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Anteprima i 1000(o)cchi. Festival Internazionale del Cinema e delle Arti
14 Settembre 2010 - 15 Settembre 2010
«Per un festival che ha il chiodo fisso del work in progress, fa piacere che l’anteprima al Cinema Trevi si rinnovi dopo la felice esperienza dell’anno scorso. Coerentemente con l’idea numero uno di i 1000(o)cchi, contraddire la presunta “attualità”, il pregiudizio che solo il cinema del giorno prima arrivi da contemporaneo agli spettatori di oggi, la collaborazione con l’officina cinetecaria è fondamentale. Questo Festival del cinema e delle arti, realizzato dall’Associazione Anno uno con la mia direzione, era nato nove anni fa con la partnership della Cineteca del Friuli. Nel crescente rafforzamento di sinergie con molte cineteche italiane ed estere, il rapporto con la Cineteca Nazionale è ormai un perno, e passa anche attraverso progetti di ricerche e restauri, di cui il festival vuole rendersi una reinvenzione di visioni. La pluralità che è contenuta nel nome stesso del festival è per noi rivolta anche a una pluralità di territori: sono molti i tipi di cinema e gli autori amati, nella convinzione che ciò non sia “eclettismo” bensì quell’imporsi del reale sull’immagine che Rossellini ci ha insegnato. Il suo nome è, con Dreyer, Straub-Huillet, McCarey…, tra le presenze che ritornano nei nostri programmi, incontrandosi in “convergenze parallele” con i grandi minori di cui il cinema italiano deborda. Il programma della IX edizione (Trieste, 18-25 settembre 2010) conterrà omaggi, talvolta ideati in collaborazione con altre iniziative, che vanno da Giorgio Bianchi (di cui abbiamo incoraggiato la ristampa di una rarità con la “geniniana” Marta Toren, nostra icona di quest’anno) a Brunello Rondi. Fuori dall’Italia si proseguiranno gli omaggi a Schroeter e Baratier, che avevano onorato il festival con la loro presenza e dei quali ricorderemo la recente scomparsa (come anche quella di Rohmer). Ci si rioccuperà di Papatakis e Autant-Lara, e si avvierà invece l’attenzione verso Thomas Harlan, Alain Cuny, Marc Scialom e altri cosiddetti “marginali”. S’inaugurerà anche un pluriennale viaggio attraverso le rarità del cinema tedesco-federale, curato da Olaf Möller e naturalmente intitolato Germania anno zero» (Sergio Grmek Germani).
 
martedì 14
ore 17.00
La donna dell’altro (Jons und Erdme. Die Frau des Anderen, 1959)
Regia: Victor Vicas; sceneggiatura: Robert A. Stemmle, V. Vicas, dal libro di Hermann Sudermann; fotografia: Goran Strindberg; scenografia: Rolf Zehetbauer; musica: Bernhard Eichhorn; interpreti: Giulietta Masina, Carl Raddatz, Karin Baal, Richard Basehart, Gert Fröbe, Werner Peters; origine: Germania Occidentale/Italia; Kurt Ulrich Film, Nembo Film; durata: 112′
«i 1000(o)cchi non sono costruiti per “sezioni”, “retrospettive”, “informative” ma per percorsi che vorrebbero intrecciare tutto il programma, collegare film del passato e del presente, trovare impensate convergenze parallele e creare incontri imprevisti, sia tra cineasti fisicamente presenti al festival sia tra film che ci raggiungono anch’essi come una presenza fisica (e perciò, non per rispettare astratte regole, ci teniamo a proiettarli nei formati originali). Questa coproduzione italo-tedesca ben introduce uno dei percorsi maggiori di quest’anno, rivolto ai film più sregolati della Repubblica Federale Tedesca, seguendo una prima chiave intitolata Of Beauty and Sufference. Vicas, cineasta apolide nato in Russia e morto in Francia, che attraversò anche il cinema americano, riunisce un cast che già a leggerlo si tiene insieme in un equilibrio impossibile: Giulietta Masina, Richard Basehart, Karin Baal, Gert Fröbe, Werner Peters, Lila Kedrova…» (Germani).
ore 19.00
La grande ombra (1957)
Regia: Claudio Gora; soggetto: da un’idea di Piero Costa; sceneggiatura: Mario Guerra, Guido Pillon, Luigi Tupini, Marco Albani; fotografia: Oberdan Trojani; musica: Valentino Bucchi; montaggio: Mariano Arditi; interpreti: Massimo Serato, Mara Berni, Scilla Vannucci, Maria Luisa Rolando, Franco Balducci, Amleto Adami; origine: Italia; produzione: Internazionale Artisti Associati; durata: 94′
«In una sinergia tra archivi pubblici e privati, maggiori e minori esistenti in Italia si può vivaddio riunire tutta l’opera da regista di Claudio Gora, cineasta sfuggente i cui due primi film sono ormai dei classici postneorealisti ma le cui realizzazioni successive spiazzano ogni volta. Tra il 1956 e il 1957 egli realizza due film che ben convergono con quello qui restaurato di Bianchi (proiezione che segue), e non solo perché i giochi dei titoli ci divertono e non sono una pista irrilevante: se Tormento d’amoreripropone come protagonista Marta Toren, questo La grande ombrarende metafisica Mara Berni, corpo tridimensionale di Il moralistadi Bianchi e di molteplici commedie. Grandi ombre di un grande cinema…» (Germani).
Copia proveniente dalla Cineteca del Friuli
ore 21.00
Trailer de Le sorelle e presentazione di Enrico Magrelli e Sergio Grmek Germani del programma del festival e dei progetti di collaborazione tra Cineteca Nazionale e Cineteca del Friuli
 
a seguire
L’ombra (1954)
Regia: Giorgio Bianchi; soggetto: dall’omonima commedia di Dario Niccodemi; sceneggiatura: Fede Arnaud, G. Bianchi; fotografia: Tonino Delli Colli; scenografia e costumi: Veniero Colasanti; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Marta Toren, Pierre Cressoy, Gianna Maria Canale, Paolo Stoppa, Emma Baron, Filippo Scelzo; origine: Italia; produzione: Edo Film; durata: 104′
«Incoraggiando questo restauro inseguivamo un film raro, pura ombra di altre grandezze, come rivelava il casting congiunto di Marta Toren e Gianna Maria Canale. Potendolo ora vedere ne riceviamo un dono più grande di quello atteso. Giorgio Bianchi, cui è dedicato un percorso del festival (Ombre Bianchi), si rivela geniale demiurgo dei registi italiani del sublime, da Genina a Cottafavi a Freda, e non solo quel regista di commedie di cui si conosceva la felice leggerezza. Tratto da un testo di Dario Niccodemi, di cui Bianchi ha messo in cinema tutti e quattro i titoli maggiori, smentisce la puzza al naso con cui in Italia si cancellano glorie presuntamente datate, mentre in Francia Resnais si ispira a Bernstein, e Lourcelles riscopre Yves Mirande, i due autori (con Henry Bataille) paralleli a Niccodemi (che a teatro mise in scena Pirandello e diresse lungamente Vera Vergani). Ma il film va oltre l’intreccio felicemente congegnato a teatro: diventa un duetto di corpi femminili che si scambiano felicità e destini maledetti (come quelli che in vita subirono le due splendide attrici). E se Paolo Stoppa aggiunge uno dei suoi ruoli più felici (per un film che si apre con un ballo previscontiano), il fuori campo in cui resta nel finale la deuteragonista si unisce al nuovo ruolo ritrovato in campo dalla protagonista, per una reinvenzione del montaggio griffithiano che capisce tutto del rapporto tra la vita e la morte» (Germani).
Copia restaurata dalla Cineteca Nazionale – Ingresso gratuito
 
mercoledì 15
ore 17.00
La Pila della Peppa(Le Magot de Josefa, 1963)
Regia: Claude Autant-Lara; sceneggiatura: Jean Aurenche, Pierre Bost, da un romanzo di Catherine Claude; fotografia: Jacques Natteau; montaggio: Madeleine Gug; interpreti: Anna Magnani, Bourvil, Pierre Brasseur, Henri Virlojeux, Christian Marin, Jean-Marie Proslier; origine: Francia/Italia; produzione: Productions Raimbourg, S.O.P.A.C., Star Press, Arco Film; durata: 90′
«Autant-Lara è uno di quei registi incontrollati che ci interessano, fuori dalla falsa alternativa tra canoni (per quanto tendenzialmente indovinati) e revisionismi. È un regista convincente soprattutto nei suoi film anomali, e questa coproduzione italo-francese (con una splendida Magnani che si ridoppia per la versione italiana) realizza il suo amore (da stendhaliano qual’era) verso il cinema italiano, e permette a questo film di “giustificare” quella mechancetédella provincia francese che qui tocca l’apice e che talvolta si rimproverò al regista come un facile partito preso. Con gli eccellenti Bourvil e Pierre Brasseur, Anna Magnani vive una vicenda di fortune economiche impossibili, e in ciò il film ben si lega a quello che segue nel programma» (Germani).
ore 19.00
Lo scippo (1965)
Regia: Nando Cicero; soggetto e sceneggiatura: N. Cicero, con la collaborazione di Alessandro Continenza; fotografia: Franco Villa; scenografia: Demofilo Fidani; costumi: Mila Vitelli, Nadia Vitelli; musica: Piero Umiliani; montaggio: Maurizio Lucidi; interpreti: Paolo Ferrari, Gabriele Ferzetti, Annette Stroyberg, Margaret Lee, Mario Pisu, Enrico Maria Salerno; origine: Italia; produzione: Italcine T.V.; durata: 94′
«Opera d’esordio di un regista di cui i 1000(o)cchi si occupano spesso e nella quale si trova già sintetizzata “teoricamente” la scatologia dell’economico, che fa capire come Ultimo tango a Zagarolpotesse diventare una parodia più radicale del modello. La sequenza più volte variata nei film di colpi grossi, del bottino beffardamente perduto, diventa qui, visibilmente, lo scarto scatologico di una società fondata sull’economia (cinema compreso). Il festival proporrà il film in un percorso intitolato “Cinema ed economia: due finzioni allo specchio”, in cui si vedrà come il cinema italiano abbia fatto, tra anni Trenta e anni Sessanta, degli acuti discorsi antieconomici, ben confluenti nel pensiero di Pasolini e nel suo dialogo con Pound» (Germani).
ore 21.00
Le sorelle (1969)
Regia: Roberto Malenotti; soggetto: Alex Fallhai [Renzo Maietto]; sceneggiatura: Brunello Rondi, R. Malenotti; fotografia: Giulio Albonico; scenografia e costumi: Luciana Marinucci; musica: Giorgio Gaslini; montaggio: Antonietta Zita; interpreti: Susan Strasberg, Massimo Girotti, Nathalie Delon, Giancarlo Giannini, Lars Bloch, Gianni Pulone; origine: Italia/Francia; produzione: Cine Azimut, Les Films Corona; durata: 102′
«Azzardiamo un’attribuzione a Brunello Rondi, per una proiezione che vuole inserirsi nella riscoperta a tappe del regista, anche in occasione dell’uscita di un volume cui abbiamo collaborato. Questo film con la splendida accoppiata di Susan Strasberg e Nathalie Delon (quindi ben rimato con la coppia femminile della sera prima, giacché non è mai solo di lesbismo che può trattarsi) è tutto fuorché quel banale pre-soft che a molti apparve. La musica di Giorgio Gaslini ben lo lega alla coeva regia Le tue mani sul mio corpo e indica che Rondi era anche qui più che solo sceneggiatore. Viatico alle successive tappe di una serie “erotica”, esige che l’opera dell’autore si sottragga agli equivoci (compreso quello dei recuperi trash)» (Germani).        
Copia proveniente dall’Archivio Storico del Cinema Italiano

 

 

Date di programmazione