Cineteca Classic
01 Novembre 2012 - 08 Novembre 2012
L’appuntamento di Cineteca Classic questo mese prelude alla retrospettiva su Nino Manfredi con un breve percorso cronologico, dagli inizi degli anni Cinquanta agli fine degli anni Ottanta, attorno ai corpi e alle voci di Vittorio Gassman, Alberto Sordi e Ugo Tognazzi. Per completare quel magnifico quartetto di attori, che costituisce la spina dorsale del cinema italiano del dopoguerra, poggiandosi su di essa non solo tutta la commedia all’italiana, ma anche il cinema d’autore, con vene sperimentali e grottesche volte a sovvertire modelli e stereotipi. La loro carriera infatti si divide fra un uso consolidato (e reiterato) delle loro perfomance e il tentativo di trascendere la vis comica per cogliere l’intima tragicità dei personaggi. Dal dolce all’amaro, dal riso al pianto, il talento di questi quattro mattatori si dispiega lungo tutte le corde delle espressioni e delle situazioni umane, tanto da poter ricostruire sulle loro interpretazioni un’antropologia cinematografica dell’italiano (più o meno) medio nel secondo Novecento.
Altro appuntamento della Cineteca Nazionale al Festival Internazionale del Film di Roma è la retrospettiva Cinema espanso. 1962-1984, a cura di Enrico Magrelli, Domenico Monetti, Luca Pallanch, sul cinema sperimentale, cinema d’artista, montaggio d’autore e animazione. Vengono riproposti al Cinema Trevi alcuni lungometraggi della retrospettiva e i classici restaurati Proibito di Mario Monicelli, in collaborazione con la Cineteca Sarda, e Chiedo asilo di Marco Ferreri con Roberto Benigni.
Altro appuntamento della Cineteca Nazionale al Festival Internazionale del Film di Roma è la retrospettiva Cinema espanso. 1962-1984, a cura di Enrico Magrelli, Domenico Monetti, Luca Pallanch, sul cinema sperimentale, cinema d’artista, montaggio d’autore e animazione. Vengono riproposti al Cinema Trevi alcuni lungometraggi della retrospettiva e i classici restaurati Proibito di Mario Monicelli, in collaborazione con la Cineteca Sarda, e Chiedo asilo di Marco Ferreri con Roberto Benigni.
giovedì 1
ore 17.00
I vitelloni (1953)
Regia: Federico Fellini; soggetto: F. Fellini, Ennio Flaiano; sceneggiatura: F. Fellini, E. Flaiano, Tullio Pinelli; fotografia: Otello Martelli, Carlo Carlini, Luciano Trasatti; scenografia: Mario Chiari; costumi: Margherita Marinari; musica: Nino Rota; montaggio: Rolando Benedetti; interpreti: Franco Interlenghi, Alberto Sordi, Franco Fabrizi, Leopoldo Trieste, Riccardo Fellini, Eleonora Ruffo; orgine: Italia; produzione: Peg Produzione Films, Cité Films; durata: 107′
«Alcuni giovani in un’assonnata città di provincia trascinano la loro vita tra sogni e oziose giornate al bar. C’è Alberto, indolente e ormai invecchiato senza aver concluso niente, Leopoldo che coltiva ambizioni artistiche, Riccardo che consuma gli anni migliori nell’ozio, poi Fausto, che sposa una ragazza che ha messo incinta, ma continua la sua vita spensierata fino a perdere affetti e lavoro, e infine Moraldo, l’unico che si ribella al vuoto che ha intorno e un giorno sale su un treno che lo porti finalmente lontano» (Chiti/Poppi). «Inutilmente si cercherebbe – e sarebbe sbagliato – […] l’impostarsi problematico di un’analisi sulla situazione dei giovani in provincia, sulle cause storiche, certo esistenti, che hanno cristallizzato quella vita così come appare, o sui possibili modi di soluzione. Fellini, come al solito, si colloca decisamente al centro dei sentimenti, e perciò dei personaggi; […] egli esprime il sentimento del vegetare, dell’inerzia, del rischioso e sonnolento svnire della gioventù […], ma il film è anche un’allusione continua, tanto più lucente quanto più taciuta, al contrario di questa inerzia, di questa sonnolenza. I Vitelloni, che è un episodio della gioventù come decadenza e isolamento, è anche un film sulla maturità, sulla dirittura dell’esser uomo» (Brunello Rondi).
ore 19.00
I magliari (1959)
Regia: Francesco Rosi; soggetto: Suso Cecchi D’Amico, F. Rosi; sceneggiatura: F. Rosi, S. Cecchi D’Amico, Giuseppe Patroni Griffi; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia: Dieter Bartels; costumi: Graziella Urbinati; musica: Piero Piccioni; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Alberto Sordi, Belinda Lee, Renato Salvatori, Nino Vingelli, Aldo Giuffré, Linda Vadal; origine: Italia/Francia; produzione: Titanus, Vides, S.G.C.; durata: 116′
Il film è ambientato in Germania e narra la storia di truffatori italiani che cercano di vendere delle stoffe scadenti a famiglie benestanti tedesche, passandole per pezzi pregiati. Mario Balducci, giovane operaio italiano, sta per lasciare Hannover, dove ha tentato invano di far fortuna, per tornare in Italia, ma quando conosce Totonno, astuto trafficante romano, si fa convincere a rimanere in Germania. Mario inizia a lavorare con Totonno, poi passa agli ordine di Raffaele, un napoletano che ha organizzato la vendita di stoffe in tutta la Germania Occidentale, insieme ad un gruppo di magliari. «Rosi rifà in parte La sfida, ma, per staccarsi dalla cronaca e dal documentario, aggiunge Sordi e 2 personaggi letterari: l’immigrato toscano buono che si fa corrompere e una nevrotica tedesca, insoddisfatta di pellicce e gioielli. Il film vale per l’ambientazione inedita e per Sordi che con la sua vitale buffoneria domina in due scene: la lezione di raggiro al giovane toscano e il lungo soliloquio in auto dopo la sconfitta» (Morandini). «È […] un film anch’esso significativo del successivo atteggiamento del regista, non solo perché conferma una rara padronanza del mezzo espressivo – un “mestiere” nobilitato nel migliore dei modi – ma soprattutto perché esplicita una delle costanti fondamentali del suo cinema: la continua ricerca di un impegno che non sia disgiunto dallo spettacolo» (Micciché).
ore 21.15
Il vedovo (1959)
Regia: Dino Risi; soggetto: Rodolfo Sonego, Fabio Carpi, D. Risi; sceneggiatura: R. Sonego, F. Carpi, D. Risi, Sandro Continenza, Dino Verde; fotografia: Luciano Trasatti; scenografia: Piero Filippone; costumi: Gaia Romanini; musica: Armando Trovaioli; montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: Alberto Sordi, Franca Valeri, Livio Lorenzon, Nando Bruno, Ruggero Marchi, Leonora Ruffo; origine: Italia; produzione: Paneuropa, Cino Del Duca Produzioni Cinematografiche Europee; durata: 90′
«Il commendator Alberto Nardi, che ha raggiunto una buona posizione sociale soltanto grazie ad un matrimonio interessato, una sera riceve la notizia che la moglie, in viaggio d’affari, è morta in un incidente. Mal simulando la gran…gioia per l’accaduto, inizia a far progetti sull’eredità che si troverà fra le mani. Ma, purtroppo per lui, la consorte non è affatto defunta! Il nostro, allora, progetta un sistema infallibile per toglierla di mezzo, ma ancora una volta la “fortuna” gli volta le spalle» (Chiti/Poppi). «Il film, che adombra recenti casi di cronaca nera, è garbato e, nonostante il tema “difficile” non scivola mai nel cattivo gusto. Risi ha avuto la mano felice in più d’una sequenza […]. Sordi, che rinuncia […] al suo consueto repertorio di lazzi, è l’attore maturo che conosciamo da qualche tempo» (Bianchi).
venerdì 2
ore 17.00
Una vita difficile (1961)
Regia: Dino Risi; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Sonego; fotografia: Leonida Barboni; scenografia: Mario Scisci; costumi: Lucia Mirisola; musica: Carlo Savina; montaggio: Tatiana Casini Morigi; interpreti: Alberto Sordi, Lea Massari, Franco Fabrizi, Lina Volonghi, Claudio Gora, Antonio Centa; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; origine: Italia; durata: 119′
«La vita difficile è quella di un italiano come tanti, che l’8 settembre ha sorpreso in divisa d’ufficiale inducendolo a passare nelle file della Resistenza. Questo italiano come tanti, però, questo Silvio, non ha fino in fondo la tempra dell’eroe e quando trova una ragazza che gli dà riparo mentre i tedeschi lo inseguono, non si fa pregar troppo per prendersi una vacanza; ma poi il senso del dovere l’ha vinta un’altra volta e lo ritroviamo di nuovo in armi al momento della Liberazione. Con la pace, eccolo che scrive in un giornale modesto, a tinte sociali, ed eccolo ritrovare la ragazza da cui si era allontanato alla chetichella: la sposa, la conduce a Roma e cominciano i guai, i guai soliti delle giovani coppie in tempi difficili. […] Scritta da Rodoldo Sonego e diretta da Dino Risi, questa storia, nonostante le sue concessioni al riso e i suoi molteplici tentativi di voltare la polemica in satira, si svolge in realtà in un’atmosfera amara e dolente, carica di echi sommessamente drammatici» (Rondi).
ore 19.15
Il magnifico cornuto (1964)
Regia: Antonio Pietrangeli; soggetto: dalla commedia Le cocu magnifique di Fernand Crommelynck; sceneggiatura: Diego Fabbri, Ruggero Maccari, Ettore Scola, Stefano Strucchi; fotografia: Armando Nannuzzi; scenografia e costumi: Maurizio Chiari; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Eraldo da Roma; interpreti: Ugo Tognazzi, Claudia Cardinale, Salvo Randone, Paul Guers, Bernard Blier, Michèle Girardon; origine: Italia/Francia; produzione: Sancro, Les Films Copernic; durata: 124′
Un uomo, dopo aver tradito la moglie con una donna sposata, si rende conto della facilità con la quale avvengono i tradimenti e incomincia a insospettirsi della moglie e a ossessionarla con la sua gelosia. Finché la moglie è costretta a confessargli un tradimento… «In realtà egli non tanto vuole che la moglie gli sia fedele: quanto di non soffrire più di gelosia» (Moravia). «Gli sceneggiatori si servono dell’ossessione del protagonista per indagare vizi e virtù di una borghesia provinciale, non assillata da problemi economici, tutta presa da pruriti sessuali, da relazioni extraconiugali da imbastire e da nascondere. Da una di tali relazioni nasce il meccanismo che farà scattare nel protagonista prima il dubbio e poi il tormento» (Maraldi).
ore 21.30
La donna scimmia (1964)
Regia: Marco Ferreri; soggetto e sceneggiatura: Rafael Azcona, M. Ferreri; fotografia: Aldo Tonti; scenografia: Mario Garbuglia; costumi: Piero Tosi; musica: Teo Usuelli; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Ugo Tognazzi, Annie Girardot, Achille Majeroni, Elvira Paoloni, Filippo Pompa Marcelli, Ugo Rossi; origine: Italia/Francia; produzione: Compagnia Cinematografica Champion, Les Films Marceau Cocinor; durata: 93′
In un ospizio Antonio Focaccia incontra Maria, una donna ricoperta di peli. La porta via con sé per farne un fenomeno da baraccone e dopo qualche mese la sposa. Quando rimane incinta Maria decide di tenere il bambino, ma né lei né il neonato sopravvivono al parto. Il marito non si scoraggia e continua a girare le fiere esponendone i corpi imbalsamati. «Il film può irritare, anzi deve irritare e disturbare, per la violenza dell’assunto e i forti contrasti dei personaggi. Ferreri porta il suo discorso fino alle estreme conseguenze, con uno stile corposo, fatto di notazioni acute e pregnanti, ricco di suggestioni visive, a volte anche raccapricciante, e riesce a rendere credibile una storia fantastica, a farci amare personaggi che escono da una fantasia esaltata» (Rondolino).
domenica 4
ore 17.00
Ménage all’italiana (1965)
Regia: Franco Indovina; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Sonego, F. Indovina; fotografia: Otello Martelli; arredamento: Giorgio Hermann; costumi: Giuliano Papi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Alberto Gallitti, Pasquale Romano; interpreti: Ugo Tognazzi, Anna Moffo, Monica Silwes, Dalida, Susanna Clem, Maria Grazia Buccella; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 107′
Alfredo, ex infermiere e commerciante di poco successo, ha un debole per le donne: quante ne avvicina, tante ne ama e desidera sposare. Falsificando i suoi documenti, riesce a sposare Giovanna, una cantante, che gli vuole veramente bene, ma la lascia per Ulla, una svedese. Sempre con documenti da scapolo, sposa, via via, Carmelina, una ricca gelosa, Stella, una minorenne, Egle, una sventata, Anna, una ambiziosa, Ester, una donna anziana, Erika, una tedesca. Dopo ogni connubio Alfredo scompare. Quando il poligamo viene inseguito dai tutori dell’ordine per ragioni finanziarie, Alfredo fiuta una soluzione molto macabra ma capace di risolvergli tutti i problemi.
ore 19.00
L’armata Brancaleone (1966)
Regia: Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Age & Scarpelli, M. Monicelli; fotografia: Carlo Di Palma; scenografia e costumi: Piero Gherardi; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Vittorio Gassman, Catherine Spaak, Gian Maria Volonté, Maria Grazia Buccella, Ugo Fangareggi, Enrico Maria Salerno; origine: Italia/Francia/Spagna; produzione: Fair Film, Les Films Marceau, Vertice Film; durata: 119′
Nel Medioevo un gruppo di sbandati entra in possesso di una pergamena che li rende proprietari del feudo di Aurocastro nelle Puglie. Guidati da Brancaleone, si mettono in marcia incorrendo in mille traversie. Film epocale, «pirotecnico nelle trovate (la lingua postlatina-viterbese, i costumi di Pietro Gherardi, i colori di Carlo Di Palma, la musica di Carlo Rustichelli, i titoli animati di testa e di coda di Gianini e Luzzati), è una delle punte più alte del cinema popolare italiano, un autentico capolavoro di fantasia e avventure farsesche» (Mereghetti). «L’Armata Brancaleone fu finalmente di nuovo un’operazione molto originale. È uno dei miei film prediletti. […] E poi c’era la bellissima invenzione di quel linguaggio e di quel personaggio, una specie di samurai che ormai tutti conoscono, e che è stato credo il personaggio che mi ha dato più popolarità, soprattutto nel pubblico giovane e infantile, che conta, come è noto, moltissimo» (Gassman).
ore 21.15
Contestazione generale (1970)
Regia: Luigi Zampa; soggetto e sceneggiatura: Silvano Ambrogi (soggetto), S. Ambrogi, L. Zampa (sceneggiatura) per La bomba alla televisione; L. Zampa per Università; Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi per Concerto a tre pifferi; Rodolfo Sonego per Il prete; fotografia: Giuseppe Ruzzolini; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Gabriele Mayer; musica: Piero Piccioni; montaggio: Mario Morra; interpreti: Vittorio Gassman, Cesare Gelli, Nino Manfredi, Michel Simon, Alberto Sordi, Marina Vlady; origine: Italia; produzione: Ultra Film; durata: 131′
«I tre più famosi attori del cinema italiano – tutti e tre attori brillanti – si incaricano di aggiornare i ritratti di alcuni tra i più tipici campioni di questi tempi, quali un giornalista televisivo improvvisato, un prete di campagna nei guai, un funzionario tiranneggiato dall’industriale capitalista. In queste tre storie di contestazione ve n’è poca, almeno nel senso proprio della parola che significa lotta senza compromessi all’attuale sistema: ma se ne parla molto, soprattutto nel primo episodio che vede Gassman imporre con la prepotenza e i sotterfugi italiani un servizio televisivo sulla contestazione ad una schiera di dirigenti impauriti. Quasi nullo lo spirito di ribellione del prete costretto ad abbandonare la chiesa che sta per crollare; mentre nella terza storia il piccolo impulsivo gesto di rivolta del funzionario viene duramente punito dal padrone. La corda satirica di Zampa è ancora una volta quella amara» (www.archiviodelcinemaitaliano.it).
lunedì 5
chiuso
martedì 6
ore 17.00
Lo scopone scientifico (1972)
Regia: Luigi Comencini; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Sonego; fotografia: Giuseppe Ruzzolini; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Bruna Parmesan; musica: Piero Piccioni; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Alberto Sordi, Silvana Mangano, Joseph Cotten, Bette Davis, Mario Carotenuto, Domenico Modugno; origine: Italia; produzione: Fausto Saraceni per Produzioni De Laurentiis Inter. Ma. Co.; durata: 113′
«Costruendo questo racconto non mi era passato per la mente di scrivere qualcosa che riguardasse i baraccati romani e il potere, ma il rapporto tra il popolo e il potere, l’emotività del popolo e la grande razionalità del potere. Lì si dice soltanto, con molto pessimismo, scetticismo scientifico, che questa partita a carte con il potere non sarà mai vinta. Chi ha il potere e gioca in quel modo, al rialzo, avrà sempre la meglio su chi non ha il potere e al rialzo non potrà mai giocare. […] L’idea del soggetto è presa dalla realtà, avevo assistito coi miei occhi, vicino Napoli, in un albergo, all’arrivo di un’americana in Rolls Royce attesa da due napoletani poverissimi, per la partita. Era una storia che andava avanti da anni, lei prestava loro i soldi e poi glieli vinceva, ma loro speravano sempre…» (Sonego).
ore 19.00
La proprietà non è più un furto (1973)
Regia: Elio Petri; soggetto e sceneggiatura: E. Petri, Ugo Pirro; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia e costumi: Gianni Polidori; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Ugo Tognazzi, Flavio Bucci, Daria Nicolodi, Mario Scaccia, Orazio Orlando, Julien Guiomar; origine: Italia/Francia; produzione: Quasars Film Company, Labrador Films, Studio du Dragon, S.N. Cinévog; durata: 125′
«Il giovane bancario Total (F. Bucci), marxista-mandrakista e allergico al denaro, si licenzia e decide di colpire un ricco macellaio (U. Tognazzi), prototipo del ladrocinio organizzato, in quel che ha di più caro: la proprietà che, oltre a essere un furto, è una malattia […]. Storia di una persecuzione e apologo grottesco in chiave espressionista-brechtiana “sulla nascita della disperazione in seno alla sinistra” (E. Petri), il film segna il passaggio del regista, autore della sceneggiatura con Ugo Pirro, a quella fase catastrofica, apocalittica e quaresimale che sarà accentuata in Todo modo (1976). “… sfocia in un nullismo che sfiora l’onda scettica di uno Swift senza concederci il bene di una breve sponda non bagnata, non inquinata da un senso di impotenza e di vuoto” (Pietro Bianchi). Troppo cupo, piuttosto isterico nella constatazione di un fallimento, privo di ironia e di gioia nel gusto della trasgressione. Notevoli il contributo di Luigi Kuveiller con una fotografia livida e deformante e il concertato dagli interpreti» (Morandini).
ore 21.15
Camera d’albergo (1981)
Regia: Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Age & Scarpelli, Monicelli; fotografia: Tonino Delli Colli; scenografia: Lorenzo Baraldi; costumi: Gianna Gissi; musica: Detto Mariano; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Vittorio Gassman, Monica Vitti, Enrico Montesano, Beatrice Bruno, Nestor Garay, Gianni Agus; origine: Italia/Francia; produzione: Filmauro, S.N. Cinévog; durata: 99′
«Appassionati di cinema, tre giovani – Guido, Tonino ed Emma Crocetti – costituiscono la Cooperativa “La Svolta” e, approfittando del fatto che la Crocetti è figlia del padrone di un alberghetto, decidono di fare esperienze di “cinema verità” frugando con obiettivi e microfoni nelle camere dell’hotel. Con una parte del materiale ripreso, i tre si presentano al commendator Achille Mengaroni, vecchio produttore della Ursus – indebitato fino al collo – e gli propongono di aiutarli a mettere insieme gli spezzoni girati. Il volpone suggerisce di “manipolare” il materiale, di ottenere i permessi degli involontari attori e di strappare a qualcuno il consenso a condurre qualche scena a conclusione “commerciale”. I giovani, anche se poco convinti, si danno da fare e riescono a portare all’astuto Mengaroni Fausto Talponi, un netturbino, e la sua amante Flaminia. La ragazza, però, proprio per staccarsi da Fausto, nonostante lo ami, sposa Cesare De Blasi, massiccio padrone di una ben avviata autoscuola. Rimessi l’uno accanto all’altra per dovere di copione, Fausto e Flaminia scoprono di essere fatti l’uno per l’altra. Così succede che le finzioni del cinema dimostrano che è la vita ad essere una finzione e che, in più, sempre a causa del cinema finto, un amore vero e sincero abbia il sopravvento su quello convenzionale o interessato» (www.cinematografo.it). «Oltreché per gli ironici accenni alla manipolazione della realtà compiuta dal cinema (esemplare l’uso che può essere fatto del doppiaggio) e al comportamento di quanti, d’ogni generazione, per vanità o per trarne profitto economico s’inchinano alla magia del cinema, il film è divertente per il segno caricaturale dei personaggi, accentuato dal loro modo di parlare, per l’agile struttura del racconto a canocchiale» (Grazzini).
giovedì 8
ore 17.00
La tragedia di un uomo ridicolo (1981)
Regia: Bernardo Bertolucci; soggetto e sceneggiatura: B. Bertolucci; fotografia: Carlo Di Palma; scenografia: Gianni Silvestri; costumi: Lina Nerli Taviani; musica: Ennio Morricone; montaggio: Gabriella Cristiani, con Elvio Sordoni, Fiorella Giovanelli; interpreti: Ugo Tognazzi, Anouk Aimée, Ricky Tognazzi, Laura Morante, Victor Cavallo, Vittorio Caprioli; origine: Italia/Usa; produzione: Fiction cinematografica, The Ladd Co.; durata: 116′
L’industriale parmense Primo Spaggiari assiste, impotente, al rapimento del figlio Giovanni. Dopo qualche giorno però apprende che suo figlio è morto. Incapace di dare la tragica notizia a sua moglie, decide di far finta di niente. Ma nel frattempo c’è un’indagine parallela dell’antiterrorismo che sospetta della veridicità della morte di Giovanni, essendo questi simpatizzante di certi gruppi radicali. Il sospetto è che Giovanni avrebbe potuto essere complice dei rapitori, al fine di colpire il proprio padre padrone. «Nel suo primo montaggio il film durava 3 ore e 15′ […]; poi è diventato di 2 ore e 40′; adesso è di un’ora e 55′. In una di queste versioni, seguivamo [Tognazzi] mentre tornava a casa per prendere lo champagne; attraversava la strada e veniva investito da un camion. L’autista si fermava, scendeva dal camion per vedere che cosa era rimasto di Ugo, ma non c’era alcun cadavere; allora l’autista, assolutamente terrorizzato, risaliva sul camion e si dava alla fuga. A questo punto ritrovavamo [Ugo] in ufficio, che finiva di sognare – “Aaah!” -, prima di svegliarsi del tutto! Era un altro finale. I miei film, di solito li lascio andare da soli, ma qui ho pensato che dopo la sequenza della balera, dove l’emozione era così forte con la resurrezione di Giovanni, non c’era più bisogno di proseguire» (Bertolucci). «[La tragedia di un uomo ridicolo] comunica, e con parecchia forza, e se comunica disagio e malessere, se pone domande e non offre risposte, questa, per il film, non è una colpa. Nel caso specifico, e secondo me, un merito» (Valmarana).
ore 19.15
I picari (1987)
Regia: Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Suso Cecchi d’Amico, Piero De Bernardi e Leo Benvenuti, M. Monicelli; fotografia: Tonino Nardi; scenografia: Enrico Fiorentini; costumi: Lina Nerli Taviani; musica: Lucio Dalla, Mauro Malavasi; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Giancarlo Giannini, Enrico Montesano, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Giuliana De Sio, Bernard Blier; origine: Italia/Spagna; produzione: Clemi Cinematografica, Producciones D.I.A.; durata: 130′
«In Spagna nel XVI secolo, due vagabondi, Lazzarillo De Tormes e Guzmán De Alfarache, entrambi amanti della libertà e della vita randagia, assolutamente privi di ambizioni e di volontà di migliorare, con l’unico stimolo di una fame atavica, hanno una preoccupazione continua di procurarsi da mangiare e di trovare un tetto sotto cui riposarsi. Proveniente da una famiglia poverissima e numerosa, in cui la madre faceva la prostituta con il benestare del marito, Lazzarillo venne ben presto affidato alle “cure” di un cieco crudele, meschino e spilorcio dal quale però scappò per affrontare con le sue sole forze le difficoltà dell’esistenza. Guzmán, a sua volta, figlio di un baro morto sul patibolo, dopo un’amara esperienza in casa di nobili, ha scelto di vivere per conto proprio senza dover rendere conto a nessuno delle proprie azioni. I due si incontrano su una nave di forzati e diventano subito amici: durante un ammutinamento salvano la vita al capitano e vengono promossi suoi attendenti ma, attiratisi le antipatie della ciurma, finiscono in mare. Tornati a terra vengono denunciati ma si salvano dall’arresto grazie ad una ragazza, Ponzia, che li prende a ben volere. Poi si dividono: Guzmán si mette al servizio di Hidalgo – un nobile squattrinato e più affamato di lui – che, prima di essere messo in prigione per debiti, gli regala il suo cavallo. Lazzarillo, dopo aver finto di essere un mendicante cieco, viene ingaggiato da una compagnia di comici per ricoprire parti drammatiche e in questa occasione conquista l’ammirazione di una suora di clausura. Dopo molto tempo i due picari si rivedono e decidono di mettersi in società» (www.cinematografo.it).
ore 21.30
Mortacci (1989)
Regia: Sergio Citti; soggetto: S. Citti; sceneggiatura: David Grieco, Vincenzo Cerami, Ottavio Jemma, S. Citti; fotografia: Cristiano Pogany; scenografia e costumi: Mario Ambrosino; musica: Francesco De Masi; montaggio: Ugo De Rossi; interpreti: Vittorio Gassman, Carol Alt, Malcolm McDowell, Galeazzo Benti, Mariangela Melato, Sergio Rubini; origine: Unione Cinematografica; durata: 104′
«Prima di entrare nell’Aldilà, i morti stanno in un limbo dal quale si dipartono solo quando, tra i vivi, non c’è più nessuno che li ricordi. Scritta con David Grieco e Vincenzo Cerami, è una collana di storie cui fa da mastice il trucido, affabile, cinico custode del cimitero Gassman che fa il verso a un samurai povero» (Morandini).Film dalla lunghissima realizzazione, la cui idea risale addirittura alla fine degli anni Sessanta. «Questo titolo ce lo diede proprio Pasolini a Casertavecchia, quando girava il Decamerone. Una sera, a cena con Sergio, noi gli parlammo di questa storia, che gli piacque molto. Sergio aveva sette o otto titoli, e devo dire che non ce n’era uno che andava bene, e Pier Paolo disse “Ma il titolo è regalato: Mortaci”. Al chè io dissi “Certo, geniale, genialissimo”, e lo siamo portati fino alla tomba» (Grieco). Sergio Citti, come ha raccontato suo fratello Franco, voleva «dimostrare che i morti veri stanno fuori del cimitero, circolano in mezzo a noi, nella realtà. Mentre invece chi sta al Camposanto è l’unico ad essere veramente libero».