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Cinema Trevi: Omaggio a Giuseppe Patroni Griffi
12 Settembre 2010 - 12 Settembre 2010
Giuseppe Patroni Griffi non è solo il regista e l’autore di quel grande successo teatrale e cinematografico chiamato Metti, una sera a cena. Romanziere (Scende giù per Toledo, Gli occhi giovani), sceneggiatore (I magliari, La ragazza con la valigia), commediografo (D’amore si muore, Anima nera, Persone naturali strafottenti), è stato una delle personalità più versatili del panorama culturale italiano del secondo Novecento. Nato il 27 febbraio 1921 a Napoli, appartiene a quel gruppo di intellettuali napoletani che giovanissimi, subito dopo la Liberazione, emigrarono a Roma, dove, dopo l’incontro con Luchino Visconti e Giorgio De Lullo, la vita di Patroni Griffi e la storia dello spettacolo italiano, e del Teatro Eliseo in particolare, si fondono. Come ha scritto Franco Cordelli «per almeno due decenni, prima che si scoprisse o riscoprisse il teatro di Testori e di Pasolini, Peppino Patroni Griffi è stato il simbolo di una possibilità: la drammaturgia in lingua non era stata svuotata da Pirandello; e quella in dialetto non era stata monopolio di Eduardo De Filippo. È vero che il drammaturgo napoletano con il dialetto vero e proprio non si è mai cimentato. Ma esso è là, sullo sfondo, è come se premesse, minaccioso o promettente, sulle strutture della lingua, una lingua tuttavia inesistente, ancora da inventare, o reinventare, sempre stretta nella tenaglia di una convenzione già televisiva e d’una maniera ancora letteraria […]. Ma è impossibile non vedere come il mondo di Patroni Griffi anticipi sia Ferito a morte di La Capria sia il Pasolini di Ragazzi di vita. Poi, Pasolini occupò per intero lo spazio, quello spazio di rimpianto per la “morte della bellezza”, il mito che lo scrittore friulano e lo scrittore napoletano avevano in comune. E che cos’era la bellezza, per l’uno e per l’altro, se non l’idea di semplicità e naturalezza di cui parla la Ginzburg, distrutte dalla civiltà del benessere, ovvero dalla volgarità dei consumi, delle masse arrembanti dalle periferie verso il centro della città, verso la cancellazione stessa di ogni singola espressione autoctona, in altri termini dei dialetti?». E Patroni Griffi utilizza una lingua “molle”, “plastica”, facendo parlare sulle scene la signora amica, la serva plebea, l’omosessuale. Esordisce come regista cinematografico nel 1962 con un film sfortunato Il mare, fischiato alla Mostra del Cinema di Venezia e che disegnava due personaggi quasi improponibili in quel periodo (un omosessuale e il suo ambiguo rapporto con un ragazzo). Il resto della filmografia del regista è molto esigua, ma molto interessante: la rilettura non banale dei drammi elisabettiani (Addio fratello crudele), il dramma dell’identità (Identikit), gli amour fou italiani degli anni Venti (Divina creatura), l’eros come linguaggio primordiale della vendetta (La gabbia). Autore poco italiano e molto internazionale, la miglior definizione l’ha data lui stesso: «Io non sono un regista all’italiana. Io non sono mai stato nel binario principale del cinema italiano, né lo sarei adesso. Io anche sul passaporto ho scritto scrittore. Mi sento meglio nei panni di uno scrittore».
Le schede dei film sono state tratte dal volume Fabio Francione (a cura di), La morte della bellezza. Letteratura e teatro nel cinema di Giuseppe Patroni Griffi, Falsopiano, Alessandria, 2001.
 
ore 17.00
Identikit (1974)
Regia: Giuseppe Patroni Griffi; soggetto: dal romanzo The Driver’s Seat di Muriel Spaak; sceneggiatura: Raffaele La Capria, G. Patroni Griffi; fotografia: Vittorio Storaro; scenografia: Mario Ceroli; costumi: Gabriella Pescucci; montaggio: Franco Arcalli; interpreti: Elizabeth Taylor, Guido Mannari, Ian Bannen, Mona Washbourne, Luigi Squarzina, Federico Martignoni; origine: Italia; produzione: Felix Cinematografica, Rizzoli Film; durata: 105′
«Una donna – il suo nome è Liz – di mezza età parte dalla sua città […] per una vacanza […]. La meta è Roma. Sull’aereo uno dei due uomini a cui è seduta accanto scappa, preso da una paura senza giustificazioni. L’altro, al contrario, comincia a farle pesanti avances. Andando in giro per Roma, la donna, che ha un carattere isterico, incontra una serie di persone: l’uomo dell’aereo che continuerà a farle proposte esplicite di carattere sessuale, una donna anziana che le parla di un nipote che sta aspettando; un uomo intravisto all’aereoporto, completamente vestito di bianco e dall’aspetto cadaverico; e un meccanico che l’ha soccorsa dopo un attentato ad un politico in cui era stata coinvolta e che in seguito tenterà di violentarla; ed infine il primo uomo dell’aereo che risulta essere il nipote della signora con la quale ha stretto amicizia. In parallelo la polizia indaga sul viaggio della donna e sulle persone che l’hanno incrociata» (Arcagni). «Patroni Griffi ha saputo impaginare il film secondo stilemi tendenti all’astratto, fuori da ogni psicologismo: ed è proprio dalla fredda eleganza delle immagini che nasce una tensione sempre più alta. Dentro le geometrie create dall’art director Mario Ceroli […] stupendamente fotografata da Vittorio Storaro nelle inquadrature scandite dal montaggio di Franco Arcalli, Elizabeth Taylor vibra, inveisce, strepita da grande personaggio sopra le righe, vero mostro sacro del cinema contemporaneo: l’attrice si identifica nel film, che a sua volta propone un’identificazione fantastica Liz-Elizabeth. […] Intorno alla protagonista le presenze degli altri personaggi sono labili e inquietanti come in un sogno: ricordiamo un cereo Andy Warhol e un enigmatico Luigi Squarzina, straniato rappresentante della ragione in veste di commissario della polizia» («Panorama»).
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 19.00
Addio fratello crudele (1971)
Regia: Giuseppe Patroni Griffi; soggetto: dalla tragedia Peccato che sia una puttana di John Ford; sceneggiatura: Alfio Valdarnini, Carlo Carunchio, G. Patroni Griffi; fotografia: Vittorio Storaro; scenografia: Gianfranco Ceroli; costumi: Gabriella Pescucci; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Arcalli; interpreti: Charlotte Rampling, Olivier Tobias, Fabio Testi, Antonio Falsi, Rick Battaglia, Angela Luce; origine: Italia; produzione: Clesi Cinematografica; durata: 111′
«Giovanni e Annabella sono fratello e sorella, ma nonostante ciò si amano. È un amore passionale ma disperato. Giovanni si confida con un frate che lo obbliga a ripensarci. Questi gli prefigura peccato e sventure. Ma l’amore dei due è troppo forte, si confessano l’uno all’altra, si giurano eterno amore e consumano la loro passione. Quando però Annabella rimane incinta il frate, su consiglio del cardinale, provvede a che Annabella almeno copra la colpa sposando il nobile Soranzo che già l’aveva richiesta e che era stato respinto» (Arcagni). «Ho amato molto il teatro elisabettiano e Addio fratello crudele è un omaggio a questa mia passione. Mi ha ispirato […] un testo teatrale di Ford, Peccato che sia una puttana. Credo che Addio fratello crudele costituisca una specie di tragedia moderna rielaborata da quel testo, di cui ho preso solo alcuni personaggi, che ho amato moltissimo. È la storia di quattro ragazzi, cui ho cercato di dare spessore, dignità e importanza» (Patroni Griffi).
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 21.00
Il mare (1963)
Regia: Giuseppe Patroni Griffi; soggetto e sceneggiatura: G. Patroni Griffi; collaborazione alla sceneggiatura: Alfio Valdarnini; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Pier Luigi Pizzi; costumi: Paola Bersani; musica: Giovanni Fusco; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Umberto Orsini, Françoise Prévost, Dino Mele, Renato Scala, Giuseppe Ferrari, Renato Terra Caizzi; origine: Italia; produzione: Gianni Buffardi; durata: 97′
«Un attore arriva a Napoli. Non è ancora stagione turistica. Capri è deserta e il cielo plumbeo. Aspetta una donna che non arriverà. Nel frattempo intesse uno strano rapporto con un giovane alcolista che tenta persino di ucciderlo; è annoiato, privo di ideali, forte e debole allo stesso tempo. I due si stringono in una particolare amicizia, o almeno ci provano, finché giunge sull’isola una donna» (Arcani). «Nel film c’era un uso della parola diverso dal solito. Quando parlavano, i tre protagonisti parlavano di cose quotidiane, non della loro storia. Tra i tre personaggi non si è mai detto nulla degli affetti. La storia era torbida, perché piena di attrazioni mancate, di sentimenti nascosti. Gli attori si esprimevano nei movimenti, nei gesti e in questo il loro ruolo era fondamentale. Solo dei bravi attori potevano farlo» (Patroni Griffi).
Vietato ai minori di anni 18

 

 

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