Quando sono stati rivalutati i cosiddetti b-movies, una volta bersagli preferiti dei cosiddetti “vice” nella stampa quotidiana o nel caso migliore sistematicamente ignorati dalle sedi accademiche, del cinema di Armando Crispino non si è ricordato nessuno, salvo le consuete e lodevoli eccezioni. Cominciamo quindi a interrogarci su chi era Armando Crispino, facendoci aiutare non soltanto dalla riemersione di alcune sue pellicole ma anche dal bellissimo documentario del figlio Francesco. Linee d’ombra, come dice la voice over all’inizio del film, è quel limite superato il quale, a un certo punto della nostra vita, non si può più guardare soltanto davanti a sé, ma si è richiamati dall’impulso a voltarsi indietro per vedere anche ciò che è stato. La linea d’ombra è dunque quel limite oltre il quale possiamo ritrovare le nostre radici, quella memoria che si può riportare in superficie soltanto scavando nel terreno che la custodisce. Dal figlio al padre: percorso a ritroso di un figlio che, attraverso il cinema, cerca un incontro con il padre (non è un caso che la regia del documentario è accreditata anche ad Armando, scomparso nel 2003). Dal padre al figlio: in questa indagine sulle tracce paterne appare un’analisi del cinema di genere degli anni ’60 e ’70, zona d’ombra, esplorata solo superficialmente e spesso lasciata nelle mani entusiaste ma spesso irragionevoli delle fanzines. In questo transfert cinefilo Francesco diventa il teorico, lo spettatore attento che scrive, il critico ideale che il padre avrebbe voluto leggere sulle pagine di qualche rivista. Due intellettuali a confronto. Nei primi anni del secondo dopoguerra Armando Crispino fu redattore della terza pagina dell’edizione torinese de «L’Unità» insieme a Raf Vallone. Successivamente, passando dalla critica al set e da Torino a Roma, diventò uno dei più ricercati aiuto registi in circolazione. Negli anni ’50 è infatti sul set con Comencini, Germi, Camerini, Provenzale e, soprattutto, con Antonio Pietrangeli, con cui inizia un vero e proprio sodalizio e per il quale diventa anche sceneggiatore. Crispino passa alla regia alla metà degli anni ’60 e tra il 1966 e il 1976 realizza otto lungometraggi e un episodio (non accreditato) de L’amore difficile. La crisi del cinema italiano che si sviluppa dalla metà degli anni ’70 gli impedisce di portare avanti altri progetti per lo schermo. Come scrive giustamente Simone Ghelli, Armando Crispino «seppe coniugare la sua sensibilità di intellettuale alla necessità di doversi rivolgere a un pubblico più “popolare”. Come regista e sceneggiatore attraversò i generi più disparati – dai musicarelli al western, passando per la commedia e il giallo – con uno stile ben definibile, capace di maneggiare i materiali più eterogenei, da quelli culturalmente “alti” – come ad esempio ne La badessa di Castro (1974) – a quelli più “bassi”, come poteva essere ad esempio considerato il nascente genere giallo in Italia (L’etrusco uccide ancora, 1972, e Macchie solari, 1974). Nonostante ciò, o forse proprio per questo, Crispino è rimasto un autore relegato nell’ombra, anche in un’epoca in cui il mercato – e con esso la critica – ha deciso di sdoganare gran parte del cinema di genere degli anni ’70 e ’80». Ed ecco che un certo cinema artigianale mediato intellettualmente da un cineasta colto come Armando Crispino diventa l’occasione per il figlio Francesco e per noi spettatori di scoprire e conservare un immaginario cinematografico ma anche storico che sta sparendo velocemente. La militanza delle immagini in movimento contro quelle “semoventi” televisive. Il ritrovarsi di un figlio sulle opere del padre. Cinefilia essenziale ed esistenziale.
Cinema Trevi: “Le linee dombra di Armando Crispino”. Il 2 aprile alle 21.00 incontro con Lucio Battistrada, Francesco Crispino, Ninetto Davoli, Steve Della Casa. Modera Pierpaolo De Sanctis
02 Aprile 2009 - 03 Aprile 2009
giovedì 2
ore 17.00
Commandos (1968)
Regia: Armando Crispino; soggetto: Don Martin, Arthur Brauner, da una storia di Menhaem Golan; sceneggiatura: A. Crispino, Lucio Battistrada, Stefano Strucchi, Dario Argento; fotografia: Benito Frattari; musica: Mario Nascimbene; montaggio: Daniele Alabiso; interpreti: Lee Van Cleef, Jack Kelly, Giampiero Albertini, Marino Masè, Marilù Tolo, Gotz George; origine: Italia/Germania Occidentale; produzione: C.C.I. – Compagnia Cinematografica Internazionale, P.E.C., CCC Filmkunst; durata: 119′
«Alla vigilia dello sbarco americano in Africa nel 1942, un gruppo di soldati statunitensi di origine italiana si addestra, agli ordini del capitano Valli, per una difficile operazione: raggiungere un’oasi sulla fascia costiera della Libia e sostituirsi agli italiani che la presidiano, per mantenerne il possesso e, soprattutto, per salvaguardarne i pozzi, fino all’arrivo degli alleati. L’operazione riesce: gli americani prendono il posto dei loro nemici, uccidendone alcuni, facendone altri prigionieri, mentre gli stessi tedeschi, che vengono di quando in quando a rifornirsi d’acqua o a far visita ai loro amici italiani, non si accorgono di nulla. Un giorno, i prigionieri riescono a fuggire»… (www.cinematografo.it). «È il deserto africano il vero protagonista di Commandos. Invaso dal sole, ripreso spesso in campo lungo, questo gigantesco mare di sabbia stupisce per l’eccessivo bagliore della propria materia, tendente ad alleare il cromatismo aureo delle dune al celeste diffuso del cielo. L’immagine non è che il risultato di un dittico luministico molto marcato intorno a cui si muovono delle figure umane quasi indistinte (le varie divise sono tra loro molto simili), confuse e perse nel paesaggio di fondo. Questa modalità di definizione dei luoghi è una delle chiavi stilistiche più personali di Armando Crispino, una costante che ritroveremo sviluppata in tutti i suoi film successivi, e che d’altronde avevamo già osservato in nuce in un film arioso e solare come Le piacevoli notti. Sarà proprio questa deliberata e suggestiva rappresentazione di luoghi ideali ove coltivare e depositare le attese, le suspence, le emozioni, il principale operatore diegetico del suo cinema, il materiale di base, primo e più autentico, per la costruzione dell’intero impianto filmico» (De Sanctis).
Ingresso gratuito
ore 19.10
Frankestein all’italiana (1975)
Regia: Armando Crispino; soggetto e sceneggiatura: Massimo Franciosa, Luisa Montagnana; fotografia: Giuseppe Aquari; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Angela Cipriani; interpreti: Aldo Maccione, Gianrico Tedeschi, Ninetto Davoli, Jenny Tamburi, Anna Mazzamauro, Lorenza Guerrieri; origine: Italia; produzione: R.P.A.; durata: 97′
«Costretto a ricostruire la sua “creatura” (che si è decomposta!) prendendo pezzi umani dal deposito di Igor, il dottor Frankestein è costretto ad assistere impotente alle sue imprese erotiche (gli ruba la fidanzata e violenta la sua assistente). Infine il folle accetta un trapianto di organi e si ritrova evirato. Stessa sorte tocca alla creatura. A godere della situazione sarà Igor, che avrà a disposizione le due donne… Rieditato nel 1976 col titolo Prendimi, straziami, che brucio di passion!» (Poppi/Pecorari). Ultimo film di Armando Crispino, Frankestein all’italiana è una curiosa parodia demenziale del genere horror che nasceva dal successo di Frankestein junior di Mel Brooks. Rivederlo oggi fa un certo effetto nostalgia ma si ride ancora e molto. Il cast è curiosissimo: Aldo Maccione nella parte della “creatura”, Gianrico Tedeschi in quella del dottor Frankestein e uno strepitoso Ninetto Davoli che impersona un indimenticabile Igor. E ancora: Anna Mazzamauro, Jenny Tamburi, Alvaro Vitali e il pasoliniano Aldo Valletti, ancora fresco da Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975). Frankestein all’italiana è l’unico film di Crispino a non essere nato da una sua sceneggiatura.
ore 21.00
Incontro moderato da Pierpaolo De Sanctis con Lucio Battistrada, Francesco Crispino, Ninetto Davoli, Steve Della Casa
a seguire
Linee d’ombra (2007)
Regia: Armando e Francesco Crispino; soggetto e sceneggiatura: F. Crispino; fotografia: Sergio Di Lino; montaggio: Salvatore Allocca; aiuto regia: Pierpaolo De Sanctis; operatore 2ª macchina: Lorenzo Leone; fonico in presa diretta: Francesco Del Grosso; origine: Italia; produzione: F. Crispino, Dipartimento Comunicazione e Spettacolo – Università di Roma Tre, Vega’s Project, con il contributo di CinemaAvvenire; durata: 75′
«Linee d’ombra di Francesco Crispino, figlio del regista, è un intenso e allo stesso tempo equilibratissimo atto d’amore nei confronti della figura paterna, incarnata non soltanto nel padre biologico Armando, ma in tutto quel cinema di “genere”, prepotentemente militante e ormai scomparso, la cui riscoperta oggi svolge non solo una funzione filologicamente doverosa ma anche una sorta di immersione purificatrice in quell’artigianato intellettualistico sessantesco per certi versi unico e mai più replicato dal nostro cinema. Alternando sequenze dei film di Armando Crispino, in larga parte introvabili come ad esempio Le piacevoli notti, John il bastardo, Commandos, Faccia da schiaffi, con interviste a Steve Della Casa, Lucio Battistrada, Carlo Lizzani, Dario Argento, Ettore Scola, Marco Giusti, Paolo Mereghetti, Riz Ortolani, che rendono omaggio alla personalità artistica e umana del regista italiano, Linee d’ombra ripercorre la carriera di Armando dagli esordi come aiuto-regista di Antonio Pietrangeli ai successi degli anni settanta, finendo con il ricostruire soprattutto un’ epoca storica del nostro cinema e ridando lustro a una generazione “invisibile” che ha investito il proprio talento nello sperimentalismo e nella visione dell’oggetto filmico come prodotto di consumo tecnicamente ben eseguito, dai sottotesti sociali sferzanti e trasversali. Un documentario che fonde quindi il ricordo privato (A tutti quelli che, attraverso il proprio padre, hanno scoperto il Cinema… è la tenera dedica che apre e chiude il film) con l’analisi critica, il rimpianto struggente per il passato con il rilancio ludico di un modello cinematografico insolente e libero» (Carlo Valeri). «Mio padre è morto nell’ottobre del 2003, quando stava per compiere 79 anni. Nessuno lo ha ricordato, il Cinema che tanto aveva amato sembrava averlo completamente dimenticato. I suoi film, la maggior parte dei quali sono oggi invisibili, sono andati completamente (o quasi) perduti. Per questo ho deciso di riscoprire e raccontare la sua storia. Che in fondo è anche quella di chi, attraverso il Cinema, riscopre il proprio Padre» (Francesco Crispino). Interviste a Steve Della Casa, Diego Novelli, Carlo Lizzani, Ettore Scola, Lucio Battistrada, Luciano Lucignani, Gianni Morandi, Mimsy Farmer, Glauco Onorato, Dario Argento, Daniele Costantini, Ninetto Davoli, Paolo Mereghetti, Marco Giusti, Luca Rea, Silvio Fraschetti, Barbara Bouchet, Erico Menczer, Daniele Alabiso, Fabio Segatori, Nicola Rumeliotis, Riz Ortolani.
Ingresso gratuito
venerdì 3
ore 17.00
Le piacevoli notti (1966)
Regia: Armando Crispino e Luciano Lucignani; soggetto: Sandro Continenza, Steno [Stefano Vanzina], L. Lucignani, A. Crispino; sceneggiatura: S. Continenza, Steno; fotografia: Leonida Borboni, Erico Menczer, Gabor Pogany; montaggio: Marcello Malvestito; interpreti: Ugo Tognazzi, Magda Konopka, Gina Lollobrigida, Adolfo Celi, Vittorio Gassman, Maria Grazia Bucella; origine: Italia; produzione: Fair Film; durata: 119′
«Ispirato all’omonima raccolta di 74 novelle pubblicate nel 1550 dal bergamasco Gian Francesco Straparola, Le piacevoli notti vanta un cast difficilmente amalgamabile in un film di genere: Ugo Tognazzi, Gina Lollobrigida e Vittorio Gassman sono le teste di serie dei tre episodi blandamente saldati tra loro. Li attorniano colleghi del calibro di Adolfo Celi, Gigi Proietti al suo esordio, Omero Antonutti e Glauco Onorato, oltre alle bellezze di Maria Grazia Buccella (doppiata da Franca Lumachi, la moglie del regista [Crispino]), Hélèn Chanel e Magda Konopka, e a caratteristi indimenticabili come Eros Pagni e Gigi Ballista. Se i primi due episodi non brillano tanto per qualità drammaturgiche, quanto per l’ottima e puntuale ricostruzione ambientale, dovuta alla mano di Pier Luigi Pizzi, la scrittura di Steno e Sandro Continenza si fa sentire soprattutto nel terzo episodio, quello con Gassman, concepito come un susseguirsi di colpi di scena originalissimi e tutto incentrato sul tema della beffa. Ma in generale, dall’inizio alla fine si respira un’aria di complicità e di unione che sembra ricordarci come tanto il lavoro di pre-produzione che quello di set siano stati concepiti più come una rimpatriata tra amici che si conoscono da sempre. Celi, Gassman e Lucignani avevano fatto l’Accademia d’Arte Drammatica insieme, e questa, prima ancora di un lavoro in comune, rappresenta un’occasione di ritrovo unica dopo molto tempo […]; più tardi costruiranno anche un film a sei mani, interessantissimo e semiautobiografico, sulla loro amicizia (L’alibi, 1969). Questa vivacità del tournage, fresca e radiosa, viene restituita anche dalla particolare luminosità della pellicola, che ci regala esterni pregevolissimi su borghi toscani e un’ariosità leggiadra e sospesa che è forse la chiave di volta per apprezzare l’intera operazione. Il film riveste anche un’importanza storiografica particolare, poiché più o meno di altri suoi contemporanei esemplari, preannuncia in modo inconfondibile alcune delle costanti semantico-sintattiche che segneranno inequivocabilmente la successiva produzione decamerotica: l’articolazione episodica della diegesi, che deriva certamente dalla brevità narrativa delle novelle; il tema centrale dell’ossessione erotica, presente nei primi due episodi, per cui il motore delle azioni diventa il soddifacimento sessuale indifferentemente maschile e femminile […]; il tema della beffa, perfettamente enucleato dal terzo episodio» (De Sanctis).
ore 19.10
L’etrusco uccide ancora (1971)
Regia: Armando Crispino; soggetto e sceneggiatura: Lucio Battistrada, A. Crispino; fotografia: Erico Menczer; musica: Riz Ortolani; montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: Alex Cord, Samantha Eggar, John Marley, Carlo De Mejo, Nadja Tiller, Enzo Cerusico; origine: Jugoslavia/Italia/Germania Occidentale; produzione: Inex Film, Mondial Te.Fi. – Televisione Film, CCC Filmkunst; durata: 107′
«A Spoleto, durante il Festival dei Due Mondi, una incomprensibile catena di delitti sconvolge la vita di molti dei partecipanti (fra cui la famiglia del direttore d’orchestra Samarakis). Contemporaneamente un archeologo scopre in una tomba a Tarquina un affresco che raffigura l’uccisione di una giovane coppia. E coppie sono anche le vittime del misterioso assassino» (Poppi/Pecorari). «L’etrusco uccide ancora nacque proprio come film di atmosfera arcana e magica suggestione. Se avessi potuto avrei spinto ancora di più il racconto verso tale direzione ma, purtroppo, non me l’hanno consentito. L’idea nacque durante un’occasionale visita alla necropoli di Cerveteri e dalla suggestione che, appunto, provai in quella circostanza, tra quelle tombe, con “presenze” quasi palpabili che aleggiavano tutto intorno. […] Il film ottenne, primo in Italia, una partecipazione finanziaria della distribuzione americana. Costò 400 milioni di lire e realizzò, solo in Italia, oltre un miliardo di incasso nelle sole prime visioni delle sedici città capozona. E a Roma il prezzo del biglietto era allora di mille lire contro le diecimila attuali…» (Armando Crispino).
Vietato ai minori di anni 14
ore 21.10
Macchie solari (1975)
Regia: Armando Crispino; soggetto e sceneggiatura: Lucio Manlio Battistrada, A. Crispino; fotografia: Carlo Carlini; musica: Ennio Morricone; montaggio: Daniele Alabiso; interpreti: Mimsy Farmer, Barry Primus, Ray Lovelock, Massimo Serato, Carlo Cataneo, Gaby Wagner; origine: Italia; produzione: Clodio Cinematografica; durata: 104′
«Una serie di omicidi sconvolge la vita di una giovane ricercatrice: muoiono in circostanze misteriose la donna che avrebbe dovuto sposare suo padre, il vedovo Gianni Sanna; poi quest’ultimo, precipitando da una finestra. Quando anche la ragazza sta per essere vittima dell’omicida (e con lei il suo uomo), finalmente il folle è smascherato» (Poppi/Pecorari). «Lo girai interamente a Roma nell’agosto del 1974. Una Roma vuota, come rarefatta, oppressa dal caldo e totalmente diversa dalla città caotica che siamo abituati a vedere. Una città che sembrava avvolta, pur nella sua incomparabile bellezza, da un velo di morte. Anche questo film nacque, perciò, da una suggestione ambientale, da un’imperscrutabile sensazione di angoscia che ti afferra allorché vieni a trovarti di fronte a cose, situazioni o atmosfere al di fuori, o al di là, dei normali ritmi che cadenzano la nostra vita. Ti senti improvvisamente spiazzato e preso dall’incantesimo dell’ignoto che, di per sé, genera paura […]. [L’idea dell’influenza negativa delle “macchie solari n.d.r.] nacque da un articolo di cronaca – che scoprii insieme allo sceneggiatore Lucio Battistrada – in cui si parlava di una recrudescenza di suicidi apparentemente immotivati che si succedevano durante il periodo estivo. Questa tendenza dipendeva in realtà da uno strano fenomeno solare che determinava reazioni parossistiche negli individui psicolabili. Incuriositi, ci informammo attraverso la stampa e decidemmo di scrivere una storia “thriller” imperniata sulla figura di una giovane infermiera che presta servizio in un obitorio proprio partendo da questo fatto. […] Ricordo che, contemporaneamente alla lavorazione del film, fu commesso un omicidio “reale” su una spiaggia e alcuni giornalisti mi additarono come una sorta di anticipatore dell’ondata di follia collettiva che ne seguì. Confesso di aver provato un certo compiacimento “d’autore” per questo, anche se non è certo un gran bel merito! […] Sostanzialmente vi era una perdita di linearità mentale dovuta proprio allo stravolgimento climatico in concomitanza con la solitudine che accompagna determinati soggetti nel corso dell’estate. […] Ricordo in particolare il Museo di Criminologia, che inventai io pezzo per pezzo all’interno dell’Archivio di Stato. Ad esempio, la mostra di fotografia la amalgamai di persona sviluppando e ingrandendo le immagini più efferate raccolte in un testo di criminologia. Furono tutte ambientazioni di grande effetto emotivo» (Armando Crispino).
Vietato ai minori di anni 18