Home > Cinema Trevi: Italia odia: il cinema italiano può sparare (seconda parte)
Cinema Trevi: Italia odia: il cinema italiano può sparare (seconda parte)
09 Giugno 2009 - 18 Giugno 2009
Dopo il western all’italiana, il cinema della contestazione, prima e durante gli schermi di piombo, nasceva (o rinasceva?) un nuovo genere in Italia: il poliziesco, visto erroneamente da una certa “intellighenzia” di allora, come la variante spettacolare e revanchista del cosiddetto cinema d’impegno civile. Eppure rivedere oggi quei film significa farci comprendere chi eravamo e che cosa siamo diventati. Ma forse il poliziesco italiano, che taluni critici in tono spregiativo ribattezzarono nel pieno degli anni settanta con il termine poliziottesco, è sempre esistito. Basta ritornar con la memoria al nostro dopoguerra e appariranno delle pellicole come Gioventù perduta, Un maledetto imbroglio di Pietro Germi, ma anche Il bandito di Alberto Lattuada o Il bivio di Fernando Cerchio. Roberto Curti, nel suo imprescindibile Italia odia. Il cinema poliziesco italiano (Lindau, Torino, 2006), giustamente notava: «Come già era accaduto con lo spaghetti western, i poliziotteschi si moltiplicano a vista d’occhio e vengono assorbiti con voracità dal mercato. Sono perlopiù prodotti popolari a budget medio-alto, capaci di lanciare nuovi divi (Maurizio Merli, Luc Merenda) e di dare nuovo splendore agli eroi della passata stagione (Franco Nero, Tomas Milian). E, dietro alla macchina da presa, registi dal solido mestiere come Enzo Girolami Castellari (La polizia incrimina, la legge assolve; Il grande racket), Umberto Lenzi (Milano odia: la polizia non può sparare; Roma a mano armata), Stelvio Massi (la serie Mark il poliziotto) trovano nel poliziesco le condizioni produttive e gli stimoli per esprimersi al meglio. […] È un filone che si confronta con la pura e tremenda realtà italiana del tempo, cogliendone […] contraddizioni e ansie, fotografando i cambiamenti sociali e politici in atto, pescando dall’attualità per mettere in scena episodi di cronaca nera […]. Ma il poliziesco sa anche donare al pubblico degli eroi, facendo propri e rilanciando l’ansia e la rabbia scomposte dello spettatore, il “dove andremo a finire?”, unica domanda possibile di fronte al baratro della violenza urbana, delle bombe, del disagio giovanile, delle istituzioni che si sgretolano e della lotta armata». Italia odia: il cinema italiano può sparare vuole non soltanto far rivedere i cosiddetti campioni d’incasso, ma anche i sottoprodotti a bassissimo costo, magari destinati a una distribuzione regionale, utili testimonianze di un brulicante sottobosco artigianale e autarchico e futura materia d’ispirazione e di citazione di un maestro del cinema postmoderno quale Quentin Tarantino. Ma questi polizieschi non contengono solamente un aspetto nostalgico, proprio perché, per paradosso questi film, rispetto ad altri prodotti coevi, non risultano datati, ma straordinariamente attuali, perfetti nel cogliere lo spirito di un tempo che sta pericolosamente tornando… che gli anni Settanta si siano, al di là dei consueti anniversari, reincarnati in questo decennio?
In questa seconda parte si rende omaggio al più amato (soprattutto dal pubblico femminile) divo del cinema poliziesco Franco Gasparri (e indirettamente al maestro del genere Stelvio Massi, che lo ha diretto in tre film) con la proiezione del documentario diretto dalla figlia Stella e dei primi due film della serie Mark il poliziotto. Una giornata sarà dedicata al cinema indipendente con due opere recenti, il lungometraggio Dentro la città di Andrea Costantini e il mediometraggio Calibro 70 di Alessandro Rota, che hanno rinnovato i canoni del cinema poliziesco anni Settanta, in modo completamente diversi (la contestualizzazione nel mutato clima sociale e metropolitano, il primo, l’omaggio e la citazione, il secondo), abbinati a un incontro con i protagonisti di questa operazione di recupero e alla proiezione di un film precursore, Il bivio di Fernando Cerchio, e di un cult, Torino violenta di Carlo Ausino, entrambi ambientati a Torino, come Calibro 70. Altri cult presentati in quest’occasione sono il “tarantiniano” La belva col mitra, incursione nel genere del maestro dello spionistico Sergio Grieco, il dittico di Massimo Dallamano La polizia chiede aiuto e Quelli della calibro 38, gli invisibili Come cani arrabbiati di Mario Imperoli (che fa da pendant al quasi omonimo film di Mario Bava Cani arrabbiati, inserito nell’omaggio a Don Backy, ma idealmente ricompreso anche in Italia odia: il cinema italiano può sparare), L’avvocato della mala di Alberto Marras, No alla violenza del grande caratterista Tano Cimarosa, La banda Vallanzasca di Mario Bianchi. E poi Enrico Maria Salerno, il primo commissario del poliziesco all’italiana, qui protagonista de La polizia sta a guardare di Roberto Infascelli e de La polizia è al servizio al cittadino? di Romolo Guerrieri, la Bologna inedita de La polizia è sconfitta di Domenico Paolella, altro artigiano prestato al poliziesco, la fine del genere, preannunciata da un film come Napoli si ribella di Michele Massimo Tarantini, che già prelude, con i duetti fra il commissario (Luc Merenda) e il maresciallo (Enzo Cannavale), alla “degenerazione” delle ultime avventure di Nico Giraldi, ovvero il passaggio dal poliziesco alla risata. E infine Franco Califano protagonista assoluto di Gardenia, anch’esso di Paolella, omaggio a un altro cantante che ha provato a fare l’attore seriamente, come Mino Reitano e Don Backy, al di fuori dei rassicuranti sche(r)mi del musicarello.
 
martedì 9
ore 17.00
Napoli si ribella (1977)
Regia: Michele Massimo Tarantini; soggetto: Dardano Sacchetti; sceneggiatura: D. Sacchetti, M. M. Tarantini; fotografia: Sergio Rubini; musica: Franco Campanino; montaggio: Alberto Moriani; interpreti: Luc Merenda, Enzo Cannavale, Adolfo Lastretti, Claudio Gora, Marianne Comtel; origine: Italia; produzione: Dania Film; durata: 94′
Il commissario Mauri, appena trasferito a Napoli, indaga su un furto nelle cassette di sicurezza di una banca, coadiuvato da un simpatico maresciallo (ovviamente interpretato da Cannavale). Le sue indagini si concentrano sull’attività di un boss, il quale è sempre riuscito a farla franca grazie al sostegno legale del suo avvocato. Non mancano colpi di scena e omicidi, ma il poliziesco sta già “degenerando” verso la commedia e Cannavale, in mancanza di Bombolo e Milian, è costretto a duettare con Merenda, l’uno “estroverso”, l’altro “accigliato”, come scrisse Giovanni Grassi sul «Corriere della Sera», bollando il film. 
Vietato ai minori di anni 14
 

giovedì 11
ore 17.00
Mark il poliziotto (1975)
Regia: Stelvio Massi; soggetto: Dardano Sacchetti; sceneggiatura: Adriano Bolzoni, Raniero Di Giovanbattista, D. Sacchetti, S. Massi; fotografia: Marcello Gatti; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Mauro Bonanni; interpreti: Franco Gasparri, Lee J. Cobb, Giampiero Albertini, Giorgio Albertazzi, Sara Sperati, Carlos Duran; origine: Italia; produzione: P.A.C.; durata: 85′
Il commissario Terzi della Squadra Narcotici, indagando su un traffico di droga, scopre che a capo del giro c’è un industriale al di sopra di ogni sospetto. Ma incastrarlo non sarà facile… Grande successo di pubblico, attirato dalla bellezza del divo Gasparri, ma anche dalla storia che esce dagli schemi consueti del genere, proponendo un commissario giovane e dinamico alle prese con lo scottante problema della droga. «Ritmo teso e drammaticamente efficace (sull’eco dei film d’azione americani), spesso stringato e avvincente» (Virgintino) per uno dei migliori polizieschi all’italiana.
 
ore 19.00
Mark il poliziotto spara per primo (1975)
Regia: Stelvio Massi; soggetto: Dardano Sacchetti; sceneggiatura: D. Sacchetti, S. Massi, Raniero Di Giovanbattista, Teodoro Agrimi; fotografia: Federico Zanni; musica: Adriano Fabi; montaggio: Mauro Bonanni; interpreti: Franco Gasparri, Lee J. Cobb, Ely Galleani, Massimo Girotti, Nino Benvenuti, Andrea Aureli; origine: Italia; produzione: P.A.C.; durata: 100′
Il commissario Terzi in questa seconda avventura si sposta da Milano e a Genova per catturare un criminale noto come la “Sfinge” che uccide senza scrupoli. Ritroviamo anche Lee J. Cobb nella parte del commendator Benzi, presidente di un consorzio bancario. Vittima di un sequestro, Benzi, come nel primo film, è il motore dell’intera vicenda. «Chi si è divertito alla prima puntata non resterà deluso neppure in questa seconda avventura, regolata da un meccanismo ancora più perfetto». Grande mestiere di Stelvio Massi, maestro del cinema d’azione.
 
ore 21.00
Incontro moderato da Marco Giusti con Stella Gasparri e Danilo Massi
 
a seguire
Un volto tra la folla (Franco Gasparri appunti, frammenti, ricordi di un… Fotoromanzo italiano) (2008)
Regia: Stella Gasparri; soggetto e sceneggiatura: S. Gasparri; fotografia: Nicolas Franik; musica: Francesco Valente, Maurizio Masi; montaggio: Alessandro Cerquetti; origine: Italia; produzione: S. Gasparri; durata: 52′
La storia di Franco Gasparri, il divo per antonomasia del fotoromanzo e poi grande protagonista del cinema poliziesco all’italiana, raccontata dalla figlia Stella, anche lei attrice (e doppiatrice), con testimonianze di Sandra Milo, Valerio Mastandrea, Sebastiano Somma, Zeudi Araya, Michele Gammino, Kirk Morris, Enzo Avolio, Paolo Persi, Ornella Pacelli, Giorgio Caputo.«L’idea di girare il documentario mi è venuta dopo aver visto una mostra sulla vita di mio padre Franco a Senigallia, dove è nato. Chi lo aveva conosciuto da bambino ha raccolto foto di famiglia, fotoromanzi e articoli di giornale per esporli alla Rocca Roveresca qualche estate fa […]. Sono rimasta colpita dal grande interesse suscitato dalla mostra nel pubblico. Prima ho pensato di fare la stessa cosa a Roma, poi ho scoperto di poter chiedere un finanziamento all’IMAIE, la società che cura i diritti d’immagine degli attori, e ho deciso di usare quel materiale per un film. […] Ho voluto raccontare, attraverso mio padre, l’Italia degli anni ’70. Ho cercato di capire perché i fotoromanzi avessero tanto successo, io che non ne avevo mai letto uno. Mio padre era appassionato del suo lavoro, faceva di tutto per migliorarlo partecipando alle sceneggiature, cercando di rendere le storie credibili, mettendoci dentro temi sociali. Ma le stesse ragazze che magari scendevano in piazza a manifestare per l’aborto o il divorzio con i fotoromanzi volevano soprattutto sognare» (Stella Gasparri).
Ingresso gratuito
 
venerdì 12
ore 17.00
No alla violenza(1977)
Regia: Tano Cimarosa; soggetto e sceneggiatura: T. Cimarosa; fotografia: Giovanni Raffaldi; musica: Alberto Baldan Bembo; montaggio: Giancarlo Venarucci Cadueri; interpreti: Al Cliver [Pier Luigi Conti], Ninetto Davoli, Martine Carell, T. Cimarosa, Rick Boyd [Federico Boido], Paola Quattrini; origine: Italia; produzione: Morgana Film; durata: 95′
Un uomo, a cui hanno ucciso la figlia, decide di farsi giustizia da solo, scatenando una guerra contro pericolosi malviventi. Secondo film diretto dall’indimenticabile caratterista Tano Cimarosa. «Un “giustiziere della notte” fra livello turco medio e un Fassbinder naïf», secondo il grande Giovanna Buttafava, che aveva inserito il film nella sua videoteca ideale. Il resto della critica disapprovò: «No alla violenza riflette sin dal titolo la sfrontata ipocrisia di certo cinema italiano, che versa lacrime di coccodrillo sulle brutalità dei nostri giorni al solo scopo di strumentalizzare con cinismo e compiacimento per fini commerciali. Per essere certo di non lasciarsi sfuggire alcun reato possibile, dalla rapina alla violenza carnale, Cimarosa ha riunito le trame di almeno otto film in uno solo, con comprensibile scompiglio della logica» (Renato Palazzi sul «Corriere della Sera»).
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 19.00
La polizia sta a guardare (1973)
Regia: Roberto Infascelli; soggetto: Marcello D’Amico; sceneggiatura: Augusto Caminito, R. Infascelli; fotografia: Riccardo Pallottini; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Roberto Perpignani; interpreti: Enrico Maria Salerno, Lee J. Cobb, Jean Sorel, Luciana Paluzzi, Claudio Gora, Laura Belli; origine: Italia; produzione: Primex Italiana; durata: 95′
Il nuovo questore Cardone, chiamato a contrastare l’ascesa della malavita, adotta il pugno di ferro, non fermandosi di fronte a nulla, nemmeno al sequestro del figlio. Il successo de La polizia si ringrazia ispira subito una serie di pellicole, fra le quali La polizia sta a guardare è una delle più fedeli al modello, anche per la presenza di Enrico Maria Salerno e per lo stile che concede ancora poco all’azione (e alla violenza) fine a se stessa, rispetto ai film successivi. «Il film ha ritmo incalzante e cattura l’attenzione dello spettatore. Dice cose non banali poiché è, purtroppo, aderente ad una realtà che tutti conosciamo. […] Ottima l’interpretazione di Enrico Maria Salerno e pregevoli le sequenze d’azione» (Pestelli).
 
ore 21.00
La polizia è al servizio del cittadino? (1973)
Regia: Romolo Guerrieri; soggetto: Goffredo Sebasti, Marcello Serralonga, Mario Cecchi Gori; sceneggiatura: Massimo De Rita, Dino [Arduino] Maiuri; fotografia: Carlo Carini; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Antonio Siciliano; interpreti: Enrico Maria Salerno, Giuseppe Pambieri, John Steiner, Venantino Venantini, Daniel Gélin, Alessandro Momo; origine: Italia/Francia; produzione: Capital Film, P.E.C.F.; durata: 98′
«Genova: neanche i metodi meno ortodossi bastano al commissario Sironi per incastrare Brera (Gélin) spietato boss del racket dei mercati generali. Caratterizzazioni che diventeranno presto stereotipi (il commissario che crede nella giustizia a tutti i costi ma non nella burocrazia, e che non riesce a parlare al figlio [Momo] di Lotta Continua), ma anche echi del noir francese, con un interessante personaggio di poliziotto caciarone e doppiogiochista (Pambieri). Che Guerrieri abbia classe lo si vede dal pestaggio iniziale, muto, e dall’uso degli spazi in alcune scene; che abbia spessore lo si intuisce dall’amarezza di fondo» (Mereghetti).
Vietato ai minori di anni 14
 
sabato 13
ore 16.30
Il bivio (1952)
Regia: Fernando Cerchio; soggetto: Leo Benvenuti, Marcello Giannini, Giuseppe Mangione; sceneggiatura: L. Benvenuti, Aldo Bizzarri, F. Cerchio, G. Mangione, Calogero Marrocu, Corrado Pavolini; fotografia: Renato Del Frate; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Rolando Benedetti; interpreti: Raf Vallone, Charles Vanel, Claudine Dupuis, Saro Urzì, Carlo Sposito, Mimo Billi; origine: Italia; produzione: Rovere Film, Epica Film; durata: 110′
«Alle origini del noir italiano non c’è solo Pietro Germi. Il bivio di Fernando Cerchio (1951) è una bella riscoperta: un vero “Capolavoro sconosciuto”, come suona il titolo della rassegna curata da Paolo Mereghetti nell’ambito della mostra sugli anni Cinquanta a Palazzo Reale. Raf Vallone è Aldo Marchi, il capo di una gang torinese che si infiltra nella polizia per avere le dritte giuste: ma stando dall’altra parte della barricata, ci prende gusto. Cerchio, forse mai così ispirato, racconta dilemmi morali senza moralismi: e rappresenta una metropoli notturna, povera, violenta, con invenzioni visive che lasciano a bocca aperta. Aveva visto i polizieschi francesi, dato che il coprotagonista è il grande Charles Vanel? O i noir realistici di Dassin? Poco importa: anche perché la storia ha salde radici nel contesto italiano, con riferimenti ai travagli post-resistenza. Da applaudire i caratteristi Saro Urzì e Carletto Sposito» (Pezzotta).
 
ore 18.30
Dentro la città (2004)
Regia: Andrea Costantini; soggetto e sceneggiatura: A. Costantini; fotografia: Daniele Massaccesi; musica: Stefano Ghittoni, Cesare Malfatti; montaggio: Patrizia Ceresani; interpreti: Luca Ward, Rolando Ravello, Elisabetta Cavallotti, Edoardo Leo, Giorgio Colangeli, Andrea Rivera; origine: Italia; produzione: Shooting Stars; durata: 105′
«La televisione ci offre distretti di polizia e marescialli da prime-time: sempre buoni, sempre valorosi, sempre fasulli. Il cinema guarda in faccia la realtà. Un esempio? Dentro la città di Andrea Costantini, opera prima che racconta la vita tra bassi e bassissimi di un distretto di polizia della periferia romana dove gli agenti sono spesso disorganizzati, qualche volta corrotti e sempre frustrati. C’è il commissario Chessari che vorrebbe essere altrove, l’agente Lattanzi (Luca Ward) che odia i criminali perché li invidia e il giovane vice commissario Corsi (Edoardo Leo) che vorrebbe conservare almeno un briciolo di idealismo. Verranno coinvolti insieme ai loro colleghi in un’indagine che li porterà a dover scegliere tra i soldi e l’etica. Il finale è aperto ma secondo noi era dai tempi di Vivere e morire a Los Angelesdi William Friedkin che non si terminava un poliziesco in modo così pessimista e laconico. Costantini non ha paura di picchiare duro. Bravo. Leo e Ward (non solo ottimo doppiatore) reggono il film, con il secondo in grado di tratteggiare un poliziotto marcio che sembra uscito dalla penna di James Ellroy» (Alò).
 
ore 20.30
Incontro moderato da Pierpaolo De Sanctis con Carlo Ausino, Andrea Costantini, Romolo Guerrieri, George Hilton, Alessandro Rota, Fabio Zanello
 
a seguire
Calibro 70 (2008)
Regia: Alessandro Rota; soggetto, sceneggiatura: Ivan Fabio Perna, A. Rota; fotografia: Mauro Regis; musica: Domenico Capuano, Carmelo e Michelangelo La Bionda; interpreti: Ivan Fabio Perna, Silvio Arduino, Alberto Pozzo, Renzo Ozzano, Lorenzo Guida, Luca Ward; origine: Italia; produzione: A. Rota, M. Regis, Lorenzo Guida, Film Commission Torino Piemonte; durata: 40′
Torino, anni Settanta: la città è in preda al terrore! Leonardo Morra (Ivan Fabio Perna), spietato criminale meglio noto come “Lo Svizzero”, mette a punto i suoi sporchi piani criminali lasciando dietro di sé numerose vittime. Silvio Dal Piaz (Silvio Arduino), figlio del direttore della più importante banca cittadina, si mette in contatto con il criminale proponendogli un piano scellerato per una grande rapina nella banca del padre. Nel frattempo “Lo Svizzero” dovrà fare i conti con alcuni traditori e con il suo acerrimo nemico, “L’Inglese” (Luca Ward) con cui lotta da anni per il dominio della città. Calibro 70, scritto da Alessandro Rota e Ivan Fabio Perna, non si limita al semplice omaggio, ma reinterpreta, anche con la giusta ironia, la fortunata stagione del poliziesco all’italiana. Camei di Carlo Ausino, il regista di Torino violenta, e Johnson Righeira, uno dei “fratelli” Righeira.
Ingresso gratuito
 
a seguire
Torino violenta(1977)
Regia: Carlo Ausino; soggetto e sceneggiatura: C. Ausino; fotografia: C. Ausino; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Eugenio Alabiso; interpreti: George Hilton, Emanuel Cannarsa, Giuseppe Alotta, Annarita Grapputo, Franco Nebbia, Laura Ferraro; origine: Italia; produzione: Lark Cinematografica; durata: 84′
Film a basso costo divenuto un piccolo cult, anche per una presunta passione cinefila dell’avvocato Agnelli. Sicuramente un film fuori dagli schemi, su una figura di poliziotto-giustiziere che si scontra, oltre che con la criminalità, con i limiti imposti dalla legge. «Erano appena usciti Roma violenta, Napoli violenta, che avevano incassato bene, così uno di questidistributori mi fa: “Tu dove abiti, Torino? Perché allora non fai Torino violenta”.Al che l’ho guardato in malomodo, ci ho pensato un po’ su e gli ho risposto: “Se volete un film così lo faccio, però poi lodistribuite”.Ed è andata proprio così, ho fatto un film con 60 milioni, che oggi potrebbero essere 200 scarsi e che in tre mesi ha fattoun miliardo e ottocento milioni» (Ausino).
Vietato ai minori di anni 14 – Ingresso gratuito
 
domenica 14
ore 17.00
La polizia chiede aiuto (1974)
Regia: Massimo Dallamano; soggetto: Ettore Sanzò; sceneggiatura: E. Sanzò, M. Dallamano; fotografia: Franco Delli Colli; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Antonio Siciliano; interpreti: Giovanna Ralli, Claudio Cassinelli, Mario Adorf, Franco Fabrizi, Farley Granger; origine: Italia; produzione: Primex Italiana; durata: 90′
Una quindicenne viene trovata impiccata in una soffitta. Sembra un suicidio, ma in realtà dietro la sua tragica morte si nasconde uno squallido traffico di prostituzione minorile, sul quale indaga, contro tutto e tutti, il commissario Silvestri, spalleggiato dal procuratore Stori. Dallamano prosegue sulla strada del thriller Cosa avete fatto a Solange?, mutando ambientazione e modelli narrativi, ma confermando appieno le sue doti nel tratteggiare il ritratto di un universo malsano, dal quale è difficile uscire (vivi). Uno dei tanti Vice (su «Il Resto del Carlino), allora attivissimi nel recensire i film di genere e nello “sporcarsi le mani”, lo definì «uno dei migliori» polizieschi. «Il regista abbandona subito il pretesto sociopolitico per aggiustare il tiro sulla dimensione del thrilling grazie a un montaggio rapido ed efficace».
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 19.00
Quelli della calibro 38 (1976)
Regia: Massimo Dallamano; soggetto e sceneggiatura: M. Dallamano, Franco Bottari, Marco Guglielmi, Ettore Sanzò; fotografia: Gabor Pogany; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Antonio Siciliano; interpreti: Marcel Bozzuffi, Ivan Rassimov, Carole André, Riccardo Silvano, Armando Brancia, Fabrizio Capucci; origine: European Inc., P.A.C. Distribuzione; durata: 103′
Il commissario Vanni costituisce una squadra speciale per catturare il “Marsigliese”, uno spietato criminale, che non si ferma di fronte a nulla. Quello delle squadre speciale fu uno dei minifiloni all’interno del poliziesco e segna un inasprimento della violenza, da una parte e dell’altra. Ma l’ispirato Dallamano costruisce attorno a questo tema un film teso e avvincente, «uno dei migliori prodotti del genere, tenuto com’è da un ritmo sempre sostenuto, da un senso dello spettacolo di sicuro mestiere, da una suspense che non viene mai meno» (Spiga). Di culto la presenza di Grace Jones, che canta in un night.
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 21.00
La polizia è sconfitta (1977)
Regia: Domenico Paolella; soggetto: Dardano Sacchetti; sceneggiatura: D. Sacchetti, D. Paolella; fotografia: Marcello Masciocchi; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Amedeo Giomini; interpreti: Marcel Bozzuffi, Vittorio Mezzogiorno, Riccardo Salvino, Claudia Giannotti, Francesco Ferracini, Simona Ogier; origine: Italia; produzione: P.A.C.; durata: 97′
Un delinquente senza scrupoli semina il terrore a Bologna e il commissario Grifi organizza una squadra speciale per catturarlo. Il veterano Paolella, dopo aver attraversato i generi, fa un’incursione anche nel poliziesco sfuggendo alla serialità sia per l’ambientazione (Bologna, città poco sfruttata) che per l’efferatezza del protagonista, Valli (uno spietato Vittorio Mezzogiorno), e delinea una figura di commissario di raro spessore (un bravissimo Marcel Bozzuffi). Ne risulta un film assolutamente da (ri)vedere per comprendere il clima infelice degli anni Settanta, la strategia della tensione, il problema dell’ordine pubblico e dei confini della legalità: «perfetta esemplificazione di ciò che è l’Italia secondo la copertina di “Der Spiegel”, un piatto di spaghetti con una rivoltella sopra», scrisse all’epoca Tullio Kezich.
Vietato ai minori di anni 14
 
lunedì 15
chiuso
 
martedì 16
ore 17.00
La banda Vallanzasca(1978)
Regia: Mario Bianchi; soggetto e sceneggiatura: Vito Bruschini, M. Bianchi, con la collaborazione ai dialoghi di Claudio Fragasso; fotografia: Maurizio Centini; musica: Giampaolo Chiti; montaggio: Cesare Bianchini; interpreti: Enzo Pulcrano, Stefania D’Amario, Antonella Dogan, Gianni Diana, Franco Garofalo, Paolo Celli; origine: Italia; produzione: Canadian International Film; durata: 99′
«Cultissimo poliziottesco a basso costo che segna il trionfo, quasi in ogni scena, delle bottiglie di whiskey J&B che fanno da sponsor non tanto occulto a tutta l’operazione. Come spiegava Giovanni Buttafava: “Il titolo non ha la minima attinenza con la vicenda del film, che è centrata sulla storia di un bandito romano, Roberto, che evade di galera, aiutato da una misteriosa Organizzazione. La solita pornografia cronachistica. L’Organizzazione accoglie Roberto e il suo amico Italo in una casa compiacente: “hanno pensato proprio a tutto”, dice Roberto e prende in mano una bottiglia di J&B. Per conto dell’Organizzazione, i due rapiscono una ragazza e la tengono segregata in un appartamento isolato con un grosso televisore e un set di J&B”» (Giusti). Però, nel finale, il film rivela un’imprevedibile lucidità nel delineare le trame oscure che in quegli anni si celavano dietro fatti di cronaca apparentemente legati solo alle gesta di piccoli criminali.
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 19.00
La belva col mitra (1978)
Regia: Sergio Grieco; soggetto e sceneggiatura: S. Grieco; dialoghi: Enzo Milioni; fotografia: Vittorio Bernini; musica: Umberto Smaila; montaggio: Francesco Bertuccioli, Adalberto Ceccarelli; interpreti: Helmut Berger, Marisa Mell, Richard Harrison, Vittorio Duse, Marina Giordana, Nello Pazzafini; origine: Italia; produzione: Supercine; durata: 99′
«Poliziesco poco conosciuto, diretto da Sergio Grieco alla sua penultima fatica, con un Helmut Berger nel ruolo di un bandito pazzo e feroce (Turatello?), era rimasto dimenticato dai più se Quentin Tarantino non lo avesse dichiarato uno dei suoi film preferiti di ogni tempo e non lo avesse inserito, con tanto di musica di Umberto Smaila e faccioni di Berger e di Nello Pazzafini, in primo piano nel suo Jackie Brown. […] Eccessivo, con stupri, omicidi e rapine, vede il perfido Berger affrontare tranelli e doppi giochi dei suoi e della polizia» (Giusti). «Il povero Visconti non ne sarebbe contento, ma Helmut Berger, protagonista di alcuni dei suoi ultimi lavori, anche riciclato nel poliziesco all’italiana, tutto morti, stupri, sangue, pallottole e cazzotti, sa cavarsela da attore di classe. Merito anche della sua grinta perversa e di quello sguardo intenso ai confini della dissociazione che in questa parte di feroce criminale lo soccorre parecchio» (M. G., «Il Resto del Carlino»).
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 21.00
Come cani arrabbiati(1976)
Regia: Mario Imperoli; soggetto e sceneggiatura: Piero Regnoli, M. Imperoli; fotografia: Romano Albani; musica: Mario Molino; montaggio: Ottavio Colangeli, Sandro Lena; interpreti: Jean-Pierre Sabagh, Paolo Carlini, Anna Rita Grapputo, Paola Senatore, Cesare Barro, Gloria Piedimonte; origine: Italia; produzione: Roma International Production, Salamandra Cinematografica, Silvia 70; durata: 95′
«In questa nostra vecchia Roma che, stando almeno alla sostanza comune a tutti i film del genere, va sempre più rassomigliando alla più ruggente Chicago dei “twenties”, una banda di criminali bene […] ammazza, ruba e stupra a più non posso. Un commissario perspicace e zelante avrebbe da tempo posto fine a tale incresciosa situazione se no lo avessero tenuto a freno la corruzione delle istituzioni – elemento ormai inevitabile per dare un tocco di impegno sociale al prodotto più reazionario – simboleggiate soprattutto dalle previsioni esercitate dal ricco padre di uno dei banditi sui superiori del medesimo efficiente funzionario» (Massimo Pepoli, «Il Messaggero»). Film che per la sua invisibilità (ma anche per la “generosità” delle sue interpreti) è divenuto oggetto di culto fra gli amanti del poliziesco e merita una riscoperta: per il ritmo impresso alla storia, l’ennesima variante sul tema dei giovani della Roma bene, per l’assoluta assenza di compiacimento nell’uso della violenza, perfettamente funzionale alla narrazione (a differenza di molti film omologhi), soprattutto per la capacità del regista di premere sull’acceleratore senza porsi freni inibitori, senza falsi moralismi, ma ponendo una netta linea di demarcazione fra il bene e il male, sintetizzata in modo brutale nell’epigrafe: «Quando muore un assassino non è tempo di lacrime».
Vietato ai minori di anni 18
 
giovedì 18
ore 17.00
Gardenia (1979)
Regia: Domenico Paolella; soggetto: Teodoro Agrimi, Gino Cappone, Augusto Caminito; sceneggiatura: A. Caminito; fotografia: Sergio Rubini; montaggio: Amedeo Giomini; interpreti: Franco Califano, Martin Balsam, Robert Webber, Eleonora Vallone; origine: Italia; produzione: Orsa Maggiore Cinematografica; P.A.C.; durata: 100′
Un Franco Califano, a metà tra Humphrey Bogart e il Marlowe rivisto da Altman ne Il lungo addio, interpreta Gardenia, un proprietario di ristorante (come il celebre Rick’s Bar di Casablanca) rude e nazionalpopolare come il Nico Giraldi interpretato da Tomas Milian e al contempo raffinato dandy e impenitente playboy, che si oppone allo spaccio della droga orchestrato dal perfido boss (interpretato da un magistrale Martin Balsam). Le disavventure giudiziarie del celebre cantante pregiudicarono il successo del film. Un motivo in più per riscoprirlo.
 
ore 19.00
L’avvocato della mala (1976)
Regia: Alberto Marras; soggetto: A. Marras; sceneggiatura: A. Marras, Vittorio Vighi, Claudio Fragasso, Antonio Cucca; fotografia: Angelo Bevilacqua; musica: Ubaldo Continiello; montaggio: Amedeo Giomini; interprete: Ray Lovelock, Mel Ferrer, Lilli Carati, John Steiner, Umberto Orsini, Gabriele Tinti; origine: Italia; produzione: T.D.L. Film, Angry Film; durata: 95′
A Roma un giovane avvocato, costretto a lavorare per un boss, si trova implicato in loschi affari. Alberto Marras, al suo esordio come regista, era un direttore di produzione, molto attivo nel cinema di genere (Il poliziotto è marcio di Di Leo, Uomini si nasce, poliziotti si muore di Deodato, di cui è coautore del soggetto). «Unico, interessantissimo (per noi) film di Alberto Marras. […] Da trovare. In lavorazione come L’avvocaticchio (sarebbe stato un grandissimo titolo)» (Giusti).
Vietato ai minori di anni 18

 

 

 

Date di programmazione