Farina (1991, 100′)
Assumendo l’incarico di amministratore di un enorme condominio in un popoloso quartiere romano – quattro scale e quattrocento alloggi – il “ragionier” Michele Marrone (Carlo Delle Piane), che lì si è trasferito con la moglie Irene (Leda Lojodice) e le due figlie, Mariella (Fausta Maria Rigo) e Benedetta (Laura Muccino), neppure immagina in quale pantano è andato a finire: sparito nel nulla, ma con la cassa, il suo predecessore inerte e imbroglione; bollette condominiali inevase, proprietari ed inquilini morosi e, soprattutto, gente litigiosa e riottosa. «Il film non fatica troppo a convincere perché, tenendo soprattutto ad essere il classico “spaccato di vita”, vi approda poi, con mezzi semplici ma, nella loro immediatezza, anche fini e concreti. Con il gusto della verità. Un piccolo film, ma con molti meriti» (Rondi).
mercoledì 25
ore 17.00 Libera di Pappi Corsicato (1993, 83′)
Film a episodi su tre donne, Aurora, Carmela e Libera, che nasce e si sviluppa attorno al cortometraggio che dà il titolo all’intera opera. Storie di tradimenti, di passioni che rinascono, di complessi rapporti materni, di sguardi interiori e di dolorose scelte esteriori… «Con una rappresentazione che, senza tradire le sostanze di “napoletanità” e soprattutto senza distrarsi da serie tematiche sociali come droga, prostituzione e lotta di sopravvivenza, mantiene una certa coerenza di stile fra le parti facendo convivere dramma e melodramma, satira e sceneggiata, beffa acida e folklore in abili congegni narrativi cui spesso l’assurdo e il surreale si pensa spesso anche a Pedro Almodóvar lasciano un segno preciso e in qualche modo distintivo» (Trionfera).
ore 19.00 Morte di un matematico napoletano di Mario Martone (1992, 108′)
La figura di Renato Caccioppoli, illustre ed eccentrico matematico, raffinato pianista, nipote di Bakunin e militante comunista, viene liberamente ricostruita sulla base delle testimonianze di chi lo aveva conosciuto. O, meglio, essa viene delineata con la descrizione della sua ultima settimana di vita fino al suicidio e al successivo funerale. Il personaggio affiora attraverso una trama di comportamenti, dettagli, frasi appena accennate, che ne rivelano brandelli di passato senza mai troppo spiegare. Ma è soprattutto in relazione a Napoli, città-personaggio, al contempo spazio dell’anima e complessa realtà storica e umana, che il ritratto si struttura.
ore 21.00 Giro di lune tra terra e mare di Giuseppe M. Gaudino (1997, 125′)
«Un film fuori del comune, molto interessante, uno degli ormai rarissimi film che tentino una sperimentazione espressiva, nuovi linguaggi, modi diversi di raccontare. […] Come un Carmelo Bene non sarcastico o uno Straub non ieratico Gaudino mescola il presente difficile di Pozzuoli devastata dal bradisismo e il suo passato leggendario, dal 538 avanti Cristo al 1984. Unisce la narrazione realistica […] a immagini sfaldate, strappate e aggrumate che vogliono rispecchiare il caos e la decostruzione contemporanei. Gli interpreti sono perfetti, il tentativo di raccontare l’anima instabile di Pozzuoli è molto riuscito: il film trascina lo spettatore duttile come un fiume d’acqua o di lava, avvolgente o ardente» (Tornabuoni).
giovedì 26
ore 17.00 Quattro figli unici di Fulvio Wetzl (1992, 103′)
Virginia (Mariella Valentini), una giornalista trentatreenne divorziata dal marito Ennio (Ivano Marescotti), dirigente di un’azienda di computer, il quale le ha affidato, insieme alla loro figlia Micol di 12 anni (Ginevra Colonna), anche il sedicenne Paolo (Fabio Iellini), nato dal suo primo matrimonio, ospita spesso il proprio compagno Giorgio (Roberto Citran), un trentenne aspirante sceneggiatore, piuttosto immaturo, e privo di lavoro. Quando Virginia scopre che Paolo non ha dormito a casa, apprende da Micol che ciò accade da tre notti, e, chiesto l’aiuto di Giorgio, cerca invano fra compagni di scuola, discoteche, sale giochi e collina del motocross, apprendendo soltanto che Paolo (certamente scappato di casa) ha con sé un milione.
ore 19.00 Il caricatore di Massimo Gaudioso, Eugenio Cappuccio, Fabio Nunziata (1996, 95′)
«Cinema e vita. Cinema fai da te. Film nel film. Commedia all’italiana, stra-riveduta e corretta, eccentrica, stravolta. Sarebbe un errore di valutazione e una leggerezza imperdonabile, scambiare Il caricatore per un prodotto d’intrattenimento, per un divertito gioco sul (e con il) cinema. La vicenda dei tre protagonisti, tre dropouts del mondo della celluloide, tre sognatori precari del sottobosco cinematografico romano che cercano disperatamente di girare il loro primo film e si sottopongono ad ogni sorta di umiliazione e compromessi non è solo una sgangherata serie di sketches, né una caricatura. Ma anzi un film che, via via, va impregnandosi di uno spleen più intenso, di un sottotesto quasi cupo, di un discorso sul tempo che passa, si deteriora, si estingue. Popolato di zie, parenti e amici, intercalato dalle musiche indovinatissime di Daniele Sepe, ambientato tra una Roma off e periferica e una Foce Verde tristissima, il film ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo cult, un Clerks tutto italiano» (Bo).
ore 20.45 Incontro moderato da Raffaele Meale con Gianluca Arcopinto, Felice Farina, Giuseppe M. Gaudino, Massimo Gaudioso, Francesco Ranieri Martinotti, Enzo Monteleone, Eros Puglielli
a seguire Dorme di Eros Puglielli (1994, 75′)
Ruggero (Cristiano Callegaro), diciottenne della periferia romana, lasciato dalla fidanzata Anna (Anna Bastoni) perché è troppo basso non si rassegna e continua a telefonarle. Ogni volta gli viene risposto: «Anna dorme». Decide allora di andare insieme all’amico Michele (Alessio Muzi) ad aspettarla sotto casa, ma deve inoltrarsi nel quartiere delle Case popolari presidiato dai famigerati fratelli Riccio (Federico Calisti). «Onore a questo piccolo cult movie, dunque, che anni luce da Moccia prendeva il “basso” Ruggero e il mantra “Anna dorme” di una storia d’amore finita per gettare uno sguardo trash e autarchico su case popolari e fratelli (i, anzi, il Riccio) psicopatici, slang di borgata e surrealismo alla mano. Artigianale e perfettibilissimo, ma quanta canaglia nostalgia» (Pontiggia).
venerdì 27
ore 17.00 Nella mischia di Gianni Zanasi (1995, 93′)
«Classe 1965, studi al Centro Sperimentale l’esordiente Zanasi è di Vignola, in quel di Modena, e si sente. Nel suo film ci sono tracce di follia zavattiniana, mescolate all’indifferenza, alla finta furbizia, alla rassegnazione romane. Una Roma definitivamente (ma non tragicamente) post-pasoliniana. Omologata, ingenua, ma ancora capace d’invenzione, anche se l’imbarbarimento avanza e i micro-borghesi di oggi sono più sprovveduti dei sottoproletari di una volta. Alla fine del film un ragazzo che si è perso il fratellino (è andato a vedere il mare, come Léaud nei Quattrocento colpi di Truffaut), è così impaurito che non suona alla porta di casa ma a quella dei vicini, sui quali scarica un fiume irrefrenabile di parole. È forse la scena più bella del film, la più scoperta. Una richiesta di dialogo, buffa e disperata, obliqua e insinuante. Cinema, insomma» (Ferzetti).
ore 19.00 Cous Cous di Umberto Spinazzola (1996, 90′)
Una giovane band multietnica, i Cous Cous, sempre alla ricerca di un luogo dove provare e suonare. Ma il loro acid jazz non è gradito e così i Cous Cous vengono sistematicamente cacciati da tutto e tutti. Si trasferiscono allora presso la baracca di un fratello di Evelina, anziana ottuagenaria componente della band; questo precario locale viene però abbattuto per fare posto ad un’autostrada in costruzione. I musicisti riprendono a vagare in cerca di un altro spazio. Forse Isaia è la loro ultima speranza…«Il film è un piccolo omaggio ad uno dei maestri del Cinema che amo di più: Aki Kaurismaki. È anche un inno alla libertà della musica e di tutti i musicisti» (Spinazzola). Con Toni Bertorelli e Philippe Leroy.
ore 21.00 Il verificatore di Stefano Incerti (1995, 74′)
Crescenzio, impacciato verificatore per l’azienda napoletana del gas, è innamorato di una ragazza timida che lavora in un laboratorio con suo fratello, tipo ben più intraprendente. Anche il proprietario del laboratorio è invaghito della ragazza, ma ha mire meno nobili… «Il personaggio del verificatore è stato scritto su misura per Antonino Iuorio che proviene dal teatro come gli altri attori dei film (in testa un sordido Renato Carpentieri, proprietario maneggione della ditta per cui lavora la ragazza amata dal protagonista). La nuova drammaturgia napoletana, che ha preceduto di un decennio la nascita del cinema partenopeo – oggi il più vitale della penisola – ha contribuito in modo determinante a formare una nuova generazione di attori: è il serbatoio a cui puntualmente attingono, ora, i cineasti. E la fisicità del teatro partenopeo si è travasata, con gli attori, nel cinema» (Jandelli).
sabato 28
ore 17.00 La vera vita di Antonio H. di Enzo Monteleone (1994, 94′)
L’attore Antonio Hutter (Alessandro Haber) recita, in un teatro decadente e con l’ausilio di un nastro registrato con applausi, la sua vita: figlio di un ebreo-romano assai tollerante e di una bolognese cattolica, vive l’infanzia in Israele, dove durante la sua prima apparizione teatrale esordisce facendosi la pipì addosso. Trasferitosi a Verona, è sommerso dall’onda dei film sexy anni ’60. A scuola va malissimo, tanto che il padre gli compra la licenza media. Affascinato dal cinema si esalta nel vedere il successo di Dustin Hoffman nel film Il laureato: anche lui come il protagonista non è un tipo aitante. Nel ’68 e negli anni di piombo, mentre una delle sue donne addirittura ospita dei terroristi, lui pensa solo al cinema, e decide di trasferirsi a Roma, dove ritrova un ex compagno d’armi e sollecita registi e produttori per ottenere una qualsiasi particina, importunando persino Godard e Welles. «Resta un film eccessivo e bizzarro con grandi momenti di culto, quello con la De Sio in terrazza, i Taviani, Bertolucci, che tagliò il suo ruolo in Il conformista, Nanni Loy, Marcello Mastroianni, Gabriele Salvatores. Monteleone definisce il suo film “Un finto documentario, una biografia immaginaria (a metà)”. È il nostro Forrest Gump… Soprattutto è il nostro cinema o quello che ci meritiamo» (Giusti).
ore 19.00 Escoriandoli di Flavia Mastrella e Antonio Rezza (1996, 95′)
«Uno dei film più scombinati che si siano visti negli anni ’90. Opera prima di Antonio Rezza, buon autore-attore teatrale, già attivo nei video, che capita nelle mani di Galliano Juso quando questo aveva appena prodotto Lo zio di Brooklyn di Ciprì e Maresco. Rezza cerca di adattare al film quattro raccontini surreali mantenendo però, come base, il suo personaggio grottesco già visto a teatro. […] Presentato al Festival di Venezia in una rassegna collaterale, non ottiene grande successo. Ricordo perfettamente che alla Sala Perla del Casinò i critici, soprattutto stranieri, scappavano incazzati, non capendo assolutamente né il livello camp né il livello artistico dell’operazione. Presentato “quasi” come un capolavoro, si può comunque rivalutare come operazione ultratrash. Grazie anche alla presenza di Franca Scagnetti» (Giusti).
ore 21.00 Strane storie. Racconti di fine secolodi Sandro Baldoni (1994, 82′)
«Durante un viaggio in treno un uomo racconta una serie di storie surreali alla figlia per trascorrere il tempo, prendendo spunto dagli altri viaggiatori che si siedono nello stesso scompartimento. Terminata la narrazione di tali storie di (stra)ordinaria quotidianità, i passeggeri scendono dal treno e si ritrovano in una stazione fantasma dove, in mezzo ai rifiuti, trovano la carcassa sventrata del treno Italicus, l'”espresso” Roma-Monaco di Baviera distrutto il 4 agosto 1974 da una bomba attribuita dalle indagini ad una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista. Un relitto simbolico, dunque, delle tante “strane storie” (ovvero i “misteri italiani”) che hanno costellato la storia repubblicana» (Uva).
domenica 29
ore 17.00 Un amore di Gianluca Maria Tavarelli (1999, 105′)
«Un’autentica sfida quella lanciata dal torinese Gianluca Maria Tavarelli con il suo secondo lungometraggio (dopo il bello e sottovalutato Portami via del ’94): dodici quadri girati in piano-sequenza (e in 14 giorni!) legati insieme da siparietti animati di 30′ ciascuno (opera di Laura Federici). Dodici piano-sequenza, quindi, per testimoniare i dodici momenti doc dell’intensa storia d’amore fra Marco e Sara, rivissuta in flashback, partendo dal 1982, anno del primo incontro avvenuto in una discoteca, e approdando al 31 dicembre 1999, evento epocale per la Storia e per il futuro dei due. Il titolo, preso in prestito da una poesia di Umberto Saba, è anche il paradigma di questo film semplice e articolato, in cui i piccoli spostamenti della macchina da presa vanno di pari passo con i piccoli spostamenti del cuore dei protagonisti» (Fittante).
ore 19.00 Il trittico di Antonello di Francesco Crescimone (1992, 106′)
Il casale di Rafforosso, in cui si trova il malridotto trittico di scuola antonelliana, fa da sfondo alle vicende che tre donne di una stessa casata vivono in tre diversi contesti storici. Vicende minime ma che alludono a una “storia altra”, rimorso di quella declamata. Il film si snoda in tre episodi: “febbre”, “furore”, e “fiele”. Attraverso le vicende di Vera (Lorena Benatti), Saveria (Lydia Alfonsi) e Martina (Lorenza Indovina), viene tracciato in chiave critica un percorso storico, quello della Sicilia, dal 1894, quando era sconvolta dallo stato d’assedio e dai processi contro i militanti dei fasci dei lavoratori, fino ai giorni nostri, attraversando il periodo del separatismo del ’44, in piena resistenza antifascista.
ore 21.00 Il tuffo di Massimo Martella (1993, 98′)
Matteo (Vincenzo Salemme), laureato in Fisica, prepara un concorso e accudisce i genitori, ormai anziani. Non ha desideri, non ha amici, non ha una ragazza. Di fronte a sé ha soltanto l’estate. Matteo è inquieto: saranno il concorso, la malattia del padre, oppure quella sabbia rossa e finissima che viene dall’Africa e attraversa la cittadina, in un vento caldo e inoffensivo. Matteo raggranella qualche soldo dando ripetizioni di Fisica. I suoi allievi si chiamano Giulio (Arturo Paglia) ed Elsa (Carlotta Natoli). Hanno diciassette anni. Giulio è introverso, sensibile e parla poco. Elsa ha due occhi di fuoco, non ha paura di niente e di nessuno. «Il film segna il debutto di Massimo Martella, regista tarantino che mostra un buon talento nell’innestare in un tema arcinoto – la solitudine adolescenziale, sia quella dei teen-ager propriamente detti sia quella dei trentenni che hanno sprecato l’età felice – echi che sfuggono all’inevitabile banalità del soggetto per scavare più a fondo nella psiche dei personaggi. […] Il tuffo gode di felici intuizioni quali il parallelo tra le leggi della fisica e gli stadi del comportamento umano (inerzia, trasmissione del calore, moto perpetuo e campi magnetici, ovvero l’attrazione dell’amore) o l’ombrosità del ragazzo che si traduce in una costante telecronaca interiore. Suggestivo il finale tronco» (Guzzano).
martedì 31
ore 18.00 Abissinia di Francesco Ranieri Martinotti (1993, 87′)
Antonio (Enrico Salimbeni), venticinque anni, fa il cameriere stagionale in un mega ristorante. Licenziato su due piedi, ruba l’intero incasso. Pestato a sangue dai buttafuori del locale, viene abbandonato sul ciglio di una strada di campagna. La mattina dopo si sveglia in una cadente costruzione anni sessanta. Ce l’ha portato Enzo Pagnini (Mario Adorf), proprietario del “Titano”, fatiscente ristorante in riva al mare, in una zona così periferica da meritarsi il nome di Abissinia. Pagnini assume Antonio come cameriere, a fare cosa non si capisce bene, visto che in quel posto non ci va mai nessuno: il “Titano” infatti è popolato solo da chi ci lavora: la cuoca Armida (Milena Vukotic), il lavapiatti Marco (Luca Zingaretti) e Silvia (Danila Pisano), la nipote del proprietario. «Il film è un’opera prima che colpisce per l’originalità della storia e per l’organicità della sceneggiatura più che per la regia. Martinotti lascia parlare gli oggetti, lo squallore dei luoghi dove regna l’emarginazione facendo acrobazie per tagliare fuori immagini gaie da acqualand rivieraschi» (Repetto).
ore 20.00 Verso sud di Pasquale Pozzessere (1992, 88′)
Nel degradato ambiente che circonda la Stazione Termini vive Paola (Antonella Ponziani) uscita da poco dal carcere: le mancano sempre i soldi per i piccoli acquisti, e si prostituisce occasionalmente per mangiare e fare qualche regaluccio al figlio Chicco, due anni, che un Istituto tiene in custodia essendo lei inaffidabile come madre. Nello stesso ambiente vive Eugenio (Stefano Dionisi), che ruba le elemosine nelle Chiese, e frequenta amici ladruncoli e, pur non drogandosi, sovente abbonda con l’alcool. «La denuncia di Verso sud nasce così da dentro, vola alto, parla a nome di tutti gli umiliati e offesi con le armi espressive di un cinema misurato, civile e anche raffinato» (Porro).
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Il CSC-Cineteca Nazionale organizza la rassegna Henri-Georges Clouzot e il noir francese, al palazzo delle Esposizioni dal 18 gennaio al 12 marzo
La rassegna, organizzata insieme ad Azienda Speciale Palaexpo, Ass. La Farfalla sul Mirino, Institut français Italia, rigorosamente in pellicola 35mm, è un omaggio al regista francese in occasione del 40° anniversario della scomparsa.
HENRI-GEORGES CLOUZOT e il noir francese
18 gennaio – 12 marzo 2017
Palazzo delle Esposizioni – Sala Cinema
Scalinata di via Milano 9 a, Roma
INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI
Un progetto a cura di
Azienda Speciale Palaexpo, Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, Institut français Italia, La Farfalla sul Mirino
si ringraziano
Fondazione Cineteca di Bologna, Museo Nazionale del Cinema di Torino, Cineteca D.W. Griffith (Genova), Lab 80 film (Bergamo), Gaumont, StudioCanal, TF1, Les Films du Jeudi, Tamasa
Proiezioni in pellicola 35mm
Regista innovativo e contro corrente, osteggiato in vita ma oggi acclamato come un maestro assoluto, Henri-Georges Clouzot ha legato la sua fama ad alcuni dei capolavori del noir francese, da I diabolici a Il corvo, nonché a titoli entrati nella leggenda come Vite vendute (rifatto da Friedkin a Hollywood) o Il mistero Picasso, uno dei migliori film sull’arte mai realizzati. In occasione del 40esimo anniversario della scomparsa, una rassegna al Palazzo delle Esposizioni di Roma gli rende omaggio a partire dal 18 gennaio con una selezione dei suoi film più celebri, a cui si affiancherà una serie imperdibile di classici del noir francese firmati tra gli anni ’30 e ’70 da autori di culto come Jacques Becker, Jean-Pierre Melville, Jean Renoir, François Truffaut e Claude Chabrol, senza dimenticare Jacques Deray, Georges Franju, Jules Dassin e molti altri.
La manifestazione, a cura di Azienda Speciale Palaexpo, Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, Institut français Italia e La Farfalla sul Mirino, è a ingresso libero per il pubblico e rappresenta un’occasione unica per riscoprire sul grande schermo, rigorosamente in pellicola 35mm, alcuni dei momenti più alti della storia del cinema francese, nonché i suoi volti più amati, da Jean Gabin a Belmondo, da Alain Delon a Brigitte Bardot. L’inaugurazione di mercoledì 18 gennaio, alle ore 21.00, spetta a I diabolici di Clouzot, thriller mozzafiato che ebbe un enorme successo in tutto il mondo arrivando a influenzare anche Hitchcock, grande ammiratore del regista francese.
Fino al 12 marzo si potranno poi ammirare i titoli precursori dello stile e delle tematiche del noir (Il bandito della Casbah di Duvivier, L’angelo del male di Renoir), pietre miliari come Grisbì e Il buco di Becker o Rififi di Dassin, alcune delle prove migliori dei maestri della Nouvelle Vague, tra cui Fino all’ultimo respiro di Godard o La mia droga si chiama Julie di Truffaut, e i grandi polar della fine degli anni ’60, come Il clan dei siciliani di Verneuil, Ultimo domicilio conosciuto di José Giovanni o I senza nome di Melville. Di Renoir sarà proiettato anche il raro La notte dell’incrocio del 1932, passato alla storia per essere il primo film tratto da Simenon con protagonista il commissario Maigret. Imperdibile infine il documentario L’Enfer d’Henri-Georges Clouzot, che ricostruisce la drammatica vicenda del film di Clouzot con Romy Schneider rimasto incompiuto, la cui sceneggiatura sarà ripresa 30 anni dopo da Claude Chabrol per il suo L’inferno, con Emmanuelle Béart e François Cluzet.
Mercoledì 18 gennaio, ore 21.00
I DIABOLICI
Les diaboliques, Francia, 1954, 110′, v.o. sott. it.
di Henri-Georges Clouzot, con Simone Signoret, Vera Clouzot, Paul Meurisse
La moglie e l’amante del dispotico direttore di un collegio si accordano per ucciderlo, ma quello che sembra un piano infallibile riserverà uno sconvolgente colpo di scena… Tra i primi thriller moderni, ebbe un’enorme risonanza in tutto il mondo, arrivando a influenzare anche maestri come Hitchcock.
Giovedì 19 gennaio, ore 21.00
GRISBÌ
Touchez pas au grisbi, Francia, 1954, 94′, v. it.
di Jacques Becker, con Jean Gabin, Lino Ventura, Jeanne Moreau
Tra il gangster Max e il malloppo che ha messo da parte (nel gergo della mala, il “grisbì”) si frappongono una serie di imprevisti e colpi di scena, compreso il rapimento del compare Riton. Becker firma un’opera chiave del noir francese, ma anche un indimenticabile racconto di amicizia virile.
Venerdì 20 gennaio, ore 21.00
I SENZA NOME
Le cercle rouge, Francia/Italia, 1970, 130′, v. it. integrale
di Jean-Pierre Melville, con Alain Delon, Yves Montand, Gian Maria Volonté
Un evaso in fuga, un ex detenuto e un ex poliziotto progettano una rapina in una gioielleria parigina. Il colpo riesce, ma un poliziotto, da tempo sulle loro tracce, è deciso a non lasciargli tregua. Summa abbagliante del cinema di Melville, contiene per il regista tutte le 19 situazioni tipiche del noir.
Sabato 21 gennaio, ore 21.00
LEGITTIMA DIFESA
Quai des Orfèvres, Francia, 1947, 107′, v.o. sott. it.
di Henri-Georges Clouzot, con Louis Jouvet, Bernard Blier, Suzy Delair
Una cantante bella e spregiudicata riceve un’offerta da un impresario, ma quando questo viene trovato morto i sospetti ricadono sul marito di lei. In questo giallo celeberrimo Clouzot congegna una suspense incalzante, ma è il suo sguardo per i dettagli e i personaggi che fa davvero la differenza.
Domenica 22 gennaio, ore 21.00
FINO ALL’ULTIMO RESPIRO
À bout de souffle, Francia, 1960, 89′, v.o. sott. it.
di Jean-Luc Godard, con Jean-Paul Belmondo, Jean Seberg, Daniel Boulanger
Inseguito dalla polizia per furto d’auto, Michel uccide un agente e ripara a Parigi, dove incontra una giovane americana e finisce per innamorarsene. Da un soggetto di Truffaut, il clamoroso esordio di Godard è una pietra miliare dopo la quale il linguaggio del cinema non sarebbe stato più lo stesso.
Giovedì 26 gennaio, ore 21.00
IL BANDITO DELLA CASBAH
Pépé le Moko, Francia, 1937, 90′, v. it.
di Julien Duvivier, con Jean Gabin, Mireille Balin, Marcel Dalio
Braccato dalla polizia, il bandito Pépé le Moko vive nascosto nell’impenetrabile casbah di Algeri, fin quando la passione per una turista parigina lo spingerà allo scoperto. Tra i film francesi più celebri, imitati e amati di sempre, è un’opera quasi magica nella sua perfezione, con un Gabin monumentale.
Venerdì 27 gennaio, ore 21.00
L’ANGELO DEL MALE
La bête humaine, Francia, 1938, 100′, v.o. sott. it.
di Jean Renoir, con Jean Gabin, Fernand Ledoux, Simone Simon
La bella Severine inizia una relazione clandestina con un ferroviere e prova a convincerlo a uccidere il marito, accecato dalla gelosia nei suoi confronti. Tratto dal romanzo di Zola, è uno dei capolavori assoluti di Renoir, una riflessione sconvolgente sui temi della colpa e dell’ineluttabilità del male.
Sabato 28 gennaio, ore 21.00
LA MIA DROGA SI CHIAMA JULIE
La sirène du Mississipi, Francia, Italia, 1969, 120′, v.o. sott. it.
di François Truffaut, con Jean-Paul Belmondo, Catherine Deneuve, Michel Bouquet
Louis, ricco coltivatore dell’isola di Réunion, ha conosciuto Julie solo per corrispondenza. Quando finalmente i due si incontrano convolano presto a nozze, ma la donna non è chi dice di essere. Il tema dell’amour fou, prediletto dal regista, è virato in nero in un film divenuto oggetto di culto.
Domenica 29 gennaio, ore 21.00
LA VERITÀ
La vérité, Francia, Italia, 1960, 124′, v. it. integrale
di Henri-Georges Clouzot, con Brigitte Bardot, Paul Meurisse, Charles Vanel
Sotto processo per l’omicidio dell’amante, fidanzato della sorella, Dominique ripercorre la storia di una passione clandestina fronteggiando i pregiudizi della giuria. Grande prova d’attrice per Bardot, in un ruolo fuori dagli schemi e dalla forza travolgente. Unico film di Clouzot candidato all’Oscar.
Martedì 31 gennaio, ore 21.00
SINFONIA PER UN MASSACRO
Symphonie pour un massacre, Francia, 1963, 110′, v. it.
di Jacques Deray, con Charles Vanel, Jean Rochefort, Michel Auclair
Un gangster ruba a una banda il denaro necessario ad acquistare una partita di droga, innescando una spirale di violenza e vendetta. Scritto da Sautet e Giovanni, resta uno dei migliori polar del regista, memorabile nell’uso della musica sinfonica come contrappunto alla violenza delle immagini.
Mercoledì 1° febbraio, ore 21.00
IL CLAN DEI SICILIANI
Le clan des Siciliens, Francia, Italia, 1969, 120′, v.o. sott. it.
di Henri Verneuil, con Jean Gabin, Alain Delon, Lino Ventura
Evaso dal carcere, un gangster francese pianifica un colpo sensazionale insieme a una famiglia mafiosa italiana, ma finisce per calpestarne il rigido codice d’onore. Delon, Ventura e Gabin, tre colonne del noir francese, si ritrovano insieme in un film grintoso e ricco d’atmosfera, musicato da Morricone.
Giovedì 2 febbraio, ore 21.00
ALBA TRAGICA
Le jour se lève, Francia 1939, 93′, v. it.
di Marcel Carné, con Jean Gabin, Arletty, Bernard Blier
Ucciso un rivale in amore, François si barrica in casa, assediato dalla polizia, e rivive i suoi ultimi giorni, divisi tra la passione per una fioraia e la relazione con una donna di mondo. Capolavoro del realismo poetico francese, avrà un’enorme influenza sul cinema nero a venire, non solo francese.
Venerdì 3 febbraio, ore 21.00
LE SPIE
Les espions, Francia, Italia, 1957, 125′, v. it.
di Henri-Georges Clouzot, con Peter Ustinov, Curd Jürgens, Vera Clouzot
In un manicomio parigino trova rifugio uno scienziato che custodisce il segreto di una nuova bomba atomica, ma il posto pullula di spie di ogni genere. Clouzot gioca la carta del grottesco in questa spy story dal sapore kafkiano, rivalutata nel tempo soprattutto per una ricerca visiva di altissimo livello.
Sabato 4 febbraio, ore 21.00
BORSALINO
Borsalino, Francia, Italia,1970, 120′, v. it.
di Jacques Deray, con Jean-Paul Belmondo, Alain Delon
Nella Marsiglia degli anni ’30, due banditi scalzano i vecchi boss e ottengono il controllo della città, ma non avranno vita facile. Il più grande successo di Deray è una rilettura ironica e scanzonata del mondo della malavita tra le due guerre, con protagonisti due mattatori irresistibili.
Domenica 5 febbraio, ore 21.00
FINALMENTE DOMENICA!
Vivement dimanche!, Francia, 1983, 111′, v. it.
di François Truffaut, con Fanny Ardant, Jean-Louis Trintignant
Julian è sospettato della morte dell’amante della moglie e quando anche questa viene uccisa, la polizia cerca di braccarlo. Ci penserà la sua grintosa segretaria a sbrogliare il mistero. Ultimo film di Truffaut, è un noir tinto di rosa dal ritmo impeccabile e con una Fanny Ardant mai così seducente.
Mercoledì 8 febbraio, ore 21.00
ULTIMO DOMICILIO CONOSCIUTO
Dernier domicile connu, Francia, Italia, 1969, 100′, v. it.
di José Giovanni, con Lino Ventura, Marlène Jobert, Michel Constantin
Il commissario Leonetti deve rintracciare un uomo scomparso per farlo testimoniare contro la malavita, ma l’impresa si rivela più pericolosa del previsto. Ex criminale, Giovanni è una delle figure più controverse del cinema francese, ma film come questo testimoniano il suo enorme talento narrativo.
Venerdì 10 febbraio, ore 21.00
LA SPOSA IN NERO
La mariée était en noir, Francia, Italia, 1968, 107′, v.o. sott. it.
di François Truffaut, con Jeanne Moreau, Claude Rich, Jean-Claude Brialy
Per una bravata, un uomo rimane ucciso nel giorno del matrimonio. Il delitto rimane impunito e la giovane vedova decide di vendicarsi da sola, architettando una serie di delitti perfetti. Forse il miglior noir di Truffaut (verso cui Kill Bill ha diversi debiti…), con una Jeanne Moreau mozzafiato.
Sabato 11 febbraio, ore 21.00
IL MISTERO PICASSO
Le mystère Picasso, Francia, 1955, 78′, v.o. sott. it.
di Henri-Georges Clouzot, con Pablo Picasso, Henri-Georges Clouzot
Un’opera unica nella storia del cinema e dell’arte, un film “di importanza inestimabile” (Bazin) che mostra al lavoro il più grande pittore del novecento, documentandone la straordinaria energia creativa, l’ironia scanzonata e alcuni sorprendenti segreti del mestiere. Gran Premio della Giuria a Cannes.
Domenica 12 febbraio, ore 21.00
DIABOLICAMENTE TUA
Diaboliquement vôtre, Francia, Italia, 1967, 95′, v. it.
di Julien Duvivier, con Alain Delon, Senta Berger, Sergio Fantoni
Rimasto in coma per 15 giorni, al suo risveglio George ha perso la memoria e si ritrova accanto una donna bellissima che dice di essere sua moglie. Ma la realtà è ben diversa… Ultimo film di Duvivier, è un giallo psicologico di grande atmosfera, impreziosito dalla fotografia di Henri Decaë.
Martedì 14 febbraio, ore 21.00
RAPINA AL SOLE
Par un beau matin d’été, Francia, Italia, 1965, 100′, v. it.
di Jacques Deray, con Jean-Paul Belmondo, Geraldine Chaplin, Gabriele Ferzetti
La figlia di un magnate viene rapita da una banda criminale, ma la ragazza finisce per innamorarsi del suo carceriere. Un grande cast internazionale per un thriller di ottima fattura, in cui la tensione viene costruita soprattutto sulla psicologia dei personaggi. Primo film di Geraldine Chaplin.
Mercoledì 15 febbraio, ore 21.00
VITE VENDUTE
Le salaire de la peur, Francia, Italia, 1953, 152′, v.o. sott. it.
di Henri-Georges Clouzot, con Yves Montand, Charles Vanel, Vera Clouzot
Una compagnia petrolifera in Sudamerica assolda quattro avventurieri per una missione suicida: trasportare della nitroglicerina su un camion per chiudere un pozzo in fiamme. Girato in condizioni durissime, premiato a Cannes e Berlino, rifatto a Hollywood da Friedkin: in poche parole, un titolo leggendario.
Giovedì 16 febbraio, ore 21.00
LA VERITÀ (replica)
La vérité, Francia, Italia, 1960, 124′, v. it. integrale
di Henri-Georges Clouzot, con Brigitte Bardot, Paul Meurisse, Charles Vanel
Sotto processo per l’omicidio dell’amante, fidanzato della sorella, Dominique ripercorre la storia di una passione clandestina fronteggiando i pregiudizi della giuria. Grande prova d’attrice per Bardot, in un ruolo fuori dagli schemi e dalla forza travolgente. Unico film di Clouzot candidato all’Oscar.
Venerdì 17 febbraio, ore 21.00
LA NOTTE DELL’INCROCIO
La nuit du carrefour, Francia, 1932, 75′, v.o. sott. it.
di Jean Renoir, con Pierre Renoir, Winna Winifried, Georges Térof
Il commissario Maigret indaga sulla morte di un gioielliere olandese, portando alla scoperta un traffico di droga e gioielli. Scritto con Renoir dallo stesso Simenon, è il primo film di Maigret della storia, un’opera quasi d’avanguardia per le sensazionali soluzioni stilistiche e narrative. Raro e imperdibile.
Sabato 18 febbraio, ore 21.00
IL CORVO
Le corbeau, Francia, 1943, 93′, v.o. sott. it.
di Henri-Georges Clouzot, con Pierre Fresnay, Pierre Larquey, Ginette Leclerc
La vita di una cittadina è sconvolta da una serie di lettere anonime in cui si rivelano i segreti di ognuno. Sarà un medico a smascherare infine il “corvo”. Uno dei capolavori del regista e di tutto il cinema francese, un noir inquietante e modernissimo che mette a nudo senza pietà le ipocrisie borghesi.
Domenica 19 febbraio, ore 21.00
UCCIDERÒ UN UOMO
Que la bête meure, Francia, Italia, 1969, 110′, v. it.
di Claude Chabrol, con Michel Duchaussoy, Jean Yanne, Caroline Cellier
Quando il figlio viene investito da un pirata della strada, Charles dedica tutto se stesso a trovare l’assassino per vendicarsi. Chabrol usa con maestria il genere nero per esplorare in profondità la psicologia dei personaggi e il tema della colpa, con richiami espliciti a un autore chiave come Fritz Lang.
Mercoledì 22 febbraio, ore 21.00
LO SPIONE
Le doulos, Francia, 1962, 108′, v. it.
di Jean-Pierre Melville, con Jean-Paul Belmondo, Serge Reggiani, Michel Piccoli
Uscito di galera, un rapinatore decide di regolare i conti con chi lo ha tradito. Quando si convince che lo “spione” sia il collega Silien, l’equivoco diventerà fatale per entrambi. Melville si conferma un maestro nell’unire le atmosfere del cinema nero americano con un disincanto tipicamente europeo.
Giovedì 23 febbraio, ore 21.00
IL CLAN DEI MARSIGLIESI
La scoumoune, Francia, 1972, 110′, v. it.
di José Giovanni, con Jean-Paul Belmondo, Claudia Cardinale, Michel Constantin
Incarcerato dopo un regolamento di conti, Robert ritrova il vecchio amico Xavier: usciti di prigione, si trasferiranno a Parigi diventando i boss di Pigalle. Tratto da un romanzo dello stesso regista, ha i suoi punti di forza in una ricostruzione d’epoca eccellente e nel carisma dei protagonisti.
Venerdì 24 febbraio, ore 21.00
POLICE PYTHON 357
Police Python 357, Francia, 1975, 120′, v. it.
di Alain Corneau, con Yves Montand, Simone Signoret, Stefania Sandrelli
Due poliziotti amano, senza saperlo, la stessa donna, ma quando questa viene brutalmente assassinata, i sospetti potrebbero cadere su entrambi. Secondo film di Corneau, un poliziesco ad alta tensione che rende omaggio in modo eccellente ai modelli francesi e americani del genere.
Sabato 25 febbraio, ore 21.00
L’ASSASSINO ABITA AL 21
L’assassin habite au 21, Francia, 1942, 84′, v.o. sott. it.
di Henri-Georges Clouzot, con Pierre Fresnay, Jean Tissier, Suzy Delair
Parigi è scossa da una serie di omicidi e il commissario Wens capisce che l’assassino si nasconde tra i bizzarri clienti di una pensione di Montmartre. Al suo primo film, Clouzot già dimostra un’intelligenza registica e una capacità di osservazione sociale che lo renderanno un maestro assoluto del genere.
Domenica 26 febbraio, ore 21.00
SIAMO TUTTI ASSASSINI
Nous sommes tous des assassins, Francia, Italia, 1952, 115′, v. it.
di André Cayatte, con Marcel Mouloudji, Claude Laydu, Amedeo Nazzari
Un ex partigiano diventa un criminale e viene condannato alla ghigliottina per omicidio. Mentre è in galera, il suo difensore cerca di fare il possibile per salvarlo. Cayatte, giornalista e avvocato, firma un’epocale e appassionata requisitoria contro la pena di morte. Premio Speciale della Giuria a Cannes.
Martedì 28 febbraio, ore 21.00
LA FOSSA DEI DISPERATI
La tête contre les murs, Francia, 1958, 92′, v.o. sott. it.
di Georges Franju, con Paul Meurisse, Charles Aznavour, Anouk Aimée
Un celebre avvocato fa rinchiudere il figlio ribelle in manicomio, da cui il ragazzo tenterà più volte la fuga. Manifesto libertario in anticipo sui tempi, girato da Franju con il suo stile personalissimo, visionario e realistico al tempo stesso. Formidabile il cast, in cui spicca l’esordiente Aznavour.
Mercoledì 1° marzo, ore 21.00
RIFIFI
Du Rififi chez les hommes, Francia, 1954, 108′, v. it.
di Jules Dassin, con Jean Servais, Robert Manuel, Carl Möhner
Un gruppo di gangster mette a segno un colpo clamoroso in una gioielleria, ma la refurtiva scatenerà una guerra con una banda rivale. Vittima del maccartismo, l’americano Dassin si sposta in Francia e firma un caposaldo del genere, rimasto negli annali per la straordinaria sequenza del furto.
Giovedì 2 marzo, ore 21.00
TIRATE SUL PIANISTA
Tirez sur le pianiste, Francia, 1960, 92′, v.o. sott. it.
di François Truffaut, con Charles Aznavour, Marie Dubois
Un pianista, Charlie, si ritrova coinvolto in un regolamento di conti fra criminali ed è costretto a fuggire con l’amica Lena, che sa molte cose del suo passato. Opera seconda del regista, mescola diversi generi con godibile disinvoltura, in linea con lo spirito libertario della prima Nouvelle Vague.
Sabato 4 marzo, ore 21.00
VITE VENDUTE (replica)
Le salaire de la peur, Francia, Italia, 1953, 152′, v.o. sott. it.
di Henri-Georges Clouzot, con Yves Montand, Charles Vanel, Vera Clouzot
Una compagnia petrolifera in Sudamerica assolda quattro avventurieri per una missione suicida: trasportare della nitroglicerina su un camion per chiudere un pozzo in fiamme. Girato in condizioni durissime, premiato a Cannes e Berlino, rifatto a Hollywood da Friedkin: in poche parole, un titolo leggendario.
Domenica 5 marzo, ore 21.00
BORSALINO (replica)
Borsalino, Francia, Italia,1970, 120′, v. it.
di Jacques Deray, con Jean-Paul Belmondo, Alain Delon
Nella Marsiglia degli anni ’30, due banditi scalzano i vecchi boss e ottengono il controllo della città, ma non avranno vita facile. Il più grande successo di Deray è una rilettura ironica e scanzonata del mondo della malavita tra le due guerre, con protagonisti due mattattori irresistibili.
Mercoledì 8 marzo, ore 21.00
L’ENFER D’HENRI-GEORGES CLOUZOT
Francia, 2009, 102′, v.o. sott. it.
di Serge Bromberg e Ruxandra Medrea, con Romy Schneider, Serge Reggiani
Partendo dalle 185 bobine di girato de L’enfer, film incompiuto di Clouzot del 1964, Bromberg ricostruisce la storia appassionante di un’opera maledetta, che diventò un’ossessione per il suo autore. Le immagini superstiti lasciano ancora a bocca aperta per la loro modernità e il loro fascino perturbante.
Giovedì 9 marzo, ore 21.00
OCCHI SENZA VOLTO
Les yeux sans visage, Francia, Italia, 1960, 86′, v. it.
di Georges Franju, con Pierre Brasseur, Alida Valli, Edith Scob
Un dottore sperimenta il trapianto di tessuto sul volto della figlia, sfigurata da un incidente e da tutti creduta morta, ma per farlo deve uccidere delle giovani coetanee. Franju sconfina nell’horror in questo titolo di culto che ancora sconvolge i sensi e affascina per il suo inaspettato lirismo.
Venerdì 10 marzo, ore 21.00
MANON
Manon, Francia, 1949, 110′, v.o. sott. it.
di Henri-Georges Clouzot, con con Serge Reggiani, Michel Auclair, Cécile Aubry
Ispirato al celebre romanzo di Prévost, il film sposta l’azione nella Francia occupata dai nazisti, in cui nasce l’amore contrastato tra il partigiano Robert e Manon Lescaut. Leone d’Oro a Venezia tra mille polemiche e censure, il film conferma l’originalità di visione di un regista sempre contro corrente.
Sabato 11 marzo, ore 21.00
IL BUCO
Le trou, Francia, Italia, 1960, 140′, v. it. integrale
di Jacques Becker, con Marc Michel, Jean Keraudy, Philippe Leroy
Nel carcere de La Santé di Parigi, cinque detenuti tentano la fuga scavando un tunnel sotto la prigione. Proprio quando l’impresa sta per riuscire, uno di loro tradisce… Ultimo film di Becker, tesissimo, rigoroso, appassionante, fa da ponte verso la nuova generazione degli autori della Nouvelle Vague.
Domenica 12 marzo, ore 21.00
L’INFERNO
L’enfer, Francia, 1994, 102′, v. it.
di Claude Chabrol, con Emmanuelle Béart, François Cluzet
Paul è felicemente sposato, ma col tempo si convince che la moglie lo tradisca, abbandonandosi a un comportamento sempre più ossessivo. Uno Chabrol in gran forma riprende la sceneggiatura di Clouzot per il suo film incompiuto e dirige un’opera crudele e elegante, misteriosa e sensuale.
Informazioni
Palazzo delle Esposizioni – Sala Cinema
scalinata di via Milano 9 a, Roma
INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI
I posti verranno assegnati a partire da un’ora prima dell’inizio di ogni proiezione
Possibilità di prenotare riservata ai soli possessori della membership card
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Il CSC-Cineteca Nazionale presenta, alla Casa del Cinema, la retrospettiva “Paesaggi con figure. Il cinema di Michelangelo Antonioni”
Si avvisa il gentile pubblico che la giornata del 30 gennaio è stata soppressa. In allegato il programma aggiornato.
Paesaggi con figure. Il cinema di Michelangelo Antonioni
«Antonioni fa parte della ristrettissima schiera di cineasti poeti che si creano il proprio mondo, i suoi grandi film non solo non invecchiano ma col tempo si riscaldano».
Andrej Tarkovskij
Nel decennale della morte del grande regista (30 luglio 2007), la Cineteca Nazionale rende omaggio al suo cinema attraverso una serie di appuntamenti. (Ri)vedere i suoi film significa comprendere la modernità del suo sguardo. Perché come ha scritto giustamente Giorgio Tinazzi «Antonioni […] è un autore difficile. Lo è stato […], come testimoniano le costanti difficoltà da lui incontrate con i produttori, ai quali il suo rigore ha sempre dato fastidio; lo è stato con gli apparati repressivi sociali, come la censura, perché ha toccato di frequente i punti deboli che la rete dei “valori” copriva; lo è stato per il pubblico, con il quale non ha mai avuto un contatto semplice, e che ha conosciuto anzi vuoti clamorosi (basti pensare all’accoglienza decisamente ostile riservata alla proiezione a Cannes dell’ Avventura, quando il regista aveva già, si può dire, i suoi bravi titoli di merito). D’altronde, fino a un certo punto, i resoconti degli incassi sono oggettivi testimoni. È autore difficile, infine, per la critica: parlando in generale non si può dire che il riconoscimento della sua “novità” sia stato immediato; i ritardi sono sintomatici, così come alcune “consacrazioni” tardive, che talora avevano più l’aria di risarcire una colpa che di riesaminare i film o verificare gli errori». Ma malgrado tutto ciò, come ricordava Carlo di Carlo suo collaboratore storico, recentemente scomparso e che in questa sede vogliamo ricordare, «Michelangelo Antonioni è una figura centrale nella cultura del Novecento, uno dei testimoni più lucidi della nostra epoca per avere saputo individuare e analizzare con le sue opere, attraverso un percorso solitario, originale e spesso trasversale, la “malattia dei sentimenti”, i problemi, le angosce, le paure dell’uomo nella società contemporanea. Antonioni è un autore che ha attraversato il suo tempo, ma che è stato anche sempre fuori dal tempo, diventando un maestro di stile e un innovatore del linguaggio».
Si ringrazia per la collaborazione Enrica Fico Antonioni
lunedì 16 gennaio
ore 15.30 Gente del Po di Michelangelo Antonioni (1943, 9′)
Primo documentario di Michelangelo Antonioni sulla dura vita degli abitanti di Porto Tolle sul Po. Pescatori, contadini, donne e uomini colti nelle loro azioni quotidiane con grande attenzione all’ambiente che essi vivono. Uno sguardo nuovo per il cinema italiano del periodo, un’anticipazione di alcuni elementi del neorealismo ma anche di topoi tipici del cinema antonioniano successivo. «Appena mi fu possibile tornai in quei luoghi con una macchina da presa. Così è nato Gente del Po. Tutto quello che ho fatto dopo, buono o cattivo che sia, parte di lì» (Antonioni).
a seguire N.U. (Nettezza Urbana) (1948, 9′)
Una giornata a Roma vista attraverso il lavoro degli spazzini. Scorci di città, microazioni, storie appena accennate, musica jazz a contrappuntare il ritmo delle immagini, sono le marche che caratterizzano questo lavoro. «Per quel che riguarda la forma del documentario, e soprattutto di N.U., io sentivo il bisogno di eludere certi schemi che si erano venuti formando e che pure erano allora validissimi […]. Cercai di fare un montaggio assolutamente libero» (Antonioni).
a seguire L’amorosa menzogna di Michelangelo Antonioni (1949, 10′)
La vita delle star del mondo dei fumetti. Nastro d’argento per il miglior documentario.
a seguire Superstizione di Michelangelo Antonioni (1949, 9′)
Il documentario nasce da un progetto più ampio che Antonioni non ha potuto realizzare e che si presenta come un’indagine sulla superstizione e i riti ad essa legati, a Camerino, nelle Marche. «Il rito come difesa (la morte, il malocchio, ecc.), che rimane tutto in superficie, e suona falso. Ma forse c’è qualcosa di più e di diverso: il senso delle cose caricate di significati ulteriori per un’abitudine inveterata al simbolo. Tutti temi, comunque, che si sviluppano compiutamente solo nel soggetto originale» (Tinazzi).
a seguire Sette canne un vestito di Michelangelo Antonioni (1949, 9′)
«Questo documentario, considerato perduto, dopo numerose ricerche venne ritrovato nel 1995 dalla Cineteca del Friuli e acquisito dal “Progetto Antonioni”. Era stato amorevolmente conservato e gelosamente custodito da Enea Baldassi, Presidente dell’Associazione “Primi” di Tor Viscosa assieme a tutti i documenti cinematografici, fotografici e sonori nell’archivio storico della Snia Viscosa, oggi Chimica del Friuli. Girato per raccontare la fabbricazione della novità tessile di allora, prodotta a Torviscosa (Trieste). Antonioni dichiara di mostrare “la favola del rayon”, e cioè i vari processi e le progressive trasformazioni delle canne, materia prima della fibra. Guarda caso, un suo famoso articolo sul n. 68 di “Cinema” dell’aprile 1939 Per un film sul fiume Po, che precede la realizzazione di Gente del Po, aveva al centro del discorso e delle fotografie da lui scattate proprio le canne.
In Sette canne un vestito, il taglio figurativo delle inquadrature e dei movimenti di macchina ripropongono l’inconfondibile stile documentaristico di Antonioni. Un processo industriale diventa un vero piccolo racconto: la trasformazione delle canne in cellulosa, poi in fogli di cartone che viene tagliato, imballato e pressato fino a farlo precipitare in disintegratori che lo mutano in segatura. Ed ecco “la tempesta chimica che realizzerà il miracolo”: un liquido, il solfuro di carbonio, trasforma il prodotto in viscosa e infine in filo di cellulosa. La cellulosa, lavata e sbiancata, “è diventata morbida e leggera come neve”. Bastano sette canne per un vestito: e qui Antonioni non può evitare di mostrare alcune inquadrature di una passerella dove sfilano le modelle cinte da vestiti inebrianti, per quei tempi: è forse l’atelier delle famose sorelle Fontana che vestiranno Lucia Bosè in Cronaca di un amore? E quei vestiti non sembrano proprio quelli che lei andrà, di lì a poco ad indossare?» (di Carlo).
Copia proveniente dalla Cineteca del Friuli
a seguire La villa dei mostri di Michelangelo Antonioni (1950, 10′)
I mostri di pietra che affollano il parco del Castello degli Orsini a Bomarzo (Viterbo).
a seguire Vertigine di Michelangelo Antonioni (1950, 4′)
«Vertigine è il titolo originale di un frammento di circa 4′, firmato da Michelangelo Antonioni, che è stato ritrovato. Si tratta di una parte degli otto minuti del documentario La funivia del Faloria. La modifica del titolo in La funivia del Faloria avvenne successivamente perché giudicato più efficace al fine di accedere al premio governativo della programmazione obbligatoria (la lunghezza minima di legge era allora di otto minuti). Vertigine venne girato nel 1949 con l’operatore Bellisario, autore della fotografia di numerosi documentari dell’epoca, ma fu montato solo alla fine del 1950, dopo che Antonioni aveva realizzato il suo primo lungometraggio, Cronaca di un amore. Mentre Gente del Po, N.U. (Nettezza Urbana), L’amorosa menzogna e Superstizione costituiscono il corpus centrale dell’Antonioni documentarista, i successivi tre (Sette canne un vestito, 1949, e gli altri due del 1950, La villa dei mostri e Vertigine – La funivia del Faloria) sono da considerarsi occasioni di lavoro: ovvero esercitazioni, in attesa di poter realizzare finalmente il primo lungometraggio. Ma anche qui lo sguardo di Antonioni è evidentemente riconoscibilissimo. Proprio in Vertigine, un documentario “turistico” che intende illustrare il percorso della funivia dalla vallata alle cime del Faloria, Antonioni riesce con il proprio “occhio” ad annullare la retorica del commento parlato.
E mi pare curiosa e singolare la scelta, ancora una volta stilistica e linguistica, del punto di vista. Che è quello della funivia, la quale, radente o lontana, vede e legge il percorso “in soggettiva” con brevi stacchi fissi o panoramiche. E Antonioni, che ha sempre amato la spericolatezza, conferma la mia ipotesi, ricordandomi che fece fissare sopra il tetto della funivia una piccola piattaforma per sé e per la mdp onde essere facilitato nelle inquadrature e sentirsi più libero nei movimenti. La funivia, mentre procede accarezzando prima la vegetazione, poi le rocce, osserva perfino la propria ombra ed è comunque, per così dire, attenta a guardarsi intorno e a cogliere le immagini più suggestive del paesaggio circostante. Ma mentre si inerpica verso le cime in attesa di visioni che mantengano ciò che dovrebbero promettere (e cioè un senso di vertigine), “il viaggio – sottolinea il testo – sembra dolcemente smentire questa vertigine”» (di Carlo).
ore 17.00 Cronaca di un amore di Michelangelo Antonioni(1950, 102′)
Milano. Paola ha abbandonato la natale Ravenna ed ha sposato un ricco industriale Enrico Fontana. Questi incarica un detective di indagare sul passato della donna per scoprirne eventuali macchie. Queste indagini sono l’occasione per far incontrare Paola e Guido, suo ex amante. I due riallacciano la vecchia relazione e progettano di liberarsi di Fontana. «Analizzavo la condizione di aridità spirituale e anche un certo tipo di freddezza morale di talune persone dell’alta borghesia milanese. Proprio perché mi sembrava che in questa assenza di interessi al di fuori di loro, in questo essere tutti rivolti verso se stessi, senza un preciso contrappunto morale, senza una molle che facesse scattare in loro ancora il senso della validità di certi valori, in questo vuoto interiore vi fosse materia sufficientemente importante da prendere inesame» (Antonioni).
lunedì 23
ore 15.30 I vinti di Michelangelo Antonioni(1952, 113′)
Film a episodi ambientati rispettivamente in Francia, Italia e Gran Bretagna e incentrati su atti criminali commessi da giovani. Il primo vede un gruppo di ragazzi e ragazze che durante una gita in campagna uccide uno di loro, pensando che abbia molti soldi con sé; l’episodio italiano ha come protagonista un giovane di buona famiglia che si dà al contrabbando più per spirito d’avventura che per bisogno. Nell’episodio inglese un giovane uccide una donna, sicuro di rimanere impunito, ma per eccessivo protagonismo viene arrestato. Il film fece molto scalpore alla presentazione al Festival di Venezia del 1953 e l’episodio italiano, incentrato inizialmente sui giovani neofascisti, venne censurato e rimontato. «Antonioni esamina l’ambiente, fin quasi a rilevarne un “documento” sociologico, ma non trascura l’elaborazione stilistica: due atteggiamenti che, convivendo nel film, rivelano la costante bipolarità di interessi del regista» (Tinazzi).
ore 17.30 La signora senza camelie di Michelangelo Antonioni(1953, 102′)
Film sulle illusioni tradite della fabbrica dei sogni. Dopo Bellissima di Visconti, Antonioni realizza un film sull’ambiente dei cinematografari romani. Ada Manni è una giovane e bella commessa, che viene lanciata nel mondo del cinema. Raggiunta una certa notorietà, sposa un produttore che realizza per lei un film “impegnato”, che però è un flop. Neanche la relazione clandestina con un altro uomo riesce a colmare il vuoto in cui vive. «Stilisticamente La signora senza camelie si snoda attorno a uno schema melodrammatico, ma anche in questo caso sono le decantazioni e le diramazioni che ci interessano, le scansioni delle sequenze, i contrappunti delle storie parallele (quella di Renata, l’amica), certi moduli di costruzione o di impostazione dell’inquadratura» (Tinazzi).
Si avvisa il gentile pubblico che la giornata del 30 gennaio è stata soppressa
lunedì 30
lunedì 30
ore 15.30 L’amore in città di Carlo Lizzani, Michelangelo Antonioni, Dino Risi, Federico Fellini, Francesco Maselli, Alberto Lattuada (1953, 114′)
Film ad episodi, ideato da Zavattini, si rifà alle sue idee sul cinema. Il film lampo, l’inchiesta, il richiamo alla cronaca come fonte di storie ben più interessanti di quelle partorite dagli sceneggiatori sono le forme attraverso cui i sei autori affrontano il tema dell’amore. Antonioni indaga sui (tentati) suicidi d’amore, raccontati dagli stessi protagonisti, che ricostruiscono l’evento. «Ci tenevano – tranne forse due casi veramente toccanti – a farmi credere che avevano proprio voluto morire, e avevano ripetuto il gesto più volte e che, tutto sommato, erano stati scalognati a non riuscirci. […] Ho cercato di suscitare nel pubblico la ripugnanza del suicidio attraverso lo squallore spirituale dei personaggi» (Antonioni).
ore 18.00 Le amiche di Michelangelo Antonioni (1955, 104′)
Clelia viene mandata a Torino da Roma per aprire un atelier di moda. Qui conosce un gruppo di amiche, ricche e ciniche. Quando una di loro si suicida per amore, Clelia entra in crisi, litiga con le altre e perde il posto. «Bellissima galleria di donne in amore tratta da Cesare Pavese e dipinta da Michelangelo Antonioni prima maniera, quando il Maestro non era stato ancora colto dall’irreversibile sindrome dell’incomunicabilità. Un ritratto amaro della buona borghesia, afflitta da cinismo e fame di carriera, che riunisce un gruppo di attrici sorprendentemente brave e molto, ma molto antipatiche» (Bertarelli). «Le amiche è un film di cui potendo rigirerei almeno un terzo. È stato realizzato nelle condizioni peggiori. Incominciato da una casa di produzione, è stato ripreso da un’altra dopo due mesi e mezzo di interruzione. […] È triste constatare de visu che una storia di personaggi, un conflitto di sentimenti e di psicologie, uno svolgersi di stati d’animo e di atmosfere diventano un affare» (Antonioni).
lunedì 6 febbraio
ore 15.30 Il grido di Michelangelo Antonioni (1957, 115′)
Abbandonato dalla compagna, l’operaio Aldo si mette in viaggio con la figlia per cercare un lavoro che non riesce a trovare. Vivrà brevi avventure sentimentali e proverà a tornare con la compagna che lo respinge di nuovo… «In questo film, in cui pure si ritrova la tematica che mi è cara, pongo il problema dei sentimenti in modo diverso. Mentre prima i miei personaggi spesso si compiacevano dei loro dispiaceri e delle loro crisi sentimentali, nel Grido abbiamo a che fare con un uomo che reagisce, che cerca di spezzare l’infelicità. Per questo ho usato più compassione nel tratteggiare il personaggio» (Antonioni).
ore 18.00 La notte di Michelangelo Antonioni (1961, 122′)
Il tran tran quotidiano di una coppia, sposata da anni, è turbato dalla malattia di un amico di famiglia. Dopo essersi recati in visita dal malato, Giovanni e Lidia partecipano a una festa di un industriale, lasciandosi andare, ma solo per noia. «Antonioni nel cinema è unico: il suo linguaggio si avvicina più a quello di uno scrittore che a quello di un regista» (Patti).«Il soggetto de La notte l’ho scritto prima dell’Avventura, però non ne ero molto convinto. […] Questo soggetto aveva un personaggio centrale che era quello della donna, ma era la storia di una donna brutta alla quale succedeva più o meno quello che succede alla protagonista de La notte. Il fatto però che fosse brutta – e di questo me ne accorsi più tardi – cambiava tutti i rapporti con i personaggi, perché lasciava supporre che la caduta dei sentimenti nel marito trovasse la sua causa proprio nella bruttezza di lei» (Antonioni).
lunedì 13
ore 15.30 Michelangelo Antonioni, storia di un autore di Gianfranco Mingozzi (1966, 45′)
Ritratto del regista Michelangelo Antonioni reso attraverso le testimonianze di coloro che hanno lavorato con lui, il film è il primo che Mingozzi dedicò al mondo del cinema, accostandosi a un autore che già allora era di culto e che, in quell’epoca, stava girando il suo episodio del film I tre volti, dedicato al lancio come attrice della principessa Soraya. Il film alterna interviste (ad Antonioni, Monica Vitti) con un testo “critico” fuori campo di Tommaso Chiaretti.
a seguire Il provino di Michelangelo Antonioni (ep. di I tre volti, 1965, 35′)
«La “prefazione” di Antonioni è la cronaca di come un nostro simpatico collega di “Paese Sera”, Ivano Davoli, riuscì a scoprire il segreto dei provino notturno di Soraya diretto da De Laurentiis in persona. Ma il produttore ha voluto figurare solo di spalle e da lontano, come Garibaldi in 1860, sicché, intimiditi dall’atteggiamento prudenziale del “boss”, i suoi collaboratori fanno capolino nei film sommessi e in punta di piedi: Alfredo De Laurentiis, l’avvocato Bruno Todini, l’operatore Otello Martelli e il suo assistente Arturo Zavattini […]. Sono cineasti da cinema piuttosto che inclusioni della realtà; e lo stesso Davoli, nel rivivere la sua avventura, assomiglia più all’eroe malsicuro di un film come L’eclisse che a un intraprendente cronista. Ce n’è abbastanza per cominciare a dire che Antonioni rivela anche in uno “short” su ordinazione una personalità determinante. Né Soraya né De Laurentiis né Davoli sono i protagonisti di questa prefazione, che ha un unico mattatore: Michelangelo Antonioni. Forte dell’esperienza acquisita con Deserto rosso, Antonioni inserisce il volto di Soraya in un contesto di forme e colori assai vicino a certe ricerche della pittura attuale» (Kezich).
ore 17.00 Ritorno a Lisca bianca di Michelangelo Antonioni (1983, 9′)
«Realizzato per il programma tv di Enrico Ghezzi e Michele Mancini Falsi ritorni (per un’archeologia del set) e ancora non terminato. Presentato la prima volta al Festival di Cannes 1989 dal Progetto Antonioni. È il ritorno di Antonioni sui luoghi di L’avventura, ventiquattro anni dopo» (di Carlo).
a seguire Appunti per la rinascita di un film di Stefano Landini (2002, 5′)
Breve documentario sul restauro del film di Antonioni con dichiarazioni, fra gli altri, di Carlo Di Carlo e Vincenzo Verzini, uno dei massimi esperti di restauro.
a seguire L’avventura di Michelangelo Antonioni (1960, 140′)
Durante una crociera in Sicilia, una donna scompare misteriosamente. Il fidanzato e l’amica la cercano, sempre meno disperatamente… «Inedita l’utilizzazione del paesaggio siciliano come protagonista implicito: inospitale per i personaggi, esso costituì una notevole fonte di problemi anche per le riprese, avvenute su uno scoglio delle isole Eolie con il mare in tempesta» (Mereghetti). «Ci sono dei film gradevoli e dei film amari, dei film leggeri e dei film dolorosi. L’avventura è un film amaro, spesso doloroso. Il dolore dei sentimenti che finiscono o dei quali si intravvede la fine nel momento stesso in cui nascono. Tutto questo raccontato con un linguaggio che ho cercato di mantenere spoglio di effetti» (Antonioni).
lunedì 27
ore 15.30 Il mistero di Oberwald di Michelangelo Antonioni (1980, 129′)
«Cocteau aveva già messo in cinema il suo dramma, Antonioni non ne fa un remake, ma un pretesto di genere, un’occasione fortunata delle “forti tinte”, una prova per svelare e studiare la metafora. I riferimenti storici al personaggio dell’imperatrice Sissi d’Austria, che erano pallidi in Cocteau, sono stati accantonati da Antonioni in favore della stilizzazione, della favola, come suggerisce l’inizio tempestoso e un poco ironico. In una notte di tempesta, la regina Monica Vitti arriva al castello di Oberwald e cena da sola davanti al ritratto del marito ucciso in un attentato. Non ha mai cessato d’amarlo, si sente finita con lui. Da un passaggio segreto cade svenuto in camera sua il rivoluzionario anarchico Franco Branciaroli, ferito; era venuto per ucciderla. La Vitti vede in Branciaroli il sosia del re, Branciaroli nella Vitti una donna prigioniera del suo potere» (Reggiani). «Per quanto mi riguarda, penso di avere appena incominciato a scalfire la gamma ricchissima di possibilità che l’elettronica offre. Altri potranno fare di più. Una cosa posso dire e cioè che il nastro magnetico ha tutte le carte in regola per sostituire la tradizionale pellicola» (Antonioni).
ore 18.00 Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni (1964, 117′)
«A Ravenna, ridotta a deserto industriale, una giovane borghese nevrotica, moglie di un ingegnere, cerca vanamente un equilibrio, si fa un amante e vaga senza trovare soluzione alla sua crisi. 9° film di Antonioni, e il suo primo a colori, in funzione soggettiva (fotografia di Carlo Di Palma, Nastro d’argento) come espressione di una realtà dissociata e con ambizione di trasformarlo esso stesso in racconto come “mito della sostanziale e angosciosa bellezza autonoma delle cose”. Come nei 3 precedenti film con Monica Vitti, la donna è l’antenna più sensibile di una nevrosi comune nel contesto della società dei consumi e della natura inquinata. Leone d’oro alla Mostra di Venezia» (Morandini). «Questo è […] il meno autobiografico dei miei film. È quello per il quale ho tenuto di più l’occhio rivolto all’esterno. Ho raccontato una storia come se la vedessi accadere sotto i miei occhi. Se c’è ancora dell’autobiografia, è proprio nel colore che si può trovarla. I colori mi hanno sempre entusiasmato. Io vedo sempre a colori. Voglio dire: mi accorgo che ci sono, sempre. Sogno, le rare volte che sogno, a colori» (Antonioni).
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