Cera una volta lalta definizione
06 Novembre 2014 - 07 Novembre 2014
«Nel 1983, la Rai con la Sony e con la giapponese NHK sperimenta un nuovo standard televisivo (HDTV, l’Alta Definizione) che avrebbe dovuto semplificare la ripresa cinematografica. Primo test a Venezia Arlecchino (1982) di Giuliano Montaldo, con Vittorio Storaro. Altre le verifiche come Giulia e Giulia (1987) di Peter Del Monte con Giuseppe Rotunno. Ma l’HDTV risulta inadeguata a sostituire la pellicola di ripresa. Dalla filiera messa a punto però, il telecinema, diventato scanner, aumenta la definizione della scansione dell’immagine che può così entrare nel computer, aprendo le porte al cinema digitale» (Carlo Montanaro, Presidente dell’Airsc).
Programma a cura dell’ Airsc – Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema con la collaborazione di Cineteca Nazionale, Rai, Smpte – Society of Motion Picture and Television Engineers
giovedì 6
ore 16.30 Il mistero di Oberwald di Michelangelo Antonioni (1981, 129′)
«Regina vedova ospita giovane e romantico anarchico che voleva ucciderla. Nasce l’amore, ma trionfa la morte. Strano incontro di Antonioni con il turgido teatralismo di Jean Cocteau, con un testo (L’aigle à deux têtes, 1946, trasferito in film nel 1948 dallo stesso autore) che non gli poteva non essere estraneo. È un esercizio sperimentale per l’impiego del colore elettronico (dunque, manipolabile), una ricerca sull’immaginario, un lavoro sull’immagine filmica. Vitti brava sotto le righe, ma il più bravo è il cattivo Bonacelli» (Morandini).
ore 18.45 Giulia e Giulia di Peter Del Monte (1987, 97′)
Sette anni dopo il tragico incidente (la morte del marito nel giorno delle nozze) che le ha sconvolto la vita, capita a Giulia qualcosa che ha dell’incredibile… «Primo esempio – secondo alcuni – in Italia di lungometraggio girato con mezzo elettronico ad alta definizione (1125 linee anziché 625). In realtà già nel 1979 Michelangelo Antonioni girò Il mistero di Oberwald con telecamere tecnologicamente all’avanguardia. Il nastro fu poi riversato in pellicola per le proiezioni in sala» (Poppi).
a seguire Oniricon di Enzo Tarquini (1985, 11′)
Cortometraggio realizzato con telecamere ad alta definizione e successivamente trascritto su pellicola 35 mm.
ore 20.40 Incontro moderato da Mario Musumeci con Stefano Francia Di Celle, Giuliano Montaldo, Carlo Montanaro, Enzo Sallustro, Federico Savina, Gianluca Veronesi, Franco Visintin
a seguire Arlecchino di Giuliano Montaldo (1982, 8′)
Venezia, le sue calli e la gestualità di Arlecchino sono le protagoniste di questo esperimento realizzato per testare il nuovo sistema di ripresa HDTV e verificarne la prestazione in esterni e in un clima difficile a causa dell’umidità. «La rivoluzione elettronica sarà tale e quale quella dell’avvento del sonoro, succederà proprio come con il colore: si inizierà inevitabilmente con degli eccessi, delle enfasi, fino ad arrivare […] all’equivalente delle scelte che si fanno oggi con il colore, e cioè alla decolorazione» (Montaldo). Restauro a cura della Cineteca Nazionale in collaborazione con Rai e Airsc.
Ingresso gratuito
a seguire Backstage di Arlecchino di Giuseppe Vannucchi (1983, 12′)
Il backstage di Arlecchino era un servizio per n. 159 del rotocalco televisivo TAM TAM, curato da Giuseppe Vannucchi con la fotografia di Luigi Vettore. Fu girato nel gennaio-febbraio 1983 durante le riprese in HD di Arlecchino.
Ingresso gratuito
a seguire Aria (1987, 90′)
Dieci registi (Robert Altman, Bruce Beresford, Bill Bryden, Jean-Luc Godard, Derek Jarman, Franc Roddam, Nicolas Roeg, Ken Russell, Charles Sturridge e Julien Temple) “interpretano” altrettanti brani musicali classici (Verdi, Lully, Korngold, Rameau, Wagner, Puccini, Charpentier, Leoncavallo). È stato presentato in concorso al Festival di Cannes 1987.
Ingresso gratuito
venerdì 7
ore 17.00 Nirvana di Gabriele Salvatores (1996, 115′)
«Nel 2005, in una metropoli formata da un Centro protetto e da miserande e pericolose periferie etniche (Marrakech, Shangai Town, Bombay), tre uomini che diventeranno amici cercano di sfuggire all’infelicità della propria vita reale o immaginaria […]. Caso raro di film italiano che crea un mondo e inventa spazi, fu girato nell’area industriale dismessa dell’Alfa Romeo di Milano (e nei sotterranei del macello comunale), dove lo scenografo Giancarlo Basili ha inventato un microcosmo fantastico con un occhio a Bosch, Escher e la Pop Art. È un film psichedelico in cui Salvatores cerca di aprire nuove porte alla percezione e gioca abilmente le carte dei prestiti, degli stili, delle idee altrui e della contaminazione dei generi» (Morandini).