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Cinquant’anni dopo Mondo cane. Alle 21.00
26 Aprile 2012 - 26 Aprile 2012
Piaccia o non piaccia, Mondo cane ha rappresentato prima ancora che un grande campione d’incasso, un clamoroso esempio sociologico, un equilibrio perfetto tra una grande tecnica scandalistica (il sapiente uso del contrappunto, ovvero mostrare delle immagini scioccanti accompagnate da un dolcissimo commento musicale, More di Riz Ortolani) e la creazione di un vero e proprio genere cinematografico, il mondo movie, che deve molto al giornalismo rampante degli anni del boom economico. Gualtiero Jacopetti oltre ad aver curato il commento di Europa di notte (1959) di Alessandro Blasetti, antesignano nobile e inconsapevole di tutti i futuri e spesso mediocri sexy-movies, è stato inviato del «Corriere della Sera», nel 1953 ha fondato insieme all’editore Luminelli un moderno settimanale «Cronache», praticamente il progenitore de «L’Espresso». Si mette poi a lavorare sui cinegiornali satirici, prodotti da Angelo Rizzoli, come Ieri, oggi e domani, che segnano indelebilmente il costume dell’italiano, tanto da essere citato nel capolavoro di Pietrangeli Io la conoscevo bene e la stessa Striscia la notizia deve molto a quei montaggi beffardi e cattivi di jacopettiana memoria. Certo il successo di un film come Mondo cane, che per il critico Lino Micciché era «la versione ghignante e perversa del semplice e approssimativo umanesimo naturalistico de L’ultimo paradiso e di Ti-Kojo [di Folco Quilici, n.d.r.]», non è solamente di Jacopetti, ma anche di Franco Prosperi (esperto di ricerche scientifiche naturaliste e fedelissimo all’intero percorso filmico jacopettiano) e Paolo Cavara (che poi rievocherà questa esperienza nel pungente L’occhio selvaggio). Senza dimenticare lo straordinario lavoro in qualità di direttore della fotografia di Antonio Climati, futuro regista di shockumentaries. Il film uscì nell’aprile del 1962 e fu presentato con successo al Festival di Cannes. Perché Mondo cane? Jacopetti ha lanciato un’invettiva non priva di accezioni di beffarda irriverenza, quasi a volerci dire: «Guardate cosa succede nel nostro mondo, indignatevi, piangete, spaventatevi, ma alla fine del viaggio vi accorgerete che in questo mondo cane vi troverete benissimo».
 
ore 21.00
Mondo cane (1962)
Regia: Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara, Franco Prosperi; soggetto: G. Jacopetti, P. Cavara, F. Prosperi; commento: G. Jacopetti; voce: Stefano Sinibaldi; fotografia: Antonio Climati, Benito Frattari; musica: Riz Ortolani, Nino Oliviero; montaggio: G. Jacopetti; origine: Italia; produzione: Cineriz; durata: 110′
Il film si apre con un cane trascinato furiosamente al guinzaglio e gettato in un canile. «Quella piccola bestia che geme e si dibatte impaurita potrebbe rappresentare lo spettatore del 1962, gettato violentemente in un contesto inedito, in bilico tra lo sdegno e la fascinazione ambigua e masochistica dello shock visivo. Il pubblico accorre in massa, desideroso di conoscere l’orrore di realtà lontane, i contesti esotici e le contigue “altre dimensioni” del nostro globo. Jacopetti, Prosperi e Cavara lo aggrediscono fin da subito, ma allentano ad arte la tensione con gustosi e grotteschi siparietti. Così se il maturo sex-symbol Rossano Brazzi è protagonista di un assurdo attacco da parte di alcune sue animalesche fan americane che gli riducono a brandelli la camicia, in Nuova Guinea una massa di femmine predatrici insegue la preda-maschio per soddisfare le proprie pulsioni sessuali» (Emanuele Leotta). «Mondo cane, nel suo genere, è un lodevole esempio di chiarezza; le vicende politiche, i fatti di costume, le disparità sociali e persino gli eventi naturali sono visti attraverso il prisma deformante del sadismo. Nel film […] c’è una crudeltà che di primo acchito può sembrare involontaria, quasi il risultato meccanico di un’inchiesta. Ma poi si fa strada in modo clamoroso […] l’intenzionalità dei registi: e ci colpisce […] l’affermazione programmatica che il mondo è dominato solo dal dolore, dalla morte e dalla distruzione, e che tutti i lati positivi dell’esistenza, in prima linea i piaceri, traggono origine da questo fatto crudele» (G.P. Brega).

 

 

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