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Cinema Trevi: “L’assoluto naturale. Il cinema di Mauro Bolognini”
19 Gennaio 2010 - 22 Gennaio 2010
«Mauro Bolognini nasce a Pistoia nel 1923. Frequenta il liceo Classico “Forteguerri”, quindi intraprende gli studi di architettura che non poco lo influenzeranno nella propria concezione del cinema. Perfeziona poi le sue spiccate attitudini figurative durante il Corso di scenografia al Centro Sperimentale di Cinema, diventando aiuto-regista di Luigi Zampa, figura di rilievo del neorealismo e anche di cineasti transalpini come Yves Allegret e Jean Delannoy. L’approdo al lungometraggio avviene con Ci troviamo in galleria che, se non altro, rivela in una piccola parte una giovanissima Sophia Loren. Seguono un paio di commedie […] fino a Gli innamorati, del ’55, che è un risultato interessante sia per la leggerezza con cui si raccontano gli amori di diverse coppie sia per l’abilità nella direzione di un manipolo di promettenti giovani attori: è questo certamente uno dei pregi più rimarchevoli del regista pistoiese. Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo – titolo chilometrico di almeno quindici anni in anticipo su quelli wertmulleriani – è anch’essa una commedia divertente sorretta dalle robuste spalle dei migliori attori comici nostrani: Sordi, Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Gino Cervi, Nino Manfredi […]. Non banali ritratti dell’Italia della ripresa appaiono anche Marisa la civetta, con un’Allasio scintillante, I giovani mariti e Arrangiatevi!, film in cui Bolognini incontra “il principe della risata” Totò, una riflessione pungente all’indomani della legge Merlin. Con La notte brava, per alcuni uno dei suoi esiti migliori, Bolognini descrive il degrado delle borgate della periferia romana che Pasolini, non a caso qui co-sceneggiatore, aveva tanto acutamente descritto nel dittico romanzesco Ragazzi di vita e Una vita violenta. Nel 1960, con Il Bell’Antonio, si apre una nuova maniera nel viatico dell’artista giacché egli si sofferma con maggiore accuratezza sulla resa formale e la confezione dei suoi lavori, da qui in avanti, conoscerà una raffinatezza più ricercata – che talvolta sarà accusata, non sempre con ragione, di calligrafismo. Inoltre Il Bell’Antonio assume un’importanza primaria nella carriera bologniniana poiché si tratta del suo primo grande lavoro tratto da un’opera letteraria, il bellissimo romanzo di Vitaliano Brancati, che il regista trasporta dall’epoca fascista a quella in cui il film è girato ovvero a cavallo fra il decennio dei Cinquanta e dei Sessanta. L'”istanza di attualizzazione” (Simona Costa) attira più volte Bolognini, ad esempio ne La Viaccia, in cui il regista rilegge con molte varianti il romanzo d’impronta verista dell’amiatino Mario Pratesi, L’eredità, dimostrandosi comunque “uno dei più fini metteur en-scene” del cinema italiano” (Maurizio Del Vecchio). Succede lo stesso nello sveviano Senilità, in cui il tempo della storia viene fatto slittare da quello post-risorgimentale del romanzo a quello tra le due guerre del film. Con La giornata balorda il regista opera una sorta di approfondimento dei temi già filmati ne La notte brava, con Agostino si confronta per la prima volta con un lavoro di Alberto Moravia, uno dei suoi referenti letterari più frequenti (girerà per la televisione, addirittura, un suo libro, Gli indifferenti). La corruzione è l’ultimo lungometraggio prima della lunga parentesi dedicata ai film a episodi, tanto in voga allora. […]. Usufruisce poi di un cast internazionale, come sovente gli accade, per Arabella e di una diva del calibro della Lollo per Un bellissimo novembre dopodiché firma forse il suo film più bello e giustamente più celebre, Metello, opera anch’essa di stretta matrice letteraria perché tratta dall’omonimo romanzo di Vasco Pratolini che, dopo qualche titubanza, apprezzò molto la riduzione cinematografica. Ottavia Piccolo, per questo film, ottenne il premio di migliore attrice al Festival di Cannes, così come accadrà sei anni più tardi alla Dominique Sanda de L’eredità Ferramonti, esito non trascurabile di un modesto romanzo di fine Ottocento del massese trapiantato a Roma Gaetano Carlo Chelli. Bolognini s’infiltra in uno scandalo felsineo di inizio Novecento in Fatti di gente perbene e pone il suo sguardo, sempre garbato, sul ventennio fascista in Libera, amore mio, quarto ed ultimo sodalizio con Claudia Cardinale. Vira poi al grottesco e macabro (insieme ai coevi Brutti, sporchi e cattivi di Scola e Casotto di Sergio Citti) con Gran bollito, anche se la stagione più felice sembra ormai conclusa. Nondimeno riesce sempre a impiegare attori di rango internazionale, come Isabelle Huppert in La storia vera della signora delle camelie e Liv Ullmann in Mosca addio – fatto sintomatico del prestigio di cui ancora Bolognini gode all’interno dell’industria cinematografica. […] Non può essere dimenticata, ché farebbe torto alla poliedricità dell’autore, l’attività teatrale e lirica di Bolognini che, in tal senso, dev’essere ritenuto regista di prim’ordine, al fianco di Ingmar Bergman e Zeffirelli» (Francesco Sgarano – Centro Mauro Bolognini).
Le citazioni presenti nelle schede sono in buona parte estrapolate dal Castoro su Bolognini di Pier Maria Bocchi e Alberto Pezzotta (2008).
Si ringrazia per la collaborazione il Centro Mauro Bolognini.
 

 
martedì 19
ore 17.00
Capriccio all’italiana (1968)
Regia: Stefano Vanzina, Mauro Bolognini, Pier Paolo Pasolini, Pino Zac [e Franco Rossi], Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Roberto Gianviti, S. Vanzina, Age & Scarpelli, Bernardino Zapponi, P. P. Pasolini, Cesare Zavattini; fotografia: Tonino Delli Colli, Silvano Ippoliti, Giuseppe Rotunno; musica: Ricky Gianco, Gianni Sanjust, Piero Piccioni, Domenico Modugno, Marcello Piombini, Carlo Savina; montaggio: Adriana Novelli, Nino Baragli; interpreti: Totò, Silvana Mangano, Renzo Marignano, Totò, Ninetto Davoli, Ira Fürstenberg, Walter Chiari; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 95′
Ep. Perché. Una donna milanese in macchina con il fidanzato, alla guida di una spider, lo incita a fare sorpassi pericolosi e insulta gli altri automobilisti fino all’aggressività fisica. «Prima di Roma di Fellini e di L’ingorgo di Comencini, rimane la rappresentazione di una piccola apocalisse sull’asfalto, con italiani sempre più beceri e incattiviti» (Bocchi-Pezzotta).
Ep. La gelosa. Breve storiella ironica e paradossale di Zavattini: Silvana è una donna gelosissima, segue il marito che misterioso entra in un appartamento. Lei lo raggiunge e davanti alla porta spara tutto il caricatore. Il marito esce sì in mutande, ma perché si trova dal sarto.
 
ore 19.00
Imputazione di omicidio per uno studente (1972)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: Ugo Pirro; sceneggiatura: U. Pirro, Ugo Liberatore; fotografia: Giuseppe Ruzzolini; scenografia: Guido Josia; costumi: Maria Baroni; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Massimo Ranieri, Martin Balsam, Salvo Randone, Valentina Cortese, Turi Ferro, Giuseppe Colizzi; origine: Italia; produzione: Documento Film; durata: 103′
Fabio è un giovane studente di architettura e fa parte di un gruppo di estrema sinistra. Durante una manifestazione un poliziotto uccide un ragazzo, Fabio sconvolto aggredisce a sua volta un poliziotto uccidendolo. Di questo assassinio viene però accusato un altro giovane. Il padre di Fabio, Aldo Sola, è il giudice chiamato a seguire l’inchiesta. Fabio vorrebbe costituirsi, ma viene dissuaso dai compagni. Venuto a conoscenza della verità, il giudice Sola entra in crisi e disilluso rispetto alla possibilità di fare giustizia si dimette. «In un cinema come quello di Bolognini, dove i padri sono di solito assenti, imbelli o corruttori, Aldo Sola ha una nobiltà rara: e proprio perché deve ammettere la propria sconfitta, la propria incapacità di comunicare» (Bocchi-Pezzotta).
 
ore 21.00
Per le antiche scale (1975)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: dal romanzo omonimo di Mario Tobino; sceneggiatura: Raffaele Andreassi, Bernardino Zapponi, Mario Arosio, Tullio Pinelli, Marie Soleville Sinko; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia e costumi: Piero Tosi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Marcello Mastroianni, Françoise Fabian, Marthe Keller, Barbara Bouchet, Adriana Asti, Lucia Bosè, Pierre Blaise; origine: Italia/Francia; produzione: Italian International Film, Fox Europa; durata: 98′
Anni Trenta, il prof. Bonaccorsi gestisce il manicomio di Lucca e porta avanti delle ricerche sull’esistenza di un virus della pazzia. Queste ricerche sono legate alla sua paura di poter diventare matto, anche a causa di tare familiari. Nel manicomio arriva la giovane dottoressa Anna che ha un atteggiamento opposto al suo rispetto alla malattia e lo critica apertamente. Bonaccorsi, che intrattiene delle relazioni erotiche con numerose donne, sprofonda in una crisi sempre più profonda fino a essere costretto a lasciare l’ospedale. In un treno incontra un gruppo di fascisti entrando in contatto con la vera follia che sta colpendo il paese. «È vero che non è un film sulla vita nei manicomi, né sui matti che li abitano; è un film invece sul ruolo dell’uomo e della donna a contatto l’un con l’altra in situazioni estreme (il fascismo, il manicomio), e sull’impossibilità vicendevole di “andare d’accordo”» (Bocchi-Pezzotta).
Vietato ai minori di anni 14
 
mercoledì 20
ore 17.00
Fatti di gente perbene (Il processo Murri) (1974)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto e sceneggiatura: Sergio Bazzini; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Guido Josia; costumi: Gabriella Pescucci; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Giancarlo Giannini, Catherine Deneuve, Fernando Rey, Tina Aumont, Rina Morelli, Ettore Manni; origine: Italia/Francia; produzione: Filmarpa, Lira Films; durata: 115′
«A Bologna, nel 1902, viene assassinato il conte Francesco Bonmartini, un clericale marito di Linda Murri, figlia del noto medico Augusto. Responsabile del delitto, secondo il padre e secondo l’accusa è il figlio Tullio, che avrebbe ucciso il cognato dopo un violento alterco e per legittima difesa» (Poppi/Pecorari). «Bolognini era straordinario nel costruire l’immagine, un po’ come Fassbinder. Aveva bisogno di pochissimo, stava sempre in macchina, con il suo zoom; Guarnieri, che è sempre stato il suo direttore della fotografia, all’altra macchina. Bolognini costruiva con niente: metteva un pizzo da una parte, una candela dietro… in fondo il cinema è quello che vedi» (Giannini).
 
ore 19.00
Gran bollito (1977)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: Luciano Vincenzoni, Nicola Badalucco; sceneggiatura: N. Badalucco; fotografia: Armando Nannuzzi; scenografia e costumi: Danilo Donati; musica: Enzo Jannacci; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Shelley Winters, Max Von Sydow, Renato Pozzetto, Alberto Lionello, Laura Antonelli, Mario Scaccia, Franco Branciaroli; origine: Italia; produzione: Triangolo Film; durata: 115′
Il film è tratto da una storia realmente accaduta negli anni trenta a Correggio dove Leonarda Cianciulli aveva uccido delle donne e poi fatto sapone con i loro corpi per scongiurare la partenza al fronte del figlio. Venne arrestata e internata in manicomio nel 1946. Bolognini ricostruisce romanzandola la storia di Leonarda come un noir grottesco. «Come suggerisce il titolo stesso, Gran bollito è un calderone spiritato che trancia ogni possibile coordinata con il reale e il previsto, e dove cuociono le suggestioni più diverse» (Bocchi-Pezzotta).
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 21.00
Libera, amore mio! (1975)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: Luciano Vincenzoni; sceneggiatura: L. Vincenzoni, Nicola Badalucco, M. Bolognini; fotografia: Franco Di Giacomo; scenografia: Guido Josia; arredamento e costumi: Piero Tosi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Claudia Cardinale, Bruno Cirino, Adolfo Celi, Philippe Leroy, Bekim Fehmiu, Luigi Diberti; origine: Italia; produzione: R. Loyola Cinematografica; durata: 110′
Durante il fascismo, Libera, figlia di un anarchico, donna fiera e decisa nel difendere le sue idee, viene arrestata, costretta a cambiare città e mandata al confino. Questa persecuzione non la indebolisce né la ferma e durante la guerra combatte contro i nazi-fascisti insieme al suo compagno Matteo e al figlio Carlo. Dopo il 1945, riunita la famiglia, Libera va al comune per informarsi sulla possibilità di un alloggio e vi ritrova il vecchio gerarca che l’aveva condannata. L’Italia del dopoguerra non è così diversa da quella contro la quale aveva combattuto. «Giunto con molto ritardo sugli schermi (non sappiamo bene perché), il film cerca una sua originalità nell’aggiornare il consueto tema resistenziale alla luce delle nuove istanze del femminismo, puntando sul ritratto di una donna che si batte per i propri diritti oltre che per i valori della libertà» (Bernardini).
 
giovedì 21
ore 21.30
L’eredità Ferramonti (1976)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: dal romanzo omonimo di Gaetano Carlo Chelli; sceneggiatura: Ugo Pirro, Sergio Bazzini; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Luigi Scaccianoce; costumi: Gabriella Pescucci; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Anthony Quinn, Dominique Sanda, Fabio Testi, Luigi Proietti, Adriana Asti, Paolo Bonacelli, Rossella Rusconi; origine: Italia; produzione: Flag Production; durata: 118′
Nella Roma dei primi del Novecento, il fornaio Ferramonti dopo anni di lavoro e dopo aver accumulato una fortuna decide di ritirarsi. Esclude però tutti i familiari dall’eredità. Irene, la moglie di uno dei suoi figli, sembra essere un elemento pacificante all’interno della famiglia, ma in realtà trama per poter mettere le mani sull’eredità. «Da un bel romanzo breve (1883) di Gaetano Carlo Chelli, Bolognini ha tratto un film elegante, decorativo ma intenso, sulla volgarità della piccola borghesia emergente nell’Italia umbertina» (Morandini).
Vietato ai minori di anni 14
 
venerdì 22
ore 17.00
La venexiana (1986)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: Massimo Franciosa, M. Bolognini da La venexiana di Anonimo del ‘500; sceneggiatura: M. Franciosa, M. Bolognini; fotografia: Beppe Lanci; scenografia: Gastone Carsetti; costumi: Aldo Buti; musica: Ennio Morricone; montaggio: Alessandro Lucidi; interpreti: Laura Antonelli, Monica Guerritore, Jason Connery, Claudio Amendola, Clelia Rondinella, Cristina Noci; origine: Italia; produzione: Lux International; durata: 98’
Messer Jules arriva a Venezia e viene notato da due nobildonne: Angela, ormai vedova, e Valeria, sposata, ma con il marito lontano. Entrambe all’insaputa l’una dell’altra mandano le rispettive serve, Nina e Oria, a convincere Jules a raggiungerle. Nina è la prima a riuscirci e Angela e l’uomo si incontrano con vicendevole soddisfazione. Lasciata la prima casa, Jules non potrà che entrare nella seconda. «Mentre l’edizione teatrale della Venexiana continua a mietere successo grazie alla regia di Maurizio Scaparro, eccone la versione cinematografica, ridotta da Massimo Franciosa e Mauro Bolognini, e da quest’ultimo diretta. L’occasione vien buona per confrontare la messinscena, destinata alla ribalta e allo schermo, d’uno dei testi. più belli del nostro Cinquecento, ma anche per compiacersi che il cinema, una volta tanto, non abbia profittato d’una materia piccante per degradarla a film da luce rossa» (Grazzini).
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 19.00
Mosca addio (1987)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: Enrico Roseo, Marcello Andrei; sceneggiatura: Nicola Badalucco; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Francesco Ricceri; costumi: Enrica Biscossi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Liv Ullmann, Daniel Olbrychski, Aurore Clèment, Anna Galiena, Saverio Vallone, Toni Orlandi, Stefano Davanzati; origine: Italia; produzione: Roseo Film, Istituto Luce – Italnoleggio Cinematografico, Rai, Sacis; durata: 100′
Ida Nudel, scienziata ebrea russa, vorrebbe lasciare l’URSS in compagnia della sorella e del compagno, un poeta dissidente, ma mentre questi riescono a ottenerlo, a lei il visto viene negato. Inizia così un duro periodo di persecuzione che la porta prima alla reclusione in una clinica, poi alla deportazione in un campo di lavoro in Siberia. Tornata in libertà, non può ritornare a vivere a Mosca ed è costretta a sopravvivere in povertà in un villaggio di provincia. «Mosca addio è un discreto e sommesso film diretto da Bolognini con una grande Liv Ullmann che nell’edizione italiana ha la voce intensa di Vittoria Febbi. […] È come una cantante che si fa condurre dalla sua voce, tenendo sempre segretamente gli occhi rivolti dentro di sé, anche perché i personaggi che l’attorniano sono segni, funzioni più che figure vive» (Morandini).
 
ore 21.00
La villa del venerdì (1991)
Regia: Mauro Bolognini; soggetto: dal racconto omonimo di Alberto Moravia; sceneggiatura: Sergio Bazzini fotografia: Beppe Lanci; scenografia: Claudio Cinini; costumi: Alberto Spiazzi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: Julian Sands, Joanna Pacula, Tcheky Karyo, Lara Wendel, Marco Di Stefano, Veronica Del Chiappa; origine: Italia; produzione: Metrofilm, P.A.C.; durata: 99′
Ultimo film per la sala cinematografica di Bolognini, è tratto da un racconto di Moravia, pubblicato l’anno prima. Stefano, sceneggiatore, ama la moglie Alina, ma non ne è sessualmente attratto, accetta così che lei trascorra i week end nella villa al mare dell’amante, il pianista Paolo. La relazione della moglie diventa un’ossessione per Stefano fino a fargli progettare o meglio sognare l’assassinio della donna. «Eppure, a livello di messa in scena, ha due idee chiare su come affrontare questi borghesi vuoti, trasgressori – è il caso di dirlo – della domenica. Da una parte Stefano e Alina sono spogliati sistematicamente […] Ciò serve evidentemente a rendere i personaggi inermi, indifesi, bisognosi di pietà […]. L’altra idea di Bolognini è quella di servirsi della musica di Morricone (bella, nel suo filone romantico-melodico) come di un continuum spalmato per tutto il film» (Bocchi-Pezzotta).

 

 

Date di programmazione