Home > Ben Gazzara, un attore sempre presente
Ben Gazzara, un attore sempre presente
15 Aprile 2012 - 15 Aprile 2012
Inseguendo omaggi e necrologi, in un cinema costretto ogni giorno a elaborare lutti e pezzi di Storia che come iceberg si allontanano all’orizzonte, mentre il ghiaccio, lo schermo gelido, si sta squagliando, è la volta, purtroppo, di Ben Gazzara, straordinario interprete di un cinema che non c’è più, il cinema di John Cassavates, dentro e contro Hollywood, ma anche inconfondibile volto di un cinema presente ma anche futuro (fratelli Coen, Spike Lee, Mamet, Solondz, Von Trier) e di tanto cinema italiano (Monicelli, Ferreri, Orsini, Montaldo, Festa Campanile, Bevilacqua, l’esordio di Tornatore con Il camorrista, ma lo ricordiamo anche indimenticabile in un film dimenticato, Afyon-Oppio di Ferdinando Baldi), a saldare i conti con il destino di italo-americano, nato a New York da emigrati siciliani, legato visceralmente alle sue origini, al punto di continuare a parlare un italiano personalissimo. Giorgio Carbone ha scritto dopo la sua morte: «Aveva il carisma di Bogart, la cattiveria (se voleva) di Cagney, la sensibilità di Brando, le cicatrici da ragazzo di strada di Garfield. Perché non riuscì a diventare nessuno dei quattro? Probabilmente perché non ebbe nessun “studio” che gli creasse il film e i personaggi ad hoc». In realtà, Gazzara non era attore da identificare con un ruolo che lo rendesse immortale, hic et nunc, ma era uno di quegli interpreti che costruivano un puzzle attorno alle proprie prove, aggiungendo ogni volta un tassello, sempre quindi alla ricerca di una nuova sfida, senza fermarsi mai, senza snobismi, a volte anche senza paracadute, in film non all’altezza del suo talento, ma nei quali emergeva sempre perché il suo viso spaccava in due lo schermo, ovunque lo si collocasse all’interno del quadro: protagonista, spalla, comprimario, semplice volto nella folla. Gazzara risaltava sempre, sul suo viso c’era un fondo di ironia, di chi è consapevole che è tutto un gioco, la vita, non solo il cinema, nel suo sguardo riecheggiava una filosofia esistenziale, il non prendersi troppo sul serio, il gusto dissacrante della battuta, una certa malinconia, che in ogni momento poteva saltar fuori, a donare al personaggio un’ulteriore chiave di lettura. Una sfumatura in più di un attore che aveva risorse inesauribili e non aveva paura di sprecarle, per cui generosamente si concedeva alla macchina da presa e oggi rimpiangiamo, soprattutto, per questa sua presenza costante, persino familiare per chi ama il cinema.
 
ore 17.00
Risate di Gioia (1960)
Regia: Mario Monicelli; soggetto: dai racconti Risate di gioia e Ladri in chiesa di Alberto Moravia; sceneggiatura: Suso Cecchi D’Amico, Age[nore] Incrocci & [Furio] Scarpelli, M. Monicelli; fotografia: Leonida Barboni; scenografia e costumi: Piero Gherardi; musica: Lelio Luttazzi; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Anna Magnani, Totò, Ben Gazzara, Fred Clark, Edy Wessel, Mac Ronay; produzione: Titanus; origine: Italia; durata: 116′
«È uno dei film più belli e meno conosciuti del grande padre del cinema italiano […] Mario Monicelli. Uscito a Natale ’60, racconta le avventure di una notte particolare, quella dei 31 dicembre con un po’ di dolce vita. Due soliti ignoti, la Magnani e Totò – coppia di rivista, l’unico film girato insieme – che si ritrovano e diventano complici di un malvivente di periferia, Ben Gazzara. Andranno nei guai tutti ma la verve della storia, il tempismo comico, l’allegria di due straordinari temperamenti della commedia rendono il film unico, da riscoprire anche per i riferimenti al cinema d’allora» (Porro).
 
ore 19.15
Storie di ordinaria follia (1981)
Regia: M. Ferreri; soggetto: liberamente tratto da Erections, Ejaculation, Exibitions and General Tales of Ordinary Madness di Charles Bukowski; sceneggiatura: Sergio Amidei, M. Ferreri, Anthony Foutz; fotografia: Tonino Delli Colli; scenografia: Dante Ferretti; costumi: Nicoletta Ercole, Rita Corradini; musica: Philippe Sarde; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Ben Gazzara, Ornella Muti, Tanya Lopert, Susan Tyrell, Judith Drake, Katia Berger; origine: Italia/Francia; produzione: 23 giugno, Ginis Film, Alpes International; durata: 97′
«Ferreri (con la collaborazione alla sceneggiatura di Sergio Amidei) insiste sul Bukowski della flânerie e della deriva metropolitana, sul poeta reietto tra i reietti. Non gli interessa il Bukowski satirico e fantastico […]. In Bukowski, ubriacone e poeta, Ferreri cerca, sì, dunque l’irriducibilità dell’arte alla vita borghese, ma più ancora – si direbbe – cerca quella comunanza di tutti i mortali in quanto mortali che solo un’arte radicale permette di scorgere, sottratta com’è al principio di prestazione. Bukowski è infatti l’uomo affrancato dalla schiavitù del lavoro, uno che non ha fretta, come gli dice Cass (Muti), la bellissima Cass, la prostituta autolesionista che ha l’abitudine d’infilarsi spilloni nella carne» (Genovese).
 
ore 21.00
Buffalo ’66 (1998)
Regia: Vincent Gallo; soggetto: V. Gallo; sceneggiatura: V. Gallo, Alison Bagnall; fotografia: Lance Acord; scenografia: Gideon Ponte; costumi: Alexis Scott; musica: V. Gallo; montaggio: Curtiss Clayton; interpreti: V. Gallo, Christina Ricci, Anjelica Huston, Ben Gazzara, Mickey Rourke, Rosanna Arquette; origine: Usa; produzione: Cinépix Film Properties, Lions Gate Films, Muse Productions; durata: 110′
Dopo aver scontato cinque anni di carcere al posto del vero colpevole, per pagare i debiti contratti scommettendo sulla squadra di football di Buffalo, Billy Brown ritrova la libertà. Con un’idea fissa in testa: uccidere il giocatore che considera responsabile della sconfitta dei Buffalo. Ma prima deve andare a far visita ai genitori, a cui ha raccontato che lavora per il governo americano, che si è sposato e che gira per il mondo. Per rendere credibili le sue bugie, Billy ha bisogno di una moglie e non trova di meglio che rapire una ragazza che sta prendendo lezioni di tip tap in una scuola di danza. «Si può fare un film per superare il proprio complesso di Edipo? Figlio di emigranti siciliani, pittore affermato, attore di successo, Vincent Gallo ha esordito dietro la macchina da presa in Buffalo ’66 per vendicarsi dei genitori e di un amore mai ricevuto: botte dal padre e disinteresse dalla madre che al figlio preferiva i campioni dello sport. […] Film indipendente a basso budget, Buffalo’66 mescola in giuste dosi rabbia e ironia, realismo e senso dell’humour» (Natta).

 

 

Date di programmazione