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Cinema Trevi: “Donne allo specchio. Il cinema aristocratico di Paolo Spinola”
22 Marzo 2009 - 24 Marzo 2009
Paolo Spinola comincia a lavorare nel cinema dal 1952, soprattutto come aiuto di Gianni Franciolini (da Il mondo le condanna a Racconti romani). Il suo esordio alla regia è nel 1964 con un film salutato da molti come un capolavoro: La fuga. Protagonista assoluta era Giovanna Ralli. Spinola e l’attrice si erano conosciuti proprio sul set di Franciolini di Villa Borghese (1953). La filmografia del cineasta si conta neanche sulle dita di una mano: quattro film in tutto dal 1964 al 1977, tutti accomunati da un’attenta ed elegante introspezione psicologica dell’animo femminile. La donna invisibile (1969), la sua terza fatica, venne sequestrato dopo il primo giorno di proiezione e fu tenuto fermo ben due mesi. La pretesa censoria consisteva nel taglio di ben otto sequenze, a cominciare da quella dei titoli di testa, circa venticinque minuti di materiale in tutto. Il film fu in seguito assolto con una sentenza che affrontava finalmente il problema dell’interpretazione del “comune senso del pudore”. Sulla sua vita e sulla sua esperienza cinematografica così Paolo Spinola si raccontava a Ester de Miro nel bellissimo volume a cura di Claudio Bertieri e Marco Salotti, Genova in celluloide. “I registi liguri”, Comune di Genova, 1984: «L’idea di fare cinema è nata per caso, come per molti altri: forse perché ero stato ad Alassio durante la guerra e lì avevo fatto amicizia con il figlio di Gino Cervi, che voleva andare a Roma per fare il produttore. Così mi sono lasciato coinvolgere e sono andato a Roma con lui. Ho iniziato la mia attività nel cinema come aiuto regista di Franciolini soprattutto, ma anche di Freda, Capitani, Comencini. […] In quel periodo facevo anche qualche sceneggiatura con Amidei e dei documentari. Poi con Gigi Malerba avevamo costituito una società pubblicitaria, facevamo degli short […]. Ho realizzato il primo film, La fuga, nel ’63: ho scritto io il soggetto e la sceneggiatura. L’interprete […] era Giovanna Ralli, una professionista perfetta, secondo me la prima attrice italiana per bravura: per questo film vinse anche il Nastro d’argento della stagione, come migliore attrice protagonista. L’estate è del ’66: anche questo film è nato da un mio soggetto, mentre la sceneggiatura l’ho scritta con Marco Ferreri. Veramente avevo fatto una prima sceneggiatura con Amidei, molto brutta… anzi bellissima sul piano dello spettacolo, ma non era quello che volevo fare io. […] Secondo me nel cinema moderno lo spettacolo deve nascere dall’osservazione della realtà. I conflitti non devono essere drammatizzati ed enfatizzati, ma devono scaturire con naturalezza. L’idea della storia mi era venuta dopo essere capitato con Amidei su una barca di alcuni amici […]. La parte maschile è stata […] affidata ad Enrico Maria Salerno, che è bravo […]; per la parte della figlia ho trovato una ragazzina al Piper, Mita Medici, che non sapeva certo recitare, non aveva mai fatto niente, ma aveva un suo peso… aveva qualcosa… non aveva tecnica, ma la guardavi e bastava… non so, è difficile spiegare. Il ’69 è l’anno della Donna invisibile: l’ha prodotto la Clesi Cinematografica dopo il rifiuto di Enzo Doria al quale l’avevamo proposto […]. Per fare cinema l’importante è avere delle storie. Il guaio oggi è nei costi, che sono troppo alti, e per avere dei finanziamenti bisogna dare delle garanzia e rischiare di persona; un pittore, uno scrittore, usa la propria tela o la propria carta, fa il suo quadro o il suo libro e poi può venderlo o no, ma un film lo devi vendere prima… ad essere sincero oggi non sarei disposto ad investire soldi nel cinema».
Attorno al tema dell’incomunicabilità, di matrice antonioniana, si propone martedì 24 un parallelismo fra La donna invisibile di Spinola e altri due film assolutamente da riscoprire: Un tentativo sentimentale (1963) di Pasquale Festa Campanile e Massimo FranciosaeLe ore nude (1964) di Marco Vicario.
 
domenica 22
ore 17.00
Un giorno alla fine d’ottobre (1977)
Regia: Paolo Spinola; soggetto e sceneggiatura: P. Spinola, Carlo Castellaneta; fotografia: Aldo Di Marcantonio; musica: Daniele Patucchi; montaggio: Vincenzo Verdicchi; interpreti Al Cliver [Pier Luigi Conti], Annie Belle, Mariangela Giordano, Violetta Chiarini, Livia Cerini, Filippo Panseca; origine: Italia; produzione: Co.Me.C. – Cooperativa Mercato Europeo Cinematografico; durata: 105′
«Un giorno alla fine d’ottobre nella Milano che doveva essere di oggi, ma che è già di ieri. Da un lato un funzionario della Montedison in crisi d’identità, che un mattino decide di sfuggire alla routine, abbandona il posto di lavoro, ordina alla segretaria di disdire tutti gli appuntamenti e se ne va a mescolarsi tra la folla. Dall’altro una studentessa universitaria, di famiglia ricca, estremista di sinistra. Terza protagonista: Milano per l’appunto, colta in un clima umido, autunnale; solcata da cortei, insanguinata da scontri fra dimostranti e polizia. Lui e lei s’incontrano, s’appartano, fanno all’amore, ma non si scoprono. Cioè non si abbandonano con reciproca fiducia l’uno nelle braccia dell’altro. […] Opera quarta di Paolo Spinola, Un giorno alla fine di ottobre segna il ritorno del regista genovese dietro la macchina da presa dopo otto anni di silenzio. Silenzio forzato, costellato da tentativi, da iniziative non andate in porto. Lo stesso progetto di questo film, per ammissione del regista, risale al 1967, quando egli scoprì l’Urlo di Allen Ginsberg e ne rimase colpito. Dopodiché subì molti aggiornamenti, man mano che evolveva la situazione politica: contestazione studentesca, riflessi del maggio francese, ondata di riflusso, nuovo volto del “movimento”. Manca come abbiamo accennato all’inizio, l’ultimo scenario: quello delle BR e del “partito armato”. È un guaio quando il cinema corre dietro l’attualità […]. Il suo film, in definitiva, più che all’oggi o allo ieri; è una versione lievemente aggiornata dei film che all’inizio degli anni Sessanta giravano Prandino Visconti e Anna Gobbi. O, meglio ancora, dei film che in quell’epoca non si fecero […]. Spinola […] ha azzeccato gli interpreti, però: soprattutto Annie Belle, reduce da alcune sconsiderate imprese sexy, nel ruolo della studentessa, può considerarsi una sorpresa» (Cosulich).
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 19.00
L’estate (1966)
Regia: Paolo Spinola; soggetto: P. Spinola; sceneggiatura: Rafael Azcona, P. Spinola; fotografia: Marcello Gatti; musica: Gianni Boncompagni; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Enrico Maria Salerno, Nadja Tiller, Mita Medici, Carlo Hintermann, Gordon Mitchell, Mirella Panfili; origine: Italia; produzione: 5 Ottobre Cinematografica; durata: 88′
«Sergio Boldrini è un industriale che convive con Adriana, dopo essersi separato dalla legittima moglie. Ma, dopo diversi anni di unione, il ménage dei due dimostra evidenti crepe che vengono notate con apprensione più che dalla donna, incline a tirare avanti passivamente, dalla di lei figlia Elisa, diciottenne, in vacanza, dopo gli studi presso un collegio svizzero. Durante una crociera in Sardegna sullo yacht di Sergio, i tre cercano di nascondere a se stessi e agli amici la situazione, ma ben presto gli screzi si fanno sempre più evidenti. Elisa, allora, riesce ad attrarre l’amico della madre e durante un incontro clandestino ne diviene l’amante» (www.cinematografo.it). «Siamo […] al di là di ogni valutazione morale […] ove la civiltà di consumi si può riconoscere in pieno, e ove certi valori hanno perso tutta la loro atavica rilevanza. […] Il lavoro di Spinola si pone dunque come un impegno dinamico, di maturazione interiore al di fuori di ogni moda e tendenza». (Ivaldi).
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 20.45
La fuga (1964)
Regia: Paolo Spinola; soggetto: P. Spinola, Carla Conti; sceneggiatura: Sergio Amidei con la collaborazione dello psicanalista Piero Bellanova; fotografia: Marcello Gatti, Armando Nannuzzi; musica: Piero Piccioni; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Giovanna Ralli, Anouk Aimée, Paul Guers, Enrico Maria Salerno, Carol Walker, Guido Alberti; origine: Italia; produzione: Cine 3 Produzione Cinematografica; durata: 91′
«Un altro caso che rimane alquanto isolato nel contesto del cinema italiano degli anni ’60 è quello di Paolo Spinola, al quale si deve il miglior esordio del 1964: La fuga, film cui l’autore giunge trentacinquenne dopo un’attività pluriennale di aiuto-regista e di sceneggiatore. Primo lavoro cinematografico italiano che si basi esplicitamente e interamente su un tessuto psicoanalitico, La fuga (che è anche la migliore sceneggiatura scritta da Sergio Amidei negli anni ’60 e la migliore interpretazione di Giovanna Ralli, che con essa vinse il Nastro d’Argento della stagione, quale miglior attrice protagonista), propone la radiografia attenta e puntigliosa di una nevrosi: quella di Piera, una moglie tipica dell’Italia del benessere, sposa di un coniuge cui arride il successo sociale, protagonista di un ménage apparentemente senza grossi problemi. Il film, seguendo in parte la sintomatologia esterna della nevrosi, in parte rievocando dal lettino dello psicoanalista le sue manifestazioni simboliche e le sue cause rimosse, costruisce pezzo per pezzo l’itinerario di un disagio esistenziale che si concluderà drammaticamente, nonostante la cura psicoanalitica […]. Dicevamo disagio esistenziale, poiché nonostante il serio apparato scientifico del film […] tenda a definire in termini analitici tradizionali il quadro clinico, da esso sembra sortire un discorso più vicino al Laing dell’Io diviso che all’ortodossia freudiana. Ma lungi da essere un difetto, questo è indubbiamente il maggior merito dell’opera, assieme alla accortezza di un racconto eccellentemente organizzato attorno a una storia e a dei personaggi non banali» (Micciché).
Vietato ai minori di anni 18
 
lunedì 23
chiuso
 
martedì 24
ore 17.00
Un tentativo sentimentale (1963)
Regia: Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa; soggetto e sceneggiatura: P. Festa Campanile, M. Franciosa, con la collaborazione di Elio Bartolini, Luigi Magni; fotografia: Ennio Guarnieri; musica: Piero Piccioni; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Françoise Prévost, Jean-Marc Bory, Leticia Roman, Giulio Bosetti, Barbara Steele, Gabriele Ferzetti; origine: Italia; produzione: Franca Film, Federiz; durata: 100′
«Parola non nuova, ormai, quella dell’incomunicabilità: se ne usa e se ne abusa (anche se troppi ne dimenticano la lontana paternità pirandelliana) e il più delle volte se ne parla come di un dato di fatto che ha in sé e solo in sé le sue spiegazioni. A parte Michelangelo Antonioni, invece, che vede nella incomunicabilità l’impossibilità filosofica di conoscersi e che, perciò, così la spiega e la giustifica, gli altri giostrano quasi sempre con questo termine senza darcene alcuna motivazione, abbandonandosi a un gioco intellettualistico che, sul piano drammatico, difficilmente convince. Franciosa e Festa, al contrario, preso atto di questa incomunicabilità, hanno voluto studiarne i motivi – sulla linea di quanto avevano già tentato in Smog per la regia di Franco Rossi – per poterceli, dopo, dire fino in fondo, a illustrazione e chiarimento dei loro personaggi. Chi sono questi personaggi? Sono gli esponenti tipici di una piccola parte di una borghesia dorata che, nel passatempo mondano, nei giochi di società, nelle villeggiature, esplica quasi per intero la sua attività: le donne ciniche e frivole; gli uomini spesso più frivoli di loro, più deboli. Lui, però, il protagonista, non è così cieco da non rendersi conto che quella vita lo soffoca e lo annienta, così, quando incontra una donna del suo stesso ambiente, vittima delle sue stesse crisi – pur avendo moglie e pur avendo lei un marito – la vuole subito per sé: sulle prime quasi come per un’avventura (non sa chi sia e le dà sempre appuntamento a giorni fissi senza potersi né cercare né telefonare), ma poi con una passione che, a poco a poco, rischia di mutare la sua esistenza» (Rondi).
 
ore 19.00
Le ore nude (1964)
Regia: Marco Vicario; soggetto: dal racconto Appuntamento al mare di Alberto Moravia; sceneggiatura: A. Moravia, Tonino Guerra, M. Vicario; fotografia: Carlo Di Palma; musica: Riz Ortolani; montaggio: Roberto Cinquini; interpreti: Rossana Podestà, Keir Dullea, Philippe Leroy, Odoardo Spadaro, Bruno Scipioni, Maurizio Conti; origine: Italia; produzione: Atlantica Cinematografica; durata: 90′
«Da cinque anni sposata con l’architetto Massimo, Carla dichiara di non aver mai tradito suo marito per tre ragioni: perché si sente demoralizzata dalla libertà di cui il marito la lascia godere, perché gli vuol bene, perché non ha ancora trovato un uomo con cui ne valesse la pena. Tre ragioni che non sono le uniche componenti psicologiche del complesso ritratto di donna su cui si fonda il racconto di Moravia, Appuntamento al mare, dal quale Marco Vicario ha tratto il film Le ore nude. Esplorarne le radici e le dimensioni, e metterle in conflitto fra loro quando Carla incontra Aldo, un espansivo studente universitario col quale compirà il gran passo, e ciò in modo che trasferendosi sullo schermo la storia conservasse la forza drammatica del racconto e le sue varie implicazioni critiche (persino in direzione dei costumi della ricca borghesia), era compito molto pesante per un regista al debutto. Vicario l’ha affrontato con coraggio, anche per rilanciare sua moglie, l’attrice Rossana Podestà, nel cinema intellettuale. E si deve riconoscere che, seppure ne è uscito con qualche ammaccatura, nel complesso se l’è cavata meglio di altri registi esordienti (anche grazie, diciamo, alla collaborazione che lo stesso Moravia ha dato, con Antonio Guerra, alla sceneggiatura)» (Grazzini).
 
ore 20.45
La donna invisibile (1969)
Regia: Paolo Spinola; soggetto e sceneggiatura: Dacia Maraini, P. Spinola, da un racconto di Alberto Moravia; fotografia: Silvano Ippoliti; musica: Ennio Morricone; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: Giovanna Ralli, Carla Gravina, Anita Sanders, Silvano Tranquilli, Gigi Rizzi, Raul Martinez; origine: Italia; produzione: Clesi Cinematografica, San Marco; durata: 92′
«Questo non è un film. Non come tutti gli altri, almeno. Si tratta di una storia misteriosa: il mistero mi affascina e a un fatto misterioso e affascinante non si chiedono né si possono dare delle spiegazioni. La donna invisibile: questo è il titolo del film. Però questo non significa che questa donna sia davvero invisibile. Infatti si vede, non solo, ma vive la sua vita, compie delle azioni tangibili, ciononostante, non esiste. Non esiste agli occhi del marito, non esiste per gli altri i quali non si accorgono che lei è lì, presente, insieme a loro. […] Diciamo […] che i personaggi femminili sono tre. Ma potrebbero essere anche due in quanto, un personaggio, quello interpretato dalla Gravina, non sono certo che esiste nella realtà. […] La donna invisibile esiste. Il marito non la vede ma esiste. Gli altri personaggi non la vedono ma esiste. Anche se, poi, diventerà inesistente, ma questo è un fatto misterioso, e io avverto la necessità di introdurre un elemento nuovo nel cinema italiano. La realtà sempre ai confini con l’irrealtà, fatti, cose, persone che diventano invisibili, irreali, che esistono e che non esistono, tutto questo è a mio parere assolutamente avvincente e convincente. Al punto tale che, a volte, mi chiedo se io stesso esisto veramente» (Spinola). «Occorre subito riconoscere a Spinola una cifra di eleganza (non solo “decorativa”, ma intellettuale) che, come lo stesso autore aveva già dimostrato nei suoi due film precedenti, La fuga e L’estate, forse trova un solo paragone con Luchino Visconti nel fatto di esprimersi con aderenza perfetta e persuasiva in quegli ambienti dell’alta borghesia (lombarda, nella fattispecie) dove tanti altri nostri registi, come si sa, usano goffamente inciampare. […] Con […] un’interpretazione che, lasciando a Silvano Tranquilli e ad Anita Sanders, con altri, una voluta genericità di “tipi esemplari” di un ambiente, si concentra nel “doppio aspetto” della donna protagonista: che da una parte ha la sfumata e sottile inquietudine, la tristezza, il senso della sconfitta, che si riflettono nelle sensibilissime espressioni (e nei bellissimi occhi) di Giovanna Ralli, mentre dall’altra parte trova nel temperamento schietto e autentico di Carla Gravina un’acuta nervosità di tratto e una notevole ricchezza d’impulsi e di vibrazioni» (Guglielmino).
Vietato ai minori di anni 18
 

 

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