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Barbara Steele, la regina del gotico
08 Settembre 2015 - 11 Settembre 2015
Figlia di una pianista e di un direttore d’azienda, Barbara Steele studia scenografia, pittura e teatro alla Chelsea Art School della London University e alla Sorbona. Esordisce come attrice sostituendo un’altra interprete su un palco di Glasgow. Dopo piccoli ruoli, lavorando qualche volta anche come modella, appare in alcune commedie cinematografiche, come Uno straniero a Cambridge (1958) di Wolf Rilla. Decide di andare a Hollywood, ma il vero successo lo trova in Italia grazie all’allora esordiente Mario Bava, che per La maschera del demonio le cuce addosso il duplice ruolo di una strega e di una sua discendente. Viene poi affiancata a Vincent Price per Il pozzo e il pendolo (1961) di Roger Corman e, dopo una piccola parte nel serial televisivo Alfred Hitchcock presenta…, torna in Italia diventando la regina incontrastata del gotico italiano. È protagonista di film di grande successo che diventeranno nel tempo dei veri e propri cult: da L’orribile segreto del dr. Hichcock di Riccardo Freda a Danza macabra e I lunghi capelli della morte di Antonio Margheriti, senza dimenticare Amanti dell’oltretomba di Mario Caiano e Un angelo per Satana di Camillo Mastrocinque. Ma Barbara ha recitato anche in pregevoli pellicole non necessariamente di genere: in Un tentativo sentimentale (1963) e ne Le voci bianche (1964), entrambi diretti da Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile. Federico Fellini le affida il ruolo di Gloria Morin, che schiavizza Mario Pisu e incanta Marcello Mastroianni nel capolavoro (1963). Recita pure per Luciano Salce, a fianco di Ugo Tognazzi, ne Le ore dell’amore (1963) e per Lucio Fulci nel comico I maniaci (1964). Nel 1965 è nel cast della rivisitazione sofferta e attuale del grande romanzo di Robert Musil I turbamenti del giovane Törless (1965) di Volker Schlöndorff e nel film culto L’armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli. L’ultimo suo film girato in Italia è il curioso Fermate il mondo… voglio scendere (1969) di Giancarlo Cobelli. Poi l’attrice ha lavorato soprattutto in America, in Femmine in gabbia (1974) di Jonathan Demme, Il demone sotto la pelle (1975) di David Cronenberg, Pirañha (1978) di Joe Dante.
Negli anni Ottanta si ritira dagli schermi per dedicarsi alla produzione soprattutto televisiva, non senza concedersi, di tanto in tanto, qualche apparizione in una fiction televisiva o in qualche pellicola cinematografica.
Tim Burton la definisce come «una di quelle attrici che non si dimenticano, è una dea dell’horror, è un’attrice senza tempo, che sembra possedere uno spirito antico reincarnato milioni di volte in sembianze sempre diverse». Roger Corman la ricorda come «una persona profonda, all’inizio sembrava soltanto una bella donna, poi potrei addirittura sconfinare nella poesia: nei suoi occhi si potevano scorgere delle qualità che andavano ben al di là delle apparenze. Una donna molto misteriosa e inquietante». Joe Dante ha dichiarato che l’attrice «è stata protagonista di molti film nonostante fossero proiettati in cinema popolari come i drive-in, spesso in doppia programmazione, erano sicuramente più audaci dei film americani che giravano a quel tempo. Anche se la maggior parte fu rieditata prima di raggiungere il mercato americano, i film contenevano più di un’allusione alla necrofilia e all’omosessualità femminile, interpretava sempre il ruolo di una strega sexy. Negli anni settanta, Barbara lavorò oltre che con me, con registi del calibro di Cronenberg e di […] Demme. La scelta di averla nel cast fu fatta perché l’avevamo vista nei film della nostra adolescenza e al contrario di altri attori della sua generazione era rimasta impressa in maniera indelebile nei nostri ricordi».
Rassegna in collaborazione con il Fantafestival
 
martedì 8
ore 17.00 di Federico Fellini (1963, 138′)
«Un misto tra una sgangherata seduta psicanalitica e un disordinato esame di coscienza in un’atmosfera da limbo» (F. Fellini). «La masturbazione di un genio» (Buzzati). «Una tappa avanzata nella storia della forma romanzesca» (Arbasino). «Una costruzione in abisso a tre stadi» (Metz).
 
ore 19.30 Il capitano di ferro di Sergio Grieco (1962, 110′)
Un soldato di ventura, Furio, soprannominato “Il Capitano di Ferro”, che ha avuto la sua famiglia sterminata dai Lanzichenecchi, cova la vendetta contro il responsabile dell’eccidio, Gualtiero Von Rauschiwz. Il conte di Guastalla, da cui viene assoldato, gli ordina di persuadere pacificamente Gualtiero a rinunciare alle sue terre, che quest’ultimo aveva adocchiato con cupida avidità. Ma Furio, avendo Gualtiero commesso nuovi massacri, incendia il campo dei Lanzi, trascinando seco Floriana, una sua antica fiamma, divenuta ora la donna di Gualtiero; in conseguenza della sua azione viene licenziato. Frattanto la zingara Duska, anch’essa innamorata di Furio, viene a conoscenza di un segreto militare comunicato da un messo dell’Imperatore a Gualtiero, e informa il Capitano di Ferro del piano dei Lanzi, che mostrano nella persona del conte di Guastalla un traditore.
 
ore 21.30 Un tentativo sentimentale di Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa (1963, 100′)
«Parola non nuova, ormai, quella dell’incomunicabilità: se ne usa e se ne abusa (anche se troppi ne dimenticano la lontana paternità pirandelliana) e il più delle volte se ne parla come di un dato di fatto che ha in sé e solo in sé le sue spiegazioni. […] Franciosa e Festa [Campanile], al contrario, preso atto di questa incomunicabilità, hanno voluto studiarne i motivi […] per poterceli, dopo, dire fino in fondo, a illustrazione e chiarimento dei loro personaggi. Chi sono questi personaggi? Sono gli esponenti tipici di una piccola parte di una borghesia dorata che, nel passatempo mondano, nei giochi di società, nelle villeggiature, esplica quasi per intero la sua attività: le donne ciniche e frivole; gli uomini spesso più frivoli di loro, più deboli. Lui, però, il protagonista, non è così cieco da non rendersi conto che quella vita lo soffoca e lo annienta, così, quando incontra una donna del suo stesso ambiente, vittima delle sue stesse crisi […]: sulle prime quasi come per un’avventura […], ma poi con una passione che, a poco a poco, rischia di mutare la sua esistenza» (Rondi).
 
mercoledì 9
ore 17.00 Le voci bianche di Pasquale Festa Campanile (1964, 109′)
«Nella Roma del Settecento, quand’erano in voga i cantori evirati, un giovane popolano finge di farsi castrare e fa carriera anche perché spopola, non solo con la voce, tra le belle aristocratiche. Una delle più impertinenti e spregiudicate tra le farse in costume degli anni ’60. La sceneggiatura (cui collaborò anche Luigi Magni) funziona, gli attori sono in forma, la cornice storica ha una sua fantasiosa eleganza. Sullo stesso tema, ma in tutt’altra chiave, fu fatto Farinelli – Voce regina (1994)» (Morandini).
 
ore 19.00 I soldi di Gianni Puccini (1965, 91′)
Tredici episodi di breve durata sul ruolo del denaro nella nostra società e sui condizionamenti nella vita e nelle azioni delle persone, attraverso le storie di alcuni personaggi fortemente simbolici. Negli anni Sessanta Puccini sperimentò spesso la formula del film ad episodi, dove poteva riversare la sua grande creatività nel creare storia.
 
ore 20.45 L’armata Brancaleone di Mario Monicelli (1966, 120′)
Nel Medioevo un gruppo di sbandati entra in possesso di una pergamena che li rende proprietari del feudo di Aurocastro nelle Puglie. Guidati da Brancaleone, si mettono in marcia incorrendo in mille traversie. Film epocale, «pirotecnico nelle trovate (la lingua postlatina-viterbese, i costumi di Piero Gherardi, i colori di Carlo Di Palma, la musica di Carlo Rustichelli, i titoli animati di testa e di coda di Gianini e Luzzati), è una delle punte più alte del cinema popolare italiano, un autentico capolavoro di fantasia e avventure farsesche» (Mereghetti). Il «geniale impasto di vari dialetti al quale gli sceneggiatori Age e Scarpelli sono riusciti a dare una patina antica» (Kezich) è degno di approfonditi studi filologici.
 
giovedì 10
ore 17.00 5 tombe per un medium di Massimo Pupillo (1965, 89′)
«Girato da Massimo Pupillo a causa di un contratto che lo legava alla MBC per due film, 5 tombe per unmedium è accreditato per volere dello stesso regista al produttore Ralph Zucker […]. Storia di fantasmi e di vendetta, di tradimenti e pratiche esoteriche: le cinque tombe del titolo sarebbero quelle dei testimoni della morte violenta del dottor Jeronimus, destinati a soccombere uno dopo l’altro in maniera misteriosa» (Giacomo Calzoni). Film di culto, come altri diretti da Massimo Pupillo (su tutti, Il boia scarlatto), in cui risalta il fascino perverso di Barbara Steele. «I miei rapporti con lei furono pessimi per i primi tre giorni. Il suo atteggiamento fu, in quell’occasione, ributtante; cioè, lei era l’attrice che si degnava di fare un horror. Al quarto giorno mi sono girate le pa…lpebre, l’ho affrontata davanti a tutti e le ho detto che era stata chiamata per fare un horror, aveva letto la sceneggiatura, aveva accettato, aveva firmato il contratto e quindi io mi aspettavo da lei la massima collaborazione. Dopo questa sparata, fatta non col tono calmo di come la racconto, Barbara Steele è stata adorabile per tutto il resto del film» (Pupillo).
 
ore 19.00 L’orribile segreto del Dr. Hichcock di Riccardo Freda (1962, 94′)
«L’orribile segreto del Dr. Hichcock venne girato in soli dodici giorni nell’aprile del 1962 tutto in una villa abbandonata ai Parioli. La necessità (economica) di realizzare un intero film all’interno di una grande villa e in un tempo così ridotto ha dato modo a Freda di sfruttare al meglio gli elementi del gotico, improvvisando catacombe, passaggi segreti e morgue […]. La casa stessa è una cripta, dentro la quale si celebra il fascino per la morte. L’orrore del dr. Hichcock, o meglio il suo “orribile” segreto, sta proprio qui: nell’attrazione morbosa che cova nei confronti di un corpo (di donna) inanimato. […] Barbara Steele perde completamente il fascino ambiguo che Mario Bava le aveva cucito addosso in La maschera del demonio (1960) e incarna una figura più consona alle eroine del genere. È la vittima sacrificale, la fanciulla in pericolo intrappolata per sempre nelle catacombe della villa (magari chiusa in una bara sul cui coperchio è ricavato un oblò) e nella mente del marito» (Gomarasca).
 
ore 21.00 Lo spettro di Riccardo Freda (1963, 100′)
«Sull’onda del successo di L’orribile segreto del dottor Hichcock, produttori e regista decidono di concedere il bis. Siccome però quei personaggi non sono più disponibili, ecco la trovata: un’altra storia, mantenendo il nome del protagonista e più o meno lo stesso cast, ma senza nessuna continuità narrativa con il film precedente. Secondo Teo Mora (in un memorabile articolo uscito sulla fanzine genovese “Il falcone maltese” negli anni Settanta), questo film è superiore al precedente, al quale forse ha un po’ nuociuto una sorta di autocensura sulla necrofilia che ha reso in parte incomprensibile la storia (ancora di più all’estero, per esempio negli Stati Uniti dove sono stati tolti dal dialogo e dalle sequenze tutti gli accenni a quella perversione). Questa volta, siamo nella Scozia del 1910, è la moglie che ha un amante e vuole far fuori il dottor Hichcock somministrandogli un veleno. Lui però ha chiaro cosa sta succedendo e la governante decide di dargli una mano. Come dice il prete interpretato da Umberto Raho in uno straordinario finale a effetto, il male non viene dall’aldilà, il male lo creiamo noi» (Della Casa/Giusti).
Copia proveniente da Istituto Luce-Cinecittà
                                                                                  
venerdì 11
ore 17.00 I maniaci di Lucio Fulci (1964, 90′)
«È una gustosa carrellata su ossessioni, tic, fissazioni e vizi dell’Italietta di quegli anni. In realtà, è solo un pretesto per mettere in scena numerose macchiette, comunque ben tratteggiate e girate con gusto» (Albiero/Cacciatore). Con Walter Chiari, Enrico Maria Salerno, Barbara Steele, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini, Franco Fabrizi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Valerio Caprioli.
 
ore 19.00 Piraña di Joe Dante (1978, 94′)
«Il solito scienziato pazzo alleva piranhas, pesci assassini e famelici, per conto della CIA che vorrebbe usarli per la guerriglia contro i Vietcong. Ma si commette un errore. Strage di bagnanti. Il modello è Lo squalo, ma, nonostante il basso costo, grazie a un’intelligente sceneggiatura di John Sayles (non priva di risvolti parodistici), J. Dante se la cava con un racconto svelto che non ha paura di stanchezza. Prodotto da R. Corman» (Morandini).
 
ore 20.45 The Butterfly Room – La stanza delle farfalle di Gionata Zarantonello (2012, 87′)
Ann (Barbara Steele), una signora elegante e solitaria, ossessionata dalla sua collezione di farfalle, stringe un’insolita amicizia con Alice, una bambina di una bellezza inquietante. Con la sua ammaliante innocenza, Alice instaura con Ann una distorta relazione madre-figlia. Attirata nel suo mondo malato, Ann presto scopre di non essere l’unica a ricevere attenzioni dalla bambina. Con effetti speciali curati dallo studio AFX, vincitore di due premi Oscar ed immagini eleganti e raffinate, in contrasto con la morbosità della storia, La Stanzadelle Farfalle è una storia tutta al femminile, un thriller americano, con un’anima europea. «Mi sono appena resa conto che questo è il primo film horror in cui l’unico sangue che si vede è sangue mestruale…» (Steele, durante le riprese del film). «La regina del gotico ha finalmente lasciato il suo castello ed è salita di nuovo sullo schermo» («Fangoria»).
Date di programmazione