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Cinema Trevi: arriva a Roma “Questi fantasmi: cinema italiano ritrovato (1946-1975)”, la retrospettiva curata dalla Mostra del Cinema di Venezia e dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale.
14 Ottobre 2008 - 19 Ottobre 2008

La retrospettiva Questi fantasmi: cinema italiano ritrovato (1946-1975), che ha riscosso un grandissimo successo alla 65ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, giunge finalmente a Roma, al Cinema Trevi, in una ricca e stimolante selezione. La retrospettiva, realizzata dalla Mostra in co-produzione con il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale e curata da Tatti Sanguineti e Sergio Toffetti, è imperniata su opere spesso trascurate del trentennio più fiammeggiante della storia del nostro cinema: gli anni tra il 1946 e il 1975. Da cineteche e archivi continuano a uscire titoli, film, trame, autori che i giornali dell’epoca – abbagliati dalla ricchezza produttiva del più bel cinema del mondo – confinavano nelle recensioni senza firma del Vice; titoli rimasti a lungo puri nomi nelle filmografie o recuperati nella visione notturna di un palinsesto, ma in genere trascurati dalle storie del cinema, anche le più attente alle riscritture del cinema italiano.
“Questi fantasmi” ci mostrano un cinema che scorre lungo due linee strettamente intersecate: la capacità di riflettere in diretta le storie e le cronache dell’Italia che cambia, dal dopoguerra al miracolo economico, alle contraddizioni sociali dello sviluppo, e la grande libertà di espressione lasciata a cineasti, spesso stretti tra i maestri e i mestieranti, che oggi ci appaiono come una vera e propria “nouvelle vague all’italiana”. Fra i numerosi titoli da riscoprire si segnalano in primo luogo gli “antineorealisti”: film che usano il melodramma per incidere nella realtà storica e sociale del dopoguerra come Un uomo ritorna di Max Neufeld, con Anna Magnani che in un’aula di tribunale chiede la pena di morte per il fascista che ha ammazzato suo figlio, e La città dolente di Mario Bonnard, che mette in scena l’esodo dei profughi dall’Istria dopo il passaggio delle loro terre alla Jugoslavia. L’Italia del dopoguerra è ancora la protagonista nel “noir” Una lettera all’alba, con Fosco Giachetti barone della cocaina in una Milano nera tratteggiata da Giorgio Bianchi come una dura e fredda metropoli americana, e nello straordinario “film sulle rovine” Il cielo è rosso, diretto da Claudio Gora e tratto dal romanzo di Giuseppe Berto. Di Luigi Zampa sono stati selezionati Anni difficili, amaro apologo sull’Italia dei voltagabbana tra fascismo e antifascismo, e Processo alla città, ricostruzione di un caso di camorra nella Napoli belle époque, attualissimo dopo Gomorra. La donna del giorno di Maselli, straordinario esordio da protagonista di una bellissima Virna Lisi, ci porta nel mondo della moda anticipando l’Italia del boom, raccontata ne La bella di Lodi di Mario Missiroli, tratto dal romanzo di Alberto Arbasino, mentre ne La cuccagna Luciano Salce sceglie il cantautore Luigi Tenco, nel suo unico film da protagonista, per rappresentare “quelli che non ce la faranno mai”. L’Italia degli operai milanesi pendolari di Pelle viva di Giuseppe Fina, con Elsa Martinelli nei panni di un’immigrata pugliese; e quella di chi, come Enrico Maria Salerno, cerca in America un nuovo “miracolo” in Smog di Franco Rossi. Prima del ’68, qui raccontato attraverso due film “eccentrici”, come il capolavoro di Carmelo Bene Nostra signora dei Turchi, di cui la Cineteca Nazionale ha realizzato una versione lunga reintegrando le scene tagliate, premiato a Venezia nel 1968, e Toh, è morta la nonna!, divertissement di Mario Monicelli sullo spirito della contestazione.

martedì 14
ore 17.00
Una lettera all’alba (1948)

Regia: Giorgio Bianchi; soggetto e sceneggiatura: Aldo De Benedetti; fotografia: Vaclav Vich, Augusto Tiezzi; musica: Renzo Rossellini; montaggio: Gabriele Varriale; interpreti: Fosco Giachetti, Jacques Sernas, Lea Padovani, Olga Villi, Tatiana Pavlova, Vittorio Manipoli; origine: Italia; produzione: Giuseppe Amato; durata: 98′
Carlo scopre di avere un figlio adolescente solo quando la madre del ragazzo, con cui aveva avuto una relazione, glielo affida prima di morire. Il ragazzo è un piccolo spacciatore di cocaina. Per farlo smettere Carlo ordina alla contessa, che rifornisce il giovane Mario, di non dargli più nulla. Quando la donna viene trovata morta, Mario è subito accusato dell’omicidio. Il padre cerca di provare la sua innocenza.«Giorgio Bianchi ci dà con questo lavoro, che sta tra il giallo e il tipo Gioventù perduta, una buona prova delle sue capacità, aiutato anche da un buon soggetto e dalla abile sceneggiatura di Aldo De Benedetti» (Nati).
Versione restaurata dalla Cineteca Nazionale

ore 18.45
Lo sceicco bianco (1952)

Regia: Federico Fellini; soggetto: Michelangelo Antonioni, F. Fellini, Tullio Pinelli; sceneggiatura: F. Fellini, T. Pinelli, Ennio Flaiano; fotografia: Arturo Gallea; musica: Nino Rota; montaggio: Rolando Benedetti; interpreti: Alberto Sordi, Brunella Bovo, Leopoldo Trieste, Giulietta Masina, Lilia Landi, Ernesto Almirante; origine: Italia; produzione: P.D.C.; durata: 86′
Ivan e Wanda sono due novelli sposi in viaggio di nozze a Roma. Il denso programma del viaggio, che prevede anche un’udienza papale con i parenti romani, viene disatteso da Wanda. La giovane e ingenua sposina, infatti, lascia il marito addormentato in albergo e va alla ricerca della redazione del suo giornale a fumetti preferito. Qui conosce il suo idolo, lo Sceicco bianco, che cerca in maniera goffa di sedurre, senza riuscirci, la sua giovane fan. Wanda resterà delusa a contatto con la meschinità e la pochezza del mondo che tanto l’aveva fatta sognare. «[Sordi] era bravissimo, lo conoscevo da prima della guerra, quando faceva il varietà e le riviste. Certo non era ancora popolare come lo è diventato dopo Lo sceicco bianco malgrado l’insuccesso del film che venne anche attribuito alla poca simpatia di cui Sordi godeva presso il pubblico di cinema. Ma era bravissimo» (Fellini).
Versione restaurata gentilmente concessa da Mediaset Cinema Forever – Ingresso gratuito

a seguire
Lo sceicco ritrovato. Tagli, doppie versioni e sequenze inedite de Lo sceicco bianco (2008)

A cura di Fulvio Baglivi, Stefano Landini e Moraldo Rossi
Due rulli di materiali inediti de Lo sceicco bianco di Federico Fellini sono stati ritrovati dalla Cineteca Nazionale. Il contenuto, identificato da Sergio Toffetti e Fulvio Baglivi, comprende circa 20′ di tagli di montaggio, doppie versioni e sequenze inedite complete di dissolvenze e missaggio audio, tanto da far pensare che Fellini abbia preparato un primo montaggio più lungo e sia stato incerto fino all’ultimo sulle soluzioni da scegliere per la versione definitiva.
Queste “varianti” del primo film interamente diretto da Fellini nel 1952 consentono dunque oggi di gettare uno sguardo dentro l'”officina creativa” del regista, rendono più chiare le motivazioni delle scelte definitive, e mettono in evidenza come fin dall’inizio Fellini elabori situazioni e abbozzi di personaggi che verranno poi sviluppati in seguito.
Tra le sequenze tagliate, particolarmente interessante risulta, all’arrivo in albergo della coppia di sposi in luna di miele a Roma (Brunella Bovo e Leopoldo Trieste), la scena in cui la moglie ha la visione di due donne in costume orientale e velate che, come ha subito notato Tullio Kezich dopo aver visionato i materiali, Fellini riprenderà in Giulietta degli spiriti.
Molto interessanti per lo sviluppo dei personaggi sono le “versioni lunghe” di alcune scene, e in particolar modo:
– i gesti d’affetto di Leopoldo Trieste verso la moglie nella stanza d’albergo, che verranno poi esclusi nell’edizione definitiva.
– l’incontro dello sposo con i parenti e soprattutto la scena in cui Trieste è a teatro con tutti familiari, soltanto accennata nella versione finale del film; e il pranzo con la declamazione dei versi della Divina Commedia.
– il colloquio della Bovo nella redazione del fotoromanzo e il successivo viaggio verso il set sulla spiaggia.
Straordinarie le doppie versioni, cioè le sequenze complete che nel film sono state sostituite integralmente, e in particolar modo:
– la celeberrima scena tra Alberto Sordi e Brunella Bovo sulla barca, di cui è stata ritrovata una versione dove Sordi, lasciato molto più libero da Fellini, accentua gli elementi comici del personaggio con battute improvvisate, mentre un colpo di vento gli sbatte la vela sulla testa facendolo cadere.
– il personaggio di Giulietta Masina che già anticipa Cabiria nella scena di notte in cui terrorizza lo spaesato Trieste mentre mostra a due prostitute le foto di sua moglie.
I materiali ritrovati, infine, mostrano che Fellini aveva girato in modo molto più completo la “notte brava” di Leopoldo Trieste, mettendone in scena il risveglio nel letto della prostituta e la fuga imbarazzata dai familiari di lei che insistono per offrirgli il caffè, in un accenno di sarabanda che di nuovo anticipa alcune soluzioni narrative che diverranno tipicamente “felliniane”.
Lo sceicco ritrovato comprende, inoltre, una testimonianza di Moraldo Rossi, segretario di edizione per Lo sceicco bianco e stretto collaboratore di Fellini nei primi film del regista riminese.

ore 21.00
Incontro con Gianfranco Angelucci e Sergio Toffetti

a seguire
Federico Fellini, tre spot per la Banca di Roma (1992)

Regia: Federico Fellini; fotografia: Giuseppe Rotunno; musica: Nicola Piovani; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Paolo Villaggio, Fernando Rey, Anna Falchi, Ellen Rossi Stuart; origine: Italia; produzione: Film Master; durata: 6′
Per la terza volta nella sua carriera, Fellini si concede al mondo pubblicitario, realizzando tre spot per la Banca di Roma. In essi l’alter ego felliniano è Paolo Villaggio, angosciato da incubi terribili. Sarà lo psicanalista, interpretato da Fernando Rey, a tranquillizzarlo e ad avvicinarlo alla solidità ed affidabilità della Banca di Roma al fine di dormire sonni tranquilli.
La versione degli spot qui presentata è frutto del ritrovamento, presso l’Archivio Cinema d’Impresa di Ivrea, di alcuni nastri magnetici con la voce di Fellini, registrata durante le riprese. La sua voce s’intreccia come un’eco al sonoro degli spot.

Ingresso gratuito

a seguire
E il Casanova di Fellini?(1975)

Regia: Gianfranco Angelucci e Liliana Betti; fotografia: Giuseppe Rotunno; musica: Nino Rota; montaggio: Maurizio Tedesco; interpreti: Federico Fellini (voce), Olimpia Carlisi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi; origine: Italia; produzione: Cinemoon; durata: 75′
In una pausa della lavorazione de Il Casanova di Federico Fellini, Olimpia Carlisi, nel ruolo dell’intervistatrice, chiede ad attori e studiosi di varie discipline la loro opinione sul seduttore italiano per eccellenza. «Fellini ha concepito Casanova, cioè a dire lo respira, lo vive, lo sente come l’estrema esemplificazione di una non esistenza: di nuovo un connotato precipuo del personaggio, questa sua non esistenza, va a combaciare o a gravitare in quell’altra ben più peculiare inesistenza, quella dell’artista-specchio, spugna, zombi, che la prima dovrebbe recepire ed espressivamente organizzare» (Angelucci – Betti).
Versione ristampata dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con Rai Teche – Ingresso gratuito

mercoledì 15
ore 16.30
Nel blu dipinto di blu (Volare) (1959)

Regia: Piero Tellini; soggetto: P. Tellini; sceneggiatura: Cesare Zavattini, P. Tellini, Ettore Scola; fotografia: Gianni Di Venanzo; montaggio:Gisa Radicchi Levi; musica:Mario Nascimbene; interpreti: Domenico Modugno, Giovanna Ralli, Vittorio De Sica, Arianna, Franco Migliacci, Carlo Taranto; produzione: D.D.L., Cineproduzioni Astoria; durata: 104′
Uno scanzonato giovanotto siciliano viene accusato di complicità per un furto in una gioielleria, ma viene scagionato da una ragazza che nutre simpatia per lui. Tutto ciò provoca la gelosia di un’altra fanciulla innamorata di lui, ma dopo ripicche, malintesi e discussioni tutto si accomoda. «A dispetto del titolo, un melodramma più che un film con musiche […]. E a fianco degli sceneggiatori Scola e Tellini si sente la presenza di Zavattini con la sua voglia di raccontare un’umanità dolceamara che vive ai margini della legalità e per tirare avanti si adatta a stare con mani e piedi nel gesso per fare da modello alle statue dei santi» (Mereghetti).
Versione restaurata dalla Cineteca Nazionale

ore 18.20
Tutto è musica (1963)

Regia: Domenico Modugno; soggetto e sceneggiatura: D. Modugno, Franco Migliacci, Tonino Valerii; fotografia: Gabor Pogany; montaggio: Roberto Cinquini; musica: D. Modugno; interpreti: D. Modugno, Edra Gale, Giustino Durano, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Paolo Bergamaschi; origine: Italia; produzione: Emme Film; durata: 95′
Unico film da regista di Domenico Modugno, Tutto è musica, ricostruisce in forma romanzata la storia dei suoi esordi e dei suoi successi attraverso la drammatizzazione delle canzoni che lo hanno reso famoso. Modugno «si butta a capofitto in un film al quale pensava da qualche tempo. Un film tutto suo, sceneggiatura […], interpretazione e regia. Lo intitola Tutto è musica, spiegando che il rumore di un martello pneumatico, il getto di una fontana, lo sfrigolio di una saldatrice, tutto è musica» (Giancarlo Governi, Leoncarlo Settimelli).

ore 20.00
Orfeo 9, un musical di culto

Orfeo 9 la prima opera rock italiana e la prima mai rappresentata al mondo (Roma, Teatro Sistina, 23 gennaio 1970), composta da Tito Schipa Jr. e interpretata dall’autore insieme ad altri numerosi giovani talenti dell’epoca. Divenuto un doppio album nel 1973, detiene oggi un record assoluto nella discografia: quello di essere l’unico doppio italiano che per trent’anni non ha mai cessato di vendere e non è mai uscito di catalogo nemmeno per un giorno, giungendo, al momento attuale, a otto edizioni diverse tra Lp, Musicassette e Cd. La stampa specializzata l’ha recentemente classificato fra i 100 eventi fondamentali del Rock italiano.
Girato per il settore sperimentale della Rai nel 1973, l’omonimo film fu trasmesso solamente nel febbraio 1975, e in sordina. Più tardi fu distribuito brevemente nei circuiti d’essai. Da allora, e a dispetto di ciò, quest’opera è da un lato uno dei prodotti di spettacolo più amati dal pubblico, dall’altro uno degli esempi più clamorosi di emarginazione e trascuratezza da parte delle strutture ufficiali e dei media, cui ha potuto reagire grazie al sostegno costante dei suoi fedeli sostenitori, fino al riscatto definitivo della presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia del 2008. Nella serata conclusiva il film, presentato dopo la premiazione, è stato salutato da una standing ovation di dieci minuti, imponendosi come uno degli eventi della Mostra.

Orfeo 9 (1973)
Regia: Tito Schipa jr.; soggetto e sceneggiatuta: T. Schipa jr.; fotografia: Ivan Stoinov; scenografia e costumi: Giovanni Agostinucci; musica: T. Schipa jr.; organo solista e sitar: Joel Vandroogenbroeck; strumentazione e direttore d’orchestra: Bill Conti; montaggio: Alfredo Muschietti; interpreti: T. Schipa jr., Renato Zero, Edoardo Nevola, Monica Miguel, Chrystel Dane, Roberto Bonanni, Loredana Berté, Penny Brown, Marco Piacente, Eva Axen; origine: Italia; produzione: Mount Street Film e Eidoscope per Rai; durata: 84′
Un gruppo di ragazzi vive felice tra le rovine di un’antica chiesa sconsacrata, lontano dalla città che detestano. Uno di loro, Orfeo, è chiuso nella sua solitudine. Euridice risveglia il cuore assopito del giovane: i due s’innamorano all’istante. Un oscuro personaggio ossessionato dalla felicità s’insinua però nella coppia separando Orfeo dalla sua amata con un trucco diabolico. Il giovane si incammina cosìalla ricerca di Euridice, in un tormentoso viaggio dentro e fuori di sé. «Questa favola ha per vero protagonista un illusionista prodigioso, lo stesso che col suo gioco preciso ti inganna ancora, ti tiene ancora distratto dalla più sublime delle visioni possibili: la Realtà» (prologo Orfeo 9).

Tito Schipa jr. cresce tra l’America e l’Italia. La passione per ogni genere di spettacolo musicale diventa il filo conduttore della sua vita. Lavora a fianco di De Lullo, Menotti, Squarzina, Wertmüller. Nel 1969 scrive Orfeo 9, nel 1976 il suo secondo musical, L’isola nella tempesta. La sua versione folk-rock del Don Pasquale di Donizetti approda a Broadway (1983) prodotta da Joseph Papp. Cantautore, autore di colonne sonore, regista di documentari, Schipa è anche ideatore di Virtual Tosca, primo allestimento di un intero melodramma in animazione, in preparazione da alcuni anni.
Copia gentilmente concessa da Rai Teche – Ingresso gratuito

a seguire
Incontro con Tito Schipa Jr.

a seguire
Orfeo 9 (replica)
Copia gentilmente concessa da Rai Teche – Ingresso gratuito

giovedì 16
ore 17.00
Un uomo ritorna (1946)

Regia: Max Neufeld; soggetto: Luigi Giacosi; sceneggiatura: Anton Giulio Majano, Ivo Perilli, Umberto Del Giglio; fotografia: Giuseppe La Torre; musica: Carlo Innocenzi; montaggio: Giuseppe Fatigati; interpreti: Gino Cervi, Anna Magnani, Luisa Poselli, Felice Romano, Anna Maria Dossena, Ave Ninchi; origine: Italia; produzione: Zeus Film; durata: 90′
Sergio è il direttore di una centrale elettrica, appassionato del suo lavoro e con una serena vita familiare. Allo scoppio della seconda guerra mondiale deve abbandonare tutto. Al suo ritorno, dopo una lunga prigionia, trova la centrale distrutta e la famiglia divisa. Si reca a Roma per cercare di ricostruire la centrale e ritrovare due dei suoi fratelli, uno dedito alla borsa nera, l’altra alla prostituzione. Torna dopo cinquant’anni di oblio uno dei film più controversi e dolorosi della nostra storia recente, interpretato da due grandi attori (Cervi e la Magnani), capaci di incarnare appassionatamente le inquietudini e le lacerazioni del nostro dopoguerra. Un film sulla fatica e il dolore del ritorno alla normalità dopo violenza, fame, bombardamenti.
Versione restaurata da Cineteca Nazionale e Ripley’s Film

ore 18.45
Il cielo è rosso (1950)

Regia: Claudio Gora; soggetto: dal romanzo omonimo di Giuseppe Berto; sceneggiatura: Leopoldo Trieste, Cesare Zavattini, Claudio Gora, Lamberto Giuseppe Santilli; fotografia: Vaclav Vich; musica: Valentino Bucchi; montaggio: Giancarlo Cappelli; interpreti: Marina Berti, Jacques Sernas, Mischa Auer jr., Anna Maria Ferrero, Lauro Gazzolo, Liliana Tellini; produzione: Acta Film; durata: 98′
Durante la guerra il sedicenne Daniele perde i genitori in un bombardamento. Rimasto solo tra le macerie si unisce a un gruppo di ragazzi sbandati come lui, il ladruncolo Tullio, l’orfana Giulia e la prostituta Carla. «I personaggi di Giulia e soprattutto di Carla, raccontati senza falsi moralismi e inutile manicheismo, sono indimenticabili e il loro disperato bisogno di amore (tenera e impotente la prima, volgare ma vitale la seconda) ne fa i simboli toccanti di un’umanità che non riesce a illudersi in un domani migliore» (Mereghetti).
Versione restaurata dalla Cineteca Nazionale

ore 21.00
Incontro con Guido Crainz, Sergio Grmeik Germani, Sergio Toffetti, Lucio Toth
(Presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia)

a seguire
La città dolente (1949)

Regia;: Mario Bonnard; soggetto: M. Bonnard; Sceneggiatura: Anton Giulio Majano, Aldo De Benedetti, Federico Fellini, M. Bonnard; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Giulio Bonnard; montaggio: Giulia Fontana; interpreti: Luigi Tosi, Barbara Costanova, Gianni Rizzo, Elio Steiner, Gustavo Serena, Raimondo Van Riel; origine: Italia; produzione: Istria Film, Scalera Film; durata: 106′
Alla fine della seconda guerra mondiale Pola e tutta l’Istria vengono assegnate alla Jugoslavia. La maggior parte della cittadinanza italiana lascia la città per trasferirsi in territorio italiano senza cedere alle lusinghe degli jugoslavi che invitano invece a rimanere. Cade nella trappola Berto, un operaio, pensando di ricevere così dei benefici. Ma ben presto si rende conto dell’errore. «Certo, facendone una valutazione a posteriori, sembra incredibile che una tragedia italiana come l’Esodo dalla Venezia Giulia sia stata trattata quasi in tempo reale in questo film del 1948 e poi non sia più stata rappresentata, abbandonata completamente dal mondo del cinema. Questo dimostra che La città dolente è stato un film per certi versi “eroico” anche se ha pagato subito questo coraggio con una pellicola uscita in ritardo, mal distribuita e quindi vista pochissimo» (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia).
Versione restaurata da Cineteca Nazionale, Istituto Luce e Cineteca del Friuli – Ingresso gratuito

venerdì 17
ore 17.00
La donna del giorno (1956)

Regia: Francesco Maselli; soggetto: Franco Bemporad; sceneggiatura: F. Bemporad, F. Maselli, Aggeo Savioli, Luigi Squarzina, Cesare Zavattini; fotografia: Armando Nannuzzi; musica: Mario Zafred; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Virna Lisi,Antonio Cifariello,Franco Fabrizi;Elisa Cegani,Serge Reggiani,Haja Harareet; origine: Italia; produzione: Peg Produzione Films; durata: 83′
Liliana è un’indossatrice che cerca di farsi strada in ogni modo. Una notte viene trovata svenuta sulla strada. Interrogata dalla polizia, Liliana racconta di essere stata trascinata da tre delinquenti in una villa e di aver subito violenza. Il drammatico evento viene divulgato dai giornali e Liliana diventa ben presto “la donna del giorno”, ricevendo vantaggiose offerte di lavoro. «Avviato da Visconti all’amore per l’opera lirica, Maselli, come confesserà più tardi, gira La donna del giornonel bel mezzo della sua travolgente euforia per Verdi, con l’ambizione inconscia di rifare La Traviata. Di qui […] la forte tipizzazione dei personaggi, il ruolo giocato dai grandi attacchi musicali, […] le scene madri» (Stefania Parigi).
Versione ristampata dalla Cineteca Nazionale

ore 19.00
Agostino (1962)

Regia: Mauro Bolognini; soggetto: dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia; sceneggiatura: Goffredo Parise; fotografia Aldo Tonti; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Paolo Colombo, Ingrid Thulin, John Saxon, Mario Bartoletti, Aldo Bussaglia, Roberto Mancia; origine: Italia; produzione: Baltea Film; durata: 89′
Il decenne Agostino è in vacanza con la madre in un hotel di lusso al Lido di Venezia. Il figlio ha un rapporto morboso e possessivo con la madre. Quando la donna è corteggiata da Renzo, Agostino si sente escluso e abbandonato. Conosce altri ragazzi più smaliziati di lui che gli spiegano il legame che c’è tra sua madre e Renzo. Sconvolto dalla rivelazione e dai problemi per il passaggio ad un’età critica, il ragazzo si aggrega a un compagno più grande di lui per una visita ad una prostituta. «Ho situato il film in una città diversa da quella del romanzo: ho preferito Venezia a Viareggio per il desiderio di avere più acqua. Questo tema dell’acqua c’era anche a Viareggio, ma a Venezia era ancora più forte. Il tema dell’acqua è più dolce a Venezia che in qualsiasi altra città direttamente sul mare» (Bolognini).
Versione ristampata dalla Cineteca Nazionale

ore 21.00
La bella di Lodi (1963)

Regia: Mario Missiroli; soggetto: dal racconto omonimo di Alberto Arbasino; sceneggiatura: A. Arbasino, M. Missiroli; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Piero Umiliani; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Stefania Sandrelli, Angel Aranda, Elena Borgo, Maria Monti, Giuliana Pogliani, Cesare Di Montignano; origine: Italia; produzione: Arco Film; durata: 83′
Roberta, figlia di una ricca famiglia lombarda, conosce in Versilia Franco, un giovane meccanico tanto attraente quanto privo di scrupoli. I due cominciano una relazione burrascosa che si svolge lungo l’autostrada del sole, simbolo dell’Italia del miracolo economico, tra hotel, spiagge, fughe, furti e riappacificazioni. «Il testo di Arbasino era molto divertente. Ogni anno tiravo fuori un regista nuovo, e quell’anno mettere insieme Arbasino e Missiroli mi sembrava divertente. L’argomento era bello: la gioventù lombarda del boom, insieme radical-chic però borghese-conservatrice. Era molto divertente, ma non bene strutturato, forse, e finì per costituire un divertimento per pochi intimi, quelli che leggevano Arbasino su “Il Giorno”» (Bini).

sabato 18
ore 16.30
Processo alla città (1952)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: Ettore Giannini, Francesco Rosi; sceneggiatura: Suso Cecchi d’Amico, E. Giannini; collaborazione alla sceneggiatura: Diego Fabbri, L. Zampa, Turi Vasile; fotografia: Enzo Serafin; musica: Enzo Masetti;montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Amedeo Nazzari, Silvana Pampanini, Paolo Stoppa, Mariella Lotti, Franco Interlenghi, Irene Galter; origine: Italia; produzione: Film Costellazione; durata:98′
Ai primi del secolo, a Napoli, il giudice Antonio Spicacci emette alcuni mandati di cattura nei confronti di alcune persone coinvolti in due omicidi di stampo camorristico. La matassa è intricatissima, gli indiziati sono numerosi, alcuni insospettabili, e i malviventi godono di protezioni e conoscenze altolocate. Il giudice Spicacci si trova di fronte a un bivio: lasciar perdere l’indagine o andare fino in fondo, a costo di mettere a soqquadro la città? «Non è solo il miglior film di Zampa, anche per merito dell’efficiente sceneggiatura (Suso Cecchi D’Amico, Ettore Giannini, Diego Fabbri, Turi Vasile) e uno dei rari drammi giudiziari riusciti del cinema italiano, ma anche una di quelle opere in cui le istanze civili e morali del neorealismo s’innestano sul robusto tronco di un melodramma popolare attento alla lezione del cinema americano d’azione» (Morandini).
Versione ristampata dalla Cineteca Nazionale

ore 18.15
Anni difficili (1948)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: dal racconto di Vitaliano Brancati Il vecchio con gli stivali; sceneggiatura: Sergio Amidei, V. Brancati, Franco Evangelisti, Enrico Fulchignoni; fotografia: Carlo Montuori; musica:Franco Casavola;montaggio: Eraldo Da Roma;interpreti: Umberto Spadaro, Massimo Girotti, Ave Ninchi, Milly Vitale,Odette Bedogni, Ernesto Almirante; origine: Italia; produzione:Briguglio Film; durata: 92′
Aldo, un modesto impiegato del comune di Modica, è costretto per necessità a iscriversi al partito fascista, imitato dalla moglie e dai figli. Il figlio maggiore viene ucciso dai tedeschi durante la ritirata. Finita la guerra, Aldo è accusato di essere stato fascista, senza esserlo realmente stato. «Anni difficili è il film di questi ultimi venti anni, è l’epopea antiretorica, a suon di marce funebri, di noi tutti, italiani delle due ultime generazioni. L’ha scritta Vitaliano Brancati (riducendola da un suo premiatissimo racconto, Il vecchio con gli stivali), l’ha scritta con quella sottile amarezza, quella spietata ironia, quell’impalpabile senso di fatalità tragica che tutti conoscono in lui, siciliano e scrittore» (Rondi).
Versione restaurata da Cineteca Italiana di Milano, Cineteca di Bologna e Museo del Cinema di Torino
Copia proveniente dalla Cineteca di Bologna – Ingresso gratuito

ore 20.00
Pelle viva (1962)

Regia: Giuseppe Fina; soggetto: G. Fina; sceneggiatura: Carlo Castellaneta, G. Fina; fotografia: Antonio Macasoli; montaggio: Gabriele Variale;musica:Carlo Rustichelli; interpreti: Raoul Grassilli,Elsa Martinelli, Franco Sportelli, Lia Rainer, Narcisa Bonati, Roberto Barbieri; produzione:Cinematografica 61; durata: 115′
Andrea è un operaio e ogni giorno per recarsi in fabbrica prende il treno. Conosce Rosaria, una ragazza madre meridionale del sud. Ben presto si sposano. Ma la vita non è facile. L’uomo, a causa di uno sciopero, si trova coinvolto in disordini. Interviene la polizia e Andrea viene tradotto in questura con altri dimostranti. Per questo subirà un processo. «Pelle viva, in poche parole, racconta la storia di uno di quei trecentomila operai che ogni mattina all’alba invadono Milano verso le fabbriche e che ogni sera l’abbandonano per far ritorno ai paesi della provincia su quei treni-operai che sono uno spettacolo di antiquariato e di lentezza. Una vita, la loro, spesa interamente viaggiando e lavorando. […] Un clima e una condizione umana delle più opprimenti dove non c’è il tempo per vivere nel senso più bello della parola
» (Fina).

ore 22.00
Toh, è morta la nonna! (1969)

Regia: Mario Monicelli; soggetto: Luisa Montagnana; sceneggiatura: Luigi Malerba, Luisa Montagnana, Stefano Strucchi, Mario Monicelli; fotografia: Luigi Kuveiller; montaggio: Ruggero Mastroianni; musica: Piero Piccioni; interpreti: Wanda Capodaglio, Valentina Cortese, Carol André, Raymond Lovelock, Sergio Tofano, Hélène Ronée; origine: Italia; produzione: Vides Cinematografica; durata: 89′
Adelaide è titolare di un’affermata industria di insetticidi. Muore fulminata dalla corrente elettrica, mentre cerca di riparare il televisore. Non è un tragico incidente, ma un omicidio progettato dal marito. Intorno alla salma si ritrovano i figli con le rispettive consorti, tutti impegnati ad accaparrarsi l’eredità della defunta. Solo il nipote Carlo Alberto, un contestatore, l’unico che abbia voluto veramente bene alla nonna, si intrattiene al capezzale, instaurando con il suo spirito un disinteressato colloquio sul pensiero maoista. Nel frattempo i parenti cominciano ad uccidersi l’un l’altro. «Con questo cinico e survoltato de profundis sulla famiglia italiana, Monicelli opera uno strappo sul piano ideologico, che non verrà più ricucito nella sua filmografia successiva: dagli anni Settanta in avanti, il discorso sulla famiglia […] si mostra inscindibile da un altro elemento simbolico che viene via via crescendo di importanza, la presenza della morte» (Leonardo De Franceschi).

domenica 19
ore 17.00
La cuccagna (1962)

Regia: Luciano Salce; soggetto: da un’idea di Luciano Vincenzoni e Alberto Bevilacqua; sceneggiatura: L. Salce, L. Vincenzoni, Carlo Romano, Goffredo Parise; fotografia: Enrico Menczer; musica: Ennio Morricone; montaggio: Roberto Cinquini; interpreti: Donatella Turri, Luigi Tenco, Umberto D’Orsi, Anna Baj, Emilio Barella, Liù Bosisio; produzione:Giorgio Agliani Cinematografica, C.I.R.A.C.; durata: 95′
Rossella, una ragazza anticonformista, attraverso il lavoro cerca di fuggire dall’ambiente familiare, ma le occupazioni che trova non la soddisfano. Conosce Giuliano, un giovane contestatore, più a parole che con i fatti, il quale cerca di aprirle gli occhi. La ragazza è contagiata dal pessimismo di Giuliano e i due meditano addirittura il suicidio, salvo ritrovarsi più uniti che mai e sempre più attaccati alla vita, nonostante tutto. «In La cuccagna io anticipavo un personaggio esploso poi nel ’68, il personaggio del contestatore del ’68. Fatto da Tenco, giovane, disadattato, ribelle, anticipatore persino fisicamente» (Salce).
Versione restaurata dalla Cineteca Nazionale

ore 19.00
Smog (1962)

Regia: Franco Rossi; soggetto: Pier Maria Pasinetti, Franco Rossi, Franco Brusati, Giandomenico Giagni; sceneggiatura: F. Brusati, P. Festa Campanile, Massimo Franciosa, Ugo Guerra; fotografia: Ted McCord; musica: Piero Umiliani; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Enrico Maria Salerno, Annie Girardot, Renato Salvatori, Casey Adams, Peggy Moffitt, Dennis Diggin; origine: Italia; produzione: Titanus; durata: 101′
Un avvocato italiano in viaggio verso il Messico si ferma per un giorno a Los Angeles. Fa amicizia con un italiano che vive di espedienti, che lo introduce nel bel mondo californiano, fra ville e party, cinema e politica. L’avvocato è attratto dal lusso e dalle possibilità offerte dalla società americana, ma nello stesso tempo si sente spaesato e fuori posto, incapace di inserirsi in un meccanismo di progressiva disumanizzazione.«Smog è un film rigoroso e, in un certo senso, moralistico. È tutto un fatto speculare: se uno gira in una città a quel tempo così inedita quanto lo era Los Angeles finisce con l’essere un po’ preso da quello che vede giorno per giorno, e la prima lettura del film sembra più una specie di curioso documentario su una città allora così remota che non un vero e proprio discorso. Invece questo c’era, c’era questa voglia di rappresentare, magari con lo stesso attore di Odissea nuda [Enrico Maria Salerno], un certo tipo di italiano…» (Franco Rossi).
Versione ristampata dalla Cineteca Nazionale

ore 21.00
L’italiana in Algeri (1968)

Regia: G. Gianini, E. Luzzati; soggetto e sceneggiatura: G. Gianini, E. Luzzati; fotografia: G. Gianini; musica: Gioacchino Rossini (ouverture de L’italiana in Algeri); montaggio: G. Gianini; origine: Italia; produzione: G. Gianini, E. Luzzati; durata: 11′
Sulle note di Gioacchino Rossini, il viaggio di Isabella e Lindoro che, partiti da Venezia, naufragano sulle coste di Algeri. Poi Isabella è rapita dal sultano Mustafà. «Come bambino, a me piace raccontare. Raccontare […] con tutti i mezzi, tutte le materie: il disegno, la ceramica, la scenografia e, soprattutto, il cartone animato. Il cinema d’animazione è più ricco di risorse, costituisce forse per me la forma espressiva più completa. Ha un elemento in più rispetto alle altre: il movimento» (Luzzati).

a seguire
Nostra signora dei turchi (1968)

Regia: Carmelo Bene; soggetto e sceneggiatura: C. Bene dal suo romanzo omonimo; fotografia: Mario Masini; montaggio: Mauro Contini; interpreti: Carmelo Bene, Lydia Mancinelli, Ornella Ferrari, Anita Masini, Salvatore Siniscalchi, Vincenzo Musso; produzione: Giorgio Patara, C. Bene; durata: 142′
Un intellettuale, così febbricitante da sembrare patologicamente irrecuperabile, ha un confuso ricordo di una strage compiuta dai turchi a Otranto. Immedesimandosi in una delle vittime, gli appare una donna, Margherita, la quale, con gli abiti di santa Maria d’Otranto, lo tratta con pietosa amorevolezza. Altre visioni, tra fantasia e ricordi, si accavallano, interrompendo il dialogo con Margherita. «Io sono un anarchico: non rispetto nessuna specie di conformismo. […]. Come tragica farsa della vita interiore (o solitudine) di un personaggio-situazione, o meglio di una situazione che si fa personaggio, questo mio film è un’opera di autocontestazione. Quanto alla storia, favola o storiella, è tutto quello che vi piacerà. […]. Di Nostra Signora dei Turchi è inutile che vi parli: non capirebbe niente nessuno» (Bene).
Versione integrale restaurata dalla Cineteca Nazionale

 

Date di programmazione