Cinema Trevi: Omaggio a Furio Scarpelli
01 Giugno 2010 - 02 Giugno 2010
Figlio d’arte (il padre Filiberto era un noto disegnatore, fondatore della rivista satirica «il Travaso»), il giovane Scarpelli seguì le orme del padre formandosi in quella fucina di idee che fu il celebre «Marc’Aurelio», dove conobbe Agenore Incrocci, in arte Age, con il quale darà vita a un sodalizio racchiuso in una sigla divenuta leggendaria: Age & Scarpelli, una fabbrica del riso (e non solo). La loro filmografia, costellata di capolavori assoluti (alcuni dei quali proposti in questa rassegna) è adesso affidata al giudizio degli storici, non solo di cinema, perché in essa è racchiusa la storia del costume italico del Novecento, con straordinarie incursioni nel passato (come nel caso de L’armata Brancaleone, per il quale hanno coniato un nuovo linguaggio). La verve dialettica di Scarpelli, al fianco della laconica incisività di Age, raggiunge sempre il centro del bersaglio mettendo a nudo vizi e virtù di un popolo che si trasforma, in virtù di un congenito camaleontismo, di fronte alla macchina da presa, rivelando, peraltro, i tratti di una maschera immutabile, per cui due soldati della prima guerra mondiale (gli eroi per caso de La grande guerra) non sono dissimili dai protagonisti dalla commedia all’italiana. Tragicamente comici o comicamente tragici, secondo i punti di vista, in un vortice di stati d’animo, specchio della vita con le sue molteplici sfumature, che l’occhio dei due grandi sceneggiatori riesce a penetrare sempre con una lucidità che trascende il singolo film e diventa parte di un disegno più complessivo. E trascende persino i registi con i quali hanno collaborato (da Monicelli a Comencini, da Germi a Risi, ma l’elenco è ovviamente lunghissimo) per delineare, in controluce, i contorni di un cinema di Age & Scarpelli, tanto è forte la loro firma, il loro marchio di fabbrica. I film sceneggiati dalla coppia si riconoscono a distanza: questione di stile, di connotazione semantica, di elaborazione narrativa, non c’è spazio per la casualità e l’avventura, tanto cari all’industria cinematografica nazionale, tutto è calibrato e frutto di una profonda riflessione. Age & Scarpelli non scrivevano semplicemente delle storie, ma scrivevano la Storia e ad essa la loro opera va oggi ricondotta. A futura memoria.
martedì 1
ore 17.00
Totò le Mokò(1949)
Regia: Carlo Ludovico Bragaglia; soggetto: da un’idea di Arduino Maiuri; sceneggiatura:Sandro Continenza, Vittorio Metz, Furio Scarpelli; fotografia: Sergio Pesce; scenografia: Alberto Boccianti; musica: Edoardo Micucci; montaggio: Mario Sansoni; interpreti: Totò, Gianna Maria Canale, Carlo Ninchi, Carla Calò, Franca Marzi, Luigi Pavese; origine: Italia; produzione: Forum Film; durata: 90′
Il famigerato capobanda Pepé le Mokò, che ha il suo quartier generale nella Kasbah di Algeri, viene ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia. La successione viene offerta ad un suo prossimo parente, Totò, suonatore ambulante napoletano che sogna di poter dirigere una banda musicale. Una delle interpretazioni più memorabili di Totò, irresistibile nella parodia dei personaggi dei film esotici francesi, di ambientazione coloniale, come il film del 1937 di Julien Duvivier (Pépé le Moko) con Jean Gabin.
ore 19.00
Bravissimo (1955)
Regia: Luigi Filippo D’Amico; soggetto e sceneggiatura: Age & Scarpelli, L. F. D’Amico; fotografia: Marco Scarpelli; scenografia: Franco Lolli; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Alberto Sordi, Giancarlo Zarfati, Patrizia Della Rovere, Irene Cefaro, Irene Tunc, Riccarda Momo; origine: Italia; produzione: Documento Film; durata: 95′
Un maestro si accorge che un suo alunno possiede una straordinaria voce e fa di tutto per lanciarlo nel mondo della musica. «Più che sulla trovata della voce baritonale – rapidamente esaurita – il film si appoggia sul’intreccio di egoismi, di vanità, di contrattempi e di equivoci che regolano la vicenda e sulla esilarante esuberanza di Alberto Sordi. […] La regia di L.F. D’Amico, agile e scorrevole, colorita, sa abilmente sfruttare le divertenti risorse del soggetto» (Contini).
ore 20.45
La strana coppia. Incontro con Age & Scarpelli (2001)
Regia: Paolo Virzì; origine: Italia; produzione: Scuola Nazionale di Cinema; durata: 53′
Age e Scarpelli ripercorrono, con la complicità del loro “allievo” Paolo Virzì, le tappe fondamentali della loro carriera. «Chi erano questi Age & Scarpelli che firmavano soggetto, sceneggiatura e dialoghi, questo duo dalla sigla che chissà perché mi fa venire in mente l’orchestrina e le paillettes del teatro di varietà? Questa domanda in realtà non me la feci mai, finché non mi imbattei in loro due in persona» (Virzì).
a seguire
I soliti ignoti (1958)
Regia: Mario Monicelli; soggetto: Age & Scarpelli; sceneggiatura: Age & Scarpelli, Suso Cecchi D’Amico, M. Monicelli; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia e costumi: Pietro Gherardi; musica: Piero Umiliani; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Carla Gravina, Claudia Cardinale, Tiberio Murgia; origine: Italia; produzione: Vides Cinematografica, Lux Film, Cinecittà; durata: 100′
«Adesso vediamo se il successo del film di Monicelli, I soliti ignoti, comincerà a schiudere le pervicaci zucche dei nostri produttori a questa verità, che un film può essere comicissimo, popolarissimo, vendibilissimo, anche senza essere stupido e volgare. E tanto per cominciare: non mi ricordo da un gran pezzo di un film italiano che avesse, come questo, un dialogo totalmente intelligente, con battute tutte calibrate e portanti, di quell’umorismo adulto eppur sempre immediato e intelligibile che siamo abituati a riconoscere solo nei film francesi. […] La trovata delle trovate è Vittorio Gassman nella parte di Beppe, il giovanotto pugile suonato e a corto di espedienti che dalle confidenze di Cosimo, a Regina Coeli, edotto di un possibile colpo magistrale, di introdursi cioè attraverso un appartamento disabitato nel locale dov’è la cassaforte di un Monte pegni di periferia, appena fuori ne fa parte ai compari, e insieme lo decidono. Sono una ben scalcinata banda questi soliti ignoti, una banda del buco da strapazzo, sì che il film finisce per diventare un Rififìtutto da ridere, la descrizione circostanziata di un colpo ladresco» (Sacchi).
mercoledì 2
ore 17.00
Tempo di uccidere (1989)
Regia: Giuliano Montaldo; collaborazione alla regia: Vera Pescarolo; soggetto: dal romanzo omonimo di Ennio Flaiano; sceneggiatura: Furio Scarpelli, Giacomo Scarpelli, Paolo Virzì, G. Montaldo; fotografia: Blasco Giurato; scenografia: Davide Bassan; costumi: Elisabetta Montaldo; musica: Ennio Morricone; montaggio: Alfredo Muschietti; interpreti: Nicolas Cage, Giancarlo Giannini, Ricky Tognazzi, Patrice Flora Praxo, Robert Liensol; origine: Italia/Francia; produzione: Ellepi Film, Dania Film, Surf Film, DMV, Italafrance; durata: 112′
«Avevo letto il romanzo di Flaiano a diciassette-diciotto anni. Quando poi mi avvicinai al cinema, rimase sempre un sogno nel cassetto. Tanti anni dopo, completato il mio percorso in quella che definirei “sofferenza per l’intolleranza”, Tempo di uccidere rispuntò nel cassetto da cui era chiuso. Rilessi tutto quello che aveva scritto Flaiano, […] e poi scrissi il film assieme a Furio e a Giacomo Scarpelli, e a un giovanissimo Paolo Virzì. Gli italiani – raccontava – erano partiti per l’avventura coloniale con l’illusione di andare a vivere in un film in bianco e nero della Paramount, con i palmeti, le donne velate, i turbanti, le spade ricurve; e si trovarono in un paese inospitale, con questi signori eleganti vestiti di bianco, i veri padroni dell’Africa, che li osservavano come alieni» (Montaldo).
ore 19.00
Tutti a casa (1960)
Regia: Luigi Comencini; soggetto: Age & Scarpelli; sceneggiatura: Age & Scarpelli, L. Comencini, Marcello Fondato; fotografia: Carlo Carlini; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Ugo Pericoli; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Alberto Sordi, Serge Reggiani, Carla Gravina, Martin Balsam, Didi Perego, Nino Castelnuovo; origine: Italia/Francia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica, Orsay Films; durata: 114′
«Age e Scarpelli avevano sviluppato una storia che si svolgeva nella Roma occupata durante il periodo del coprifuoco, ma quella storia pareva destinata a non realizzarsi. Ci ricordammo allora di certe cose di Roma 1943 di Monelli e di molte avventure personali accaduteci nel giorno dell’armistizio. E così è nata l’idea di Tutti a casa. Poiché già più d’una volta mi è stato chiesto quale parentela ci sia tra il mio film e La grande guerra, credo di avere indirettamente risposto, raccontando come è nata l’idea di Tutti a casa. Nessuna. Solo che probabilmente i due film hanno in comune la stessa fiducia, da parte degli autori, in un certo metodo di lavoro. […] Tutti a casa non è nemmeno un film di guerra. È un viaggio attraverso l’Italia in guerra di quattro sbandati (quattro “stupidi” sprovveduti) che vogliono tornare a casa […] perché quella del ritorno a casa è l’unica idea chiara che hanno, l’unica idea che li accomuna, l’unica fede» (Comencini).
ore 21.00
L’armata Brancaleone (1966)
Regia: Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Age & Scarpelli, M. Monicelli; fotografia: Carlo Di Palma; scenografia e costumi: Piero Gherardi; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Vittorio Gassman, Catherine Spaak, Gian Maria Volonté, Maria Grazia Buccella, Ugo Fangareggi, Enrico Maria Salerno; origine: Italia/Francia/Spagna; produzione: Fair Film, Les Films Marceau, Vertice Film; durata: 120′
Nel Medioevo un gruppo di sbandati entra in possesso di una pergamena che li rende proprietari del feudo di Aurocastro nelle Puglie. Guidati da Brancaleone, si mettono in marcia incorrendo in mille traversie. Film epocale, «pirotecnico nelle trovate (la lingua postlatina-viterbese, i costumi di Pietro Gherardi, i colori di Carlo Di Palma, la musica di Carlo Rustichelli, i titoli animati di testa e di coda di Gianini e Luzzati), è una delle punte più alte del cinema popolare italiano, un autentico capolavoro di fantasia e avventure farsesche» (Mereghetti). Il «geniale impasto di vari dialetti al quale gli sceneggiatori Age e Scarpelli sono riusciti a dare una patina antica» (Kezich) è degno di approfonditi studi filologici.