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Cinema Trevi: Tracce di Alberto Moravia nel cinema italiano
26 Settembre 2010 - 26 Settembre 2010
Breve omaggio ad Alberto Moravia a vent’anni dalla morte, con la proiezione di tre film tratti da sue opere letterarie. Ennesima occasione per riflettere sulla figura dello scrittore nel cinema italiano, al quale ha dato un apporto creativo come soggettista e sceneggiatore e come critico, oltre ad essere stato fonte di ispirazione con i suoi romanzi e racconti. Mai scrittore italiano è stato più “saccheggiato” dal cinema, grazie anche alla libertà che Moravia ha sempre concesso agli sceneggiatori chiamati a tradurre le sue pagine in film. Libertà che nasceva dalla consapevolezza della diversità delle due forme artistiche e dal rispetto per il lavoro altrui, che a volte, però, non era reciproco. Ecco il Moravia-pensiero, ancora oggi attuale: «In occasione della proiezione dell’Agostino di Mauro Bolognini ricavato dal mio romanzo omonimo, si sono riaccese le solite polemiche sull’opportunità o meno di tradurre in film i romanzi e sulla migliore maniera di mandare ad effetto questa traduzione. Alcuni critici, non sappiamo quanto in buona fede, si sono addirittura scagliati contro il rapporto della letteratura col cinema, difendendo non si sa quale purezza dell’ispirazione cinematografica. Ma in sostanza che cosa difendono questi critici? Il cosiddetto “soggetto originale” ossia le cinque dieci malvage paginette semianalfabete stillate faticosamente dai cosiddetti “soggettisti” professionali, le quali, una volta acquistate dal produttore, debbono essere rifatte cento volte da intere coorti di sceneggiatori. Diciamolo pure: il “soggetto originale” è il massimo responsabile del basso livello culturale ed estetico di gran parte della produzione cinematografica. Per me, il solo “soggetto originale” legittimo è quello scritto personalmente dal regista. Ma poiché i registi che scrivono i loro soggetti sono pochi, il romanzo è di gran lunga preferibile al “soggetto originale” e questo per i seguenti motivi: 1. Attraverso la riduzione cinematografica di romanzi s’ottiene la circolazione delle idee e della cultura nel cinema, altrimenti impossibile, dato il basso livello culturale dei “soggettisti”; 2. In un “soggetto originale” bisogna aggiungere, il che non è sempre possibile; in un romanzo basta togliere, operazione molto più agevole; 3. Il romanzo fino a un certo punto serve da antidoto ad alcuni mali del cinema quali il divismo, l’intreccio meccanico, la pornografia delle “maggiorate fisiche”, ecc.
Venendo al film di Mauro Bolognini, non posso che ripetere ciò che dissi a proposito dell’Isola di Arturo: l’autore del libro non può chiedere che il regista sia fedele; ma può bensì chiedergli che faccia un bel film» («L’Espresso», 16 dicembre 1962; poi nel fondamentale volume a cura di Adriano Aprà, Stefania Parigi, Moravia al/nel cinema, Associazione Fondo Alberto Moravia, 1993, p. 282).
 
ore 17.00
Racconti romani (1955)
Regia: Gianni Franciolini; soggetto: da alcuni Racconti romani di Alberto Moravia scelti da Sergio Amidei; sceneggiatura: S. Amidei, Age & Scarpelli, Francesco Rosi, A. Moravia; fotografia: Mario Montuori; scenografia: Aldo Tomassini; costumi: Beni Montresor; musica: Mario Nascimbene; montaggio: Adriana Novelli: interpreti: Vittorio De Sica, Totò, Silvana Pampanini, Franco Fabrizi, Antonio Cifariello, Maurizio Arena; origine: Italia; produzione: I.C.S.; durata: 98′
Un incallito truffatore convince alcuni giovani sfaticati ad abbandonare le loro attività per dedicarsi a imprese poco limpide. «Il film cerca di far convivere il pessimismo dello scrittore con la bonarietà della commedia all’italiana: ne esce un ibrido curioso, vivacizzato – forse troppo – da un cast brillante, che testimonia la nascente tentazione del cinema italiano a stemperare nel rosa certe componenti di più seria analisi sociale» (Mereghetti).
 
ore 19.00
La noia (1963)
Regia: Damiano Damiani; soggetto: dal romanzo omonimo di Alberto Moravia; sceneggiatura: Tonino Guerra, Ugo Liberatore, D. Damiani; fotografia: Roberto Gerardi; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Angela Sammaciccia; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Renzo Lucidi; interpreti: Horst Buchholz, Catherine Spaak, Bette Davis, Georges Wilson, Leonida Repaci, Isa Miranda; origine: Italia/Francia; produzione: C.C. Champion, Les Films Concordia; durata: 118′
«Dino, pittore romano egoista e incapace di comunicare col prossimo, ha un ambiguo rapporto di dipendenza con la ricca madre americana. Allaccia una relazione con Cecilia, ragazza dall’oscuro passato, a scopo di mero intrattenimento sessuale. Quando comincia a sospettare che lo tradisca ne diventa sempre più succubo» (Morandini). Secondo Kezich «il film è rispettoso degli eventi narrati nel libro, tranne per un eccesso di ottimismo nel finale», mentre per Pestelli «il film resta autenticamente moraviano», anche se il male del protagonista, nel passaggio dal romanzo al film, «perde il lustro filosofico».
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 21.15
Gli indifferenti (1964)
Regia: Francesco Maselli; soggetto: dal romanzo omonimo di Alberto Moravia; sceneggiatura: Suso Cecchi D’Amico, F. Maselli; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Marcel Escoffier; musica: Giovanni Fusco; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Claudia Cardinale, Rod Steiger, Shelley Winters, Tomas Milian, Paulette Goddard, Consalvo Dell’Arti; origine: Italia/Francia; produzione: Vides Cinematografica, Lux Film, Ultra Film, Compagnie Cinématographique de France; durata: 115′
«Anche quelli che non apprezzano Moravia riconoscono che nel 1929, quando si impose con Gli indifferenti, egli scrisse il suo romanzo più valido e, per quei tempi, più nuovo. Gli schemi narrativi, infatti, li aveva presi dalla vecchia letteratura – la famiglia in sfacelo, la madre anziana con l’amante ricco, il figlio orgoglioso e dolente, la figlia che, quasi per convenienza, sposa l’amante della madre – ma li aveva rivestiti di un clima esistenzialistico ante litteram, di un senso di impotenza di fronte al marcio della vita, di una nauseata indifferenza di fronte al crollo di tutti gli antichi valori, e questo aveva conferito loro una innegabile modernità, trasformando, oltre a tutto, ogni personaggio nel ritratto preciso di un’epoca e di una società. […]
Maselli, convinto nell’universalità dei temi del romanzo e credendo che potessero essere trattati anche al di fuori dell’epoca in cui erano sorti, ha volutamente sfocato attorno ad essi la cornice degli Anni Trenta (pur accettandone fogge e costumi) e ha guardato a quei personaggi, quasi sempre in primo piano, come se fossero di oggi, con angustie, nausee, angosce, noie, facilmente riferibili a quelle di cui soffrono i contemporanei; senza accorgersi, invece, che quelle sofferenze non solo erano tipiche di quegli anni, ma che il modo con cui Moravia le aveva espresse era preso in prestito dalla vecchia letteratura» (Rondi).
Vietato ai minori di anni 18
 
lunedì 27
chiuso

 

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