Cinema Trevi: “Gérard Philipe, un mito intramontabile”
22 Novembre 2009 - 22 Novembre 2009
«Eccolo, il Cid di vent’anni, bello come Achille, fiero come Orlando, pieno di fiamme, vivo e grazioso, eroico ed innamorato, che Corneille ha dato agli umani e così pochi attori – nessuno da quando sono nato – hanno impersonato secondo i nostri sogni! […] Ed eccolo, è Gérard Philipe […]. Tutto il testo meraviglioso sembra reinventato dalla sua bocca ispirata», scrive Robert Kemp su «Le Monde» nel 1951. Stesso prodigio per la sua interpretazione del protagonista del Principe di Homburg di Heinrich von Kleist. Riesce a dare un senso alla scena difficile dove il Principe supplica per la sua grazia. Mentre con altri attori lo spettatore disprezza il personaggio, con Gérard Philipe il pubblico intravede, più della codardia, la voglia di vivere che spinge il Principe a supplicare. Le sue interpretazioni di questi due ruoli teatrali sono diventate leggendarie, a tal punto che ancora oggi, un attore che sceglierà di interpretarli in Francia soffrirà del paragone con il suo illustre predecessore.
Ma nel mondo intero è soprattutto un mito cinematografico: il simbolo della gioventù del dopoguerra grazie a Il diavolo in corpo (1948) di Claude Autant-Lara, per il quale viene anche premiato a Venezia, e a Fanfan la Tulipe (1952) di Christian-Jaque, che lo farà diventare un idolo eroico. Nel 1949 incontra il regista René Clair con il quale gira La bellezza del diavolo, un altro dei capisaldi della sua carriera cinematografica, dove interpreta due parti, quella di Mefisto e quella di Faust giovane/Enrico. Impressionante la scena in cui, avendo appena Faust ritrovato la gioventù, l’attore riesce a farci percepire l’anima di un vecchio in un corpo giovane, che non crede di aver ritrovato la sua forza e il suo vigore.
Tante sono le parti memorabili della sua breve carriera: il principe Myyskin in L’idiota (1946) di Georges Lampin, Fabrizio Del Dongo ne La Certosa di Parma (1948) di Christian-Jaque, il medico alcolizzato de Gli orgogliosi di Yves Allégret (1953), Julien Sorel ne L’uomo e il diavolo (1952), uno scommettitore donnaiolo ne Le grandi manovre di René Clair (1955), Amedeo Modigliani in Montparnasse 19 (1958) di Jacques Becker, Valmont in Relazioni pericolose (1958) di Roger Vadim, il sognatore de Le Belle della notte (1952)di René Clair, l’assassino de La via del rimorso (1949) di Yves Allégret, e altre.
Gérard Philippe è morto il 25 novembre 1959, pochi giorni prima del suo trentasettesimo compleanno. Cinquant’anni dopo il suo mito e il suo ricordo sono ancora presenti, è senza dubbio ancora considerato il più grande attore francese che sia mai esistito, uno dei più popolari e dei più amati dai francesi stessi.
Programma a cura di Gabrielle Lucantonio
ore 17.00
Villa Borghese (1953)
Regia: Gianni Franciolini; soggetto: Ennio Flaiano, Giorgio Bassani, Ercole Patti, Sergio Amidei da un’idea di S. Amidei; sceneggiatura: E. Flaiano, G. Bassani, E. Patti, S. Amidei, con la collaborazione di Liana Ferri, Armando Curcio, Rodolfo Sonego, Age & Scarpelli, Jean Bernard Luc; fotografia: Mario Bava; costumi: Neglena Assenkoff; musica: Mario Nascimbene; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Gérard Philipe, Vittorio De Sica, Giovanna Ralli, Maurizio Arena, Eduardo De Filippo, François Perier; origine: Italia/Francia; produzione: Astoria Film, Productions Sigma-Vog; durata: 89′
«Ad ottobre Gérard raggiunse Roma per girare con il regista Gianni Franciolini lo sketch Il bacio nel film Villa Borghese. Il celebre parco romano faceva infatti da sfondo ad una serie di intricate vicende amorose attraverso sei episodi differenti. Per la terza volta Gérard si ritrovò a lavorare accanto a Micheline Presle» (Capua). Scritto da Sergio Amidei, si sentono i pensieri dei due amanti durante un lungo bacio. Si capisce che la relazione si sta avviando verso la sua conclusione.
Gérard Philipe e Micheline Presle erano stati alcuni anni prima, nel 1947, François e Marthe, i due protagonisti de Le diable au corps di Claude Autant-Lara, una delle coppie leggendarie (e sfortunate) del cinema francese. Ritrovarli anni dopo nella parte di due amanti (al di la del tempo, poiché il film di Autant-Lara si svolgeva durante la guerra di 1914-’18 e Villa Borghese si svolge negli anni Cinquanta), stanchi della loro relazione, può fare immaginare un altro finale, meno romantico, di quel film, se Marthe non fosse morta.
Villa Borghese consente a Gérard Philipe di ritornare a Roma dopo le riprese de La bellezza del diavolo di René Clair.
ore 19.00
Fanfan la Tulipe (1952)
Regia: Christian-Jaque; adattamento: Christian-Jaque, Henri Jeanson, René Wheeler; sceneggiatura: René Wheeler, René Fallet; costumi: Robert Gys; musica: Georges Van Parys, Maurice Thieret; interpreti: Gérard Philipe, Gina Lollobrigida, Noël Roquevert, Geneviève Page, Marcel Herrand, Jean-Marc Tennberg; origine: Francia; produzione: Films Ariane, Filmsonor, Produzione Film Giuseppe Amato; durata: 102′
«Il copione finale fu una storia d’amore e di azione intrisa di umorismo e da continui colpi di scena, ambientata all’epoca di Luigi XV e della guerra dei Sette anni. Per il personaggio principale Christian-Jaque non ebbe in mente che Gérard con il quale aveva già lavorato ne La Certosa di Parma e in un episodio di Ricordi perduti. Senza perdere tempo, l’attore iniziò a prendere lezioni di scherma e annunziò che non avrebbe usata nessuna controfigura nelle scene più pericolose del film» (Capua). «Il piacere che provai quando scendendo all’aeroporto di Orly, trovai ad attendermi un grande regista come Jaque e un grande attore come Philipe. Non lo avevo mai conosciuto prima e credevo che si sarebbe dato delle arie con l’ultima arrivata “italiana”. Invece fu così cordiale, simpatico e comprensivo, da commuovermi. Stringemmo subito amicizia e le mie paure svanirono: Gérard non soltanto mi aiutava a trovarmi a mio agio quando recitavamo insieme, ma molte ore del suo tempo libero le perdeva per insegnarmi il francese, che ancora non conoscevo» (Lollobrigida).
ore 21.00
La bellezza del diavolo (1950)
Regia: René Clair; soggetto e sceneggiatura: R. Clair, Armand Salacrou; fotografia: Michel Kelber; scenografia: Léon Barsacq, Franco Lolli; costumi: Mayo [Antoine Malliarakis]; musica: Roman Vlad; montaggio: James Cuenet; interpreti: Gérard Philipe, Michel Simon, Nicole Besnard, Simone Valère, Carlo Ninchi, Paolo Stoppa; origine: Italia/Francia; produzione: Universalia Produzione, Enic, Franco-London Film; durata: 91′
«” La beauté du diable” è una frase idiomatica francese che corrisponde alla nostra “bellezza dell’asino”, ossia alla giovinezza effimera. Clair aveva ripresa l’antica leggenda nordica di Faust riadattandola in versione moderna. Nel film l’ormai anziano dotto Faust, interpretato da Michel Simon, uno dei mostri sacri del cinema francese, accettava il patto con Mefistofele di ritornare giovane e bellissimo (Gérard) in cambio dell’anima. L’originalità della sceneggiatura, scritta in collaborazione con Armand Salacrou, consisteva nei continui riferimenti all’attualità (guerra, gas aviazione e perfino alla bomba atomica). […] La bellezza del diavolo fu presentato in anteprima in una serata di gala all’Opéra di Parigi il 16 marzo 1950. La pellicola venne proiettata ad un pubblico selezionato fra cui era presente il presidente della Repubblica Auriol, l’ambasciatore d’Italia e molte personalità» (Capua). «Gérard Philipe, amabile di natura con tutti, aveva raddoppiato la sua gentilezza nei confronti di Michel Simon. Gli testimoniò subito la sua ammirazione e la sua considerazione. Ma non c’era niente da fare. Fin dal primo giorno Michel aveva detestato Gérard. Per una ragione molto più importante: Gérard era bello» (R. Clair).