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Cinema Trevi: Carlo Di Palma, un autore non solo della fotografia
11 Febbraio 2010 - 11 Febbraio 2010
Michelangelo Antonioni affidò a Carlo Di Palma la responsabilità della fotografia nel suo primo film a colori, caposaldo della storia della fotografia cinematografica, Deserto rosso, partorito dopo lunghi provini in formato ridotto per testare la flessibilità delle emulsioni. Come scrive Stefano Masi, nel suo imprescindibile Dizionario mondiale dei direttori della fotografia. A-K (Le Mani, Genova, 2007) «per assecondare l’ambizione antonioniana di trasfigurare il croma, gli interventi fotochimici sul negativo furono integrati con quelli pittorici sul set, trattando la natura come una scenografia in studio e dipingendo il colore direttamente sulle cose, perfino sugli alberi, verniciati di bianco in una celebre sequenza». Nipote di un capo-officina degli stabilimenti romani della Safa-Palatino, dove suo fratello era capo-elettricista, sin da ragazzo frequentava i set e poco più che sedicenne cominciò a lavorare come aiutante di Gianni Di Venanzo, sostituendolo come assistente ai fuochi sul set di Ossessione (1943). Quando Di Venanzo esordisce come direttore della fotografia per Achtung banditi! (1951) di Lizzani, Di Palma è promosso a operatore alla macchina. Il suo esordio da direttore della fotografia avvenne con La lunga notte del ’43 (1960) di Vancini attraverso un misterioso bianco e nero, capace di delineare e tratteggiare la costruzione dei personaggi. Nei primi anni Sessanta alternò il lavoro come operatore alla macchina nella troupe di Leonida Barboni con la direzione della fotografia di film diretti da esordienti eccellenti come Elio Petri per L’assassino (1961), Giuliano Montaldo per Tiro al piccione (1961), Vittorio Caprioli per Leoni al sole (1961), Marco Vicario per Le ore nude (1964). Ma è con Deserto rosso (che gli valse il primo Nastro d’Argento, il secondo lo vinse con L’armata Brancaleone di Monicelli) che Di Palma riscosse un grandissimo successo presso la critica e i cineasti italiani, firmando poi le immagini di un altro capolavoro antonioniano, Blow-up (1968). Il successo del direttore della fotografia si intreccia con quello della musa antonioniana Monica Vitti, della quale egli era diventato il direttore della fotografia preferito, seguendo la transizione dell’attrice verso la commedia: da La cintura di castità (1967) di Pasquale Festa Campanile a Ti ho sposato per allegria (1967) di Luciano Salce, da La ragazza con la pistola (1968) di Mario Monicelli ad Amore aiutami (1969) di Alberto Sordi, da Dramma della gelosia (1970) di Ettore Scola a Ninì Tirabusciò (1970) di Marcello Fondato, da La supertestimone (1971) di Franco Giraldi a La pacifista (1971) di Miklos Jancso. E probabilmente fu proprio il legame professionale e sentimentale con la celebre attrice che lo indusse a tentare la strada della regia con tre film, ovvero tre affettuosi e deliziosi omaggi alla Vitti: Teresa la ladra, Qui comincia l’avventura, Mimì Bluette, fiore del mio giardino. Poi, dopo l’avventura registica, tornerà a lavorare con i maestri del cinema italiano come Bernardo Bertolucci (La tragedia di un uomo ridicolo) e lo stesso Antonioni (Identificazione di una donna) e in opere di grande successo internazionale: Gabriela (1983) di Bruno Barreto e Black Stallion Returns (1983) di Robert Dalva, intrecciando infine un lungo sodalizio artistico con Woody Allen. Carlo Di Palma, scrive ancora Masi, «fu uno dei precursori del passaggio dall’illuminazione diretta a quella diffusa e riflessa […]. Insieme a Pasqualino De Sanctis, portò alle estreme conseguenze la ricerca del suo maestro Gianni Di Venanzo, soprattutto nel campo del colore, conferendo dignità alle lampade al quarzo. Grazie all’istintivo talento per la manipolazione della luce naturale, fu uno dei pochi direttori della fotografia in grado di filtrare la temperatura colore direttamente in fase di riprese». Carlo Di Palma ha inoltre lavorato con registi del calibro di Gianni Puccini, Alessandro Blasetti, Gian Luigi Polidoro, Luigi Zampa, Ugo Gregoretti, Sidney Lumet, Herbert Ross e Roberto Benigni.
 
ore 17.00
Teresa la ladra (1973)
Regia: Carlo Di Palma; soggetto: dal romanzo Memorie di una ladra di Dacia Maraini; sceneggiatura: D. Maraini, Age & Scarpelli; fotografia: Dario Di Palma; scenografia: Luciano Ricceri; costumi: Adriana Berselli; musica: Riz Ortolani; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Monica Vitti, Michele Placido, Stefano Satta Flores, Fiorenzo Fiorentino, Isa Danieli, Valeriano Vallone; origine: Italia/Francia; produzione: Euro International Films, Société Carlton Film Export; durata: 128′
«Ispirandosi al bel romanzo di Dacia Maraini Memorie di una ladra uscito l’anno scorso da Bompiani, […] Di Palma e la Vitti ci danno infatti un film vivo e vivace, che assicura uno spettacolo molto ricco di luoghi, di personaggi e situazioni: un film che svaria dal comico al sentimentale, però tutto incentrato su una figura di donna cui vanno cordiale pietà e indulgente simpatia. L’innocenza di chi è nata in miseria, la capacità di sorridere anche nei frangenti più dolorosi, il serbarsi sempre giovane sono appunto le virtù di Teresa, una figlia di contadini che la vita cerca di punire ma alle cui offese risponde con il coraggio dei poveri e il candore di chi non può permettersi il lusso dell’onestà. […] Le corde di Di Palma sono d’altronde assai estese: sapido nel grottesco e giocoso nel patetico, il film offre, soprattutto per quanto attiene le patrie galere, squarci drammatici di buon valore documentario, e soluzioni scenografiche sempre molto ariose, servite da una fotografia a colori (di Dario Di Palma, nipote del regista) di notevole eleganza e dalla lieta musica di Ortolani. L’elemento che meglio riunisce i vari motivi sparsi nel film e li riassume in un segno brillante è tuttavia l’interpretazione di Monica Vitti» (Grazzini).
 
ore 19.00
Qui comincia l’avventura (1975)
Regia: Carlo Di Palma; soggetto: Barbara Alberti, Amedeo Pagani; sceneggiatura: B. Alberti, A. Pagani, C. Di Palma; fotografia: Dario Di Palma; scenografia: Luciano Ricceri; costumi: Adriana Berselli; musica: Riz Ortolani; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Monica Vitti, Claudia Cardinale, Ninetto Davoli, Guido Leontini, Fernando Camerini, Mario Danieli; origine: Italia; produzione: Vides Cinematografica; durata: 102′
«Una giovane donna in giro per l’Italia a bordo di una Honda capita in una cittadina pugliese tappa di un viaggio che dovrà portarla a Milano, dall’uomo che ama. Libera e, stando alle sue parole, reduce da affascinanti avventure in ogni parte del mondo la “centaura” suscita l’ammirazione di una stiratrice, che per seguirla abbandona lavoro e marito. Perduta ben presto la moto, finita in un burrone, le due donne proseguono il viaggio con un’auto rubata, in compagnia di un bambino che restituiscono ai suoi genitori» (www.cinematografo.it).
 
ore 21.00
Mimì Bluette, fiore del mio giardino (1976)
Regia: Carlo Di Palma; soggetto: dal romanzo omonimo di Guido Da Verona; sceneggiatura: Barbara Alberti, Amedeo Pagani; fotografia: Alfio Contini; scenografia: Franco Vanorio, Francesco Bronzi, Dominique André; musica: Riz Ortolani; montaggio: Amedeo Salfa; interpreti: Monica Vitti, Shelley Winters, Tommy Tune, Hella Petri, Vania Villers, Gianrico Tedeschi; origine: Italia/Francia; produzione: P.I.C. – Produzione Intercontinentale Cinematografica, P.E.C.F.; durata: 109′
«Figlia di una prostituta bellunese, la ballerina Mimì Bluette è l’idolo dei parigini. La corteggiano i più bei nomi della politica e della finanza, ma quando sta per sposarsi incontra un uomo misterioso col quale vive tre giorni di amore appassionato» (www.movieplayer.it ). «La storia scorre in superficie, arrivando perfino a disegnare figure suggestive e complesse. Da trompe-l’oeil. Fuori da questo schema è comunque Monica Vitti. Sullo schermo, malgrado l’esperienza di Shelley Winters (la madre di Mimì) e i numeri di ballo di Tommy Tune (coerografo della soubrette), resta soltanto lei. Con la sua capacità di dar anima, spessore e misura a un personaggio carico di tensioni interiori: senza un eccesso, una sbavatura, un gesto di troppo» (Trionfera).
Vietato ai minori di anni 14

 

 

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