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Cinema Trevi: Rosanna Schiaffino: il fascino discreto della semplicità
09 Giugno 2010 - 11 Giugno 2010
Nata a Genova il 25 novembre 1938, acquisisce notorietà a soli diciotto anni apparendo sulle copertine dei più importanti rotocalchi dell’epoca e debuttando cinematograficamente in Totò lascia o raddoppia? (1956) di Camillo Mastrocinque. Trasferitasi con la famiglia a Roma e dilettandosi in veste di pittrice tra gli artisti di via Margutta, parallelamente ai film in costume dei quali diverrà un’interprete ricorrente (Orlando e i paladini di Francia, Ferdinando I Re di Napoli, Il ratto delle Sabine, L’avventuriero), viene nobilitata dal cinema di autori quali Francesco Rosi, Mauro Bolognini, Mario Camerini, Alberto Lattuada, Damiano Damiani, Alessandro Blasetti. La sua sensualità tipicamente mediterranea rappresenta appieno la perfezione dei suoi morbidi lineamenti, oltre a farla divenire il simbolo di un’eterno fascino classico: non a caso un autore attento quale Luciano Salce allude alla sua figura nelle sembianze del personaggio interpretato da Donatella Turri ne La cuccagna (1962), prima di affidarle il ruolo di Jeronima, modella prediletta (e poi moglie) del pittore El Greco (1964), mentre Vittorio De Sica la eleggerà a simbolo della bellezza italiana all’estero facendola comparire nel ruolo di se stessa in un cameo di Un mondo nuovo (1965), ambientato a Parigi.
Sposatasi nel 1963 con il produttore Alfredo Bini, dal quale sei anni dopo avrà una figlia, Annabella, la Schiaffino lascia le scene nella seconda metà degli anni Settanta quando il cinema smette di offrirle occasioni di rilevo quasi dimenticandola, prima di unirsi in seconde nozze all’imprenditore Giorgio Enrico Falck, che la renderà madre di Guido nel 1981 e con il quale vivrà un rapporto particolarmente conflittuale.
Il ciclo di film proposti (tra i quali l’antologia pressoché inedita Incontri Internazionali del Cinema 1965 e la rarissima versione de La mandragola comprendente la sequenza con Totò a colloquio con la Morte nella cripta del convento, all’epoca eliminata nel montaggio definitivo per volontà dell’autore) vuole essere un doveroso omaggio alle sue semplici doti d’interprete umile e spontanea.
Programma, testo introduttivo e schede a cura di Graziano Marraffa
 

 
mercoledì 9
ore 17.00
Un ettaro di cielo (1957)
Regia: Aglauco Casadio; soggetto e sceneggiatura: Aglauco Casadio [con la collaborazione non accreditata di Tonino Guerra, Elio Petri, Ennio Flaiano]; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia e costumi: Gianni Polidori; musica: Nino Rota; montaggio: Gabriele Varriale; interpreti: Rosanna Schiaffino, Marcello Mastroianni, Carlo Pisacane, Silvio Bagolini, Nino Vingelli, Polidor [Ferdinand Guillaume]; origine: Italia/Francia; produzione: Vides Cinematografica, Lux Film, Cinecittà, Fidès; durata: 84′
Severino Balestra, giovane ambulante tra le fiere paesane, sbizzarrisce la sua consueta fantasia raccontando a un gruppo di anziani amici della possibile acquisizione di un personale appezzamento di cielo, da potersi godere nell’Aldilà. Innamoratosi di Marina, bella ragazza del luogo, verrà preso in parola dai vecchietti lieti di versargli del denaro e affrontare il “confortevole” trapasso, ma la realtà rivelerà diverse sorprese. «La storia quotidiana […] di un uomo semplice, comune, idealista e felice, offre lo spunto al giovane Casadio per darci con questo suo primo film un ritratto […] di un’umanità sincera e genuina. L’ispirazione è chiaramente neorealistica, lo stile narrativo anche e ci si accorge che a volte esso […] non riesce a darci il dramma di una condizione esistenziale. Ma nei suoi forti limiti, il film contribuisce allo studio del nostro popolo» (Rondolino).
 
ore 19.00
La sfida (1957)
Regia: Francesco Rosi; soggetto e sceneggiatura: F. Rosi, Suso Cecchi D’Amico, Enzo Provenzale; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia: Franco Mancini; costumi: Marilù Carteny; musica: Roman Vlad; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Rosanna Schiaffino, Josè Suarez, Nino Vingelli, Pasquale Cennamo, José Jaspe, Rosita Pisano; origine: Italia/Spagna; produzione: Vides Cinematografica, Lux Film, Cinecittà, Suevia Film S.A.; durata: 93′
Vito Polara, ambizioso giovanotto napoletano, dopo aver tentato il contrabbando di sigarette, riesce a sbaragliare il locale potere camorristico sul mercato ortofrutticolo inserendosi nell’organizzazione. In seguito al fidanzamento con Assunta, radiosa vicina di casa, giunge a contrarre vari debiti e ad acquistare un appartamento, incurante della vendetta in agguato. «Ciò che salva Rosi dall’accusa di eccessivo americanismo è di aver studiato la storia […] in un ambiente preciso, in una cornice non occasionale […]. Il serio esordio di Rosi rivela un temperamento di singolare rilievo, ma ancor debole nella costruzione di personaggi che, o sono incerti, come quello di Vito, o troppo secondari, come quello di Assunta […] o facili schemi come quello di Ajello. Il che non significa che l’opera non sia fra le più ragguardevoli degli anni più recenti del cinema italiano» (E. G. Laura).
 
ore 20.45
La notte brava (1959)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto e sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini, dai suoi romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta; collaborazione ai dialoghi: Jacques Laurent Bost; fotografia: Armando Nannuzzi; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Marcel Escoffier; musica: Piero Piccioni; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Laurent Terzieff, Rosanna Schiaffino, Jean Claude Brialy, Franco Interlenghi, Anna Maria Ferrero, Antonella Lualdi; origine: Italia/Francia; produzione: Ajace Compagnia Cinematografica, Franco London Film; durata: 95′
Scintillone e Ruggeretto, giovani disoccupati, in seguito a un furto si uniscono a Bella Bella e tre prostitute allo scopo di rivendere il maltolto. In seguito a vari raggiri, Scintillone si reca con Rossana in un locale notturno dove verrà arrestato, lasciando la ragazza in compagnia di Ruggeretto fino all’alba. «Stupende le tre mondane, Supplizia, Anna e Nicoletta: la Lualdi, la Martinelli e la Ferrero. E non ho mai visto, né immaginato, la Schiaffino così a posto» (Pasolini). «E la casa dove vive la Schiaffino […] riassume tutta l’amarezza di una situazione che non per questo cessa di essere una condizione umana. […] Er Mosciarella e il Muto erano personaggi; e, in un certo senso, la Schiaffino, in quella corsa in tassì, all’alba, in cui è riuscita ad esprimere un sentimento di vuoto e d’incantato torpore» (Bruno).
Vietato ai minori di anni 16
 
giovedì 10
ore 17.00
Illibatezza (ep. di Ro.Go.Pa.G., 1962)
Regia: Roberto Rossellini; soggetto e sceneggiatura: R. Rossellini; fotografia: Luciano Trasatti; scenografia: Flavio Mogherini; costumi: Danilo Donati; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Daniele Alabiso; interpreti: Rosanna Schiaffino, Bruce Balaban, Gianrico Tedeschi, Carlo Zappavigna, Maria Pia Schiaffino; origine: Italia/Francia; produzione: Arco Film, Lyre; durata: 33′
L’hostess Anna Maria durante un volo a Tokio viene corteggiata da un americano, colpito dal candore della sua bellezza mediterranea; per liberarsene ed evitare l’ira del fidanzato meridionale stravolgerà il suo look abituale. «La situazione di questa hostess […] è piuttosto originale, la si direbbe quasi clairiana. Roberto Rossellini l’ha diretta con quella trascuratezza che da alcuni anni gli è abituale» («Rivista del Cinematografo»). «Meglio tacere infine sull’episodio di Roberto Rossellini […] dedicato all’arte di Rosanna Schiaffino. Diremo soltanto che Rossellini sembra impegnato masochisticamente a far sfigurare quelli di noi che lo considerano un maestro, e a dar ragione ai suoi superficiali detrattori» (Kezich).
Vietato ai minori di anni 18
 
a seguire
La corruzione (1963)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: Ugo Liberatore; sceneggiatura: U. Liberatore, Fulvio Gicca; fotografia: Leonida Barboni; scenografia e costumi: Maurizio Serra Chiari; musica: Giovanni Fusco; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Jacques Perrin, Rosanna Schiaffino, Alain Cuny, Isa Miranda, Filippo Scelzo, Ennio Balbo; origine: Italia/Francia; produzione: Arco Film, S.O.P.A.C., Burgundia Film; durata: 83′
Stefano Mattioli, giovane figlio di un ex partigiano divenuto ricco industriale dell’editoria, terminati gli studi esprime la vocazione al sacerdozio. Il padre, per distoglierlo da tale proposito, lo fa sedurre da Adriana, sua giovane segretaria e amante, nel corso di una crociera in yacht. Nuovamente combattuto tra l’intima aspirazione ad esprimere la generosità e la sincerità della sua giovinezza e l’amara realtà di un mondo mediocre, Stefano rimarrà preda del suo dubbioso senso di ribellione. «Che Bolognini abbia talento e gusto da vendere lo prova […] l’incredibile trasformazione da lui operata su Rosanna Schiaffino: una prova che ricorda gli esperimenti di Sternberg su Marlene. Con i capelli corti e la frangetta, il volto reso più bello da una nuova impostazione del trucco, fotografata magistralmente dall’operatore Barboni, la Schiaffino ci rimanda a Moravia: si direbbe la Cecilia di “La noiaraccontata da Scott Fitzgerald» (Kezich). «In questo film c’è forse la più bella, la più intensa, la più lirica scena erotica del nostro cinema: quando il giovane Stefano […] è raccolto nelle braccia da Adriana, e per la prima volta si abbandona a una donna, in uno smarrimento dove è stupore, vertigine e il casto e palpitante tremore dell’iniziazione, e intorno a cui, con un gioco irreale di luci, di specchi, di rifrazioni, Bolognini crea un alone di sognante e voluttuosa magia (e deve essere detto che in questa scena, accanto a Jacques Perrin, Rosanna Schiaffino riesce a rendere qualche bel momento di rapita e trasfigurata dolcezza)» (Sacchi).
 
ore 19.10
Scacco alla regina (1969)
Regia: Pasquale Festa Campanile; soggetto: dal romanzo omonimo di Renato Ghiotto; sceneggiatura: Tullio Pinelli, Brunello Rondi; fotografia: Roberto Gerardi; scenografia: Flavio Mogherini; costumi: Giulia Mafai; musica: Piero Piccioni; montaggio: Mario Morra; interpreti: Rosanna Schiaffino, Romolo Valli, Aldo Giuffrè, Gabriele Tinti, Haidèe Politoff, Daniela Surina; origine: Italia; produzione: Finarco; durata: 98′
Margaret Mevin, diva di successo, manifesta un carattere talmente venale e possessivo al punto di assumere una dama di compagnia, con la quale instaura un complesso rapporto tra padrona e schiava. «Favola moderna non disutile, e spunto di riflessioni interessanti anche dal punto di vista socio-politico, per indicare quanto il distacco dalla realtà, il rifiuto di vivere nel mondo, siano causa ed effetto di tirannia. […] Un film incerto fra il grottesco realistico e il metafisico, più impegnato – oggettivando l’azione narrata nel libro in prima persona – nel recuperare attraverso il cerimoniale sado-masochista il gusto ossessivo e narcisistico del romanzo anziché nell’analisi psicologica d’una sfida fra donne in ugual misura deliranti, ma spettacolarmente assai brillante grazie al lussuoso addobbo della villa che fa da cornice e alle toilette delle attrici. […] Pasquale Festa Campanile […] tuttavia conduce il gioco con la consueta vivacità, con quel sorrisino a fior di labbra che scorcia le ambizioni. L’immagine di Margaret, così prepotente e ghiotta di vivere, gli riesce bene, e quella di Silvia ha sensibili tocchi di colore […]. Bravi gli interpreti: Rosanna Schiaffino, bella e imperiosa nell’aggressivo personaggio di Margaret, e Haydée Politoff, tutta chiusa nell’insano piacere di Silvia presa d’amore di sé» (Grazzini).
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 21.00
Trastevere (1971)
Regia, soggetto e sceneggiatura: Fausto Tozzi; fotografia: Arturo Zavattini; scenografia: Giantito Burchiellaro; costumi: Marcella De Marchis; musica: Guido e Maurizio De Angelis; montaggio: Carlo Reali, Nino Baragli; interpreti: Nino Manfredi, Rosanna Schiaffino, Vittorio De Sica, Leopoldo Trieste, Vittorio Caprioli, Milena Vukotic; origine: Italia; produzione: Produzioni Europee Associate; durata: 98′
Un cane di proprietà di un anziano cantante lirico, smarrendosi per le strade e i vicoli del quartiere, incontra persone e avvenimenti di vario genere: Carmelo Mazzullo, ex agente della Squadra Narcotici, corteggia Caterina Peretti falsa “indiana” drogata; un intellettuale guardone spinge la moglie tra le braccia di un garzone di macelleria; un aristocratico omosessuale conduce al suicidio un hippy americano; il vedovo di una prostituta sfrutta le colleghe aiutato dal figlioletto; un parroco conduce un pellegrinaggio al Divino Amore capeggiato da Regina, anziana strozzina. «Ad avviso di tutti quelli che vi hanno collaborato, il mio è un film sinceramente religioso (per religioso intendo il senso del giusto, del bello e dell’etico) che castiga ridendo uno squarcio di umanità grottescamente pagano» (Tozzi). «Tozzi aveva probabilmente in animo di tracciare un affresco del popolare rione romano, quale oggi si configura, a mezzo fra l’antica e genuina tradizione che va estinguendosi e le contaminazioni dei tempi nuovi. Su tale motivo il film […] intreccia una serie di situazioni e di profili, i quali però, quando non cedono al più scialbo bozzettismo, risultano, a dir poco, di lunare rappresentatività» (Autera).
Vietato ai minori di anni 14
 
venerdì 11
ore 17.00
La mandragola (1965)
Regia: Alberto Lattuada; soggetto: dalla commedia omonima di Niccolò Machiavelli; sceneggiatura: Luigi Magni, Stefano Strucchi, A. Lattuada; fotografia: Tonino Delli Colli; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Danilo Donati; musica: Gino Marinuzzi jr.; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Rosanna Schiaffino, Philippe Leroy, Romolo Valli, Totò, Armando Bandini, Nilla Pizzi; origine: Italia/Francia; produzione: Arco Film, Lux C.C.F.; durata: 102′
Callimaco, giovane gaudente, attirato dai racconti dell’amico Ligurio, torna da Parigi a Firenze con l’intento di conquistare le grazie di Lucrezia Calfucci, onestissima moglie del notaio Nicia. Spacciandosi per medico e incaricato dallo stesso Nicia a curare la presunta sterilità della moglie, e soprattutto mediante la complicità di fra’ Timoteo, Callimaco diverrà lo stabile amante di Lucrezia. «Lattuada ha sentito Machiavelli con un’intelligenza moderna che si svolge lungo un arco che va, sbiadita la mordacità del fiorentino, dalla commedia di costume alla pochade, con in più un compiacimento per i primi piani delle nudità di Lucrezia che appartiene a un erotismo da cinema piccante. […] Romolo Valli è un Nicia flaccidamente grottesco, Philippe Leroy un Callimaco voglioso ma senza la fiamma del desiderio; Jean-Claude Brialy dà a Ligurio agilità e destrezza, e Totò nei panni di fra’ Timoteo, riuscendo finalmente a controllarsi, disegna una saporita macchietta, ben calibrata fra il cinismo e l’innocenza. Quanto a Rosanna Schiaffino, diremo che essa è colta soprattutto nell’altezzoso fulgore della sua anatomia, sempre molto pregevole benché così poco machiavellica. Il Bolognini de “La corruzioneresta colui che è riuscito a ottenere i migliori chiaroscuri dall’interprete, ma è vero che qui, sul finire, essa di scatto abbandona i toni passivi voluti dal personaggio e trasferisce in madonna Lucrezia la risolutezza del proprio carattere d’attrice» (Grazzini).
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 19.00
La Betìa ovvero in amore per ogni gaudenza ci vuole sofferenza (1971)
Regia: Gianfranco De Bosio; soggetto: dalla commedia La Betìa di Angelo Beolco detto “Ruzante”; sceneggiatura: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, G. De Bosio, Nino Manfredi, Guido Stagnaro; fotografia: Roberto Gerardi; scenografia: Sergio Canevari, Aca Milovic; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: Rosanna Schiaffino, Nino Manfredi, Lino Toffolo, Mario Carotenuto, Smoki Samardi, Franco Pesce; origine: Italia/Jugoslavia; produzione: Finarco, Merope, Kosutniak Film; durata: 99′
La bella Betìa, figlia di un’agiata contadina veneta, si convince a sposare il bracciante Zilio tramite la complicità di Nale, già sposato con Tania, col quale dividerà le sue grazie. «Con un costante sottofondo di assurdo festoso, il racconto è tutto percorso da umori ribaldi e grezzi ma autentici, resi con un gusto vivido della baruffa e dello scherzo – le scene della guerra per conquistare la Betìa suggeriscono una sapida interpretazione cinematografica dei poemetti eroicomici del nostro Rinascimento – e dettati da una simpatia per il mondo agreste, popolato di figure burlesche, in cui compiutamente si traduce la colorita fantasia del Ruzante. Interpreti bene assortiti sono Rosanna Schiaffino, che dà alla Betìa fondo e piccante rilievo; Nino Manfredi (Nale), impegnato in un interessante profilo di furbo stralunato; Smoki Samardi, sempre molto simpatico nelle parti di patetico grullerello, Lino Toffolo, Eva Ras e molti altri, italiani e jugoslavi, allegramente concordi nel preferire i trionfi della pancia e del sesso ai pallidi tornei delle ideologie» (Grazzini). «La Schiaffino non è mai stata così allegramente sensuale» (Kezich).
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 21.00
Incontri internazionali del cinema 1965. Rosanna Schiaffino
Antologia realizzata da Vincenzo M. Siniscalchi; con la collaborazione di G. Giacobino, R. Paladini, C. Cozzi; origine: Italia; durata: 28′
Fotografie tratte dai rotocalchi dell’epoca, sequenze tratte dai film La sfida di Francesco Rosi, I vincitori di Carl Foreman, Illibatezza, episodio diretto da Roberto Rossellini per il film Ro.Go.Pa.G., La corruzione di Mauro Bolognini, El Greco di Luciano Salce. Scene del film allora in lavorazione La mandragola, con l’attrice nel ruolo di Lucrezia.
 
a seguire
La strega in amore (1966)
Regia: Damiano Damiani; soggetto: dal romanzo Aura di Carlos Fuentes; sceneggiatura: Ugo Liberatore, D.Damiani; fotografia: Leonida Barboni; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Pier Luigi Pizzi; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Rosanna Schiaffino, Gian Maria Volontè, Richard Johnson, Ivan Rassimov, Sarah Ferrati, Margherita Guzzinati; origine: Italia; produzione: Arco Film; durata: 110′
Sergio Logan, modesto scrittore in crisi economica, accetta un incarico da bibliotecario presso la villa di un’anziana signora dove incontra Aura, affascinante ragazza della quale s’innamora. In seguito al confronto con Fabrizio, misterioso abitante della casa, affronterà con ribellione una realtà sconcertante. «Damiano Damiani, rifacendosi al romanzo, lo ha largamente interpretato e variato, non solo spostando l’azione dal Messico a Roma, in un antico palazzo i cui saloni barocchi e i cui giardini fatiscenti hanno comunque, in un certo senso, sostituito con efficacia l’ambientazione messicana, ma anche e soprattutto inserendo la vicenda di Fuentes nell’antico tema dei vecchi che non vogliono invecchiare e che, con filtri e magie, tentano disperatamente di tornare ai tempi della loro giovinezza. (…) Al centro del film, Rosanna Schiaffino, intenzionalmente atteggiata a pose quasi statuarie, per far sembrare fittizia e quasi artefatta la sua calda bellezza, divenuta qui quasi di marmo; comunque, anche in virtù di questo gioco, egualmente affascinante e ingioiellata» (Rondi).

 

 

Date di programmazione