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Cinema Trevi: Con le ore contate. Il cinema di Elio Petri
12 Febbraio 2010 - 16 Febbraio 2010
Quando si parla di cinema di denuncia in Italia il nome di Elio Petri non manca mai, viene recitato come una litania accanto ai nomi di Francesco Rosi e Damiani Damiani, modelli ineguagliabili per chiunque cerchi di indagare la realtà con la macchina da presa ed emblemi di una stagione aggressiva del cinema italiano di fronte agli stimoli proposti dalla società. Ma questo accostamento reiterato nel tempo, destituito di ogni approfondimento critico, non giova alla figura di Petri, elevato a totem di un cinema che vanta molti tentativi di imitazione (anche e soprattutto televisivi), ma che in realtà non ha fatto proseliti. Mentre il regista merita ben altra sorte e considerazione, prescindendo anche dal cinema di denuncia.
È sufficiente vedere uno dei suoi film meno conosciuti, ma il più significativo sul piano umano, I giorni contati, parabola sul tempo che scorre, per comprendere la varietà espressiva e narrativa del cinema di questo autore, capace di trascendere la realtà con l’arma del grottesco, ma anche di cogliere con sensibilità i mutamenti sociali in atto. Bisogna ripartire proprio dai film meno noti, il film d’esordio, L’assassino, che anticipa il poliziesco, il fantascientifico La decima vittima, il pop Un tranquillo posto di campagna, l’ossessionante Buone notizie e scandagliare le evidenti differenze fra i capolavori conclamati, citati anch’essi come una litania: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in paradiso, La proprietà non è più un furto, A ciascuno il suo. Rimane inclassificabile Todo modo, uno dei film più allarmanti del cinema italiano, che a distanza di quasi trentacinque anni non siamo ancora riusciti a definire, delineare, delimitare perché la Storia, con le sue contraddittorie vicende, ha contribuito a rendere ancora più intrigato e intrigante. Il mistero del film è il mistero di un regista che, affrontando prevalentemente (e rileggendo) la realtà circostante, ha quasi sempre evitato di parlare di se stesso, eppure la sua complessa personalità, il suo travaglio interiore (raccontati poi dal suo sceneggiatore di fiducia, Ugo Pirro, nel fondamentale libro Il cinema della nostra vita) sono comunque emersi, tra le righe. Dietro la denuncia si nascondeva un uomo che non si definiva un artista, tantomeno un intellettuale, ma «un adolescente, ancora senz’arte, né parte». Adolescente fino all’ultimo, per allontanare lo spettro della morte: «Se ci penso bene, ogni cosa si fa per sfuggire all’idea della morte, per passare il tempo, perché la mente sia occupata da altro che non dall’idea, o voglia o paura, di morire».
 
venerdì 12
ore 17.00
Nasce un campione (1954)
Regia: Elio Petri; fotografia: Pasqualino De Santis, Arturo Zavattini; operatore: Angelo Baistrocchi; origine: Italia; produzione: E. Petri, P. De Santis, A. Zavattini; durata: 11′
«Nasce un campione […] è un “pezzo” sportivo, molto sentimentale […], nel quale il regista – che è anche autore del soggetto – racconta di un ragazzotto romagnolo, detto “Stampa”, il quale, costretto a servirsi della bicicletta per necessità di lavoro, sogna di poter un giorno emulare in campo ciclistico i suoi conterranei divenuti famosi. Il film, dopo averci descritto una qualunque giornata del protagonista, lo segue poi nella sua prima fatica di lavoratore del pedale che si conclude con una vittoria strapaesana di “Stampa” e con la vincita di quella lucente bici da corsa che il ragazzo sognava ormai da tanto tempo» (Claudio Bertieri). «Vent’anni fa il cinema era ancora un mestiere da apprendere, una tecnica da sperimentare. A quell’epoca girare cortometraggi era una tappa obbligatoria sulla strada dell’apprendistato tecnico-professionale» (Petri).
 
a seguire
L’assassino (1961)
Regia: Elio Petri; soggetto: Tonino Guerra, E. Petri; sceneggiatura: Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, E. Petri, T. Guerra; fotografia: Carlo Di Palma; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Graziella Urbinati; musica: Piero Piccioni; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Marcello Mastroianni, Micheline Presle, Cristina Gajoni, Salvo Randone, Andrea Checchi, Giovanna Gagliardo; origine: Italia/Francia; produzione: Titanus, Vides Cinematografica, S.G.C.; durata: 98′
Alfredo Martelli è un giovane antiquario che viene fermato dalla polizia e portato alla Centrale senza avere spiegazioni dagli agenti. Dentro di sé l’uomo fa mille ipotesi sulle ragioni di quell’arresto: non sospetta nemmeno lontanamente che è indiziato di omicidio. La donna uccisa è una sua ex amante che l’antiquario ha incontrato proprio la sera prima della morte per chiederle la dilazione del pagamento di un debito. «È da notare, poi, come ne L’assassino siano contenuti […] germi delle opere del Petri maturo: la descrizione degli ambienti della questura e della prigione, ad esempio, anticipa Indagine: per inciso, ma non troppo, è da considerare come si trattasse, allora, di argomenti poco meno che tabù […]; e infatti la censura (non ancora “riformata” dalla legge del 1962) infierì sulla pellicola con un gran numero di piccoli tagli. Superfluo […] sottolineare […] la destrezza, la sicurezza del mestiere che il regista debuttante manifesta; l’evidenza del buon rapporto stabilito con gli attori […]; la cura delle immagini, con l’apporto di un operatore, come Carlo Di Palma» (Savioli).
Vietato ai minori di anni 16
 
ore 19.00
Alta infedeltà (1964)
Regia: Franco Rossi, Elio Petri, Luciano Salce, Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Age & Scarpelli, Ruggero Marcelli, Ettore Scola; fotografia: Ennio Guarnieri, Gianni Di Venanzo (per Gente moderna); scenografia: Gianni Polidori, Mario Garbuglia (per Gente moderna); costumi: Lucia Mirisola; interpreti: Nino Manfredi, Fulvia Franco, Charles Aznavour, Claire Bloom, Monica Vitti, Ugo Tognazzi; origine: Italia/Francia; produzione: Documento Film, S.P.C.E.; durata: 121′
«Se riuscite a vincere il fastidio di una satira che ormai in troppi film, rispecchiando la bassa moralità e il declinante buon gusto, sconfina nel mercato boccaccesco, Alta infedeltà, film a episodi che fin dal titolo si dichiara un giuoco di parole e di situazioni, potrà divertirvi. Benché i registi siano quattro, e quanto diversi di indole, non deve essere stato difficile per loro trovarsi d’accordo nel rinunciare a certe ambizioni e nell’uniformarsi al gusto dominante, che chiede appunto avventure erotiche variamente disposte come in un vassoio di antipasti, presentate con uno stile dinamico, attori popolari, e uno spolvero di pepe. […] Passiamo nel surreale con Peccato nel pomeriggio di Elio Petri, che ha per protagonista Claire Bloom, una moglie mentecatta la quale soffre di inibizioni, e per guarirne tenta di tradire il marito. Vi riesce, dopo lunghi andirivieni romani, ma faticosamente, dopo infinite perplessità sue, e disperazioni dell’ometto prescelto, Aznavour. A cose fatte c’è una sorpresa, che non sveleremo, ma che non è certo una novità. E perciò il meglio dell’episodio sta nel suspense del racconto, girato alla svelta, e che tuttavia si avverte uscito dalle mani di un regista non privo di talento» (Grazzini). «Ho tentato di fare una piccola satira affettuosa dell’antonionismo» (Petri).
Vietato ai minori di anni 18
 
ore 21.15
La proprietà non è più un furto (1973)
Regia: Elio Petri; soggetto e sceneggiatura: E. Petri, Ugo Pirro; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia e costumi: Gianni Polidori; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Ugo Tognazzi, Flavio Bucci, Daria Nicolodi, Mario Scaccia, Orazio Orlando, Julien Guiomar; origine: Italia/Francia; produzione: Quasars Film Company, Labrador Films, Studio du Dragon, S.N. Cinévog; durata: 137′
«Il giovane bancario Total (F. Bucci), marxista-mandrakista e allergico al denaro, si licenzia e decide di colpire un ricco macellaio (U. Tognazzi), prototipo del ladrocinio organizzato, in quel che ha di più caro: la proprietà che, oltre a essere un furto, è una malattia […]. Storia di una persecuzione e apologo grottesco in chiave espressionista-brechtiana “sulla nascita della disperazione in seno alla sinistra” (E. Petri), il film segna il passaggio del regista, autore della sceneggiatura con Ugo Pirro, a quella fase catastrofica, apocalittica e quaresimale che sarà accentuata in Todo modo (1976). “… sfocia in un nullismo che sfiora l’onda scettica di uno Swift senza concederci il bene di una breve sponda non bagnata, non inquinata da un senso di impotenza e di vuoto” (Pietro Bianchi). Troppo cupo, piuttosto isterico nella constatazione di un fallimento, privo di ironia e di gioia nel gusto della trasgressione. Notevoli il contributo di Luigi Kuveiller con una fotografia livida e deformante e il concertato dagli interpreti» (Morandini).
Vietato ai minori di anni 14
 
sabato 13
ore 16.30
La decima vittima(1965)
Regia: Elio Petri; soggetto: dal racconto La 7ª vittima di Robert Sheckley; sceneggiatura: Ennio Flaiano, Tonino Guerra, Giorgio Salvioni, E. Petri; fotografia: Gianni Di Venanzo; scenografia: Piero Poletto; costumi: Giulio Coltellacci; musica: Piero Piccioni; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Marcello Mastroianni, Ursula Andress, Elsa Martinelli, Salvo Randone, Massimo Serato, Milo Quesada; origine: Italia/Francia; produzione: Compagnia Cinematografica Champion, Les Films Concordia; durata: 90′
In una società tecnologica futura, non essendoci più guerre, l’aggressività viene scaricata attraverso la caccia all’uomo, nella quale vince chi totalizza dieci vittime. Marcello e Caroline sono entrambi a quota nove, l’uno dà la caccia all’altra giocando l’arma della seduzione e dell’amore. «La decima vittima era un film assai rischioso: tratto da uno dei migliori racconti americani di fantascienza, La decima vittima [La settima vittima] di Robert Sheckley, non pensavamo che potesse trovare una plausibile ambientazione italiana. Da noi la fantascienza è quella che può essere in un paese povero anche di scienza, tutta merce d’importazione: in Italia il futuro non è cominciato, siamo ancora alla liquidazione dei residui feudali; e quando vaticiniamo su ciò che accadrà dopodomani la fantasia resta al palo. Ogni precedente tentativo di “science fiction” indigena, compreso lo sfortunato Omicron di Gregoretti, era finito miseramente: e l’idea del nostro Petri alle prese con un tipico racconto newyorkese, legato alla crudele atmosfera della metropoli e impensabile sotto cieli non americani, non ci tranquillizzava affatto. E invece, vedere per credere, il film è di prim’ordine» (Kezich).
 
ore 18.10
I giorni contati (1962)
Regia: Elio Petri; soggetto: Tonino Guerra, E. Petri; sceneggiatura: E. Petri, T. Guerra, Carlo Romano; fotografia: Ennio Guarnieri; scenografia: Giovanni Checchi; costumi: Graziella Urbinati; musica: Ivan Vandor; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Salvo Randone, Franco Sportelli, Regina Bianchi, Paolo Ferrari, Vittorio Caprioli, Marcella Valeri; origine: Italia; produzione: Titanus, Metro; durata: 99′
«Una mattina a Roma in tram Cesare, idraulico di 55 anni, vede morire un uomo e va in tilt. Smette di lavorare, deciso a godersi la vita, ma anche questa svolta si rivela una sconfitta. Il 2° film di E. Petri, e uno dei suoi migliori in assoluto, nasce da un’insolita contaminazione: un tema esistenziale inserito in un contesto neorealistico con un linguaggio che risente della lezione di Rossellini, ma anche di Antonioni e del primo Godard. Un racconto di dolente verità, uno straordinario S. Randone. Scritto con Tonino Guerra. 1° premio al Festival di Mar del Plata» (Morandini).
Vietato ai minori di anni 16
 
ore 20.00
A ciascuno il suo (1967)
Regia: Elio Petri; soggetto: dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia; sceneggiatura: Ugo Pirro, E. Petri; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia: Sergio Canevari; costumi: Luciana Marinucci; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gian Maria Volonté, Irene Papas, Gabriele Ferzetti, Laura Nucci, Mario Scaccia, Luigi Pistilli; origine: Italia; produzione: Cemofilm; durata: 93′
Sicilia. Un insegnante di liceo indaga sul duplice omicidio di un farmacista e di un medico. Per tutti gli altri è un delitto d’onore. In realtà, dietro si cela una complessa trama, ottimamente congegnata al di là delle apparenze. «Un film richiama l’attenzione del pubblico se colpisce l’immaginazione dello spettatore, se “fotografa” un momento di cambiamento, l’evoluzione del gusto, un’insofferenza della gente comune nell’istante in cui insorge. […] Il film colse quella fase di passaggio, quella insofferenza nascente senza che nemmeno noi stessi ne fossimo del tuto consapevoli; cogliemmo, cioè, qualcosa che era nell’aria e già vagamente presente in noi» (Pirro).
 
ore 21.45
Ipotesi sulla morte di Pinelli – Materiale n. 2 (1970)
Regia: Elio Petri; montaggio: Raimondo Crociani; interpreti: Luigi Diberti, Renzo Montagnani, Gian Maria Volonté; origine: Italia; produzione: Unitelefilm per conto del Comitato cineasti italiani contro la repressione; durata: 14′
«I Documenti su Pinelli furono prodotti dal “Comitato cineasti contro la repressione” che nacque su iniziativa di Petri e mia, all’indomani della strage di Piazza Fontana. Alla ricerca precipitosa degli autori della strage, tutte le forze di polizia iniziarono una repressione a tappeto che investì indiscriminatamente tutti i gruppi extraparlamentari e che si estese successivamente anche contro gli operai in lotta. Al comitato aderirono i cineasti più noti, ma pochi girarono dei “pezzi”. Comunque il finanziamento dell’impresa fu assicurato dai cineasti aderenti. I Documenti su Pinelli sono due, il primo fu realizzato a Milano da Nelo Risi, il secondo, con il titolo Ipotesi, fu girato da Petri. Il filmato ironizza sulle tre versioni che la polizia diede del “suicidio” di Pinelli. L’idea fu di Elio Petri e vi lavorammo insieme a definirlo, ma non scrivemmo una sceneggiatura, che in realtà fu elaborata anche con il concorso degli attori partecipanti proprio durante le riprese» (Pirro).
 
a seguire
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)
Regia: Elio Petri; soggetto e sceneggiatura: Ugo Pirro, E. Petri; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia: Carlo Egidi; costumi: Angela Sammaciccia; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Sergio Tramonti, Arturo Dominici; origine: Italia; produzione: Vera Film; durata: 115′
Un commissario di polizia uccide la sua amante e lascia ovunque, nella casa della donna, indizi contro di sé. Vuole verificare fino a che punto il potere, di cui egli è un esaltato rappresentante, riuscirà a proteggerlo, al di là di ogni prova che possa incriminarlo. «Petri, preso alla gola dall’attualità, e probabilmente compiaciuto del suo ruolo scandaloso, ha insistito su un solo versante, forzando le tinte nella pittura dei metodi polizieschi. Ma basta scalfire con l’unghia il suo film, ricordare il timbro esistenziale che accompagna la sua opera precedente, per toccarne il tessuto più vero, intinto di angoscia storica espressa in forme di paradosso. Impressione accentuata dalla struttura narrativa, da quell’aprirsi e chiudersi del film su toni grotteschi (il delitto iniziale, il rinfresco sul finire) che stringe in una tenaglia di sarcasmo il cuore realistico del racconto» (Grazzini). Fra i tanti premi vinti, spicca l’Oscar per il miglior film straniero.
Vietato ai minori di anni 14
 
domenica 14
ore 17.00
Un tranquillo posto di campagna (1968)
Regia: Elio Petri; soggetto: Tonino Guerra, E. Petri; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia: Sergio Canevari; costumi: Franco Carretti; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Franco Nero, Vanessa Redgrave, Georges Geret, Gabriella Grimaldi, Madeleine Damien, Rita Calderoni; origine: Italia/Francia; produzione: P.E.A., Produzioni Associate Delphos, Productions Artistes Associés; durata: 107′
«Pittore di successo in crisi creativa, dilaniato dalla volontà di contestazione e dalle richieste del mercato, ha un rapporto schizofrenico di amore/odio con la donna che gli fa da amante, amministratrice e infermiera e, per sfuggirla, si rifugia in una villa veneta, da anni disabitata, e cerca la compagnia di un fantasma. Film sulla pittura (sulla pop art, usando i quadri dell’americano Jim Dine), sulla ricerca disperata della bellezza perduta, sulla morte dell’arte, sui rapporti tra arte e realtà, “… è prima di ogni altra cosa un giro di boa tecnico: di tecnica narrativa, di montaggio, di ritmi, di effetti speciali, di fotografia. Senza l’esperienza maturata sarebbero forse impensabili i successivi film…” (A. Rossi)» (Morandini).
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 19.00
Buone notizie (1979)
Regia: Elio Petri; soggetto e sceneggiatura: E. Petri; fotografia: Tonino Nardi; scenografia: Amedeo Fago, Franco Velchi Pellecchia; costumi: Barbara Mastroianni; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Giancarlo Giannini, Paolo Bonacelli, Angela Molina, Aurore Clément, Ombretta Colli, Ninetto Davoli; origine: Italia; produzione: Medusa Distribuzione; durata: 116′
Buone notizie, filmraro di Elio Petri, manifesta un pessimismo ormai inguaribile, saturo di spinte metafisiche. Racconta di un funzionario della televisione che incontra un vecchio amico ossessionato dalla paura di venire ucciso… «Petri mi spiega il suo “piccolo film”, una storia che non mi dispiaceva. E propone di produrcelo noi […]. Giriamo tanto materiale. C’era una comicità abbastanza astratta, strana, ma al primo montaggio il film non era niente male. […] Elio […] comincia a manipolare il film, a tagliare tutte le scene comiche, divertenti. […] Petri mi spiega che non voleva ci accusassero di fare un film troppo vicino alla Wertmüller, che si rideva troppo. […] Io non ero molto d’accordo sui tagli, però avevo un grande rispetto per Elio, persona straordinaria. Il film non ha successo. Forse Elio sapeva già del suo male incurabile perché nel film ogni tanto mi faceva ripetere una cosa strana per cui, inginocchiato davanti a una parete, dicevo agli altri: “io non voglio morire, non voglio morire!”» (Giannini).
Vietato ai minori di anni 14
 
ore 21.10
La classe operaia va in paradiso (1971)
Regia: Elio Petri; soggetto e sceneggiatura: Ugo Pirro, E. Petri; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia: Dante Ferretti; costumi: Franco Carretti; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gian Maria Volonté, Mariangela Melato, Salvo Randone, Gino Pernice, Luigi Diberti, Donato Castellaneta; origine: Italia; produzione: Euro International Films; durata: 111′
«La classe operaia, e il suo portaparola funzionale Lulù Massa, operaio alla catena di montaggio, riguarda direttamente il problema della rappresentazione sulla scena della “classe operaia”, e dello spessore mitologico di cui “soffre” una tale rappresentazione. […] È dunque il film di Petri più radicalmente esposto, assieme a Todo modo – che ricordiamo fu un film anche di battaglia politica. E fu, conseguentemente, il film che più “divise”, laddove, in certo modo, Indagine poteva unire, nell’equivoco però. […] Così come la scena politica italiana era occupata dalle lotte operaie nelle fabbriche, altrettanto il discorso attorno al politico tendeva a doppiare la scena del reale investendola del desiderio, ammantandola del velo mitologico» (Rossi).
Vietato ai minori di anni 14
 
lunedì 15
chiuso
 
martedì 16
ore 17.00
I sette contadini (1958)
Regia: Elio Petri; sceneggiatura Cesare Zavattini, Luigi Chiarini, Renato Nicolai; testo: R. Nicolai; fotografia: Roberto Gerardi; musica: Claudia Nizza; montaggio: Gabriele Varriale; origine: Italia; produzione: A.B. Cinematografica; durata: 10′
Il 28 dicembre 1943, a Reggio Emilia, cadevano assassinati – sotto i colpi di un plotone di esecuzione di militi fascisti della Repubblica sociale di Mussolini – sette fratelli. Giovani contadini, antifascisti e comunisti, cresciuti dal padre in una educazione laica e progressista, che li aveva portati anche ad introdurre – già durante il fascismo – innovazioni importanti nella conduzione dei lavori agricoli, erano stati poi tra i primi ad entrare nella Resistenza armata contro i nazisti e i fascisti loro alleati. Il 25 novembre del 1943 la casa dei Cervi – in cui avevano trovato rifugio anche molti ex prigionieri inglesi, australiani, russi – fu circondata dai fascisti, che un mese dopo decisero l’orrenda strage. Il documentario contiene immagini della campagna emiliana, del paese natale dei fratelli Cervi, della loro vecchia casa colonica, delle loro mogli e dei figli che hanno lasciato, del luogo dove vennero trucidati e del cimitero in cui sono sepolti. Il filo conduttore del film è costituito da un’intervista ad Alcide Cervi, il padre, che rievoca, in una sintesi affettuosa e commossa, la storia dei suoi sette figli. Il film è stato restaurato nel 1995 a cura di Cinecittà s.p.a. per conto della Associazione Philip Morris Progetto Cinema.
 
a seguire
Le mani sporche (1979)
Regia: Elio Petri; soggetto: dal dramma di Jean-Paul Sartre; traduzione e adattamento televisivo: E. Petri; fotografia: Nando Forni; scenografia: Filippo Corradi-Cervi; costumi: Barbara Mastroianni; musica: Ennio Morricone; montaggio: Gianni Lari; interpreti: Marcello Mastroianni, Giovanni Visentin, Anna Maria Gherardi, Giuliana De Sio, Omero Antonutti, Massimo Foschi; origine: Italia; produzione: Rai; durata: 234′
«In un paese immaginario dell’Europa centrale, l’Illiria, alla fine della seconda guerra mondiale, la situazione politica è confusa. Il partito dominante si è schierato con le forze dell’Asse e subisce ora la controffensiva sovietica, mentre all’interno, il partito proletario clandestino prepara la sua ascesa al potere, pacificamente. Hugo si presenta ai suoi superiori del partito, e in particolare ad Olga, per essere giudicato in relazione all’assassino di Hoederer, il capo politico delle sinistre. Il Partito ha deciso di uccidere Hugo, ritenendolo responsabile di un’azione contraria agli interessi della sinistra, ma Olga vuole salvare il giovane e capire il perché della sua azione. Così Hugo racconta la sua vicenda…» (Anna Di Martino e Andrea Morini).
Per gentile concessione di Rai Teche – Ingresso gratuito
 
ore 21.20
Todo modo(1976)
Regia: Elio Petri; soggetto: dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia; sceneggiatura: E. Petri, con la collaborazione di Berto Pelosso; fotografia: Luigi Kuveiller; scenografia: Dante Ferretti; costumi: Franco Carretti; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gian Maria Volonté, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato, Ciccio Ingrassia, Franco Citti, Tino Scotti; origine: Italia; produzione: Cinevera; durata: 130′
«Mentre in Italia si scatena una terribile epidemia, un centinaio di “notabili” del partito che governa l’Italia da tre decenni si riunisce in un albergo-convento, costruito nel sottosuolo di una pineta, per eseguirvi un corso di esercizi spirituali condotto dal severo gesuita don Gaetano. In realtà, indifferenti alle prediche del sacerdote, che non ha dubbi sulla loro corruzione, ai convenuti preme soltanto concordare una nuova spartizione del potere. Ben presto la riunione si trasforma in rissa; si arriva persino ad un morto cui altri, misteriosamente, seguono nei giorni successivi, gettando il terrore tra i politici riuniti. Forse l’opera più “politicamente scorretta” sulla figura di Aldo Moro (rappresentato da colui che tutti chiamano “il presidente”). Film cupo, grottesco, profetico, nel quale lo statista democristiano vi è rappresentato come colui che dovrà “portare la croce della mediazione sul Monte Calvario dei nuovi assetti”. Il film fu girato nel 1975, proprio nel momento in cui le BR cominciavano a prendere in considerazione come possibili obiettivi di un sequestro, oltre a Moro, personalità politiche come Giulio Andreotti e Amintore Fanfani» (Christian Uva).
Vietato ai minori di anni 14

 

 

Date di programmazione