Cinema Trevi. Fantaitaly – Note fantastiche – XXXII Fantafestival
19 Giugno 2012 - 24 Giugno 2012
«Il cinema fantastico è da sempre caratterizzato non solo dalle storie e dagli effetti speciali, ma anche dalle colonne sonore originali scritte da tutti i musicisti italiani e stranieri. Basti pensare a John Williams che con la premiata ditta Spielberg-Lucas ha scritto le colonne sonore di film come Lo squalo, Guerre stellari, ET; a Jerry Goldsmith per Star Trek; Vangelis per Blade Runner; Giorgio Moroder per Metropolis.
Quest’anno, in occasione della XXXII edizione del Fantafestival, abbiamo messo in cartellone una ricca retrospettiva dal titolo Fantaitaly – Note fantastiche, realizzata con la Cineteca Nazionale, che presenta un panorama dei più grandi compositori italiani e la loro produzione specificatamente legata al cinema fantastico italiano. Partendo da autori “storici” come Giorgio Moroder, Renzo Rossellini e Nino Rota, sono inclusi nella selezione nomi come: Riz Ortolani, Pino Donaggio, Roman Vlad, Ennio Morricone, Nicola Piovani, Stelvio Cipriani, Claudio Simonetti, ecc., vere e proprie icone che hanno fatto la storia del cinema e della musica. I titoli scelti, a parte qualche grande classico, sono film meno visti come Reazione a catena di Mario Bava, La macchina ammazzacattivi di Roberto Rossellini, Follia omicida di Riccardo Freda, che riteniamo possano essere scoperti soprattutto dal pubblico dei più giovani appassionati del genere. Ci auguriamo che questo interessante viaggio nel cinema fantastico, sulle note dei grandi Maestri italiani, possa intrigare il nostro pubblico che da sempre segue il Fantafestival con grande interesse e passione» (Adriano Pintaldi & Alberto Ravaioli, Direttori del Fantafestival).
Rassegna a ingresso gratuito
martedì 19
ore 17.00
L’etrusco uccide ancora (1971)
Regia: Armando Crispino; soggetto e sceneggiatura: Lucio Battistrada, A. Crispino; fotografia: Erico Menczer; scenografia: Giantito Burchiellaro; costumi: Luca Sabatelli; musica: Riz Ortolani; montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: Alex Cord, Samantha Eggar, John Marley, Carlo De Mejo, Nadja Tiller, Enzo Cerusico; origine: Jugoslavia/Italia/Germania Occidentale; produzione: Inex Film, Mondial Te.Fi. – Televisione Film, CCC Filmkunst; durata: 107′
«A Spoleto, durante il Festival dei Due Mondi, una incomprensibile catena di delitti sconvolge la vita di molti dei partecipanti (fra cui la famiglia del direttore d’orchestra Samarakis). Contemporaneamente un archeologo scopre in una tomba a Tarquina un affresco che raffigura l’uccisione di una giovane coppia. E coppie sono anche le vittime del misterioso assassino» (Poppi/Pecorari). «L’etrusco uccide ancora nacque proprio come film di atmosfera arcana e magica suggestione. Se avessi potuto avrei spinto ancora di più il racconto verso tale direzione ma, purtroppo, non me l’hanno consentito. L’idea nacque durante un’occasionale visita alla necropoli di Cerveteri e dalla suggestione che, appunto, provai in quella circostanza, tra quelle tombe, con “presenze” quasi palpabili che aleggiavano tutto intorno. […] Il film ottenne, primo in Italia, una partecipazione finanziaria della distribuzione americana. Costò 400 milioni di lire e realizzò, solo in Italia, oltre un miliardo di incasso nelle sole prime visioni delle sedici città capozona. E a Roma il prezzo del biglietto era allora di mille lire contro le diecimila attuali…» (Crispino).
Riz Ortolani ha operato ed opera come autore di canzoni, di colonne sonore, arrangiatore e direttore d’orchestra. Sua la colonna sonora del film Mondo cane di Gualtiero Jacopetti la cui canzone More dei titoli di testa è diventata famosissima in tutto il mondo guadagnando un Grammy Award e la candidatura all’Oscar. Oltre ad aver scritto le musiche per film di Dino Risi, Franco Zeffirelli, Carlo Lizzani tanto per citarne alcuni, è importante la collaborazione con Pupi Avati per cui ha scritto quasi tutte le colonne sonore dei suoi film fino a Il nascondiglio. Nel genere fantastico segnaliamo Danza macabra, La vergine di Norimberga, La morte negli occhi del gatto di Antonio Margheriti.
ore 19.00
L’orribile segreto del dottor Hichcock (1962)
Regia: Robert Hampton [Riccardo Freda]; soggetto e sceneggiatura: Julian Berry [Ernesto Gastaldi]; fotografia: Donald Green [Raffaele Masciocchi]; scenografia: Joseph Goodman; costumi: Linda Starley; musica: Roman Vlad; montaggio: Donna Christie [Ornella Micheli]; interpreti: Barbara Steele, Robert Flemyng, Montgomery Glenn [Silvano Tranquilli], Teresa Fitzgerald [Maria Teresa Vianello], Harriet White, Spencer Williams; origine: Italia; produzione: Panda – Società per l’Industria Cinematografica; durata: 94′
«Londra 1885. Cynthia (Steele), da poco sposata col dottor Hichcock (Flemyng), scopre nella dimora, durante una notte di tempesta, il sarcofago della sua prima moglie, morta dodici anni prima: è vuoto. Grazie a Langman (Glenn, alias Silvano Tranquilli), giovane medico americano che lavora con Hichcock, scopre l’orribile verità. Uno dei migliori esempi di horror italiano, inaugurato dallo stesso Riccardo Freda (alias R. Hampton) con I vampiri (1957). Con pochi mezzi e molto talento, senza ricorso al soprannaturale, Freda affronta la necrofilia, tema raramente trattato dal cinema, puntando sulla suggestione di un”atmosfera creata con una raffinata composizione delle inquadrature e del colore – lunghe carrellate, scansione ossessiva e labirintica dello spazio, proiezione soggettiva dell’interiorità della protagonista – e accentuata dalle musiche di Roman Vlad. Evidenti omaggi a Hitchcock (Rebecca ma anche Il sospetto)» (Morandini). «Anche per i film dell’orrore non ci ho messo più di dodici giorni. E hanno quarantasei, quarantesette ambienti come minimo, come L’orribile segreto del dottor Hichcock: tutto girato in una villa al centro di Roma, a via Rubens, Monte Parioli. Il cimitero, una clinica e perfino un incendio all’interno e all’esterno della villa. Dicevano che ero impazzito, quando hanno visto il film non volevano crederci…» (Freda).
Oltre che come grande compositore e pianista, Roman Vlad si è fatto apprezzare come musicologo e conferenziere tenendo corsi e conferenze in tutta Europa. Ha composto le musiche per il grande René Clair e per alcuni nostri Maestri come Mario Soldati, Luciano Emmer, Riccardo Freda, Franco Zeffirelli, Francesco Rosi. Nel cinema fantastico vanno ricordati titoli come I Vampiri, Caltiki il mostro immortale e L’orribile segretodel Dottor Hichcock di Freda.
Copia proveniente da La Farfalla sul Mirino
ore 21.00
A Venezia… un dicembre rosso shocking (Don’t Look Now, 1973)
Regia: Nicolas Roeg; soggetto: tratto dal racconto Non dopo mezzanotte di Daphne Du Maurier; sceneggiatura: Chris Bryant, Allan Scott, Akos Tolnay; fotografia: Luciano Tonti; scenografia: Giobanni Soccol, musica: Pino Donaggio; montaggio: Graeme Clifford, N. Roeg; interpreti: Donald Sutherland, Julie Christie, Hilary Mason, Clelia Matania, Massimo Serato, Renato Scarpa; origine: Gran Bretagna/Italia; produzione: Casey, Eldorado; durata: 112′
«Due coniugi inglesi (Donald Sutherland e Julie Christie) vanno in vacanza a Venezia per riprendersi dopo la morte della figlioletta. Lì, una medium afferma di essere in grado di metterli in contatto con la bambina. Il marito non ci crede (mentre la moglie sì), però si vede sempre più spesso seguito da una piccola figura vestita con un impermeabilino rosso uguale a quello della sua piccola morta. Quando riesce a confrontarsi con chi lo insegue, l’uomo si trova di fronte a una terribile sorpresa. La cosa più interessante di questo film è il modo particolarissimo di raccontare una storia non banale […]. Attento alle suggestioni della memoria e del rimpianto, Roeg mette in scena, da par suo, una delle più inquietanti ricerche del tempo perduto, tra parapsicologia e ossessione. Il tutto in una Venezia limacciosa e oscura nella stupenda fotografia di Anthony Richmond. Il finale può scontentare gli amanti della logica a ogni costo, ma è sorprendente e del tutto in linea con la inquieta visionarietà di Roeg. All’epoca fecero un po’ scandalo le scene d’amore tra Sutherland e la Christie e il film fu un buon successo di pubblico» (Salvagnini).
Pino Donaggio fa il suo debutto nella musica leggera dalla fine degli anni Cinquanta alla fine dei Settanta come cantautore divenendo ben presto molto famoso grazie a numerosi successi discografici e varie partecipazioni a Sanremo. La sua seconda carriera da metà degli anni Settanta si sdoppia e Donaggio inizia a scrivere colonne sonore per il cinema, il suo esordio nel ’73 con il film A Venezia un dicembre rosso shocking ottiene un successo clamoroso e vince il Premio della stampa inglese per la migliore colonna sonora dell’anno. Seguono importanti collaborazioni con Brian De Palma, Joe Dante, Liliana Cavani, Troisi e Benigni, Dario Argento, Giovanni Veronesi, Sergio Rubini. Tra le sue colonne sonore “fantastiche” spiccano A Venezia un dicembre rosso shocking, Carrie lo sguardo di Satana, Omicidio a luci rosse, Lasetta, Non ci resta che piangere.
mercoledì 20
ore 17.00
La sindrome di Stendhal (1996)
Regia: Dario Argento; soggetto: D. Argento, Franco Ferrini, ispirato al libro omonimo di Graziella Magherini; sceneggiatura: D. Argento; fotografia: Giuseppe Rotunno; scenografia: Antonello Geleng; costumi: Lia Francesca Morandini; musica: Ennio Morricone; montaggio: Angelo Nicolini; interpreti: Asia Argento, Thomas Kretschmann, Marco Leonardi, Luigi Diberti, Paolo Bonacelli, Julien Lambroschini; origine: Italia; produzione: Cine 2000, Medusa Film; durata: 119′
Una giovane, Anna Manni, mentre visita il museo degli Uffizi a Firenze è colta da inspiegabili allucinazioni alla vista dei quadri esposti e sviene. Dalla borsetta sono scomparsi la pistola e i documenti: un giovane le paga il taxi per l’albergo. Qui, guardano la riproduzione della Ronda di Rembrandt appesa alla parete, Anna “entra” nel quadro e ricorda d’essere un’agente della polizia romana incaricata di seguire le tracce di un maniaco stupratore, divenuto anche omicida, a Firenze. Costui si presenta nella sua stanza e la violenta, dileguandosi dopo averle ucciso davanti agli occhi una vittima. Sotto choc, Anna va da uno psicologo, Cavanna, che le diagnostica la sindrome di Stendhal, una sensibilità morbosa alle opere d’arte.«È bellissima l’intuizione del soggetto, firmato da Dario Argento e Franco Ferrini: una specie di fermentazione diabolica dell’interessante e poco frequentato saggio di Graziella Magherini […] che esplora in tutte le sue connessioni il quadro clinico della cosiddetta “sindrome di Stendhal”. […] Lo stordimento provocato dall’arte – soprattutto in relazione agli episodi di sofferenza mentale riscontrati nei turisti moderni, così in balia di emozioni precarie ed irregolari – è un geniale pretesto per l’atteso ritorno di Argento, cineasta prestidigitatore di inconsci […] a lungo snobbato dalla mezzacultura cineclubistica» (Caprara). «I colori della paura. Il rosso e nero. E l’Argento. Ossia: Stendhal (e non solo come “sindrome”) e l’arte, l’arte come vertigine estetica (estatica), la vertigine come provocazione cinematografica, il cinema come manifestazione del turbamento sensuale (e spirituale), l’eros come devianza. La sindrome di Stendhal – un ritorno alla classicità dopo la fase gore – è un’opera auto-riflessiva, minimalista e, in un certo senso, teorica. L’assassino è subito svelato, la suspense azzerata ai minimi termini, la densità d’orrore lungi dall’accumularsi spasmodicamente. […] Mai come ne La sindrome, Argento riflette sui meccanismi del cinema come arte della rappresentazione» (Fabio Bo).
Grande icona in Italia e non solo, vincitore dell’Oscar alla carriera, Ennio Morricone è autore eclettico e famoso per aver scritto più di 500 colonne sonore e aver venduto circa 70 milioni di dischi. Ha lavorato con i più grandi registi italiani e stranieri: Sergio Leone, Alberto Lattuada, Mario Bava, Bernardo Bertolucci, Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini, Dario Argento, Marco Bellocchio, Giuliano Montaldo, Liliana Cavani, Gillo Pontecorvo, Elio Petri, Mauro Bolognini, Alberto Bevilacqua, Paolo e Vittorio Taviani, Franco Zeffirelli, Luigi Zampa, Giuseppe Tornatore, Francesco Rosi, Lina Wertmüller, fino a Brian De Palma, Warren Beatty, Adrian Lyne, Mike Nichols, Barry Levinson, Roland Joffé, Edouard Molinaro, Terence Young, Terence Malick, John Boorman.
ore 19.15
Il profumo della signora in nero (1974)
Regia: Francesco Barilli; soggetto e sceneggiatura: F. Barilli, Massimo D’Avack; fotografia: Mario Masini; scenografia: Franco Velchi; costumi: Piero Cicoletti; musica: Nicola Piovani; montaggio: Enzo Micarelli; interpreti: Mimsy Farmer, Maurizio Bonuglia, Mario Scaccia, Jo Jehkins, Nike Arrighi, Daniela Barnes; origine: Italia; produzione: Euro International Films; durata: 103′
«Silvia Hackerman, una giovane chimica, è traumatizzata dal ricordo di un amplesso della madre con un amante, al quale ha assistito da piccola. La fragile psiche della ragazza, che vive di piccoli riti e di fobie, tracolla nel momento in cui il suo universo viene invaso da una serie di segnali sinistri. Ma è proprio follia, la sua, o esiste davvero un oscuro disegno intorno a Silvia?. […] Il nostro [Francesco Barilli, n.d.r.] esordì nella non facile arte del lungometraggio proprio con questo Il profumo della signora in nero. Che all’epoca – anno di grazia 1974 – venne accolto con annoiata sufficienza dai critici “togati” […]. Il profumo della signora in nero è senza dubbio diretto da un regista degno di questo nome: e senza dubbio da un “autore”, nonostante Barilli ci abbia donato, per il cinema solo un altro lungometraggio e mezzo. A dimostrazione, del suo solido mestiere basterebbe prendere in considerazione l’accorta direzione degli attori […] e soprattutto il sapiente uso delle locations, l’accorta scelta degli ambienti: non è da tutti trasformare il quartiere romano di Coppedè in un asfittico labirinto degli orrori: non tutti sanno illuminare i tendaggi di un salotto piccolo-borghese alla Gozzano per mostrarne le polveri sedimentate e il putridume che si cela sotto alle sottocoppe di peltro e alla bottiglietta del rosolio… Francesco Barilli vi riesce con rara maestria […], spogliando sempre di più gli interni nei quali si agita la tremula “vittima designata” di Mimsy Farmer, fino all’agghiacciante finale, a quell’osceno rito precipitato tra i chiaroscuri di uno scantinato già preludio di catacomba, eseguito in un gorgogliante e cerimoniale silenzio e ripreso con il lucido distacco dell’esteta» (Andrea Bruni).
Pianista compositore e direttore d’orchestra, Nicola Piovani è un celebre autore di colonne sonore che ha lavorato con i maggiori registi del grande cinema italiano come Federico Fellini per il quale, alla morte di Nino Rota, scrive le colonne sonore degli ultimo tre film, Marco Bellocchio, Mario Monicelli, Paolo e Vittorio Taviani, Nanni Moretti, Giuseppe Tornatore, Luigi Magni, Sergio Citti. Con Roberto Benigni crea una particolare collaborazione che lo porta a vincere l’Oscar per La vita è bella. Per il genere fantastico, oltre a Roberto Benigni come Pinocchio, sono da ricordare L’invenzione di Morel di Emidio Greco e Il profumo della signora in nero.
ore 21.15
Ecologia del delitto (1971)
Regia: Mario Bava; soggetto: Dardano Sacchetti, Franco Barberi; sceneggiatura: M. Bava, Joseph McLee [Giuseppe Zaccariello], Filippo Ottoni [non accreditati Sergio Canevari, Francesco Vanorio]; fotografia: M. Bava; scenografia: Sergio Canevari; costumi: Enrico Sabbatini; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Carlo Reali; interpreti: Claudine Auger, Luigi Pistilli, Claudio Volonté, Laura Betti, Leopoldo Trieste, Chris Avram; origine: Italia; produzione: Nuova Linea Cinematografica; durata: 85′
Prima versione dello straordinario film di Bava, che reca come titolo Ecologia deldelitto, voluto dal produttore Giuseppe Zaccariello, per cavalcare l’onda ecologista, e con la battuta finale «così imparano a fare i cattivi» pronunciata dai bambini (autentiche stelle del cinema italiano anni Settanta) Nicoletta Elmi e Renato Cestiè, al suo esordio. Il titolo fu poi cambiato con Reazione a catena (Ecologia del delitto) e la battuta ammorbidita, cambiando il senso del finale del film. Tredici delitti in una baia, sulla quale grava l’ombra di una speculazione edilizia in atto, contro la quale la natura (o chi per lei) mette in atto le sue forme di autodifesa: un congegno narrativo perfetto in un film di forte impatto visivo in cui Bava gioca con gli elementi naturali e con la luce, suggestionando lo sguardo dello spettatore. Film imitatissimo in America (Venerdì 13 su tutti), circondato da un culto del tutto meritato, grazie, oltre che al plot, alla mano ispirata di Bava (specie nelle sequenze dei delitti, costruite con una cura, per una volta, argentiana), a un cast notevole in cui ogni attore regala un’interpretazione indimenticabile (splendido cameo di Isa Miranda nella parte dell’anziana contessa). «Non saprei raccontare la trama, ma è uno di quei film che meno li capisci e meglio è. Mi piace soprattutto un’inquadratura venuta fuori quasi per caso. Prima l’immagine è sfocata, si ha l’impressione di vedere qualcosa che sembra il sole. E invece no, si tratta di un occhio, un occhio immenso che occupa l’intero schermo» (Bava). Giuseppe Zaccariello, produttore improvvisato ma geniale, reduce dai fasti di A ciascuno il suo di Petri ed Escalation di Faenza, aveva pretese autoriali e firmò la sceneggiatura sotto pseudonimo.
La colonna sonora di Stelvio Cipriani più famosa è quella scritta per il film Anonimo Veneziano che diviene un successo musicale in tutto il mondo. Grande pianista e arrangiatore, dopo aver cominciato la sua carriera come accompagnatore di cantanti di musica leggera, inizia a comporre per il cinema e diviene ben presto uno dei compositori più richiesti nel campo delle colonne sonore per il cinema. Per il genere fantastico ha lavorato con grandi maestri del genere come Riccardo Freda e Mario Bava.
giovedì 21
ore 17.00
L’iguana dalla lingua di fuoco (1971)
Regia: Willy Pareto [Riccardo Freda]; soggetto: dal romanzo A Room Without Door di Richard Mann; sceneggiatura: W. Pareto, Alessandro Continenza; collaborazione alla sceneggiatura: Gunther Ebert; dialoghi: André Tranché; fotografia: Silvano Ippoliti; scenografia: Giuseppe Chevalier; costumi: Nadia Vitali; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: R. Freda; interpreti: Luigi Pistilli, Dagmar Lassander, Valentina Cortese, Anton Diffring, Arthur O’ Sullivan, Werner Pochat; origine: Italia; produzione: Oceania Produzioni Internazionali Cinematografiche, Films Corona, Terra Filmkunst; durata: 90′
A Dublino, la polizia è in allarme per una serie di misteriosi quanto feroci delitti. L’ispettore Lawrence, impossibilitato a seguire una pista che conduca all’interno di un’ambasciata – protetta, come tale dall’immunità diplomatica – decide di ricorrere alla collaborazione di John Norton, ex ispettore di polizia radiato dai ranghi per un episodio di violenza ai danni di un pregiudicato. Messosi immediatamente in azione, Norton riesce ad allacciare una relazione con Helen, figliastra dell’ambasciatore Sobiesky, cosa che gli consente di indagare da vicino sulla vita del diplomatico, dei suoi familiari e delle persone che frequenta. «Ce n’è abbastanza, quindi, per soddisfare il gusto degli appassionati del “terrificante” con la particolarità, nel caso specifico, di una regia che si rivela abbastanza abile nel prospettare il succedersi degli eventi e, soprattutto, nell’evidenziare gli aspetti più allucinanti e macabri della storia» (Vice, «Il Messaggero»).
ore 19.00
Profondo rosso (1975)
Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento, Bernardino Zapponi; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia: Giuseppe Bassan; costumi: Elena Mannini; musica: Giorgio Gaslini, Goblin; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: David Hemmings, Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, Clara Calamai, Glauco Mauri, Eros Pagni; origine: Italia; produzione: Seda Spettacoli, Rizzoli Film; durata: 130′
«Se l’estrema ambizione di Dario Argento è di restituire ai reduci dai suoi spettacoli il gaudio di sobbalzare a ogni scricchiolio, di guardare sotto il letto e raddoppiare la dose di tranquillante, il “terrorista” del cinema italiano può dirsi contento. Era infatti un bel po’ che un film non prendeva altrettanto allo stomaco e popolava i nostri sonni di incubi così barbari. Perché Profondo rosso è malfermo e tutto epidermico, ma al traguardo della paura va molto vicino: la ragione scalpita, e indispettisce sentirsi coinvolti in un cervellotico congegno, e tuttavia il cuore batte più svelto. Mamma mia, che impressione. Il fattaccio comincia a una seduta di parapsicologia, dove una signora “sente” i pensieri cattivi di un criminale. La poverina ha tanta ragione che dopo poco sente anche spaccarsi la testa da un’accetta. Chi sarà mai l’assassino? Mentre la polizia si gingilla, Marcus, un pianista inglese di jazz che lo ha intravisto, ma non è in grado di riconoscerlo, si intestardisce a scoprirlo, insieme con una giornalista in cerca del solito colpo, tal Gianna. È ovviamente un cacciarsi nei guai» (Grazzini). Effetti speciali di Carlo Rambaldi.
Compositore e musicista italiano, figlio di Enrico Simonetti, conosciuto per aver composto colonne sonore di film italiani e stranieri, Claudio Simonetti crea con Dario Argento un sodalizio creando le musiche per film come: Profondo rosso, Suspiria, Phoenomena, Opera, Il cartaio, fino all’ultimo film Draculain 3D presentato al Festival di Cannes. Profondo rosso del ’75 vende oltre 3 milioni di copie in tutto il mondo. Oltre alla colonna sonora di Dracula in 3D, ha composto il brano Kiss meDracula eseguito con il suo gruppo Simonetti Project e cantato da Silvia Specchio.
ore 21.30
Sette note in nero (1977)
Regia: Lucio Fulci; soggetto e sceneggiatura: L. Fulci, Roberto Gianviti, Dardano Sacchetti; fotografia: Sergio Salvati; scenografia: Luciano Spadoni; costumi: Massimo Lentini; musica: Franco Bixio, Fabio Frizzi, Vince Tempera; montaggio: Ornella Micheli; interpreti: Jennifer O’Neill, Gianni Garko, Gabriele Ferzetti, Marc Porel, Evelyn Stewart, Luigi Diberti; origine: Italia; produzione: Cinecompany, Rizzoli Film; durata: 89′
A Firenze, da bambina, Virginia ha una premonizione: vede la madre suicidarsi, sfracellandosi tra le rocce nello stesso momento in cui il fatto sta realmente accadendo. Da adulta, nonostante che sia felicemente sposata, Virginia è tormentata da terribili visoni di morte. «Sette note in nero è, […], forse il meno sanguinoso tra i film di Fulci. […]. Gli interessa più la suspense che non il “gore” e i colpi a sensazione sono dati dagli imprevisti risvolti che via via assume la vicenda piuttosto che non dai pugni allo stomaco inferti allo spettatore. Così il film assume un’aria compatta, quasi metafisica, dà l’impressione di qualcosa di terribile che sovrasta i personaggi e li avvolge in una spirale senza ritorno. […]. Il film di Fulci, inoltre, rispetto agli horror, ma anche agli altri thriller antecedenti, è più freddo, glaciale, meno passionale. Ma anche questa è una scelta di stile, voluta perché si intonasse perfettamente all’atmosfera che il film deve avere: quella di attesa di un qualcosa di tremendo che deve per forza realizzarsi, perché già scritto nel destino» (Bruschini-Tentori).
Compositore, attore e autore di colonne sonore per il cinema italiano, fratello del presentatore televisivo Fabrizio Frizzi, Fabio è stato uno dei collaboratori storici di Lucio Fulci e per lui ha composto le colonne sonore di film “cult” come Zombi 2, Paura nella città dei morti viventi, …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà. Tra le sue colonne famose per generi diversi al fantastico vanno ricordati Febbre da cavallo di Steno e Il secondo tragico Fantozzi di Salce.
venerdì 22
ore 17.00
La macchina ammazzacattivi (1948)
Regia: Roberto Rossellini; soggetto: Eduardo De Filippo, Fabrizio Sarazari; sceneggiatura: Sergio Amidei, Franco Brusati, Liana Ferri, R. Rossellini, Giancarlo Vigorelli; fotografia: Tino Santoni; scenografia: Virgilio Marchi; musica: Renzo Rossellini; montaggio: Luigi Rovere; interpreti: Giovanni Amato, Clara Bindi, Marilyn Buferd, Camillo Buonanni, Pietro Carloni, John Falletta; origine: Italia; produzione: Universalia; durata: 80′
«Celestino riceve in dono dal Santo protettore del paese un apparecchio fotografico fatato che consente, riprendendone l’immagine, di far letteralmente “sparire” dalla circolazione tutti i “cattivi”. Inizialmente certo della propria buona fede e del proprio buon diritto a ripulire il piccolo mondo della sua quotidianità, il personaggio si ritrova progressivamente divorato dai dubbi fino a scoprire che la “macchina ammazzacattivi” è in realtà uno strumento diabolico messogli in mano da Satana in persona camuffato da santo protettore. Con la consueta immediatezza di un cinema capace di “mostrare” ancor prima che di “dimostrare”, Roberto Rossellini mette in evidenza i rischi (cui molti all’epoca indulgevano) della compilazione di liste ideologiche di “buoni” e di “cattivi”. Per Rossellini infatti – e la sua resta forse una delle più nette condanne del “terrorismo” – si rivela impossibile trasferire nel sociale una spinta etica individuale se questa non viene “condivisa”, perché senza questa morale “dialogata” la delega all’azione che il singolo si attribuisce è condannata allo scacco dal proprio stesso orgoglio. Anche se il film non fa alcun riferimento esplicito al terrorismo, ne ritroviamo dunque delineate alcune delle “figure” centrali, come la dialettica tra “azione e pentimento”, il mito dell’azione definitiva, il narcisismo dell’assunzione di responsabilità globale, il pentimento come lavacro purificatore, la confessione ed, eventualmente, il tradimento» (Toffetti).
Renzo Rossellini, compositore e critico musicale italiano, è attivo tra gli anni Trenta e gli anni Settanta. Autore di numerose musiche per il cinema, fratello del regista Roberto Rossellini per il quale scrive film culto come Roma città aperta, Germania anno zero, Europa ’51, ma anche Vittorio De Sica con Teresa venerdì, Un garibaldino in convento, I bambini ciguardano. Per il cinema fantastico va ricordato Io,Caligola.
ore 18.45
Giulietta degli spiriti (1964)
Regia Federico Fellini; soggetto: F. Fellini, Tullio Pinelli da un’idea di F. Fellini; sceneggiatura: F. Fellini, T. Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia e costumi: Piero Gherardi; musica: Nino Rota, diretta da Carlo Savina; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Giulietta Masina, Sandra Milo, Mario Pisu, Sylva Koscina, Valentina Cortese, José Luis De Villalonga; origine: Italia; produzione: Rizzoli Film, Francoriz; durata: 145′
Giulietta e Giorgio festeggiano l’anniversario di matrimonio con i loro amici, benché il loro legame non sia più saldo come in passato. Mentre Giorgio, asserragliato dietro una cortesia distratta, culla l’illusione di un nuovo amore, Giulietta vede dolorosamente il suo universo crollare. In piena crisi, Giulietta cerca una via di scampo partecipando a sedute spiritiche o nel conforto di un veggente indiano. Consigliata da sua madre, assume un investigatore privato perché segua Giorgio e le fornisca le prove del suo tradimento. «Con Giulietta degli Spiriti, grazie a un colore che accentua la ricerca simbolica e antinaturalistica, Fellini non pone più alcun freno ai suoi istinti immaginativi. Tra tutti i viaggi nella memoria effettuati nel corso della sua attività questo è l’unico che cerca di esplorare il mondo della controparte femminile vedendolo animato e coabitato da una folla di presenze uscite direttamente dall’iconografia della religione cattolica e da figure di sacerdotesse del sesso, che invitano alla liberazione del corpo e alla trasgressione dei comandamenti e dei tabù. Giulietta degli spiriti mette in scena riti e comportamenti in via di sparizione, quasi frammenti residuali di civiltà che stanno scomparendo, stabilisce un ulteriore punto d’orientamento per l’opera del regista» (Brunetta).
Grande compositore di colonne sonore, vincitore di prestigiosi premi come il Golden Globe e un Oscar, Nino Rota è l’ autore prediletto da Federico Fellini con cui ha una lunga collaborazione che lo ha portato a scrivere musiche entrate nella storia del cinema. Ha lavorato anche con i più grandi maestri del cinema italiano, come Alberto Lattuada, Mario Monicelli, Edoardo De Filippo, Franco Zeffirelli, Elio Petri, Luchino Visconti, Mario Soldati, Luciano Emmer e anche con registi stranieri come Francis Ford Coppola per Ilpadrino, King Vidor per Guerra e pace, Sergei Bondarchuk per Waterloo.
ore 21.30
Metropolis (1926)
Regia: Fritz Lang; soggetto e sceneggiatura: Thea Von Harbou, F. Lang; fotografia: Karl Freund, Günther Rittau; scenografia: Otto Hunte, Karl Vollbrecht, Erich Kettelhut; costumi: Aenne Willkomm; musica: Giorgio Moroder; interpreti: Brigitte Helm, Alfred Abel, Gustave Frölhich, Rudolph Klein-Rogge, Heinrich Georg, Fritz Rasp, Theodor Loos; origine: Germania; produzione: UFA, durata: 83′
Metropolis è una città del futuro dominata da Fredersen ed è divisa in settori: in alto la classe dirigente, in basso gli operai ridotti in stato di semischiavitù. Gli operai hanno come leader una giovane e bella ragazza, Maria, di cui si innamora Freder, figlio del dittatore. Per rompere l’unità degli operai, Fredersen fa costruire al mago Rotwang un robot, sosia di Maria, perché semini discordia, ma questo incita invece gli operai alla rivolta e alla distruzione. Toccherà alla vera Maria e a Freder riconciliare le parti, ponendo le basi per un nuovo ordine sociale garantito dalla religione cristiana. L’immaginario di Metropolis fonde suggestioni diverse, legate alla tradizione culturale cristiana e alla scienza, all’alchimia e alla storia della mitologia, elaborando scene e fantasmi di chiaro impianto psicanalitico, in cui il demoniaco e il peccato si intrecciano con il modello edipico e l’ossessione della madre perduta. Inoltre Lang realizza «una sinfonia visiva complessa e raffinata attraverso la combinazione di differenti procedimenti linguistici, valorizzando tutte le potenzialità della messa in scena, e articolando la produzione di effetti monumentali e la ricerca sperimentale e visiva più avanzata» (Bertetto). Si presenta in questa occasione la versione colorata e musicata in chiave rock del celebre film di Fritz Lang. «Nel 1984 il musicista Giorgio Moroder ha confezionato una nuova versione di Metropolis di 87′, virata in vari colori e accompagnata da una colonna sonora rock con canzoni, tra gli altri, di Freddy Mercury e Pat Benatar, che tenta di ricostruire l’impatto spettacolare che il film ebbe sugli spettatori dell’epoca» (Mereghetti).
Totalmente autodidatta, Giorgio Moroder ha avuto una particolare influenza sulla disco music e la musica elettronica nascente per l’utilizzo, allora innovativo, di sintetizzatori. Ha lavorato con i più grandi nomi internazionali della musica leggera come Barbra Streisand, David Bowie, Freddy Mercury, Cher ed i nostri Gianna Nannini, Edoardo Bennato e Adriano Celentano. Per il cinema fantastico ha firmato titoli come La storia infinita e il leggendario Metropolis di Fritz Lang.
Versione a colori con musica di Giorgio Moroder
sabato 23
ore 17.00
Space Men (1960)
Regia: Anthony Daisies [Antonio Margheriti]; soggetto e sceneggiatura: Vassilji Petrov [Ennio De Concini]; fotografia: Marcello Masciocchi; musica: J.K. Broady [Lelio Luttazzi]; montaggio: Sir Andrews [Mario Serandrei]; interpreti: Rik Van Nutter, Gaby [Gabriella] Farinon, David Montresor, Archie Savage, Alain Dijon, Frank [Franco] Fantasia; origine: Italia; produzione: Ultra Film; durata: 87′
Ray Petersen, giornalista, viene inviato sull’astronave BZ 88 per svolgere un’inchiesta, ma non riesce a spiegarsi l’ostilità del comandante George. Infine questi si decide a rivelargli il segreto: un pericolo mortale minaccia la Terra, perché Alfa-2, la prima astronave fotonica interstellare, sta rientrando nel sistema solare circondata da un micidiale campo d’energia. «Il primo film di Margheriti è ben più che una semplice space opera, benché si svolga nello spazio interplanetario e a bordo di astronavi e stazioni orbitanti. È piuttosto uno sguardo verosimile e amaro sul futuro che attende la nostra razza nel cosmo, il cui tema è svolto drammaticamente e senza cedimenti. Alcune idee del film sono particolarmente belle, come il commento fuori campo che dà l’impressione di assistere a un reportage dal futuro, e il cui valore di monito non è mai fastidioso, ma serve a risolvere l’equilibrio tra anticipazione tecnologica e senza umanitario. Gli effetti speciali sono eccellenti, tenuto conto del budget ridotto; non si esagera dicendo che è forse il miglior film di fantascienza prodotto in Italia, con Terrore nello spazio di Bava» (Giuseppe Lippi).
Musicista, showman e presentatore televisivo, Lelio Luttazzi è stato direttore d’orchestra della Rai, ha scritto canzoni di successo per Mina, Jula De Palma, il suo brano Souvenir d’Italie divenne un grande successo dell’epoca. Per il cinema firma alcune colonne sonore di film di registi come Bruno Corbucci, Dino Risi, Mario Mattoli.
ore 18.45
Murder Obsession – Follia omicida (1980)
Regia: Robert Hampton [Riccardo Freda]; soggetto: Antonio Cesare Corti, Fabio Piccioni; sceneggiatura: A. C. Corti, F. Piccioni, R. Freda; fotografia: Cristiano Pogany; scenografia: Giorgio Desideri; musica: Franco Mannino; montaggio: Giorgio Desideri; interpreti: Stefano Patrizi, Martine Brochard, Silvia Dionisio, Laura Gemser, John Richardson, Anita Strindberg; origine: Italia/Francia; produzione: Dionysio Cinematografica, Nouvelle Cinevog; durata: 100′
Un attore, accompagnato dalla sua fidanzata, torna a casa, dopo anni, per rivedere la madre. Qualche giorno dopo viene raggiunto da un regista, un aiuto regista e un’attrice, i quali stanno cercando locations per un film. I visitatori sono eliminati ad uno ad uno… «La pietà michelangiolesca su cui si chiude Murder Obsession è una composizione infernale: nell’armonia rinascimentale, come sempre cara al Freda pittore e scultore, e nell’immagine più rassicurante, la madre con il figlio, come nella bellezza delle sue interpreti, prosperano le mostruosità terrene» (Pistagnesi).
Franco Mannino, dopo una breve parentesi nel campo della musica leggera con brani scritti insieme a Gorni Kramer, si cimenta in colonne sonore per Luchino Visconti con Ludwig, Bellissima, Gruppodi famiglia in un interno e Morte a Venezia, oltre ad altri successi firmati per John Huston e Mario Soldati. Per il cinema fantastico va ricordato I vampiri di Riccardo Freda.
ore 20.30
La montagna del dio cannibale (1978)
Regia: Sergio Martino; soggetto e sceneggiatura: Cesare Frugoni, S. Martino; fotografia: Giancarlo Ferrando; scenografia e costumi: Antonello Geleng; musica: Guido e Maurizio De Angelis; montaggio: Eugenio Alabiso; interpreti: Claudio Cassinelli, Ursula Andress, Antonio Marsina, Stacy Keach, Franco Fantasia, Lanfranco Spinola; origine: Italia; produzione: Dania Film, Medusa Distribuzione; durata: 99′
Susan Stevenson, insieme al fratello Arthur, giunge in Nuova Guinea per organizzare una spedizione alla ricerca del marito, un famoso antropologo scomparso durante una spedizione. Nessuno sa con precisione gli scopi e soprattutto la zona in cui si doveva muovere. Stevenson si era spinto fino ai piedi della montagna degli spiriti, considerata dagli indigeni “Tabù”, proibita. Accompagnati dal Dr. Foster, buon amico dello scienziato, Susan ed Arthur, attraverso la giungla arrivano fino alla montagna. Dopo varie avventure e incontri scoprono che Stevenson, ormai cadavere, è venerato come un Dio dagli indigeni cannibali, i quali hanno scambiato il contatore geiger per il suo cuore, eterno e inarrestabile. «Ben confezionato, anche se con risvolti fumettistici, il racconto di Sergio Martino offre equamente ampio spazio sia al lato avventuroso-documentaristico sia a quello erotico» (Spiga).
Guido e Maurizio De Angelis, dopo gli inizi come arrangiatori per Lucio Dalla e Gabriella Ferri, danno vita agli Oliver Onions, riscuotendo grande successo con colonne sonore di film (…Continuavano a chiamare Trinità, …Altrimenti ci arrabbiamo! con la celebre canzone Dune Buggy, Keoma) e serie tv (Sandokan, Orzowei). Per il cinema fantastico da ricordare La casa con la scala nel buio e Uno sceriffo extraterrestre… poco extra e molto terrestre.
domenica 24
ore 17.00
Sono un fenomeno paranormale (1985)
Regia: Sergio Corbucci; soggetto e sceneggiatura: Bernardino Zapponi, Giovanni Romoli, S. Corbucci, Alberto Sordi; fotografia: Sergio D’Offizi, scenografia: Marco Dentici; costumi: Maria Luigia Carteny; musica: Piero Piccioni; montaggio: Tatiana Morigi Casini; interpreti: A. Sordi, Elsa Martinelli, Eleonora Brigliadori, Maurizio Micheli, Claudio Gora, Gianni Bonagura; origine: Italia; produzione: C.G. Silver Film; durata: 110′
In uno studio televisivo il professor Roberto Razzi conduce un programma in diretta sui fenomeni paranormali. Razzi non crede a nessuna delle cose di cui parla, per cui ridicolizza tutti i personaggi, santoni, paragnosti e guaritori di ogni genere. Concluso il primo ciclo di trasmissioni Razzi decide di partire per l’India per svelare ai telespettatori i misteri dei fachiri, guru, ecc. Sull’aereo incontra un inquietante vecchietto indiano che lo mette in crisi. Arrivato in India, Roberto smaschera tutti come truffatori, poi ha un secondo incontro con il vecchio indiano, che è il guru Baguwan Babashàn. Il vecchio scompare e Roberto, nel tentativo di raggiungerlo, ha un grave incidente. Lo ritroviamo a Roma in coma irreversibile, da cui poi inspiegabilmente si risveglia; è però perseguitato dai ricordi dell’India, per cui decide di tornarci alla ricerca della verità. Ma un anno dopo…
Piero Piccioni, autodidatta, comincia a soli tredici anni a comporre canzoni per la casa discografica Carisch e da quel momento inizia una carriera come pianista. Ha lavorato con grandi registi come Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Mario Monicelli, Bernardo Bertolucci, Mauro Bolognini, Alberto Lattuada, Elio Petri, Dino Risi, Lina Wertmuller, Francesco Rosi. Con Alberto Sordi ha creato un lungo sodalizio musicando tutti i film realizzati dal grande attore come regista. Per il cinema fantastico da ricordare Il disco volante di Tinto Brass, La decima vittima di Elio Petri, Io e Caterina di Alberto Sordi e Totò Diabolicus di Steno.
ore 19.00
Il disco volante (1964)
Regia: Tinto Brass; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Sonego; fotografia: Bruno Barcarol; scenografia: Elvio Costanti; musica: Piero Piccioni; montaggio: Tatiana Casini; interpreti: Alberto Sordi, Monica Vitti, Eleonora Rossi Drago, Silvana Mangano, Guido Celano, Alberto Fagliani; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 87′
«[Dino De Laurentiis] mi ha proposto di fare Il disco volante. Io ho accettato ad una sola condizione: che Sordi interpretasse tutti e quattro i personaggi. […] Il film si basava su un’idea che circolava a Roma da tempo. Si chiamava Un marziano a Roma, ed era stata scritta da Ennio Flaiano. Il tema vero era la grettezza della piccola borghesia messa di fronte a un fatto, un fenomeno che non riesce a capire, a comprendere. […] Sordi è un vero talento; la sua bravura fa rimanere sbalorditi. […] Delle volte c’erano sequenze nelle quali era necessario passare da un personaggio all’altro in un breve arco di tempo. Entrava nei camerini e subito dopo il trucco sembrava davvero un’altra persona. Non solo fisicamente, ma negli atteggiamenti, nella psicologia, nei movimenti, nei denti, eccetera. Era davvero impressionante il modo in cui si adattava al nuovo ruolo» (Brass).
ore 20.45
Ladri di saponette (1989)
Regia: Maurizio Nichetti; soggetto: M. Nichetti; sceneggiatura: M. Nichetti, Mauro Monti; fotografia: Mario Battistoni; scenografia: Ada Legori; costumi: Maria Pia Angelini; musica: Manuel De Sica; montaggio: Rita Rossi, Anna Missoni; interpreti: Heidi Komarek, Carlina Torta, Massimo Sacilotto, Claudio G. Fava, Maurizio Nichetti, Lella Costa; produzione: Bambù Cinema e TV, Reteitalia; origine: Italia; durata: 85′
«Il talento, se c’è davvero, prima o poi trova la forza per imporsi. È quanto accade con Ladri disaponette, a conferma delle doti di Nichetti, perfezionate e non tarpate dalla sua recente attività televisiva. La storia, raccontata su tre piani narrativi (un film in bianco e nero, il suo autore che lo presenta in TV, una famiglia che lo guarda a casa) che finiscono per intrecciarsi e sovrapporsi, è divertente e pungente nella sua critica agli spot durante i film. Nella seconda parte le cose si complicano forse un po’ troppo. Bravo a Nichetti, dunque, come interprete e come regista. E una menzione speciale a Claudio G. Fava, delizioso nel fare il verso a se stesso» (Cuciniello).
Manuel De Sica firma le colonne sonore di alcuni importanti film del padre Vittorio, come Il giardino deiFinzi Contini candidato all’Oscar, Lo chiameremo Andrea, La breve vacanza, Il viaggio, Amanti. Lavora con altri registi italiani come Steno, Camerini, Dino Risi, Carlo Vanzina, Carlo Lizzani. Per il cinema fantastico da ricordare Dellamorte Dellamore di Michele Soavi, A spasso nel tempo e i film di Maurizio Nichetti.