Cinema Trevi: Figure del femminile tra Cinema e Psicoanalisi. Alina Marazzi
27 Novembre 2010 - 27 Novembre 2010
Psicoanalisi e Cinema hanno molto in comune: sono nate nello stesso periodo, hanno avuto nel secolo appena finito un enorme sviluppo e diffusione continuando ad influenzare, con la loro ricerca sull’uomo e le sue dinamiche profonde, il mondo della cultura, della scienza e dell’arte. Anche se il cinema non ha alcun presupposto terapeutico, alcuni aspetti della sua indagine e la sua capacità di stimolare e portare alla coscienza, all’interno di un contenitore artistico, dei nuclei attivi nel profondo della psiche fanno sì che sviluppare un confronto su alcuni temi può essere utile e stimolante. I film hanno d’altronde modalità espressive affini a quelle dei sogni e dell’immaginario, utilizzando quel registro iconico su cui la Psicoanalisi indaga come livello di simbolizzazione sulla strada della rappresentazione e della pensabilità. Partendo da questo interesse, il Centro Sperimentale di Cinematografia organizza, col patrocinio della SPI (Società Psicoanalitica Italiana) una serie d’incontri mensili, nella giornata di sabato, centrati sul rapporto tra il Cinema e la Psicoanalisi e sugli aspetti che la visione di un film può approfondire. In queste serate di volta in volta uno psicoanalista proporrà una breve relazione, dopo la proiezione dell’ultimo film selezionato, aperta alla discussione con autori/attori/critici cinematografici e col pubblico. Nel 2010 i film presentati e gli spunti di riflessione proposti vertono intorno ad un percorso che attraversa il tema della femminilità, sia sul versante cinematografico che su quello psicoanalitico e, più in generale, culturale.
ore 18.30
Per sempre (2005)
Regia: Alina Marazzi; soggetto: A. Marazzi; fotografia: Giuseppe Baresi, Sabrina Varani; musica: Michele Fedrigotti, Vic Vergeat; montaggio: Ilaria Fraioli; origine: Italia; produzione: Pio Bordoni, Gianfilippo Pedote per Mir Cinematografica, Cisa Service, in coproduzione con RSI – Televisione Svizzera; durata: 52′
«Al centro ci sono sempre dei personaggi femminili che non riescono ad aderire a dei modelli, sia che siano modelli che vengono dall’esterno, che so, dalla famiglia, dalla società, dalle convenzioni, come nel caso di Un’ora sola ti vorrei, sia che se li scelgano loro stesse come le monache di clausura in Per sempre. Anche lì, infatti, c’è un personaggio come quello di Valeria che, nonostante abbia scelto la clausura, poi non riesce a starci dentro. […] Il documentario nasce come un’indagine sulla scelta definitiva, una scelta che a noi appare assoluta; per chi non la conosce, una scelta difficile da mantenere; quindi la curiosità era un po’ quella: cercare di avvicinarsi a qualche cosa di apparentemente molto lontano, molto diverso, per capire invece che cosa a livello più esistenziale può essere compreso di questo tipo di scelta, di fedeltà. Il mio era un approccio di tipo esistenziale, filosofico sulla scelta definitiva» (Marazzi).
Copia proveniente da Mir Cinematografica
ore 19.30
Un’ora sola ti vorrei (2002)
Regia: Alina Marazzi; soggetto: A. Marazzi; montaggio: Ilaria Fraioli; origine: Italia; produzione: A. Marazzi, Gianfilippo Pedote, Giuseppe Piccioni, Francesco Virga per Venerdì, Bartleby Film, in coproduzione con RSI – Televisione Svizzera e la partecipazione di Tele +; durata: 55′
«Mia madre è nata nel 1938 ed è morta nel 1972, quando io avevo 7 anni. Non ho molti ricordi di lei, ma ho sempre saputo che in un armadio in casa dei miei nonni era rinchiusa tutta la memoria visiva della nostra famiglia. In questo armadio sono conservate delle scatole di vecchie pellicole, filmati girati dal padre di mia madre tra il 1926 e gli anni ’80, con una cinepresa amatoriale 16 mm. È solo qualche anno fa che ho avuto il coraggio di cominciare a guardare questi filmati, con grande curiosità ed emozione, soprattutto quelli segnati con una “L”, l’iniziale del nome di mia madre: Liseli. Il film inizia con la registrazione sonora di un disco 45 giri con la vera voce di mia madre che mi parla; il resto del racconto intreccia la lettura di lettere e diari di mia madre e delle cartelle cliniche delle case di cura in cui mia madre ha trascorso lunghi periodi. Attraverso questi testi è possibile ricostruire per intero la sua vita, nei suoi vari periodi: l’adolescenza, l’amore, i figli, la malattia, il disagio esistenziale. Il film è la ricostruzione della mia personale ricerca del volto di mia madre, attraverso il montaggio dei filmati girati da mio nonno. Un tentativo di ridarle vita anche solo sullo schermo, un modo per celebrarla ricordandola. Per quasi tutta la mia vita il nome di mia madre è stato ignorato, evitato, nascosto. Il suo volto anche. Ho la fortuna invece di poterla vedere muoversi, ridere, correre…» (Marazzi).
Copia proveniente da Mir Cinematografica
ore 20.45
Relazione dello psicanalista Pietro Roberto Goisis e incontro moderato da Fabio Castriota con Alina Marazzi
a seguire
Vogliamo anche le rose (2007)
Regia: Alina Marazzi; soggetto: A. Marazzi; voci narranti: Anita Caprioli, Teresa Saponangelo, Valentina Carnelutti; scenografia: Gaia Giani; musica: Ronin; montaggio: Ilaria Fraioli; origine: Italia/Svizzera; produzione: Gianfilippo Pedote, Francesco Virga per Mir Cinematografica, Rai Cinema, in coproduzione con Ventura Film, Rsi – Televisione Svizzera, in associazione con Fox International Channels Italy Cult; durata: 85′
«La regista Alina Marazzi ripercorre gli anni della liberazione sessuale femminile e per farlo usa immagini di repertorio, filmati in super8, immagini delle Teche Rai e della Cineteca di Bologna, film sperimentali di Adriana Monti, Loredana Rotondo e Alfredo Leopardi, testi tratti dai diari dell’Archivio di Pieve Santo Stefano. Non mancano lettere e conversazioni con le testimoni di quegli anni, foto dell’epoca, fotoromanzi e riviste. Ma tutte queste immagini vengono intercalate a tre percorsi individuali vissuti a Roma, quelli di Anita, Teresa e Valentina, che scrivono le loro memorie nel 1967, nel ’75 e nel ’79. Anita viene da una famiglia borghese, si sente stretta nelle maglie dell’educazione cattolica impartitale dai suoi genitori e si iscrive all’università proprio quando stanno esplodendo i fermenti del ’68. Teresa arriva a Roma da un paesino della provincia di Bari per sottoporsi a un aborto clandestino. Infine, Valentina, è una ragazza politicamente attiva che frequenta il collettivo di via del Governo Vecchio» (www.cinematografo.it). «Abbiamo voluto punteggiare tutto il film con le immagini di X chiama Y [di Mario Masini] proprio perché questa donna X fosse un contraltare, l’alter ego della narrazione, come se lei insomma si mettesse in relazione con lo sguardo di tutte queste donne, tutte le altre voci che parlano nel film, le osserva, e in qualche modo riesce ad assumere anche altri ruoli di tipo tradizionale (la vedi che spazza il pavimento, allatta il bambino ecc.) però a modo suo, per cui è come se fosse, almeno per me e Ilaria Fraioli e la riflessione che abbiamo fatto in sede di montaggio, la sintesi di quello che è avvenuto in quegli anni» (Marazzi).
Ingresso gratuito