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A tu per tu con il produttore (e distributore): Valerio De Paolis
31 Marzo 2016 - 31 Marzo 2016
Nel mondo del cinema Valerio De Paolis non ha bisogno di presentazioni: il suo nome è legato indissolubilmente alla gloriosa storia della Bim Distribuzione, la società da lui fondata nel 1983 per promuovere il cinema d’autore, «un cinema di pensiero, divulgativo e che affronta temi sociali e parla della realtà. Un cinema spesso non facile ma che è l’unico che pensiamo valga la pena di fare». Ma De Paolis ha alle spalle un passato da organizzatore generale, che lo ha portato a vivere la grande esperienza umana e professionale de Il padrino e de Il padrino – parte II di Francis Ford Coppola. E ha prodotto, negli anni Settanta e Ottanta, il cult Amore, piombo e furore e due film significativi come Amo non amo di Armenia Balducci e Il prete bello di Carlo Mazzacurati. Per poi contribuire, in qualità di coproduttore, a grandi opere del cinema europeo: Niente da nascondere di Michael Haneke, Cuori di Alain Resnais, Il concerto di Radu Mihaileanu, Due giorni e una notte dei fratelli Dardenne, per citarne solo alcuni. Oggi, dopo aver ceduto la Bim nel 2014, De Paolis prosegue l’attività con una nuova società, il cui nome, Cinema, racchiude tutta la sua passione per la Settima Arte.
 
ore 16.30 Il profeta di Jacques Audiard (2009, 149′)
«Inizia così una specie di iniziazione alla malavita che Audiard racconta con una macchina da presa molto mobile, che incombe su Malik un po’ come sembra incombergli addosso un destino che lo vorrebbe ridurre a ingranaggio di un gioco più grande di lui e che lui cerca di orientare a proprio favore. Man mano che il film procede prendono forma altre dinamiche importanti della vita in carcere, dalla possibilità di svolgere anche lì attività illegali all’intreccio tra orgoglio razziale, appartenenza ideologica e lotta per la supremazia. Ma su tutto al regista interessa raccontare l’evoluzione molto darwiniana del suo protagonista, che giorno dopo giorno imparerà a stare sempre meglio a galla. Senza vere radici né di clan né di razza, nonostante le sue evidenti origini arabe, il protagonista cerca di barcamenarsi tra tutti, subendone gli scoppi di violenza e ogni volta facendo un passo avanti nella comprensione dei rapporti di potere e delle molle che li guidano. […] E alla fine, anche grazie a un gruppo di attori straordinari dove svettano Niels Arestrup (è Luciani) e il meno conosciuto ma non meno efficace di Tahar Rahim (Malik), Audiard ci racconta non solo la nascita di un nuovo Mackie Messer (come sottolinea esplicitamente la musica finale) ma soprattutto l’universo senza speranza che si annida dentro il mondo delle carceri, dove si impara solo a essere più violenti e più avidi di quanto non si fosse prima di entrare» (Mereghetti).
 
ore 19.00 Amore piombo e furore di Monte Hellman (1978, 98′)
«L’incontro tra il grande regista americano di culto Monte Hellman e lo spaghetti western. […]. Recentemente, in un incontro a lui dedicato a Torella dei Lombardi, proprio il regista ha raccontato la genesi del film. “Dopo aver fatto film abbastanza crudi volevo fare un western più tradizionale”. Ma non ha parlato di tagli. […] Nel bene e nel male, questo spaghetti western che vanta la firma, almeno all’estero, di Hellman, […] è come lo girò il regista e non come, secondo molte critiche del tempo, lo vollero i produttori. […] Il problema nacque perché sui titoli italiani, e spagnoli, non compare la regia di Hellman, ma dell’aiuto regista Antonio Brandt […]. Resta comunque uno degli spaghetti western più bizzarri mai girati e una vera occasione per il nostro cinema e per Fabio Testi» (Giusti). Con Warren Oates, Jenny Agutter e Sam Peckinpah. «L’ossessione è qualcosa che mi interessa. In particolare il conflitto tra l’ossessione e la realizzazione di altri sogni che le persone hanno. E penso che i miei film riguardano questo conflitto» (Hellman).
 
ore 20.45 Incontro moderato da Marco Giusti con Valerio De Paolis
 
a seguire The Queen – La regina di Stephen Frears (2006, 100′)
«Domenica 31 agosto 1997. Le televisioni di tutto il mondo annunciano la morte di Lady Diana, principessa del Galles e moglie divorziata dell’erede al trono Carlo d’Inghilterra. Mentre il popolo inglese apprende con sgomento la notizia, la regina Elisabetta II resta nel castello di Balmoral, insieme a tutta la famiglia reale, isolata dal resto del mondo. Eliminati tutti gli apparecchi radio e i televisori per proteggere i figli di Diana, la regina, “imbalsamata” nella tradizione e nel rispetto del protocollo è incapace di comprendere la reazione del suo popolo. Il neo-eletto primo ministro, Tony Blair, invece capisce che la notizia ha creato un’onda di incredulità e spaesamento nella gente, che ora ha bisogno, soprattutto, di essere rassicurata. I leader di una nazione devono essere più che mai vicini al loro popolo, ma come ricucire la frattura e riavvicinare agli inglesi la loro Regina? Il vecchio mondo del potere ereditario viene tenacemente indirizzato da quello moderno eletto democraticamente. E il vantaggio sarà reciproco» (www.cinematografo.it). «Altro che lesa maestà. Elisabetta d’Inghilterra dovrebbe farlo baronetto, Stephen Frears, il regista di The Queen che ieri ha mandato in delirio la Mostra, con oltre cinque minuti di standing ovation. Nessuno scandalo, niente rivelazioni-choc sulla morte di Lady Diana: il film è l’omaggio intelligente di un suddito innamorato ma anche un ritratto privato, molto divertente, della signora che da oltre mezzo secolo governa la vita e l’immaginario degli inglesi. “Mettiamola così: alla guida della monarchia, un’istituzione anacronistica e sempre criticabile, c’è una donna eccezionale. Senza scomodare Freud, la regina è scolpita nell’inconscio di ognuno di noi”, dice Frears, fin dai primi film considerato un cineasta irriverente di sinistra» (Satta).
Date di programmazione